Articoli di Questione Giustizia su ordinamento penitenziario
Obiettivo del presente contributo è fornire una lettura socio-giuridica sulle riflessioni emerse dalla ricerca in merito ad alcuni aspetti della riforma dell’ordinamento giudiziario. Il dibattito attorno alla riforma, oltre a riscuotere ampia risonanza mediatica, è un tema particolarmente rilevante per i magistrati stessi, sia per via delle ricadute sulla quotidianità lavorativa, sia, più in generale, per l’impatto sulla rappresentazione sociale di tale ruolo. Il processo di riforma tocca infatti alcune questioni sostanziali in tema di organizzazione giudiziaria, con effetti sulla separazione dei poteri, sull’autonomia del magistrato stesso e, in termini più generali, sul rapporto tra magistrati e politica.
La necessità di rafforzare la funzione custodiale del carcere nei confronti dei soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali di speciale pericolosità ha prodotto uno strumento di estremo rigore che determina una forte compressione di fondamentali diritti della persona, essendo imperniato sulla drastica riduzione dei contatti con il mondo esterno. Vanno pertanto evidenziati gli aspetti di maggiore contrasto tra le antitetiche esigenze preventive e quelle di tutela dei diritti individuali. Il provvedimento sospensivo è disposto, per i delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’art. 4-bis o.p., in relazione ai condannati per i quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica od eversiva: non è sufficiente il mero titolo di reato ma è necessaria la prova della persistenza di collegamenti. Il provvedimento ministeriale comporta la sospensione in tutto o in parte delle regole del trattamento e degli istituti previsti dalla legge penitenziaria che possono porsi in concreto in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza. La disciplina normativa, introdotta nel 1992, ha subito rilevanti modifiche sostanziali con le leggi n. 279/02 e 94/09 ed è specificamente regolata da Circolari amministrative. L’importanza degli interessi coinvolti ha impedito un dibattito sereno sull’utilità di questa misura e sulla sua compatibilità con i principi costituzionali, essendo difficile parlare del regime ex art. 41-bis o.p. senza schierarsi “a favore” o “contro”, ma il punto di partenza non può che essere che tale regime rappresenta un quid pluris rispetto alla detenzione ordinaria che ne modifica in senso sostanziale la natura