Si svolgerà oggi in Cassazione un importante convegno, «La tutela effettiva dei diritti nel giusto processo», organizzato dalla Rivista giuridica del lavoro, da Magistratura democratica e dall'AGI, l'Associazione degli avvocati giuslavoristi italiani.
Alla nostra Rivista piace segnalarlo con particolare risalto perché è dedicato alla memoria di Sergio Mattone.
Il diritto, e la giustizia, del lavoro devono tanto a Sergio Mattone. E gli deve tanto anche Questione Giustizia, a cui Sergio ha donato pagine preziose, ancora così attuali, capaci di riprodurre la lucida visione di un'intelligenza critica che pur di fronte al bilancio negativo della fase contingente, non rinunciava mai a farsi voce della proposta, anche della più coraggiosa. Sergio sapeva bene che nei momenti di arretramento e di chiusura occorre che chi ne ha le capacità si assuma il compito di alzare lo sguardo e di provare a spingersi oltre, a non lasciarsi logorare dalla smania di governare l'involuzione finendo per adattarvisi.
Proponiamo qui un articolo di Sergio pubblicato nel n. 6 del 2006, già programmatico nel titolo, «Oltre la precarietà». La ricognizione riguarda gli effetti di riforme che, nel 2001 e nel 2003, avevano dato corpo alla parola d'ordine dell'epoca: quella “flessibilità” del lavoro che «attraverso un'operazione mistificante che non è stata respinta con il dovuto vigore nemmeno dalla sinistra» fu dipinta come l'arma di liberazione dagli schemi omologanti della subordinazione classica, per rivelarsi ben presto null'altro che il punto di svolta del sistema del diritto del lavoro, l'imbocco della china discendente verso la generale precarizzazione dei rapporti, e delle esistenze.
Eppure Sergio non aveva conosciuto ancora gli effetti della crisi dal 2008, né la risposta che ne è seguita, quella delle leggi del 2012 e del 2015 (cd. Legge Fornero e Jobs act), che nel senso opposto a quello indicato da Sergio hanno scelto di affidare le prospettive di ripresa ad una ancor più spinta liberalizzazione del mercato del lavoro. Oggi più che mai, di fronte agli effetti della progressiva caduta delle barriere che custodivano quella che Luciano Gallino chiamava «la cittadella del diritto del lavoro», sarebbe essenziale mantenere quello sguardo per riuscire a coltivare la visione di nuove regole, e di coperture universali a difesa del mantenimento di livelli di reddito per la tutela della dignità della persona.
La nuova attenzione rispetto alle reali condizioni del mercato del lavoro risvegliata dai referendum indetti dalla Cgil, probabilmente destinati a non celebrarsi per l’intervento abrogatore delle norme sui vouchers e sulla responsabilità solidale del committente negli appalti (dl. n. 25 del 17 marzo 2017) dovrebbe essere il punto di partenza per un cambio di passo, per una svolta non più rimandabile.
Questo, almeno, è ciò che ci si può e si deve auspicare. Resta la passione, trasmessaci da Sergio, per un impegno che muove dalla condivisione dei valori fondanti della nostra Costituzione, e che con coraggio riesce a spingersi fino a coltivare l’utopia, oggi peraltro così ben rilanciata dai messaggi di Papa Francesco, di un nuovo modello di giustizia sociale.