Come già rilevato dalla Relazione della Commissione Fiorella del 23 arile 2013, la complessa materia della prescrizione, secondo un’opinione diffusa, consacrata da copiosa e approfondita letteratura scientifica, da numerosi disegni e proposte di legge, studi ufficiali, nonché dai lavori delle precedenti, molteplici e autorevoli Commissioni del Ministero della Giustizia, dovrebbe tener conto di esigenze contrapposte, a muovere dalla necessità di garantire che:
a) i tempi siano sufficientemente lunghi per la prescrizione del reato, al fine di non pregiudicare l’effettività del sistema;
b) il processo sia contenuto in ‘tempi non troppo dilatati’, per evitare che il medesimo gravi sull’imputato arbitrariamente come fosse una vera e propria pena supplementare e anticipata (irrogata anche a chi poi risulti innocente); in ogni caso dovendo assicurare la “ragionevole durata del processo” nel rispetto dell’art. 111 Cost. e dall’art. 6 CEDU. Il che esclude che sull’imputato possano essere ‘riversate’ le inefficienze del sistema, come accadrebbe se si giungesse a concepire un ‘processo tendenzialmente illimitato’ (Relazione al progetto della Commissione Pisapia).
In particolare, quanto al punto a), un’esigenza fortemente avvertita dalla prassi è quella di assicurare alla giurisdizione tempi congrui per l’accertamento dei reati e l’ascrizione delle relative responsabilità, evitando lo spreco di energie processuali che troppo spesso oggi si verifica quando la prescrizione matura dopo l’espletamento di accertamenti complessi, frequentemente già sfociati in sentenze di condanna non definitive.
Una simile situazione frustra la legittima pretesa punitiva dello Stato e le istanze di tutela della vittima del reato, disincentivando al contempo i riti alternativi e favorendo la presentazione di impugnazioni a scopo puramente dilatorio per conseguire l’obiettivo della prescrizione. Ne consegue l’ingolfamento del rito dibattimentale e dei procedimenti innanzi alle Corti d’appello e alla Corte di cassazione e complessivamente un sistema processuale sempre più incapace di gestire in tempi ragionevoli il proprio imponente carico di lavoro.
D’altra parte, quanto al punto b), già quella Commissione aveva ritenuto che la soluzione a queste criticità non possa esser quella di un allungamento puro e semplice degli attuali termini di prescrizione, né l’altra – spesso proposta – di un definitivo arresto del corso della prescrizione al momento dell’esercizio dell’azione penale.
In un sistema penale affetto da un sovraccarico di procedimenti come quello italiano, la prescrizione svolge nella prassi una funzione acceleratoria dei procedimenti (analoga alla missione attribuita ai termini massimi di custodia cautelare rispetto ai procedimenti contro imputati in vinculis), orientando le cadenze del lavoro giudiziario in modo tale da evitare l’esito prescrizionale. In questo senso, il decorso della prescrizione seguente all’emersione della notitia criminis sino alla sentenza definitiva risulta di fatto funzionale – nonostante le perplessità ripetutamente formulate sul punto da autorevole dottrina – anche alla tutela della ragionevole durata del processo penale.
Un’opinione ampiamente diffusa in dottrina, riflessa in recenti proposte di riforma, vorrebbe distinguere tra una prescrizione sostanziale (o prescrizione del reato), destinata a coprire il lasso di tempo che intercorre tra la consumazione del reato e un dies ad quem identificato di volta in volta nell’emersione della notitia criminis, nell’inizio delle indagini o nell’esercizio dell’azione penale; e una prescrizione processuale (o prescrizione o decadenza dell’azione), destinata invece a decorrere durante il procedimento e/o il processo sino alla sentenza definitiva.
La prescrizione sostanziale dovrebbe essere ispirata alle logiche ‘classiche’ che si considerano da sempre sottese all’istituto della prescrizione: all’idea del ‘tempo dell’oblio’, per cui le ragioni che giustificano la pena si affievoliscono sino a scomparire con il passaggio del tempo dalla commissione del reato, tenendo conto che la stessa persona dell’imputato cambia nel tempo, con il rischio che la pena inflitta a seguito della condanna definitiva ricada su una persona ormai molto diversa e che, allo stesso tempo, la difficoltà di ricostruzione probatoria cresca man mano che il fatto si scolori e dissolva nel passato.
La prescrizione processuale dovrebbe, invece, essere costruita esclusivamente in funzione della tutela della ragionevole durata del procedimento e/o del processo; dovendo perciò essere commisurata ai tempi di presumibile durata massima di ciascuna fase processuale, sì da sanzionare con l’improcedibilità dell’azione penale il loro indebito superamento.
In sintesi, occorre valutare se la prospettiva da assumere sia quella della (a) semplice ‘prescrizione del reato’; ovvero in alternativa della (b) ‘prescrizione del processo’; oppure (c) sia l’altra della valutazione e operatività ‘congiunta’ dei due schemi prescrizionali.
Prediligendo questa terza prospettiva, la Commissione ha previsto una correzione del meccanismo attualmente disegnato dalla legge n. 251/2005, nella misura in cui – per effetto dell’aumento di un solo quarto del termine prescrizionale base in presenza di cause interruttive – concede alla giurisdizione un tempo estremamente limitato per giungere alla sentenza definitiva dal momento in cui viene compiuto il primo atto interruttivo, spesso rappresentato (specie nei reati di gravità medio-bassa) dall’esercizio dell’azione penale.
Rispetto, ad es., ai delitti che si prescrivono oggi in sei anni, ai sensi dell’art. 157 co. 1, se l’azione penale viene esercitata in prossimità della scadenza di tale termine la giurisdizione avrà a propria disposizione poco più di un anno e mezzo per celebrare l’udienza preliminare, il giudizio di primo grado, quello di appello e quello di cassazione, senza contare gli eventuali giudizi di rinvio: un tempo manifestamente insufficiente per giungere a una sentenza definitiva, e durante il quale il processo sarà inesorabilmente destinato a prescriversi, anche là dove sia stato possibile giungere a una sentenza di condanna in primo grado.
Ad evitare questo irragionevole risultato, la Commissione, riprendendo, almeno parzialmente, un’indicazione già contenuta nel progetto Pagliaro, aveva raggiunto un ampio consenso su di un primo correttivo, consistente nella previsione di due successive cause di sospensione della prescrizione legate, rispettivamente, al deposito della sentenza di condanna di primo e di secondo grado, con la previsione di periodi massimi di sospensione (2 anni in primo grado; 1 anno in secondo grado), in modo tale da non dilatare eccessivamente i tempi dei giudizi e delle impugnazioni.
Interessante base di partenza per una riforma in materia, il DISEGNO DI LEGGE N. 1384, d’iniziativa dei senatori CAPPELLETTI, BUCCARELLA, AIROLA, GIARRUSSO, CIOFFI, BERTOROTTA, GAETTI, BLUNDO, SCIBONA, GIROTTO, TAVERNA, SIMEONI, CRIMI, BIGNAMI, COTTI, PETROCELLI, MORRA, BOCCHINO, DONNO e BATTISTA comunicato alla Presidenza il 12 marzo 2014 (Modifiche al codice penale in materia di prescrizione dei reati), nella parte in cui, senza modificare i termini di prescrizione vigenti, introduce ulteriori cause di sospensione del corso della prescrizione, rispetto a quelle attualmente previste: da un lato aggiunge l’ipotesi della rogatoria all’estero, dall’altro individua nelle sentenze non definitive (individuate nella sentenza di primo grado) altrettante cause di sospensione della prescrizione. Conseguentemente, la scelta di assegnare alla sentenza di primo grado rilevanza sospensiva comporta la sua eliminazione tra le cause di interruzione della sospensione e determina che dal momento del deposito della sentenza di primo grado la prescrizione resta sospesa fino alla deliberazione di quella di grado successivo, ricominciando a decorrere solo da quel momento.
DISEGNO DI LEGGE
“Art. 1.
1. All’articolo 158 del codice penale il primo comma è sostituito dal seguente: «Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole; per il reato permanente o continuato dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione».(Modifiche all’articolo 158 del codice penale)
Art. 2.
1. L’articolo 159 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 159. - (Sospensione del corso della prescrizione). – Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, nonché: 1) dal provvedimento con cui l’autorità giudiziaria o pubblico ministero presenta la richiesta di autorizzazione a procedere sino al giorno in cui l’autorità competente accoglie la richiesta; 2) dal provvedimento di deferimento della questione ad altro giudizio sino al giorno in cui viene definito il giudizio cui è stata deferita la questione; 3) dal provvedimento che dispone una rogatoria internazionale sino al giorno in (Modifiche all’articolo 159 del codice penale) cui l’autorità richiedente riceve la documentazione richiesta.
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione. Il corso della prescrizione rimane inoltre sospeso dalla data del deposito della sentenza di primo grado».
Art. 3. (Modifiche all’articolo 160 del codice penale)
1. All’articolo 160 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è abrogato;
b) al secondo comma, dopo le parole:
«l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice» sono inserite le seguenti:
«, l’interrogatorio della persona sottoposta a indagini compiuto dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero,»;
c) al terzo comma, le parole da: «; ma in nessun caso» fino alla fine del periodo sono soppresse.
Art. 4. (Modifiche all’articolo 161 del codice penale)
1. All’articolo 161 del codice penale, il secondo comma è abrogato.”
N.B.: Il progetto conserva una dose di ambiguità: occorrerebbe stabilire se e quando riprende il corso della prescrizione dopo la sospensione avvenuta alla sentenza di condanna: quando cessa, in tal caso, la causa di sospensione? Al deposito dell’impugnazione? Alla definizione del giudizio d’appello con la sentenza di condanna in secondo grado? O la prescrizione non decorre più, oltre il primo grado?
Questo modello, suscettibile di approfondimenti, integrazioni e modifiche, costituisce una buona base di partenza per il miglioramento della disciplina in materia di prescrizione.