Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

La sospensione della prescrizione dei reati in tempi di pandemia. La Corte costituzionale promuove la legislazione dell’emergenza

di Giuseppe Santalucia
consigliere della Corte di Cassazione, presidente ANM

Con la sentenza n. 278 del 23 dicembre 2020 la Corte costituzionale ha risposto ai dubbi da più parti avanzati sulla normativa che ha disposto la sospensione della prescrizione come effetto della sospensione dei termini processuali e del rinvio delle udienze durante il periodo di maggiore gravità della pandemia da Covid-19. 
Accanto all’intrinseco interesse per le motivazioni con cui la Corte costituzionale ha dato conto della compatibilità delle norme scrutinate, nella vicenda emerge un altro profilo meritevole di attenzione. Il dissenso, reso pubblico dal giudice relatore, sulla soluzione adottata e la sua conseguente e fisiologica sostituzione per la redazione della sentenza ripropongono il tema della pubblicità delle opinioni dissenzienti. 

1. L’oggetto dello scrutinio

Con argomenti molto persuasivi la Corte costituzionale – sentenza n. 278 del 23 dicembre (ud. 18 novembre) 2020 – ha risposto ai dubbi da più parti avanzati sulla normativa che ha disposto la sospensione della prescrizione come effetto della sospensione dei termini processuali e del rinvio delle udienze durante il periodo di maggiore gravità della pandemia da Covid-19.

Oggetto di scrutinio sono state le norme del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 che, in rapida successione temporale, ha assorbito e ribadito le disposizioni del decreto legge n. 11 dell’8 marzo precedente, il cui articolo 1 disponeva, con poche eccezioni: sia il rinvio d’ufficio delle udienze (anche civili) in tutti i procedimenti pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, il che valeva quanto dire delle udienze di qualsivoglia procedimento; sia la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto nei procedimenti come prima indicati. Con l’ulteriore previsione della sospensione della prescrizione nei procedimenti interessati dalla norma sul rinvio delle udienze che, attenendo a tutti i procedimenti pendenti, aveva una pari amplissima estensione.

 

2. Una apparente retroattività della sospensione della prescrizione

La legge n. 27 del 2020, che ha convertito il decreto n. 18, ha abrogato, tra gli altri, il decreto n. 11 ma, nel far ciò, ha confermato la validità degli atti e dei provvedimenti adottati nel vigore di quelle disposizioni e ha fatto salvi gli effetti che si erano prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla loro base.

Non vi è stata pertanto alcuna previsione irragionevolmente retroattiva della sospensione della prescrizione per il fatto che il decreto n. 18, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2020, abbia disposto la sospensione a far data dal 9 marzo, perché questo termine iniziale era stato individuato dal decreto n. 11, pubblicato ed entrato in vigore l’8 marzo e quindi il giorno precedente l’inizio della sospensione, e poi confluito nel successivo n. 18.

Non erano quindi giustificate – e questo la Corte costituzionale molto chiaramente ha sottolineato – le critiche di quanti avevano denunciato il paradosso per il quale il dies a quo del 9 marzo era stato individuato retroattivamente da un decreto – il n. 18 – entrato in vigore 8 giorni dopo il suo spirare[1].

 

3. Il rapporto tra i decreti-legge in successione

Quest’ultimo ha ribadito la previsione del rinvio di ufficio delle udienze di qualsivoglia procedimento, e ciò dal 9 marzo al 15 aprile 2020, arco temporale poi ampliato sino all’11 maggio dal decreto legge n. 23 del 2020 – art. 36 – ; e nella successiva disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 83 ha dettagliato il contenuto della previsione sulla sospensione dei termini processuali, chiarendo che essa aveva riguardo a qualsivoglia termine, dalla fase delle indagini preliminari, a quello dell’adozione di qualunque procedimento, al deposito delle sentenze, alle impugnazioni, affidando infine ad una formula di chiusura onnicomprensiva, con il richiamo a tutti i termini procedurali, il senso della maggiore ampiezza possibile della previsione, onde evitare incertezze interpretative.

Ha pure corretto una imprecisione del testo normativo del decreto n. 11, prescrivendo la sospensione di tutti i termini in ogni procedimento e non più nei procedimenti pendenti presso tutti gli uffici giudiziari nei quali operava la coeva regola del rinvio di ufficio delle udienze. 

Tale ultima formula espressiva poteva infatti ingenerare l’equivoco di ritenere che la sospensione dei termini operasse soltanto nei procedimenti che nel periodo interessato avevano udienze fissate che, siccome programmate, ben potevano essere oggetto del rinvio d’ufficio; e non anche in tutti gli altri procedimenti che, per mera casualità, non avessero in quello spazio temporale udienze da trattare.

Operata questa opportuna modifica espressiva, il decreto n. 18 si è appropriato della stessa soluzione data dal precedente decreto di fronte all’erompere della diffusione con crescita esponenziale dei contagi: la sospensione di tutte le attività processuali, salve poche eccezioni, e la conseguente sospensione della prescrizione.

 

4. Incertezze giurisprudenziali sulle condizioni per la sospensione della prescrizione

Un orientamento interpretativo, fattosi strada nella giurisprudenza di legittimità, ha ignorato la correzione di tiro fatta dal decreto n. 18 quanto alle condizioni per la produzione della sospensione dei termini, e conseguentemente della prescrizione, perché ha limitato l’applicabilità delle relative norme «a tutti i procedimenti rinviati la cui udienza sia stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all'11 maggio 2020» – così Sez. 3, n. 31513 del 29/09/2020, Ciorra, Rv. 279946-02; v. anche Sez. 5, n. 26217 del 13/07/2020, G, Rv. 279598-03, secondo cui il periodo di sospensione obbligatoria di ogni attività, dal 9 marzo all’11 maggio 2020, e quindi della prescrizione opera «per i procedimenti con udienza fissata nel periodo 9 marzo-11 maggio 2020»; e Sez. 5, n. 25944 del 09/07/2020, Paciletti, Rv. 279496-02, per la quale «la sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dall'art. 83, comma 4, del d. l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si applica a tutti i procedimenti rinviati la cui udienza era fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all'11 maggio 2020»; cfr., nello stesso senso, Sez. 3, n. 21367 del 02/07/2020, D, Rv. 279296-02 –.

Altra e più convincente posizione è stata espressa da Sez. 2, n. 22506 del 16/07/2020, Chiacchio, Rv. 279288-02, che ha invece posto l’accento sulla pendenza del procedimento come condizione necessaria e sufficiente alla produzione dell’effetto sospensivo, stabilendo che «la sospensione della decorrenza dei termini, prevista dalla legge n. 27 del 2020 per il periodo ricompreso tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020, si applica a tutti i procedimenti pendenti e, quindi, anche a quelli per i quali l'udienza di trattazione era stata già fissata per una data successiva al periodo emergenziale”. Nello stabilire l’appena richiamato principio di diritto la Corte di cassazione ha spiegato che la sospensione della prescrizione opera per tutti i procedimenti pendenti nel periodo dell’emergenza sanitaria pur quando non siano state preventivamente fissate in quel periodo udienze. Ove si ritenesse necessario, per la sospensione della prescrizione, la pre-fissazione in quel periodo di attività, e quindi di udienze – ha proseguito – si avallerebbe “un formalismo (necessità della fissazione formale nel periodo Covid e successivo rinvio) incoerente con la ratio della normativa che ha disciplinato l’emergenza…». 

La precisazione è convincente. 

Il testo del decreto n. 18 àncora la sospensione della prescrizione alla disposizione che sospende il decorso di ogni termine processuale e non a quella, del comma precedente, circa il rinvio officioso delle udienze. A condizione che vi sia pendenza, e tale situazione si ha quando il processo non possa dirsi definitivamente concluso, un termine suscettibile di essere sospeso viene comunque in rilievo. Ciò pur se il procedimento, pendente, stia attraversando il segmento del passaggio di fase o, meglio ancora, di grado, e si trovi pertanto in uno dei cd. tempi morti non regolati da specifiche regole caratterizzate dalla fissazione di un preciso termine. 

Si consideri a tal proposito, e a titolo esemplificativo, l’art. 590 cod. proc. pen., ove si prescrive che «al giudice dell’impugnazione sono trasmessi senza ritardo il provvedimento impugnato, l’atto di impugnazione e gli atti del procedimento». 

L’adempimento imposto con la formula «senza ritardo» non soggiace all’obbligo di rispettare un preciso, per quanto ordinatorio, termine, ma è pur sempre regolato temporalmente. Eppure, «senza ritardo» significa che deve esser compiuto quanto prima, senza frapporre indugi, sicché la disposizione che sospende qualsiasi termine procedurale per determinare la stasi di ogni attività giudiziaria in funzione di prevenzione del rischio di diffusione dei contagi è naturalmente operativa anche nei procedimenti che l’apertura del periodo dell’emergenza abbia colto in una fase di apparente stasi procedimentali. 

Lo stesso può dirsi per i procedimenti non ancora interessati da atti di esercizio dell’azione e però conclusi dal punto di vista investigativo, specie dopo che il comma 3-bis dell’art. 407 cod. proc. pen., aggiunto dalla l. n. 103 del 2017, ha regolato le scansioni temporali di quel che il pubblico ministero è tenuto a fare dopo la scadenza dei termini massimi di indagine.

Non v’è allora attività procedimentale, o processuale, che non sia stata interessata dall’obbligo di arrestarsi, anche per la generale considerazione che il compimento di atti meramente preparatori di altri invece compiutamente ed espressamente regolati nella loro dimensione temporale sarebbe stata inutile, se non da evitare nella prospettiva di non incrementare, con lo svolgimento di attività non essenziali, le occasioni per la diffusione del contagio.

 

5. Le premesse per la soluzione di compatibilità costituzionale

Due a questo punto gli interrogativi: il decreto n. 18, e pima ancora il decreto n. 11, hanno disposto la sospensione dei procedimenti e dei processi secondo la formula che compare nell’art. 159 cod. pen. come una delle ipotesi di automatica sospensione della prescrizione? 

Ove ciò sia, la riconduzione alla categoria della sospensione del procedimento e del processo è risposta sufficiente per escludere che si sia violato il principio di legalità, per il quale la disciplina della prescrizione, della durata del tempo necessario al suo maturarsi deve essere quella vigente al momento della commissione del fatto, potendo successivamente aversi, con effetto retroattivo, solo interventi modificativi in senso di maggior vantaggio per l’imputato?

Su entrambi i punti la giurisprudenza di legittimità ha anticipato le soluzioni date dalla Corte costituzionale. 

5.1. Le previsioni della decretazione d’urgenza sono state interpretate nei termini dell’imposizione della sospensione del processo (e del procedimento). Valga il riferimento, per tutte, a Sez. 5, n. 25222 del 14/07/2020, Lungaro, Rv. 279596, che ha indicato la necessità di leggere congiuntamente la disposizione sulla sospensione dei termini e quella sul rinvio delle udienze per poi trarre la conclusione che «l’effetto combinato delle discipline … mette in luce come esse diano corpo a un caso di sospensione del procedimento o del processo».

La Corte costituzionale, sulla falsariga di quanto rilevato dalla Corte di cassazione, ha ribadito che la sospensione di qualunque termine, accompagnata dall’obbligo del rinvio d’ufficio di ogni udienza, si sostanzia in una sospensione dell’intero processo. 

È pur vero che il decreto n. 18, al pari del precedente, non ha usato la formula che avrebbe fugato ogni dubbio, perché ha fatto ricorso a previsioni, se si vuole, di maggiore e fors’anche inutile complessità, prescrivendo il rinvio delle udienze e quindi la sospensione dei termini, con poi l’enumerazione dettagliata di quelli oggetto di sospensione e, infine, dato il timore di averne dimenticato qualcuno, con la clausola di chiusura del richiamo a qualunque termine procedurale. 

Resta il fatto che la sostanza non muta, è identica: la sospensione del procedimento e del processo in null’altro consiste se non nella stasi di udienze e cadenze procedimentali temporalmente definite. 

L’osservazione, fatta propria anche da uno dei giudici remittenti, secondo cui possono aversi ipotesi di rinvio dell’udienza senza sospensione del procedimento e ipotesi di sospensione del procedimento senza rinvio dell’udienza, non resiste alla replica, fatta anche dalla Corte costituzionale, che la normativa emergenziale ha sospeso ogni termine e ha imposto il rinvio officioso di ogni udienza, salve alcune ben individuate eccezioni, in tal modo confermando l’ampiezza della stasi processuale che ne è derivata.

Ma, se così è, resta da comprendere la ragione per la quale il legislatore dell’emergenza, pur prevedendo una sospensione del procedimento e del processo, abbia sentito il bisogno di disporre in aggiunta la sospensione della prescrizione. Se questa è effetto diretto e automatico della prima, non si comprende come mai sia stata oggetto di una espressa e aggiuntiva previsione. 

5.2. Anche sul punto la Corte costituzionale ha fornito una risposta appagante.

La precisione espressa circa la sospensione della prescrizione, lungi dal creare incertezze circa la collocazione della vicenda nell’ambito dell’art. 159 cod. pen., giova a ribadirla, ad evitare che se ne possa dubitare. 

Si tratta di una tecnica legislativa, ha chiosato la Corte costituzionale, che è stata già sperimentata e che non autorizza – può ora ulteriormente osservarsi – giochi esasperati con le regole della logica interpretativa del tipo «se ha detto espressamente è perché, altrimenti, l’effetto non si sarebbe prodotto», capaci di perdere di vista il senso autentico della disposizione in nome di una pretesa pulizia formale delle espressioni normative.

Il vero è che le norme del decreto n. 18 vanno considerate come una «particolare disposizione di legge» impositiva della sospensione del procedimento o del processo, in uno peraltro con la sospensione dei termini di custodia cautelare; e quindi, secondo la previsione dell’art. 159 cod. pen., hanno per ciò solo determinato la sospensione della prescrizione.

 

6. La struttura della fattispecie sospensiva di cui all’art. 159 cod. pen.

Il menzionato articolo del codice penale prevede casi particolari di sospensione, tassativamente elencati, ma in prima battuta apre, con una clausola generale, a qualsivoglia disposizione di legge che, in modo particolare, intervenga a imporre la sospensione del procedimento o del processo.

Accanto all’elencazione tassativamente chiusa di casi particolari di sospensione della prescrizione si ha la previsione strutturalmente aperta nel riferimento a qualsiasi disposizione di legge sulla sospensione del procedimento o del processo. 

La Corte costituzionale non ha approfondito il tema, ma l’articolo 159 del codice penale rinvia non ad una pur che sia disposizione di legge; il riferimento è, piuttosto, ad una particolare disposizione di legge. 

Quale sia il senso da attribuire all’aggettivazione non è facile dire. La soluzione forse preferibile è assegnare al carattere della particolarità la funzione di evidenziare, se non l’eccezionalità, quanto meno la specialità di un intervento normativo che assuma a suo oggetto la sospensione delle attività processuali. 

Potrebbe questo essere lo spunto per concludere che se di specialità, addirittura di eccezionalità, si tratta, allora è ragionevole ritenere che il legislatore del codice abbia naturalmente posto attenzione anche a interventi imposti da sopravvenienze imprevedibili. 

Ammesso che quell’aggettivo abbia la funzione di ricondurre alla categorizzazione anche leggi che sopravvengano sia al fatto che all’inizio del processo, il problema della compatibilità costituzionale di previsioni di sospensione della prescrizione che non siano precedenti al fatto imputato non verrebbe, secondo una certa lettura, in alcun modo ridimensionato.

Al più, come è stato osservato[2], i sospetti di illegittimità costituzionale si concentrerebbero sullo stesso articolo 159 cod. pen., sul meccanismo di rinvio mobile a qualunque previsione di legge anche successiva al fatto, che si sostanzia, ove così interpretato, in un aggiramento del principio della irretroattività della legge di sfavore.

 

7. La natura interamente sostanziale della disciplina della prescrizione e il principio di legalità

Proprio su questo specifico aspetto le riflessioni della Corte costituzionale si fanno maggiormente apprezzare. 

Un dato la Corte costituzionale ha ribadito con forza. 

La prescrizione del reato, seppure entri in rapporto con il processo, non subisce alcuna contaminazione, neppure in parte, della sua natura di diritto sostanziale, come tale interamente soggetta alla regola della irretroattività della legge di sfavore.

Una volta stabilito che la prescrizione del reato non è definitivamente arrestata dall’inizio del processo o da una sua tappa di particolare significato mnestico rispetto al fatto criminoso, quale può essere la pronuncia di rinvio a giudizio o la sentenza di condanna in primo grado, è naturale che intersechi lo sviluppo processuale e che la disciplina di raccordo si strutturi con istituti che fungono da cerniera tra piano sostanziale e piano processuale, quali la sospensione e l’interruzione. 

Ma essi, pur costruiti per fare in modo che il processo erga qualche difesa contro il fluire inarrestabile del tempo vuoto dell’oblio, proprio della prescrizione, che altrimenti eroderebbe, senza selezione alcuna, spazi importanti al tempo dell’azione e della memoria, tipico del processo, partecipano interamente della natura sostanziale dell’istituto a cui accedono. Agiscono nel processo, ma sono regolati da norme sostanziali.

La conseguenza è che anche i meccanismi di sospensione e di interruzione sono soggetti al principio della irretroattività, perché il principio di legalità sostanziale non tollererebbe l’introduzione, post factum, di nuove previsioni di sospensione o di nuovi fattori interruttivi o, ancora, l’innalzamento del tetto massimo del termine prescrizionale una volta verificatasi l’interruzione, che vadano a peggiorare la situazione dell’imputato, a cui va riconosciuto il diritto al mantenimento di quell’assetto del tempo di prescrizione vigente al momento in cui ha commesso il fatto. 

Quel che la Corte, forte della sua consolidata giurisprudenza[3], ha precisato, senza possibilità che residuino margini di incertezza, è che il principio di legalità, in quanto principio supremo e valore assoluto, si sottrae alle operazioni di bilanciamento con interessi potenzialmente confliggenti. 

Il principio di legalità dà corpo e contenuto ad un diritto fondamentale della persona, che non può essere compresso dal coinvolgimento in valutazioni comparative di bilanciamento. 

Non può allora convenirsi con quanto, poco tempo prima, ha affermato la Corte di cassazione per giustificare costituzionalmente la sospensione della prescrizione anche in riguardo a fatti commessi prima dell’intervento normativo si sfavore. Non è accettabile l’impostazione interpretativa per la quale «la sospensione del corso della prescrizione, che determina una indubbia limitazione/compressione dell'art. 25 comma 2 Cost. può dirsi, in certa misura ed entro certi limiti sopportabile, nel senso che nel bilanciamento con altri principi di rango costituzionale (diritto alla vita e alla salute), consente di ritenere la flessione del principio di irretroattività della legge sfavorevole, a tali condizioni (di cui si dirà), non costituzionalmente illegittima»[4].

Ma, soprattutto, tale impostazione non è necessaria ai fini del giudizio di manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, perché è proprio nella costruzione normativa incentrata sull’art. 159 cod. pen. che si rinvengono le premesse per la piena conformità al principio di legalità di provvedimenti legislativi di sospensione del procedimento e del processo successivi al fatto che ne forma oggetto.

 

8. Il rapporto tra previsione generale della sospensione della prescrizione e le disposizioni particolari di sospensione dei processi

L’art. 159 cod. pen., prevede, come già detto, una causa generale di sospensione, dal contenuto sufficientemente preciso e determinato, «aperto all’integrazione di altre e più specifiche disposizioni di legge». 

Si può dunque affermare che l’autore di un fatto, al momento della commissione dello stesso, sa che, ove il procedimento e il processo che con ogni probabilità seguiranno subiranno una sospensione, anche il termine di prescrizione resterà sospeso. È per questa via che si assicura il rispetto del principio di legalità e non certo per la sua comparazione bilanciata con altri interessi di rango costituzionale. 

Il ragionamento, che fa leva sul rapporto di integrazione di una previsione normativa, esistente ex ante, ad opera di una legge successiva, può essere ulteriormente affinato e reso ancor più resistente a rilievi critici. 

Si è detto, infatti, che la fattispecie di cui all’art. 159 cod. pen. non è fattispecie aperta che necessita di essere riempita di significato dalle «particolari disposizioni di legge»; queste ultime nulla aggiungono alla descrizione della fattispecie, già completa nella fissazione della corrispondenza automatica tra sospensione del processo e sospensione della prescrizione. 

Esse non si incorporano nella legge penale, e restano di natura processuale nella misura in cui si occupano, appunto, della sospensione del procedimento e del processo. 

Non si è dunque di fronte ad una fattispecie sospensiva in bianco ma ad una «fattispecie sospensiva descritta attraverso un elemento normativo», costituito dalla nozione di «particolari disposizioni di legge», che non va ad integrarla ma costituisce soltanto il criterio di applicazione degli elementi normativi stessi[5].

 

9. I parametri del controllo di costituzionalità delle disposizioni particolari sulla sospensione dei processi

Il nitore della costruzione dommatica potrebbe essere poca cosa se non impedisse l’aggiramento della garanzia soggettiva tanto enfatizzata del principio di legalità che, come affermato dalla Corte costituzionale, inerisce al nucleo essenziale dei diritti di libertà e concorre a definire l’identità costituzionale del nostro ordinamento giuridico.

Il timore che ciò possa avvenire, ed anzi essere favorito della valorizzazione del meccanismo incentrato sull’art. 159 cod. pen., non ha fondamento. 

Le particolari disposizioni di legge, che agiscono come elementi normativi della preesistente fattispecie sospensiva, non possono dilatare a dismisura la sospensione processuale, e quindi la stasi del termine prescrizionale, perché la tenuta del principio di legalità si combina per necessità alla verifica della loro conformità sia al principio della ragionevole durata del processo che a quello di ragionevolezza e di proporzionalità. 

Si pongono sì al di fuori dell’area del divieto di retroattività di sfavore ma devono trovare congrua giustificazione e intervenire secondo un criterio di adeguatezza al fine. 

Anche su questo versante, la giurisprudenza di legittimità ha precorso le conclusioni della Corte costituzionale, chiarendo che «lo scrutinio del singolo intervento legislativo introduttivo di una causa di sospensione (scrutinio da svolgersi secondo criteri particolarmente stringenti) … può condurre ad accertare un aggiramento» eventuale dei meccanismi di garanzia[6]. E nella vicenda in esame non può certo affermarsi che il pericolo di aggiramento sia reale, atteso che la sospensione per sessantaquattro giorni delle attività processuali, e del termine di prescrizione, non è stata contromisura eccessiva rispetto al diffondersi rapidissimo dei contagi nella cd. prima ondata pandemica.

Il quadro è compiuto, ogni tassello è stato collocato secondo un disegno di coerenza ai principi e di attenzione ai bisogni di regolazione speciale dovuti alle contingenze imprevedibili. 

 

10. Il dissenso interno alla Corte costituzionale e un possibile contrasto con la posizione delle Sezioni unite della Corte di cassazione

La ricchezza e la puntualità delle motivazioni con cui la Corte costituzionale ha dato conto della compatibilità delle norme scrutinate non avranno – si teme – la forza di far cessare il dibattito. Questo si sopirà ma, con ogni probabilità, troverà modo di riaccendersi alla prossima occasione. 

L’osservazione non intende indovinare il futuro ma è il risultato dell’attenzione a quanto è accaduto.

La sentenza ha vinto il dissenso di posizioni all’interno della Corte costituzionale, secondo la logica della maggioranza dei voti, ma non ha persuaso i dissenzienti, se il giudice relatore, come si legge nel preambolo, è stato sostituito per la redazione della decisione. Un’opinione dissenziente ha quindi resistito alla bontà degli argomenti e allora non è difficile ipotizzare che riproporrà, non appena possibile, le ragioni che la sostengono.

Il giudice relatore prof. Zanon non ha fatto mistero, rilasciando una intervista alla Stampa[7], di aver fatto una proposta al Collegio di contenuto diverso che, però, non ha potuto articolare e render nota perché il nostro sistema di giustizia costituzionale, al pari di quello della giustizia comune, non dà cittadinanza alla opinione dissenziente. 

La questione è di grande importanza: la pubblicità delle opinioni dissenzienti indebolirebbe la forza e l’autorevolezza della soluzione di maggioranza, oppure ne potenzierebbe, attraverso una maggiore trasparenza dei processi decisionali, la comprensibilità e quindi anche il grado di accettazione sociale? Si è dibattuto a lungo e per anni e anche questa Rivista ha dedicato al tema pagine di particolare interesse[8].

Per intanto, un dissenso di altra natura, e non si sa bene ancora se realmente esistente, sembra profilarsi con le Sezioni unite della Corte di cassazione proprio in punto di estensione della previsione circa la sospensione della prescrizione. 

Come è noto le Sezioni unite si sono occupate di recente di una questione di speciale importanza ex art. 610 cod. proc. pen., relativa ai presupposti per l’operatività di una sospensione della prescrizione, sempre collegata all’emergenza pandemica, riferita specificamente ai giudizi dinnanzi alla Corte di cassazione. Hanno quindi definito l’esatta portata della previsione di cui al comma 3-bis dell’art. 83 d. l. n. 18 del 2020, stabilendo che la sospensione opera esclusivamente con riferimento ai procedimenti pendenti dinnanzi alla Corte di cassazione che siano pervenuti alla cancelleria stessa nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020. 

L’informazione provvisoria data a conclusione dell’udienza – la sentenza non è stata ancora depositata – dà atto di uno sforzo interpretativo ampio, che ha avuto ad oggetto l’intero istituto della sospensione della prescrizione nel periodo pandemico e che si è prodotto anche nella precisazione che la sospensione collegata al cd. primo periodo, dal 9 marzo all’a11 maggio 2020, afferisce soltanto ai procedimenti nel quali in quel periodo fosse stata originariamente fissata udienza, poi rinviata ad una data successiva al termine medesimo.

Nei termini in cui è stata consegnata l’informazione provvisoria sembra emergere un contrasto con quanto ritenuto dalla Corte costituzionale, che ha invece riconosciuto il periodo di sospensione come relativo a tutti i procedimenti interessati dalla sospensione dei termini, a nulla rilevando se connotati o meno dalla fissazione di udienza nel periodo decorrente dal 9 marzo e con cessazione all’11 maggio 2020[9]

La prescrizione, come ancora una volta si può constatare, è capitolo tormentato e controverso del nostro sistema, crocevia di interessi contrapposti in costante e faticosa ricerca di un difficile quanto necessario punto di equilibrio.


 
[1] Così O. Mazza, Sospensioni di primavera: prescrizione e custodia cautelare al tempo della pandemia, in Arch. pen., 2020, n. 1, p. 2.

[2] D. Martire, T. Pistone, Tempo della punizione e garanzie costituzionali. La sospensione della prescrizione al vaglio della Consulta, in Arch. pen., 2020, n. 3, p. 18 ss.

[3] L’art. 25, secondo comma, Cost. sancisce il principio di irretroattività della norma più sfavorevole a garanzia della persona contro i possibili arbìtri del legislatore, garanzia che rappresenta un «valore assoluto, non suscettibile di bilanciamento con altri valori costituzionali» (Corte cost., sent. n. 394 del 2006; sent. n. 236 del 2011; sent. n. 32 del 2020). Il principio erige «un bastione a garanzia dell'individuo contro possibili abusi da parte del potere legislativo» (Corte cost., sent. n. 32 del 2020) e «si pone come essenziale strumento di garanzia del cittadino contro gli arbìtri del legislatore, espressivo dell'esigenza della "calcolabilità" delle conseguenze giuridico-penali della propria condotta, quale condizione necessaria per la libera autodeterminazione individuale» (Corte cost., sent, n. 394 del 2006; conf., ex plurimis, sent. n. 236 del 2011); esigenza, questa, «con la quale contrasta un successivo mutamento peggiorativo "a sorpresa" del trattamento penale della fattispecie» (Corte cost., sent. n. 230 del 2012).

[4] Sez. 3, n. 21367 del 02/07/2020, D, Rv. 279296, che è stata annotata sfavorevolmente da G. L. Gatta, ‘Tolleranza tra principi’ e ‘principi intolleranti’. L’emergenza sanitaria da Covid-19 non legittima deroghe al principio di irretroattività in malam partem: note critiche a una sentenza della Cassazione sulla sospensione della prescrizione del reato ex art. 83, co. 4 d.l. n. 18/2020, in Sist. pen., 23 luglio 2020.

[5] G. L. Gatta, Emergenza Covid e sospensione della prescrizione del reato: la Consulta fa leva sull’art. 159 c.p. per escludere la violazione del principio di irretroattività ribadendo al contempo la natura sostanziale della prescrizione, coperta dalla garanzia dell’art. 25, co. 2 Cost., in Sist. pen., 26 dicembre 2020.

[6] Sez. 5, n. 25222 del 14/07/2020, Lungaro, Rv. 279596.

[7]   A. Fabozzi, E’ tempo che la Corte faccia conoscere l’opinione dissenziente, in Il Manifesto, 29 dicembre 2020.

[8] V., in particolare, S. Niccolai, Dissenso e diritto costituzionale. Appunti per una riflessione, in questa Rivista, Trimestrale su Il valore del dissenso, 2015, n. 4, per la quale «nella preferenza verso la segretezza e l’impersonalità della decisione giudiziaria … possiamo … riconoscere l’onda lunga del positivismo statualista, del legalismo».

[9] Per le stesse perplessità circa la portata della decisione delle Sezioni unite cfr. G. L. Gatta, Emergenza Covid e sospensione della prescrizione del reato, cit.

 

11/01/2021
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04/11/2024
Taking Treaties Seriously. Diritto internazionale pattizio e abrogazione del reato di abuso d’ufficio al banco di prova della Corte costituzionale

Con ordinanza del 24 settembre 2024 il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, primo comma, lettera b) della legge 9 agosto 2024, n. 114, con cui è stato abrogato il reato di abuso d’ufficio. Di tale norma abrogativa è stato, più in particolare, denunciato il contrasto sia con i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall’Italia con l’adesione, ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata a Merida nell’anno 2003, sia con il principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.

03/10/2024
Note di mezza estate sul Jobs act annegato in un mare di incostituzionalità: il caso del licenziamento disciplinare

Probabilmente costituisce un record il numero di pronunce di incostituzionalità che hanno colpito il d.lgs. n. 23 del 2015 (cd. Jobs act): ciò che ne esce sconfessata è soprattutto la filosofia che vi era sottesa

10/09/2024
Una pagina tersa di garantismo penale: la sentenza 86 del 2024 della Corte costituzionale

Pubblichiamo, per il suo valore in termini di controllo sulla discrezionalità legislativa in materia di dosimetria della pena, la sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale

20/05/2024
Privazione della libertà e salvaguardia della dimensione intima: impressioni su Corte costituzionale 10/2024

Il tema della applicazione della pena in modi conformi alla dignità della persona privata della libertà e della conseguente necessità della espansione degli aspetti della persona stessa che più rischiano di venir compromessi o compressi dallo stato detentivo ormai da tempo, e per merito del brillante impegno di studiosi ed operatori professionali specializzati, attrae un qualificato dibattito sociale-istituzionale-giuridico. L'intensità della discussione sviluppatasi e la persuasività delle ragioni poste a fondamento di idee e soluzioni idonee a realizzare quella necessità hanno trovato compimento, quanto ad una delle dimensioni costitutive della personalità umana, quella dell'affettività destinata ad esplicarsi in una sfera di inviolabile intimità, nella sentenza n. 10 depositata il 26 gennaio 2024 dalla Corte costituzionale. Questa ha additivamente dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 26 luglio 1975 n.354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) là dove non prevede la possibilità di contatti, destinati a tradursi anche in momenti di intensa ed intima affettività, tra il detenuto e le persone a lui legate da vincoli parentali, giuridici e sociali. Questo saggio è dedicato alla breve rassegna dei coordinati argomenti impiegati, in progressiva successione, dalla sentenza.

11/03/2024
Giudice predibattimentale e giudice del dibattimento: quali rimedi in caso di mancata osservanza della regola della diversità del giudice? La parola alla Consulta

Pubblichiamo un’interessante ordinanza, con la quale il Tribunale di Siena ha sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa alla prosecuzione del giudizio dibattimentale, successivamente alla celebrazione dell’udienza di comparizione predibattimentale disciplinata dagli artt. 554-bis e ss. c.p.p.

01/03/2024
Emergenza ed emergency clause, una sfida per la democrazia costituzionale

Diritto costituzionale dell’emergenza (Giappichelli, 2023) di Valeria Piergigli esamina - con riferimenti ampi all’esperienza nazionale, sovranazionale e internazionale, e al contesto comparatistico - gli aspetti problematici di una risposta all’emergenza rispettosa dello stato costituzionale di diritto. Le riflessioni in materia sollecitano i giuristi a ricercare una definizione di emergenza che sfugga al ricorrente uso comune del termine e ad affrontare la questione della necessità – o meno – di una disciplina espressa dello stato di emergenza (emergency clause) nella Costituzione: auspicabilmente con uno sguardo lungo sul tema della difesa della democrazia costituzionale dalle intense suggestioni “efficientiste” della concentrazione del potere.

09/02/2024
Frammenti di un nuovo discorso amoroso: la Corte costituzionale n. 10 del 2024 e l’affettività in carcere

Con la sentenza Corte cost. n. 10 del 2024 ai detenuti viene consentito il diritto a colloqui intimi con i partner della loro vita. Si tratta di una pronuncia spartiacque per il nitore con cui afferma il valore relazionale del principio di risocializzazione e il senso del limite che i diritti inviolabili impongono alla signoria della pretesa punitiva. 

05/02/2024
Nuova questione di costituzionalità del Jobs Act

Muovendo dai precedenti della Consulta, il Tribunale di Ravenna propone nuova questione di costituzionalità dell’art. 3 Decreto n. 23/2015, laddove, a fronte di un vizio di identica gravità rispetto al licenziamento disciplinare, esclude quello per g.m.o. dalla tutela reintegratoria.

11/01/2024