1. La sentenza, che si annota, fornisce alcune importanti precisazioni in merito alla richiesta di rinvio dell'udienza del riesame, che, ai sensi dell'art. 309 comma 9-bis cpp, l'indagato/imputato, entro due giorni dalla notificazione dell'avviso, può formulare personalmente e che, se accolta dal Tribunale, in quanto vi siano giustificati motivi, porta a un differimento dell'udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni.
È stato autorevolmente osservato che la nuova disciplina, introdotta come è noto con la legge di riforma n. 47/2015, «è intesa a creare un ragionevole bilanciamento, in termini obiettivamente non eccessivi, tra la celerità e la possibilità di garantire una dialettica processuale ed una decisione maggiormente ponderata» [1].
2. Nel caso di specie il gip di Ancona disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente fino alla concorrenza di euro 5.999.665,36 nei confronti di un soggetto indagato per la violazione degli artt. 8, 5 e 10 del d.lgs 74/2000.
Contro il sequestro, l'indagato presentava richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 cpp, che il Tribunale rigettava.
Avverso il provvedimento di rigetto del Tribunale, l'indagato proponeva ricorso in Cassazione articolato in due motivi.
Con il primo il ricorrente censurava la violazione degli artt. 309, comma 9-bis e 178 lett. c) cpp, atteso che il Tribunale del riesame, dopo avere accolto la richiesta di rinvio dell'udienza, avanzata dalla difesa in forza dell'art. 309 comma 9-bis cpp, concedeva un termine di soli due giorni, senza rispettare dunque la misura minima di cinque giorni indicata dalla legge.
Con il secondo, invece, il ricorrente censurava la violazione degli artt. 125 comma 3, 321 cpp e 322-ter cp, non essendo stato il sequestro ai fini della confisca riferito dapprima alle casse sociali e, poi, una volta accertata l'incapienza patrimoniale delle società, ai beni nella disponibilità delle singole persone fisiche.
3. La Corte, nell'accogliere il ricorso, ha ritenuto fondato il primo motivo con assorbimento del secondo.
Entrando più nel dettaglio.
Preliminarmente la Corte, in linea con alcuni suoi precedenti [2], ha precisato che la richiesta di rinvio dell'udienza del riesame rientra a pieno titolo «nell'ambito della tutela delle esigenze dell'esercizio in concreto del diritto di difesa».
Il Tribunale, in presenza di una richiesta di rinvio dell'udienza, deve verificare se siano state indicate le ragioni della richiesta di differimento e se tali ragioni siano comunque ricollegabili ad esigenze di difesa sostanziale e non meramente pretestuose.
A questo proposito, ulteriormente approfondendo i termini della questione, la Corte ha affermato che le ragioni della richiesta di rinvio dell'udienza potrebbero ritenersi pretestuose soltanto nei casi di minima consistenza del materiale probatorio da consultare.
Per il resto al Tribunale non è assolutamente consentito di sindacare la qualità dei motivi, oppure, stabilire «se sia adeguato o meno il termine ordinario per lo studio degli atti depositati, se sia necessario attendere il completamento delle indagini difensive, se sia opportuno consentire al difensore di avere il tempo per un'adeguata preparazione».
In altri termini se la parte chiede il rinvio, il Tribunale, laddove vi siano i giustificati motivi, è tenuto a differire l'udienza «senza alcun apprezzamento degli stessi che vada oltre la verifica della loro sussistenza» [3].
La Corte, poi, ha concluso osservando che il termine indicato dal legislatore nella misura minima di cinque giorni non è assolutamente derogabile.
Da qui l'illegittimità del provvedimento impugnato e il conseguente suo annullamento, avendo il Tribunale, nella specie, una volta accolta la richiesta di differimento dell'udienza, assegnato per il rinvio un termine di due giorni, inferiore dunque a quello minimo di cinque giorni fissato dalla legge, così determinando una grave violazione del diritto di difesa.
4. Come già detto in apertura, il differimento dell'udienza regolato dal comma 9-bis dell'art. 309 cpp [4], specialmente nei casi di maggiore complessità, concilia la celerità propria del giudizio di riesame, assistita in casa di mancato rispetto da forti sanzioni processuali, con il diritto dell'indagato/imputato di difendersi nel modo più adeguato possibile, consentendo inoltre al Tribunale, che si trova così ad avere più tempo a disposizione, di approfondire meglio lo studio degli atti in vista di una decisione che sia più ponderata anche nell'interesse della stessa difesa [5].
In questo modo si è cercato di dare una risposta a quanti ritenevano che della disciplina del riesame dovesse essere ripensato «proprio l'aspetto dei tempi eccessivamente ristretti per la difesa e per la decisione del giudice» [6].
La richiesta di differimento deve essere formulata personalmente dall'indagato/imputato, dal momento che il provvedimento con cui il giudice accoglie la richiesta determina eccezionalmente lo spostamento in avanti del termine per la decisione e di quello per il deposito dell'ordinanza, con il conseguente prolungamento della misura cautelare in corso [7].
Secondo la Corte, però, il prolungamento della misura, anche se pregiudizievole per chi ne subisce gli effetti, è ritenuto comunque accettabile in ragione del fatto che la breve dilazione consente al soggetto che la richiede di approntare una difesa più efficace.
La richiesta di differimento può essere accolta solo se vi siano giustificati motivi, che si concretizzano, ad esempio, «qualora sia allegata la necessità di un maggiore approfondimento del materiale trasmesso, specie nei procedimenti connotati da un elevato numero di parti o di imputazioni, ovvero di uno sviluppo dell'attività difensiva rispetto a quanto svolto in sede di interrogatorio di garanzia, anche con lo svolgimento di indagini private» [8], sicché il rigetto della richiesta, come già anticipato, potrà aversi soltanto nei casi di minima consistenza del materiale probatorio da consultare.
Una volta accolta la richiesta di differimento, il Tribunale ha piena discrezionalità nel valutare la durata della dilazione dell'udienza da un minimo inderogabile di 5 ad un massimo di 10 giorni, dovendosi in questo caso comunque contemperare, pur nei limiti ristretti di tale dilazione [9], le concrete esigenze della difesa con quelle organizzative del collegio giudicante, spesso gravato da carichi di lavoro enormi.
Al riguardo la sentenza in commento è chiara nell'affermare che «ai fini della individuazione del termine di dilazione il Tribunale deve tenere conto delle ragioni addotte dall'istante e delle esigenze organizzative dell'ufficio giudiziario».
[1] E. Aprile e F. D'Arcangelo, Le misure cautelari nel processo penale, Terza edizione, Giuffrè Editore, p. 526. A proposito di questo bilanciamento, gli Autori hanno precisato che esso «non pare arbitrario, né irragionevole sia per misura non eccessivamente ampia del differimento concedibile, sia perché lo stesso non opera in via generalizzata ma solo nella ricorrenza di presupposti definiti e stringenti», in op. cit., p. 527.
[2] Cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 3 marzo 2016 (dep. 24 marzo 2016), n. 12556, Pres. Conti, Rel. Di Stefano; Cass. Pen., Sez.VI, 3 marzo 2016 (dep. 31 marzo 2016), n. 13049, Pres. Conti, Rel. Di Stefano.
[3] Queste parole compaiono, testualmente, nelle due pronunce n. 12556/16 e n. 13049/16.
[4] La facoltà dell'indagato/imputato di chiedere il differimento dell'udienza è stata estesa anche al riesame delle misure reali in forza dell'espresso richiamo, contenuto nell'art. 324, comma 7, cpp, al comma 9-bis dell'art. 309 cpp.
[5] Cfr. G. Illuminati, Verso il ripristino della cultura delle garanzie in tema di libertà personale dell'imputato, in Riv. it. dir. proc. pen. 2015, 1157-1158; cfr., pure, P. Borrelli, Una prima lettura delle novità della legge 47 del 2015 in tema di misure cautelari personali, in Dir. pen. cont., 3 giugno 2015, pp. 27-28; E. Turco, La riforma delle misure cautelari, in Processo penale e giustizia, n. 5/2015, p. 121; M. S. Lembo e G. Potenza, La nuova disciplina delle misure cautelari personali dopo la L. 16 aprile 2015, n.47, Maggioli Editore, 2015, pp. 139-140; V. Pazienza e G. Fidelbo, Le nuove disposizioni in tema di misure cautelari. Rel. n. III/03/2015 del 6 maggio 2015, in www.cortedicassazione.it, pp. 27-28.
[6] Cfr. E. Aprile e F. D'Arcangelo, Op. cit., p. 525. Gli stessi Autori aggiungono che la previsione di un termine maggiormente ampio può “consentire alla difesa di preparare meglio la propria discussione (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla necessità di accedere alle conversazioni intercettate), e, nei casi di maggiore complessità, anche al giudice di studiare più attentamente la vicenda cautelare”, Op. cit., pp. 525-526.
[7] G. Illuminati, al riguardo, osserva: «La richiesta di differire l'udienza deve essere formulata personalmente dall'imputato, che è il soggetto che subisce materialmente gli effetti della misura e del suo eventuale prolungamento, anche per evidenziare che la scelta non può essere determinata esclusivamente dalle esigenze professionali dell'avvocato», in Op. cit., p. 1157.
[8] Cfr. B. Romanelli, Il differimento dell'udienza di riesame tra esigenze di difesa sostanziale e limiti all'impugnazione”, in Dir. pen. cont., 8 giugno 2016, p. 4. Il commento è una nota critica alle due sentenze n. 12556/16 e 13049/16, che hanno, tra l'altro, ritenuto non impugnabile la decisione con la quale il Tribunale del riesame rigetta l'istanza di differimento della data dell'udienza, fatta eccezione per le ipotesi in cui la stessa sia nulla per carenza assoluta di motivazione ovvero presenti una motivazione solo apparente.
[9] Ci si domanda se tale dilazione non eccessivamente ampia, che l'indagato/imputato può richiedere in prima persona, anche a costo di prolungare in questo modo gli effetti per lui nocivi della misura (personale o reale) in corso, per difendersi meglio in vicende cautelari estremamente complesse, in cui ci sono spesso da studiare migliaia di pagine tra atti di indagine, intercettazioni, ordinanze e quant'altro, possa effettivamente ritenersi sufficiente per garantire una dialettica processuale e una decisione finale che siano ben meditate.