Prendo la parola per l'Osservatorio genovese sulla giustizia civile e ringrazio per lo spazio discussivo che ci è stato accordato dalla Presidenza.
Anche quest'anno parliamo, con le necessarie semplificazioni imposte dai tempi degli interventi, dei problemi organizzativi legati a due assetti strategici che rimangono parzialmente al palo: la riforma della magistratura onoraria e la normativa sull'ufficio per il processo.
Si tratta di temi che abbiamo esaminato nel corso di un convegno pubblico promosso il 23 novembre scorso dal nostro Osservatorio e dalla Formazione distrettuale dei magistrati al quale hanno preso parte i due fondamentali interlocutori della materia, anche oggi qui degnamente rappresentati, cioè il Consiglio superiore della magistratura ed il Ministero della giustizia. Anzi, ne approfitto immediatamente per dare atto che la dottoressa Fabbrini e l’avvocato Cavanna si sono impegnati moltissimo, nei loro distinti ruoli dirigenziali e consiliari, per trovare soluzioni organizzative e ordinamentali che aiutassero la nostra città in questo difficile frangente per le ben note vicende ricordate nella relazione di esordio della presidentessa Bonavia.
Le conclusioni di questa iniziativa di studio del novembre scorso sono presto dette: un forte invito ai vertici del nostro “sistema bicefalo” della giustizia per un maggiore coordinamento delle rispettive iniziative statistico/organizzative in termini che, nel campo amministrativo, potremmo indicare con l’espressione «conferenza di servizi». Per dirla in una battuta: «Per favore, parlatevi!».
Solo l'aquila asburgica era un volatile bicefalo che per qualche secolo è riuscito a svolazzare; non si ha conoscenza di altri animali a due teste che abbiano goduto di miglior fortuna e che siano stati in grado di coordinarsi su dove andare e cosa fare.
Apprendiamo oggi con viva soddisfazione dalle relazioni dei due rappresentanti che è stato creato un tavolo permanente di concertazione tra Csm e Ministero. È un tavolo da tenere sempre in caldo, a cui ci permettiamo di indirizzare un forte invito alla discussione e all’ascolto reciproco: è infatti indispensabile che anche nelle nostre materie si realizzi un maggiore coordinamento tra le iniziative che partono dal centro romano.
Così, per esemplificare, ricordiamo che nell’ultimo biennio tanto il Ministero quanto il Csm hanno promosso un loro autonomo monitoraggio sulla costituzione e dotazione degli uffici del processo, all'insaputa l'uno dell'altro e con risultati che non coprivano tutto il ventaglio delle iniziative sperimentate negli uffici giudiziari se è vero che, per dirne una, il Tribunale di Genova non risultava censito tra le sedi munite di un ufficio per il processo: quando invece già con l'ordine di servizio 111 del maggio 2015 avevamo realizzato una compiuta analisi dei modelli organizzativi delle cancellerie definendo i compiti di assistenza al magistrato necessari per un effettivo miglioramento della struttura organizzativa; per non parlare della serie ininterrotta di otto bandi per tirocini formativi ex art. 73 dl 69/2013, che hanno coinvolto decine di stagisti e hanno dato in generale presso il Tribunale un apprezzabile risultato.
Un secondo esempio di non felice sovrapposizione di iniziative lo ritroviamo nelle verifiche funzionali contestuali che sono state richieste dal Csm, per quanto riguarda la relazione annuale ex articolo 37 della legge 111 del 2011, e dal Ministero, in sede di ispezione periodica degli uffici, attualmente in corso. Disamine quasi contemporanee, per le quali non si è minimamente tenuto conto delle ripercussioni giudiziarie dei drammi e difficoltà cittadine con le loro note appendici giudiziarie (e non parlo solo del Ponte Morandi perché sono pendenti diversi processi impegnativi); con una contestualità che in questo momento sta impegnando full time le cancellerie, presso le quali non esistono specifiche dotazioni e risorse dedicate esclusivamente alle funzioni statistiche e ammnistrative.
Questa non calibrata scelta dei momenti in cui chiedere verifiche di gestione, che sono diventate per i magistrati direttivi e semidirettivi degli autentici tormentoni degni degli incombenti di una società quotata in borsa, non sono senza ricadute sulla funzionalità del “servizio giustizia”, proprio perché in questo momento le nostre cancellerie − probabilmente consapevoli che, come si diceva un tempo parlando dei rapporti tra polizia giudiziaria e procuratore della Repubblica, “dai fulmini del superiore gallonato non la protegge la toga del magistrato” − sono dedite anima e corpo a soddisfare le richieste informative degli ispettori ministeriali, rallentando il corso della normale operatività giudiziaria, l'impegno nel disbrigo degli incombenti quotidiani e le esigenze statistiche anche interne all'ufficio.
Sia chiaro. Nessuno rifiuta momenti di verifica e controllo o auspica la felice anarchia organizzativa che caratterizzava il giudiziario prima che la cultura dell’organizzazione cominciasse a penetrarvi “per li rami” in una chiave che, negli ultimi tempi, è sempre più insofferente alla cultura dell’efficienza solo apparente e numerica ed è invece oggi più attenta al valore dell’organizzazione come presidio costituzionale, ex art. 110 Cost., dei diritti fondamentali e di quelli “quotidiani e spiccioli”. Si sta semplicemente dicendo di modulare nel tempo queste fasi di verifica, lasciando più spazio per tempi e qualità del lavoro ordinario, che dovrebbe essere la prima preoccupazione da portare al tavolo di concertazione Csm-Ministero.
Certo, vi sarebbe molto da dire sulla qualità dei dati informativi che vengono raccolti in queste occasioni e sull'utilità di questa continua richiesta da entrambi gli organi di vertice di relazioni ed analisi, se è vero che – sempre in via di esempio − da almeno tre anni vengono segnalate escrescenze numeriche ancora derivanti dalla migrazione al sistema SICID, che ogni anno troviamo ripetute nei prospetti statistici che riceviamo. Per non parlare dell’irrazionalità di un sistema statistico che viaggia con caposaldi cronologici dal 1° luglio di un certo anno al 30 giugno del successivo, invece di adottare il classico schema di esercizio sull'anno solare.
Ma v'è un particolare, un dettaglio forse marginale, che fa veramente temere sistemi di analisi del tutto autoreferenziali.
Come ricordato poc’anzi dal consigliere Cavanna, il Csm ha recentemente realizzato un'approfondita analisi dell'evoluzione del processo civile telematico, davvero pregevole, e l’ha inviata a vari uffici e destinatari. Vi è, tra essi, il Ministero genericamente inteso, ma è singolare che questa notevole relazione non abbia per prima e diretta destinataria DGSIA, la Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati: proprio il principale interlocutore al quale varrebbe la pena di sottoporre tutti i puntuali interrogativi sulle sorti del PCT e soprattutto sulla qualità dell'assistenza tecnica prestata.
Un contraddittore-litisconsorte necessario, al quale rappresentare che tutti i giorni riceviamo gli alti lamenti dei magistrati che si picchiano letteralmente con la Consolle, pazientemente segnalano gli inconvenienti e non ricevono quasi mai risposte e rimedi. Quando poi basta aprire la Consolle delle esecuzioni e fallimenti e confrontarla con il programma Fallco, per capire quanto l’auspicabilissima strada della “reinternalizzazione delle risorse”, che il Consiglio superiore prefigura nelle sue conclusioni, sia in salita: al momento, un autentico sesto grado superiore; e quanto utile sarebbe invece riprendere il percorso delle sedi-laboratorio per l’evoluzione degli applicativi, a cui Genova aveva dato in passato un contributo decisivo.
Dicevamo che il nostro convegno di novembre si è concluso con un forte invito ad un maggiore raccordo tra amministrazione e giurisdizione per l'organizzazione di servizi amministrativi. In questa prospettiva, il Csm potrebbe fare degnamente la sua parte prevedendo la quadriennalità delle tabelle e la biennalità delle relazioni sull’art. 37. All’obiezione che la legge prevede la scadenza annuale per queste ultime, si potrebbe replicare prevedendo che la relazione annuale intermedia nel biennio sia ridotta a mera compilazione statistica.
Viene adesso il turno del Ministero. Il raccordo auspicato tra amministrazione e giurisdizione è indispensabile in primo luogo per quanto riguarda le sorti della magistratura onoraria, su cui tutti gli anni ci intratteniamo perché, dopo la generale riforma del 2016 e alla faccia dei vari tavoli tecnici e politici recentemente predisposti dalla nuova compagine governativa, non è ancora chiaro se la legge 57/2017 ed il d.lgs 116/2017 avranno o meno completo seguito: voci bene informate danno per sicuro solo un rinvio della scadenza del 21 agosto 2021.
Questa incertezza incide nuovamente sui tempi giudiziari e consiliari, in quanto siamo stati graziati dal Csm per quanto riguarda il termine di consegna delle variazioni tabellari inerenti l'ufficio per il processo; però la proroga accordataci al 30 giugno 2019 per tale integrazione tabellare diventerà abbastanza vuota di significato se, sempre secondo le ultime informate voci che ci vengono dai tavoli tecnici e politici convocati, la riforma delle competenze del giudice di pace sarà ulteriormente differita.
Premesso che noi condividiamo ancora il quadro a luci e ombre che della riforma della magistratura onoraria aveva tracciato la delibera del Csm del luglio 2017, non stiamo parlando di un problema teorico o secondario, perché l'effettivo decollo della legge 57 del 2016 alla fine del periodo transitorio comporta tutta una serie di ricadute organizzative fondamentali che devono avere riscontro, ad esempio, sulla distribuzione dell’aumento di organico di 600 unità di un magistrati (e anche più esteso del personale amministrativo) previsto dalla legge di bilancio.
Da più parti, alla buona notizia di questo prossimo incremento, si è fatta presente la necessità di potenziare le corti d'appello, che sono in questo momento lo snodo più delicato per quanto riguarda i tempi processuali. Ma ci si dimentica che se veramente nell'agosto 2021 partirà a regime la revisione della competenza per materia del primo grado, con il 60% delle sopravvenienze attribuite ai giudici onorari, allora anche le funzioni d'appello dei tribunali entreranno rapidamente in crisi.
Nell'ottica redistributiva dell'aumento di organico, non si possono inoltre dimenticare quelle sedi giudiziarie che sono state dotate di sezioni a competenza distrettuale, ma a parità di organico. Parliamo degli ultimi infelici frutti della stagione delle riforme a costo zero, che ha trasferito sui tribunali del capoluogo di distretto talune competenze prima “spalmate” su tutto il distretto, in un’ottica (per noi condivisibile) di specializzazione, ma a valore di investimento dei fichi secchi portati ad un matrimonio. Il che spiega il non casuale allungamento dei tempi processuali e decisionali che si registra nel nostro Tribunale in settori strategici, come la sezione specializzata imprese e quella per la protezione internazionale: quest’ultima, in particolare, vede un organico effettivo di 2,4 magistrati impegnati sul fronte di 100 ricorsi collegiali al mese.
Concludo. Mi rendo conto che parlare di questioni organizzative, di fronte alla descrizione delle “nubi oscure” che avvolgono la giurisdizione in Polonia appena tracciato dalla collega Frackowiak; sentite le condivisibili critiche di metodo del presidente del Consiglio dell’ordine forense sul percorso non condiviso delle riforme processuali e sostanziali in gestazione; e dopo aver ascoltato la preoccupata analisi del Procuratore generale sulla messa in discussione dei diritti fondamentali nel nostro, come in molti altri ordinamenti più o meno confinanti, può apparire un vezzo eccentrico e fuori luogo, quasi come servire uova al tegamino in un pranzo di gala. Non dobbiamo dimenticare però che tutti i diritti, fondamentali e non, fanno poi i conti con le risorse umane, tecniche, finanziarie che vengono messe a disposizione, per cui non ci pare inutile continuare ad intervenire ogni anno in questa Assemblea per rappresentare le criticità dell’amministrazione giudiziaria sul piano organizzativo. Confidiamo tenacemente che il nostro contributo di analisi e di proposta possa far funzionare meglio le cose, come da sempre nello spirito “costituzionale” di tutte le attività degli Osservatori che operano nella penisola.