1. Legge ed ordine
“Legge e ordine” è una endiadi banale, e non di rado brutale, offerta in risposta alle domande di certezza e di sicurezza che provengono dalla società. Uno slogan sbrigativo che, sotto la grana grossa dell’ovvietà, lascia spesso intravvedere il puro e semplice desiderio di soluzioni repressive a problemi complessi.
Eppure, di fronte al disordine, alle diseguaglianze, ai favoritismi, ai cedimenti alle lobby ed agli scoperti ed impuniti abusi nell’affannosa e rallentata campagna di vaccinazioni, l’invocazione “legge ed ordine” acquista un senso e una forza originali ed inediti.
Negli ultimi giorni sono divenute sempre più dettagliate, sulla stampa nazionale e locale, le denunce delle caotiche modalità di somministrazione dei vaccini sul territorio italiano; al punto che il Paese si presenta simile ad un grottesco vestito d’Arlecchino, costellato purtroppo anche di molti lugubri ritagli neri.
Perché questo disordine si protrae ancora? E perché le istituzioni appaiono disarmate e rassegnate di fronte alla sua iniquità di cui sono ormai evidenti e perfino quantificabili le tragiche conseguenze?
Sarebbe ingeneroso ignorare le difficoltà dell’immensa sfida logistica di una vaccinazione di massa ed i fattori di obiettiva incertezza emersi nel corso delle procedure di vaccinazione.
Dapprima sono venute a mancare le quantità attese dei vaccini; poi l’uso del vaccino AstraZeneca ha subito gli effetti delle variazioni, intervenute in corso d’opera, della platea di persone cui è somministrabile; infine il repentino stop, indotto dall’esigenza di verificare la sicurezza di questo vaccino, è stato causa di un ulteriore rallentamento.
Ma ora, mentre si entra in una fase nella quale è sensato prevedere che alcune delle iniziali asperità siano alle nostre spalle, perché prolungare la situazione di sostanziale anomia che ha caratterizzato la prima fase di somministrazione dei vaccini?
E perché non stabilire regole valide per tutto il Paese, garantendo che esse siano assistite, nella loro uniforme applicazione, da un proporzionato e ragionevole livello di deterrenza?
2. La necessità di una rapida e coerente risposta delle istituzioni
Nonostante la ragionevolezza e la condivisibilità delle scelte in esso contenute, il Piano Strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 (con i suoi successivi adeguamenti) non è in grado, da solo, di garantire una risposta ai molti interrogativi posti dalla campagna vaccinale.
Questa risposta risiede, invece, in un intervento ordinatore dello Stato per la cui emanazione esistono già tutte le condizioni politiche ed istituzionali: le dichiarazioni pubbliche del Presidente del Consiglio, un pronunciamento della Corte costituzionale, la dichiarata volontà del Ministro della Salute di imprimere una decisiva accelerazione alle vaccinazioni, evidentemente incompatibile con un loro caotico andamento; gli esempi virtuosi di alcune Regioni.
Che il Piano strategico per le vaccinazioni sia uno strumento troppo fragile per governare la più grande campagna sanitaria della storia del Paese ed imbelle rispetto alle sue violazioni non è più solo una valutazione tecnica, peraltro già ampiamente e tempestivamente espressa sulle pagine di questa Rivista[1] e in articoli sull’argomento[2].
Si tratta ormai di un dato di tutta evidenza, puntualmente registrato nelle loro cronache sui “furbetti del vaccino” dai giornalisti più attenti, i quali ricordano come il Piano sia «un atto non regolamentare», contenente mere «linee guida e raccomandazioni» che molte Regioni si sono sentite libere di modificare e che moltissime persone hanno scelto di ignorare platealmente, peraltro senza alcuna apprezzabile conseguenza[3].
Ora però il quadro giuridico, inizialmente confuso, è stato oggetto di importanti interventi politici ed istituzionali che appaiono incompatibili con il prolungarsi di prassi anomale e generatrici di gravi incertezze.
La Corte costituzionale, nella recentissima sentenza n. 37 del 2021 (est. A. Barbera), ha ribadito che la «competenza legislativa esclusiva dello Stato a titolo di “profilassi internazionale” (art. 117, secondo comma, lettera q, Cost.)...è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla».
I naturali corollari di questa affermazione investono una pluralità di piani.
Secondo il giudice costituzionale , nella sfera di competenza esclusiva dello Stato rientrano «non soltanto le misure di quarantena e le ulteriori restrizioni imposte alle attività quotidiane, in quanto potenzialmente fonti di diffusione del contagio, ma anche l’approccio terapeutico; i criteri e le modalità di rilevamento del contagio tra la popolazione; le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati; l’approvvigionamento di farmaci e vaccini, nonché i piani per la somministrazione di questi ultimi, e così via. In particolare i piani di vaccinazione, eventualmente affidati a presidi regionali, devono svolgersi secondo i criteri nazionali che la normativa statale abbia fissato per contrastare la pandemia in corso».
Nel prosieguo del suo ragionamento la Corte ha poi posto in essere anche un attento regolamento di confini tra Stato e Regioni, affermando che «se…sono le strutture sanitarie regionali ad adoperarsi a fini profilattici, resta fermo che, innanzi a malattie contagiose di livello pandemico, ben può il legislatore statale imporre loro criteri vincolanti di azione, e modalità di conseguimento di obiettivi che la medesima legge statale, e gli atti adottati sulla base di essa, fissano, quando coessenziali al disegno di contrasto di una crisi epidemica. In definitiva, per quanto fondamentale sia l’apporto dell’organizzazione sanitaria regionale, a mezzo della quale lo Stato stesso può perseguire i propri scopi, il legislatore statale è titolato a prefigurare tutte le misure occorrenti».
Affermazioni, queste, nelle quali si scorge l’apertura, se non la sollecitazione, alla approvazione di una normativa statale sui “criteri” di vaccinazione che a tutt’oggi non è ancora stata adottata e che conferirebbe alle indicazioni del Piano nazionale strategico anti Sars 2 – Covid un’efficacia giuridica che oggi non hanno.
Sul piano politico, inoltre, le misurate parole pronunciate nella sua prima conferenza stampa dal Presidente del Consiglio sull’esigenza che la campagna vaccinale si svolga con maggior ordine appaiono come una autorevole sottolineatura dell’opportunità di un intervento regolatore.
Dal canto suo, il Ministro della Salute – rimasto fermo «come torre che non crolla…per soffiar di venti» nel difendere posizioni rigorose sul versante del contenimento del contagio e nel contrastare i vistosi e ripetuti cambiamenti di opinione di non pochi leader politici – è di fronte a una nuova sfida.
Nell’affrontarla egli non può ritenere che l’attuale confusione sia un buon viatico per l’imminente decollo di una vaccinazione di massa, destinata a svolgersi mentre l’epidemia ancora imperversa mietendo vittime soprattutto tra la popolazione più anziana.
La giusta rivendicazione degli sforzi compiuti in condizioni difficilissime e ostacolati da eventi avversi potrebbe non essere sufficiente se non accompagnata da una chiara iniziativa diretta a disciplinare un processo che si preannuncia lungo e complicato.
Del resto non mancano esempi di Regioni che si sono spontaneamente e tempestivamente allineate alle razionali indicazioni del Piano strategico adottando – in coerenza al percorso da esso indicato – il criterio ordinatore dell’età come canone dell’ordine di accesso alle vaccinazioni nella seconda fase della campagna, evitando così di disperdere in mille rivoli la risorsa preziosa, e mentre scriviamo ancora scarsa, dei vaccini disponibili.
Esempi che il legislatore nazionale potrebbe valorizzare e generalizzare con un tratto di penna se ve ne fosse la volontà politica e se il Parlamento, cui è necessario guardare sempre con il massimo rispetto e fiducia, decidesse di interrompere il lungo silenzio serbato su questa decisiva materia.
3. Un ragionevole livello di deterrenza
Sin qui il piano delle scelte istituzionali destinate a fissare le coordinate generali ed uniformi della campagna vaccinale.
Ma c’è un altro profilo meritevole di attenzione, fino ad ora totalmente negletto: la previsione di un ragionevole livello di deterrenza per i comportamenti che si pongono in consapevole ed aperta violazione dei criteri di priorità nelle vaccinazioni.
Criteri che – non lo si ripeterà mai abbastanza - ben possono essere definiti con la necessaria elasticità e con la espressa e individuazione dei soggetti istituzionali o professionali autorizzati a derogarli in casi di necessità ed urgenza (ad es. per evitare sprechi dei vaccini[4] o per fronteggiare situazioni impreviste di emergenza locale o settoriale) ma che dovrebbero essere corredati anche da sanzioni proporzionate e adeguate nei confronti di chi deliberatamente sceglie di ignorarli , infrangendo ogni regola.
Ci si riferisce a sanzioni prevalentemente di tipo amministrativo (chi scrive non può essere annoverato tra i fautori della penalizzazione ad oltranza) ma fissate con impegnativa chiarezza e dotate di adeguata efficacia dissuasiva.
Per altro verso va richiamata la possibilità dello Stato di ricorrere a commissari che - limitatamente alle operazioni di vaccinazione – sostituiscano l’azione dello Stato a quella di amministrazioni regionali inerti, lente, inefficienti nella gestione della campagna o restie ad uniformare la loro azione ai criteri nazionali.
Ciò anche allo scopo di evitare che alla frammentazione e sregolatezza delle procedure di vaccinazione facciano seguito iniziative altrettanto frammentarie della magistratura.
Sino a questo momento le cronache hanno riportato solo generiche notizie di indagini dei NAS finalizzate a chiarire situazioni nelle quali sono emersi favoritismi ingiustificati o abusi e informazioni riguardanti richieste di archiviazione per infondatezza delle notitiae criminis sottoposte all’attenzione dell’autorità giudiziaria.
Ed è comprensibile che sia così.
Da un lato, infatti, è pregiudizialmente preclusa la configurabilità di ogni ipotesi di abuso d’ufficio per la violazione dei criteri di priorità del piano vaccinale, essendo il piano un mero atto amministrativo, non avente natura regolamentare, e non esistendo alcuna legge o regolamento in materia.
Dall’altro lato appare problematico anche il riferimento all’ipotesi incriminatrice del peculato, che dovrebbe radicarsi sul presupposto, di assai ardua dimostrazione, di una “appropriazione” da parte dei responsabili delle operazioni di vaccinazione delle dosi poi iniettate a non aventi diritto.
Mentre si discute – e con ragione – dell’opportunità di prevedere per i sanitari impegnati nel contrasto all’epidemia norme che, senza stravolgere il sistema, garantiscano loro di operare in condizioni di serenità, non sembra ragionevole perpetuare l’anomia, e con l’anomia il regime di confusione e di irresponsabilità, che hanno sino ad ora contrassegnato le procedure di vaccinazione.
Il virus ha già messo a dura prova molte delle nostre certezze sul piano sanitario, sociale ed economico.
Non lasciamo che esso scalfisca anche la fiducia nella razionalità giuridica e nella capacità di un legislatore accorto di garantire uno sviluppo ordinato della gigantesca operazione salvezza che, iniziata con ritardo, sta ora per decollare anche nel nostro Paese.
[1] Ai temi dell’ordine delle vaccinazioni e degli strumenti adeguati a regolarlo questa Rivista ha tempestivamente dedicato la sua attenzione in numerosi scritti. Cfr. al riguardo: N. Rossi, Il diritto di vaccinarsi, in questa Rivista on line. 4.1.2021, scritto al quale si rinvia per un’ampia descrizione dei contenuti del Piano. Ancor prima era intervenuto G. Battarino, Prime riflessioni su un criterio di distribuzione dei vaccini anti-Sars-Cov-2 costituzionalmente fondato, in questa Rivista on line, 24.11.2020, articolo al quale si rinvia anche per le citazioni di precedenti scritti sul tema dell’emergenza Covid. Vedi anche il numero 2/2020 della Trimestrale QG intitolato Il diritto nell’emergenza e interamente dedicato ai profili giuridici della pandemia.
[2] M. Ainis, La graduatoria della salvezza, in La Repubblica 6.1.2021.
[3] A. Digiorgio, I veri furbetti dei vaccini, in Il Foglio 19.3.2021.
[4] Va colta, al riguardo, la valenza positiva dell’ammonimento, solo apparentemente paradossale, del Generale Figliuolo a non sprecare in nessun caso dosi di vaccino ed a vaccinare, in contesti imprevedibili a priori, anche i passanti occasionali. Vanno infatti evitati insieme sprechi ed abusi, entrambi pregiudizievoli per la campagna vaccinale in atto.