Mi scuso sin d’ora con le lettrici e con i lettori per il fatto che, per semplicità di esposizione, non ripeterò, ogni volta che userò l’espressione “lavoratore” o “lavoratori”, anche a “lavoratrice” e “lavoratrici”, dando per scontato che mi riferisco a entrambi i generi. Ciò anche perché in molte citazioni di sentenze questa distinzione non viene fatta e mi vedrei costretto a correggerne il testo.
Licenziamenti illegittimi: che cosa è cambiato negli ultimi 10 anni *
Un bilancio della normativa in materia di licenziamenti con particolare riguardo ai limiti alla tutela reintegratoria che la Legge Fornero del 2012 e il Jobs Act del 2015 hanno ritenuto di introdurre, in parte messi in discussione dalle modifiche ai testi di legge da parte della Corte costituzionale e dall’interpretazione delle stesse norme da parte dei giudici di merito e di legittimità. Sicuramente ne è risultato un ampliamento delle tutele, ma non tale da far ritenere ripristinata la “tutela reale” del posto di lavoro, così come era garantita dal testo originario dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che, a fronte dell’accertata illegittimità del recesso, prevedeva la completa reintegrazione nella posizione giuridica pre-esistente fatta illegittimamente cessare. Da ciò consegue il ribadito principio della non decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro in costanza di rapporto.
Il contributo sviluppa la nota questione dei profili discriminatori del licenziamento intimato per superamento del "comporto", fornisce una lettura complessiva delle sette pronunce espresse finora dalla Corte di Cassazione, ponendole a confronto con le tesi proposte in dottrina, concludendo, poi, con considerazioni, anche de iure condendo, in chiave applicativa.
Probabilmente costituisce un record il numero di pronunce di incostituzionalità che hanno colpito il d.lgs. n. 23 del 2015 (cd. Jobs act): ciò che ne esce sconfessata è soprattutto la filosofia che vi era sottesa
Muovendo dai precedenti della Consulta, il Tribunale di Ravenna propone nuova questione di costituzionalità dell’art. 3 Decreto n. 23/2015, laddove, a fronte di un vizio di identica gravità rispetto al licenziamento disciplinare, esclude quello per g.m.o. dalla tutela reintegratoria.
Un bilancio della normativa in materia di licenziamenti con particolare riguardo ai limiti alla tutela reintegratoria che la Legge Fornero del 2012 e il Jobs Act del 2015 hanno ritenuto di introdurre, in parte messi in discussione dalle modifiche ai testi di legge da parte della Corte costituzionale e dall’interpretazione delle stesse norme da parte dei giudici di merito e di legittimità. Sicuramente ne è risultato un ampliamento delle tutele, ma non tale da far ritenere ripristinata la “tutela reale” del posto di lavoro, così come era garantita dal testo originario dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che, a fronte dell’accertata illegittimità del recesso, prevedeva la completa reintegrazione nella posizione giuridica pre-esistente fatta illegittimamente cessare. Da ciò consegue il ribadito principio della non decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro in costanza di rapporto.
Nella stagione compresa tra il c.d. collegato lavoro (l. 183 del 2010) e il Jobs act (d.lgs. n. 23 e n. 81 del 2015), il Legislatore all’insegna della liberalizzazione del mercato del lavoro ha operato numerosi interventi accomunati da una medesima cifra: marginalizzare il ruolo del giudice e ridurne le possibilità d’intervento nelle fasi più delicate del rapporto, ossia l’assunzione con contratti flessibili e il recesso dal contratto standard. Emergono però da ultimo importanti elementi di controtendenza in tema di flessibilità “in entrata” e “in uscita”, ben visibili sia nel formante legale, sia in quello giurisprudenziale.
Il libro di Stefano Giubboni (Giappichelli, 2020) accanto alla ricognizione completa degli snodi critici oggi più sensibili in materia di licenziamenti, prende posizione non solo sulle questioni interpretative ancora aperte, ma soprattutto sul significato complessivo di politica del diritto della stagione “riformatrice” dalla Legge Fornero al Jobs Act, attuata nel segno di un neoliberismo «tanto approssimativo quanto provinciale». E’ l’ora di un cambio di passo, ma restano ignote le intenzioni della politica.