Il calo delle vaccinazioni in Italia.
Secondo recenti statistiche diffuse dal ministero della sanità le coperture vaccinali nazionali a 24 mesi d’età relative all’anno 2014 (per i nati nel 2012) contro la poliomielite, il tetano, la difterite, l’epatite B, lo Haemophilus influenzae b e la pertosse sono scese al di sotto del livello critico del 95% previsto dal piano nazionale di prevenzione vaccinale ([1]); la copertura vaccinale per morbillo, parotite e rosolia (MPR – vaccino trivalente che viene somministrato al primo anno di vita) è diminuita dal 2013 di quasi quattro punti percentuali (dal 90,3 all’86,6 %) ([2]).
Questa tendenza, che si registra in diversi paesi occidentali (negli Stati Uniti, ad esempio, un bambino su otto non è immunizzato contro il morbillo), rende concreto, secondo gli esperti, il rischio che malattie quasi debellate, come la pertosse e il morbillo, ridiventino epidemiche e riprendano a causare la morte di bambini: secondo l’OMS tra la fine del 2014 e i primi mesi del 2015 vi sono stati in Italia più di 1.600 casi di morbillo (un poco invidiabile primato nei paesi dell’Unione Europea), malattia che può causare gravissime complicazioni che, nel mondo, provocano la morte di circa 400 persone al giorno (con una percentuale di mortalità tra l’1 e il 5 per mille).
Quale è la causa di questo fenomeno, e quali strategie possono essere messe in campo per contrastarlo, senza attendere che i bambini inizino a morire anche in Italia?
La regressione delle coperture vaccinali dipende dalla diffusione virale di notizie infondate sulla pericolosità dei vaccini.
Nel 1998 un medico britannico, Andrew Jeremy Wakefield, pubblicò sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet uno studio in cui sosteneva la correlazione tra il vaccino trivalente MPR (morbillo, parotite, rosolia) e la comparsa di autismo e malattie intestinali.
Nessuno, negli anni successivi, fu in grado di riprodurre i risultati di Wakefield e confermare le sue ipotesi, e dopo un po’ si scoprì che il medico era stato pagato da un avvocato per falsificare i risultati della ricerca in modo da sostenere una serie di cause di risarcimento danni intentate contro le case farmaceutiche produttrici dei vaccini, e che in parallelo aveva brevettato un vaccino che mirava a sostituire quello trivalente ([3]).
Wakefield fu radiato dall’ordine dei medici per “condotta non etica, disonesta e irresponsabile” e, caso unico nella storia della rivista, Lancet ritirò l’articolo ([4]); tuttavia le teorie del medico britannico (e altre dello stesso disvalore scientifico) continuano a tutt’oggi a circolare attraverso la diffusione in rete e ad attecchire nella popolazione, tanto che in Gran Bretagna, a causa del crollo delle vaccinazioni, vi è stato un susseguirsi di epidemie di morbillo.
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Vaccinazioni obbligatorie e raccomandate.
Questa serie di eventi ha indotto il ministero della Salute e l’Istituto Superiore della Sanità a iniziare a riflettere sulle strategie fino ad ora utilizzate per diffondere la vaccinazione della popolazione.
Dal 1939 fino agli anni ‘60, con la diffusione dei primi vaccini (difterite, tetano e poliomielite),il legislatore previde la obbligatorietà delle vaccinazioni, con specifiche sanzioni penali a carico dei genitori che omettessero di vaccinare i propri figli, e con l’obbligo delle scuole di verificare l’adempimento dell’obbligo vaccinale, che era il presupposto perché i bambini fossero ammessi alla frequenza scolastica e agli esami ([5]).
Con la legge 689 del 1981, non per una volontà di cambiare strategia rispetto al piano di vaccinazioni, ma nell’ambito di una depenalizzazione più ampia, i reati di omessa vaccinazione vennero trasformati in illeciti amministrativi; la legge 165 del 1991, introducendo l’ultima vaccinazione obbligatoria (quella contro l’epatite B), previde uno specifico obbligo dei genitori sanzionato in via amministrativa.
In seguito, però, il ministero della Salute – in linea con le indicazioni generali in materia di trattamenti sanitari obbligatori ([6]) - ha completamente mutato la propria strategia, puntando, anziché sulla coercizione, sulla persuasione della popolazione; ciò spiega perché i vaccini introdotti da quel momento in poi siano semplicemente “raccomandati”.
I vaccini raccomandati (oltre all’MPR si tratta dei vaccini contro pertosse, meningite, varicella e papillomavirus) non sono, dunque, meno importanti di quelli obbligatori: il diverso regime giuridico non discende da una graduazione di importanza, e quindi da un maggiore o minore interesse pubblico alla loro diffusione a tutela della salute pubblica e privata, ma da un diverso atteggiamento strategico della sanità pubblica, che ha portato, con il DPR 355 del 1999, alla soppressione del divieto di frequenza scolastica, e più di recente ha condotto alcune regioni alla soppressione dell’obbligo vaccinale (Veneto) o a non applicare le sanzioni amministrative tuttora previste.
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Le cause dell’inversione di tendenza.
Questo approccio, in una prima fase, è stato certamente efficace: nel 2009 alcune patologie diffusissime prima della guerra e nel dopoguerra – come la difterite, che aveva toccato punte di 200.000 casi all’anno, il morbillo, che era arrivato a 900.000, la parotite, 150.000 – erano state eradicate totalmente o quasi (diminuzioni percentuali tra il 99 e il 100 %), la pertosse si era ridotta del 95 %, e l’epatite B dell’87 % rispetto al periodo di massima diffusione.
La mortalità infantile (sotto i 5 anni), che fino all’inizio degli anni ’60 era nell’ordine delle migliaia di vittime all’anno, si è ridotta nel 1971 a 435 bambini, nel 1981 a 105, nel 1991 a 29, nel 2001 a 13, nel 2006 a 9, e negli anni dal 2007 al 2011 a meno di cinque bambini all’anno, come evidenziato dai dati ISTAT riportati nella tabella che segue (colonna “altre infettive”) ([7]):
Negli ultimi anni, tuttavia, vi è stata un’inversione di tendenza, con diverse epidemie di morbillo e, di recente, la morte di un neonato per pertosse; e questo a causa della diffusione di pregiudizi antiscientifici che hanno trovato alimento nelle caratteristiche del web, nelle politiche retributive degli inserzionisti, negli algoritmi dei motori di ricerca e dei social network, che sono un fortissimo fattore di inquinamento dell’informazione in tutti i campi, e massimamente in quello scientifico.
In sintesi, l’accessibilità pressoché gratuita al web da parte di chiunque – diversamente dai media tradizionali, come la carta stampata o la televisione, che proprio perché costosi richiedono il supporto economico di un editore – fa sì che ciascuno possa essere editore di sé stesso, e dunque possa mettere qualsiasi contenuto direttamente a disposizione della generalità senza alcun filtro; caratteristica indubbiamente democratica, ma che al tempo stesso fa perdere qualsiasi garanzia sull’attendibilità delle fonti, che prima era assicurata proprio dall’editore e dalla sua necessità di limitare l’accessibilità alla produzione di contenuti, nonché dall’autodisciplina dei giornalisti.
Questa caratteristica comporta una serie di conseguenze, non sempre positive:
- la rete è pervasa da un costante rumore di fondo ([8]) che rende difficile (soprattutto per persone prive di un adeguato bagaglio culturale) sceverare i contenuti che provengono da fonti qualificate e metodologicamente attendibili da quelli che vengono da pseudoesperti autoreferenziali;
- la democraticità del mezzo finisce dunque per creare un fortissimo inquinamento, perché la contrapposizione tra fonti verificate e disinformazione inflaziona il valore intrinseco dell’informazione;
- al tempo stesso, poiché quasi tutti noi ci siamo formati nel mondo dei media tradizionali, che aveva regole diverse, permane la tendenza a fidarsi della competenza di chi interviene, che era già discutibile in partenza (“è vero perché l’ha detto la televisione”);
- gli algoritmi dei motori di ricerca non aiutano, e anzi tendono ad amplificare e aumentare il rumore di fondo, perché i risultati non sono certo ordinati in base all’attendibilità delle fonti ([9]);
- il sistema di retribuzione da parte degli inserzionisti si fonda sul numero di accessi, e incentiva perciò il c.d. click baiting ([10]), che spesso si risolve in notizie inventate di sana pianta, che contribuiscono ulteriormente a inflazionare l’attendibilità delle fonti più accreditate, tanto più che anch’esse tendono a ricorrervi per problemi di equilibrio economico e finanziario ([11]);
- a questo contribuisce il fenomeno psicologico noto come confirmation bias ([12]), cioè la tendenza a credere solo alle notizie che danno conferma dei propri pregiudizi, mentre quelle contrastanti vengono automaticamente scartate; recenti studi, ad esempio, hanno dimostrato che è del tutto inutile cercare di smentire le bufale, perché chi ci crede pregiudizialmente non cambierà idea di fronte all’evidenza, di cui tratterrà solo singole frasi o punti utili a confermare le proprie convinzioni di partenza ([13]);
- i social network amplificano ulteriormente questo fenomeno, perché vi è una naturale tendenza a condividere contenuti con persone più o meno vicine e che la pensano all’incirca nello stesso modo, con la conseguenza che si crea un cortocircuito autoreferenziale nel quale, a seconda delle convinzioni di partenza, circoleranno solo certe informazioni, fornendo – anche per via degli algoritmi di Facebook, che a loro volta selezionano le notizie a seconda degli interessi dell’utente, basati sulla sua precedente navigazione ([14]) – una visione distorta, con continue conferme dei propri pregiudizi e automatica esclusione dei fatti contrastanti.
Questi fenomeni, assai preoccupanti per chi crede nell’informazione come base delle scelte democratiche, nel campo scientifico (e medico in particolare) sono assolutamente devastanti, perché l’appiattimento tra le posizioni scientifiche – che si fondano su una metodologia che fornisce garanzie di trasparenza, riproducibilità e falsificabilità – e quelle ascientifiche amplifica credenze irrazionali che, nel caso delle vaccinazioni, sono potenzialmente pericolose per la società, perché riducono il diritto alla salute esclusivamente a una prospettiva individualista, trascurandone completamente l’aspetto solidaristico che pure fa parte della sua definizione costituzionale (pensiamo, ad esempio, ai bambini immunodepressi a causa della chemioterapia, i quali non potendo utilizzare i vaccini con virus attenuati sono particolarmente esposti al contagio).
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Il sistema sanzionatorio.
La strategia di fornire ulteriori informazioni ai complottisti per cercare di persuaderli razionalmente, la cui inefficacia è emersa dal recente studio dell’IMT di Lucca ([15]),è alla base dell’approccio del sistema sanitario nazionale al tema delle vaccinazioni; è il caso dunque di ripensare se essa possa realmente essere utile e di misurare le alternative.
Non a caso, infatti, nel dibattito pubblico si è tornati a discutere di divieto di frequenza scolastica per i bambini non vaccinati (proposta dagli assessori regionali alla sanità), di sanzioni disciplinari (fino alla radiazione) per i medici che facciano propaganda antivaccinista (indiscrezioni provenienti dal ministero della salute, successivamente smentite dalla ministra Lorenzin), e così via.
Nella legislazione vigente, ferma restando la distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate (che, pur non avendo alcun fondamento scientifico, ha comunque un significato normativo), l’obbligatorietà è supportata essenzialmente da un sistema di sanzioni, che in molte regioni sono disapplicate ([16]).
Non è più prevista, come si è detto, la sospensione della frequenza scolastica, e nel caso in cui non venissero depositate le certificazioni relative alle vaccinazioni la scuola dovrà solo inviare una segnalazione alla ASL competente e al ministero della sanità, sia al fine dell’applicazione delle sanzioni, sia per l’eventuale attivazione dei poteri coercitivi riconosciuti al sindaco dall’art. 117 D. lgs. 112/1998.
Questi poteri – così come le sanzioni penali tuttora previste dall’art. 260 del testo unico sulle leggi sanitarie (R.D. 1265/1934) – presuppongono però che sia già in atto un’epidemia.
Le ordinanze contingibili e urgenti, infatti, possono essere adottate “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica”, e la sanzione penale presuppone che si tratti di provvedimenti adottati perché vi è un pericolo concreto e attuale di diffusione di malattie infettive, che non è realizzato nel caso di ordinarie campagne vaccinali preventive.
Il sindaco può certo emanare, in questi casi, ordinanze meramente ripetitive degli obblighi di legge, ma l’inosservanza di tali provvedimenti non può essere sanzionata ex art. 650 c.p. ([17]).
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Gli interventi sulla responsabilità dei genitori.
L’attenzione degli operatori si è dunque spostata su un altro aspetto, che è quello del corretto esercizio della responsabilità dei genitori.
In sintesi, la prassi che si è andata consolidando (e che in alcuni casi è stata ufficializzata) prevede che le ASL, in caso di omissione delle vaccinazioni obbligatorie, invitino i genitori a un colloquio e accertino se dipenda da una generale trascuratezza nell’adempimento della responsabilità dei genitori o se invece sia il frutto di una scelta consapevole.
In questo secondo caso, la ASL si limita a far sottoscrivere una dichiarazione di dissenso informato e a diffondere materiale sui benefici della campagna vaccinale e sui rischi per il bambino che non si sottopone alle vaccinazioni.
Il tribunale per i minorenni, a sua volta, esclusa una generale trascuratezza, non propone alcun intervento sulla responsabilità dei genitori; in alcuni casi ([18]) la segnalazione al tribunale viene inviata solo se nel corso del colloquio emergono indici di trascuratezza nei confronti del minore.
Questa prassi è stata abilmente sfruttata dai movimenti antivaccinisti, i quali hanno predisposto e diffuso in rete dei vademecum con i quali consigliano ai genitori di rispondere alle convocazioni della ASL, presentarsi regolarmente ai colloqui, e lì fare presente di essere perfettamente informati e di voler consapevolmente disattendere l’obbligo di vaccinazione per una scelta ideologica ([19]).
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I punti critici delle prassi seguite.
Questa linea di condotta sfrutta una debolezza di sistema che si fonda su interpretazioni discutibili.
Il protocollo di Milano cui si è fatto riferimento si fonda sul presupposto che “l’obbligo ad eseguire le vaccinazioni non è coercibile in base alle leggi vigenti; infatti esso rientra nei trattamenti sanitari obbligatori, che possono essere disposti dal sindaco, quale autorità sanitaria locale, in base a precise motivazioni di tutela della salute, che attualmente, in assenza di importanti focolai epidemici, non sussistono… il rifiuto delle vaccinazioni, nei casi esaminati, non è di per sé stesso indice di incuria, negligenza o trascuratezza nei confronti del minore, potendo invece derivare… da una posizione di tipo ideologico assunta da persone che manifestano una visione alternativa della prevenzione e più in generale un rifiuto alla medicina convenzionale, oppure da timori non fondati sulla base di evidenze scientifiche, ma talora anche da un difetto di comunicazione con il servizio vaccinale, oppure da tutti questi fattori insieme”.
Gli indirizzi alle ASL per il miglioramento delle pratiche vaccinali approvate con la delibera della regione Sardegna 71/12 del 2008 ripetono in termini identici la stessa formula da ultimo citata, aggiungendo che il trattamento sanitario obbligatorio sarebbe precluso dai principi stabiliti dalla convenzione di Oviedo, “poiché la vaccinazione è un trattamento preventivo proposto a persone sane e in tale ambito non si configura lo stato di necessità, unica situazione in cui non è richiesto il consenso del paziente o del rappresentante legale”.
I presupposti interpretativi della prassi seguita, dunque, sono che l’inadempimento dell’obbligo vaccinale non sia di per sé sintomatico di grave violazione dei doveri dei genitori e che comunque si tratti di un obbligo non coercibile, non essendo consentito un trattamento sanitario obbligatorio.
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La violazione dei doveri dei genitori e i rimedi previsti dall’ordinamento.
Per quanto riguarda il primo punto, la giurisprudenza della corte di cassazione riguardo alle sanzioni amministrative previste in caso di violazione dell’obbligo di vaccinazione ha chiarito innanzitutto – sulla scorta della giurisprudenza costituzionale – che l’obbligatorietà dei vaccini trova giustificazione costituzionale nell’esigenza di tutelare entrambe le dimensioni del diritto alla salute contemplate dall’art. 32 Cost.; quella individuale, ma anche quella collettiva, che richiede che la copertura vaccinale sia per quanto possibile estesa ([20]).
Infatti il divieto di sacrificare il bene della salute individuale in nome dell’interesse collettivo deve fondarsi su specifici rischi e controindicazioni, in assenza dei quali, essendo i rischi di effetti collaterali molto contenuti, l’obbligo vaccinale non può essere disatteso.
Queste considerazioni, a ben vedere, non valgono solo per la tutela della dimensione collettiva della salute, ma – venendo in gioco la tutela del diritto di un soggetto bisognoso di protezione, quale è il minore – anche per quella della salute individuale del minore; e qui viene in gioco la responsabilità dei genitori.
La Corte Costituzionale ha chiarito, con specifico riferimento all’inadempimento vaccinale, che “La potestà dei genitori nei confronti del bambino è, infatti, riconosciuta dall'art. 30, primo e secondo comma, della Costituzione non come loro libertà personale, ma come diritto-dovere che trova nell'interesse del figlio la sua funzione ed il suo limite.E la Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all'esercizio della potestà genitoriale. È appunto questo il fondamento costituzionale degli artt. 330 e 333 cod. civ., che consentono al giudice - allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del minore, quali la salute e l'istruzione - di intervenire affinché a tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie” ([21]).
Tali principi fanno discendere due conseguenze.
Innanzitutto il dovere incombente sui genitori di tutelare la salute del minore non può risolversi nella negazione, per propria convinzione (“o ignoranza”, soggiunge la sentenza 11226/2003), dell’esistenza di un obbligo o nel timore generico di un pregiudizio per il minore: devono essere indicate specifiche ragioni che, nel singolo caso, rendono la vaccinazione pericolosa, perché la salute fisica del minore da vaccinare presenta particolari controindicazioni o per altri fatti concreti ([22]).
In secondo luogo, in mancanza di prova di rischi specifici, è consentito – come afferma la corte costituzionale nella sentenza 132/1992 - il ricorso all’autorità giudiziaria in sede di volontaria giurisdizione, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c. ([23]).
È questo, infatti, l’equivoco che fonda la prassi indicata.
Il punto non è, o non è soltanto, la generale adeguatezza dei genitori, e quindi il rimedio della sospensione o la decadenza dalla potestà, ma la protezione del minore rispetto a una specifica condotta pregiudizievole, in quanto – in mancanza di serie ragioni ostative – ne mette in pericolo il diritto fondamentale alla salute.
Per questo tipo di evenienza il legislatore ha previsto, nell’art. 333 c.c., che quando la condotta, pur non essendo tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza, sia comunque pregiudizievole al figlio, il tribunale per i minorenni possa adottare i “provvedimenti convenienti”, che nel caso specifico si sono tradotti, nella prassi giurisdizionale, nell’ordine alle autorità sanitarie di procedere alle vaccinazioni.
La giurisprudenza di legittimità e costituzionale citata esclude, infatti, che possa essere contestata, in assenza di specifiche controindicazioni alla vaccinazione, la natura pregiudizievole del comportamento.
Il punto è che non si tratta di un diritto individuale dei genitori, rispetto al quale è consentita qualsiasi scelta opinabile in quanto atto di libertà, perché il figlio non è una proprietà dei genitori e i suoi diritti fondamentali devono essere tutelati, anche contro le proprie convinzioni personalissime, in conformità alla legge e all’evidenza scientifica.
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Il preteso divieto di trattamento sanitario obbligatorio.
La sentenza 132/1992 della corte costituzionale chiarisce anche che l’intervento del tribunale per i minorenni ex art. 333 c.c. non configura un trattamento sanitario obbligatorio.
Infatti“…la vaccinazione - o qualunque altro trattamento sanitario attuato nei confronti del bambino non ancora capace di intendere e di volere - non è configurabile quale trattamento coattivo né quando sia attuata dai genitori o su loro richiesta, né quando sia disposta, in loro sostituzione ed anche contro la loro volontà, dal giudice dei minori (…)”.
La giurisprudenza costituzionale è pienamente in linea con la convenzione di Oviedo del Consiglio d’Europa, recepita con la legge 28 marzo 2001, n. 145.
Se infatti è vero che la convenzione ha stabilito il fondamentale principio dell’autodeterminazione in materia di salute, è altrettanto vero che l’autodeterminazione riguarda sé stessi, e non i propri figli minori.
L’art. 6 della convenzione (che significativamente si intitola “protezione” delle persone che non hanno la capacità di dare il consenso) prevede che quando il minore non abbia la capacità giuridica di acconsentire a un intervento lo stesso non possa essere eseguito “senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o organo indicato dalla legge”.
Non si tratta dunque di un trattamento sanitario obbligatorio – che è disposto dall’autorità amministrativa, e non da quella giudiziaria, e che comunque sarebbe consentito anche al di fuori dei casi di necessità, in quanto tale presupposto non è contemplato dall’art. 33 legge 833/1978 – ma di un’integrazione della volontà del minore da parte di un’autorità pubblica che si sostituisce ai genitori nell’esercizio della responsabilità a causa del compimento di atti pregiudizievoli.
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Conclusioni.
Il rimedio descritto si presta a essere applicato anche alle vaccinazioni raccomandate.
Se infatti è vero che per queste ultime non può essere riprodotto il ragionamento sul contemperamento tra la dimensione pubblicistica del diritto alla salute e quella privata, rimane tuttavia il fatto che – come si è detto – si tratta di vaccinazioni non meno necessarie, né più pericolose, di quelle obbligatorie, dalle quali si distinguono solo per ragioni storiche e non scientifiche.
In altri termini, se non sarà possibile il trattamento sanitario obbligatorio su ordinanza del sindaco, non essendovi il presupposto dell’obbligatorietà, tuttavia non viene meno il pregiudizio per il minore, che è l’unico presupposto dell’intervento ex art. 333 c.c. del tribunale per i minorenni.
Il punto critico, semmai, è se a fronte di un fenomeno in rapida diffusione e che, pur essendo minoritario, ha ormai dimensioni di massa la coercizione giudiziaria possa essere efficace.
Se andiamo a esaminare i dati sulle vaccinazioni si vede che la possibilità dell’intervento del tribunale per i minorenni, per quanto teorica, ha un effetto deterrente, perché le coperture per i vaccini obbligatori sono sensibilmente superiori a quelle dei vaccini raccomandati e hanno avuto minori flessioni; contribuisce, probabilmente, anche la confusione indotta dalla scelta legislativa di distinguere i vaccini in due categorie, quasi che alcuni fossero più necessari di altri.
L’intervento impositivo non può però essere sufficiente se non sarà accompagnato da azioni informative efficaci, non solo da parte dei servizi vaccinali, ma soprattutto da parte di pediatri e medici di base e dei mass media tradizionali.
Il codice deontologico dei medici è chiaro: un medico può avere le convinzioni individuali più bislacche, ma nell’esercizio della professione è tenuto ad “attenersi alle conoscenze scientifiche” (art. 5) e ad “adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate (…) In nessun caso il medico dovrà accedere a richieste del paziente in contrasto con i principi di scienza e coscienza allo scopo di compiacerlo, sottraendolo alle sperimentate ed efficaci cure disponibili” (art. 12) ([24]).
Riguardo ai giornalisti, per i quali non esiste una specifica carta deontologica ([25]), il dovere di “rispetto della verità sostanziale dei fatti” ([26]) e la sua specificazione nel dovere di accertare l’attendibilità delle fonti e l’origine delle notizie diffuse all’opinione pubblica impongono al giornalista di presentare le notizie scientifiche – in particolare in campo medico, per il rischio che una scorretta informazione può determinare per la salute dei cittadini – con “responsabilità morale” (secondo l’espressione utilizzata dalla risoluzione del Consiglio d’Europa n. 1003 del 1 luglio 1993 sull’etica del giornalismo).
Dunque non confondere i fatti con le opinioni, presentare in corretti termini numerici i rapporti tra i benefici dei vaccini e le controindicazioni, non presentare come fatti (anche nella titolazione) nessi di causalità tra vaccini e varie patologie tutti da dimostrare non solo nel caso specifico, ma addirittura in linea astratta ([27]),non diffondere bufale scientifiche né contrapporre eminenti scienziati a profeti antivaccinisti con una falsa neutralità che induce nel lettore la percezione che la scienza “ufficiale” e le posizioni antiscientifiche siano sullo stesso piano, alimentando di fatto le teorie complottiste.
In questa materia, come ricorda un autorevole giornalista del Time Magazine, “Le parole secondo la mia opinione non sono una specie di vaccino retorico. Possono, invece, essere patogene. Come tutti i patogeni, possono uccidere” ([28]).
[1] V. ad es. L.Pinto, G.Di Mauro, G.Bona, Un evento previsto: il calo delle coperture vaccinali in Italia nel 2014, ; L. Pastore Celentano – I. Danca, Vaccinare o non vaccinare? Questo è il problema!... O forse no
[2] In Sardegna, secondo i dati dell’Assessorato alla sanità, la copertura per il vaccino MPR è calata dal 2013 al 2014 di due punti percentuali, dal 91,1 all’89 %, in linea con quanto accaduto nelle altre regioni d’Italia.
[3]V. al riguardo, per tutti, F. Godlee, J. Smith, H. Marcovitch, Wakefield’s article linking MMR and autism was fraudulent, The British Medical Journal,
[4] La letteratura scientifica esclude qualsiasi relazione tra vaccini e autismo; cfr. al riguardo la scheda dell’OMS sui disturbi dello spettro autistico; F. De Stefano, Increasing Exposure to Antibody-Stimulating Proteins and Polysaccharides in Vaccines Is Not Associated with Risk of Autism, su The Journal of Pediatrics, ; A Population-Based Study of Measles, Mumps, and Rubella Vaccination and Autism, sul New England Journal of Medicine,
[5] Art. 47 DPR 22 dicembre 1967, n. 1518.
[6] Art. 33 legge 833/1978.
[7] V. per la ricerca completa http://www.istat.it/it/archivio/109861; l’elaborazione grafica è tratta dal sito Faro pediatrico.
[8] V. al riguardo C. Seife, Le menzogne del web, Bollati Borlingheri, 2015.
[9] V. per un esempio in campo medico J. Belluz – S. Hoffman, Stop Googling your health questions. Use these sites instead.
[10] V. al riguardo A. Coccia, Fenomenologia del “click baiting”, Linkiesta, 29.7.2014.
[11] Cfr. ad es. P. Attivissimo, ADNKronos, il suicidio di un’agenzia di stampa. A colpi di Nibiru e “respirianesimo”; per un caso clamoroso, si legga qui.
[12] V. K.E. Stanovich, R.F. West, M.E. Toplak (2013), Myside Bias, Rational Thinking, and Intelligence, http://cdp.sagepub.com/content/22/4/259.full.pdf+html
[13] Cfr. in particolare B. Nyhan – J. Reifler – S. Reachey – G. Freed, Effective Messages in Vaccine Promotion: A Randomized Trial; in termini più generali un importante studio dell’IMT di Lucca, Quattrociocchi – Zollo – Bessi – Del Vicario – Scala – Caldarelli – Shekhtman – Havlin, Debunking in a World of Tribes, arXiv:1510.04267
V. anche Quattrociocchi et al., Collective attention in the age of (mis) information, http://arxiv.org/pdf/1403.3344v1.pdf.
[14] V. Z. Tufekci, How Facebook’s Algorithm Suppresses Content Diversity (Modestly) and How the Newsfeed Rules Your Clicks, ; E. Bakshy, S. Messing, L. Adamic, Exposure to ideologically diverse news and opinion on Facebook, http://www.sciencemag.org/content/348/6239/1130.abstract; H. Derakhshan, The Web We Have to Save, Medium.
[15] V. nota 13.
[16] Ad esempio, in Sardegna, gli indirizzi alle ASL per il miglioramento delle pratiche vaccinali, approvate con delibera della Giunta n. 71/12 del 16.12.2008, prevedono che “si ritiene opportuno sospendere temporaneamente l’applicazione delle sanzioni amministrative…”, sostanzialmente a tempo indeterminato.
[17] Cfr. Cass., sez. I, 12 dicembre 1990, n. 2671, Morittu; Cass., sez. I, 6 luglio 2000, n. 8578, Ritondo
[20] Cfr. Cass., sez. I, 24 marzo 2004, n. 5877; nella giurisprudenza costituzionale, Corte Cost., 258/1994
[21] Sentenza 16 marzo 1992, n. 132.
[22] Cass., sez. I, 18 luglio 2003, n. 11226; Cass., sez. I, 8 luglio 2005, n. 14384; Cass., sez. II, 26 giugno 2006, n. 14747
[23] Cfr. Cass., sez. I, 3 febbraio 2004, n. 1920; Cass. 1994, n. 6147; Cass. 1994, n. 3009; Cass. 1995, n. 7744; Cass. 4 marzo 1996, n. 1653; Cass., sez. I, 24 marzo 2004, n. 5877,
[24] V. anche, riguardo alla ricerca scientifica, le linee guida per l’integrità nella ricerca elaborate dal CNR: “Una chiara e aperta distinzione viene operata tra la comunicazione di opinioni personali e quella di opinioni professionali basate su pubblicazioni già passate al vaglio della revisione paritaria e/o su dati ottenuti con metodi generalmente accettati dalla comunità scientifica, codificati da criteri documentati e documentabili, e la cui efficacia, attendibilità e margine di errore siano stati accertati sperimentalmente”.
[25] Fa eccezione la Carta di Perugia su informazione e malattia dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria.
[26] Art. 2 legge 3 febbraio 1963, n. 69.
[27] V. per tutti il servizio de Le Iene andato in onda il 28.5.2014, dal titolo Danneggiato e non risarcito, in cui si dà per dimostrata la relazione tra vaccino MPR e autismo.
[28] J. Kluger, Dear Anti-Vaxxers: You Want Pure Nature? OK, Die Young, su Time, 2 aprile 2014.