1. Il mandato di arresto della Corte penale internazionale
Come abbiamo già esposto in altri sedi[1], l’Ufficio del Procuratore della Cpi – che già aveva la situazione Ucraina sotto analisi preliminare dal 2014 - ha prontamente aperto le indagini all’indomani dell’invasione del febbraio 2022. Da allora, e fino a venerdì scorso, a parte qualche dichiarazione ai media e press release a margine di visite del Procuratore in loco o di incontri tra autorità giudiziarie internazionali e nazionali, le autorità della Cpi hanno lavorato in silenzio.
Tutto è cambiato venerdì 17 marzo, allorché la Cpi ha annunciato di aver emesso due mandati di arresto per il Presidente russo Vladimir Putin e per il suo Commissario per i diritti dei fanciulli, Maria Alekseyevna Lvova-Belova[2]. Con l'emissione di tali mandati, la Corte, ed in particolare i giudici della Camera preliminare II (presieduta dal giudice italiano Rosario Aitala), ha confermato di avere «ragionevoli motivi per ritenere» che Putin e Lvova-Belova siano penalmente responsabili dei crimini di guerra di deportazione illegale e trasferimento illegale di bambini dall'Ucraina occupata alla Russia, rispettivamente ai sensi degli articoli 8(2)(a)(vii) e 8(2)(b)(viii) dello Statuto della Cpi.
Con tale mandato la Corte dell’Aia ha fatto sentire la sua voce forte e chiara. E lo ha fatto puntando il più alto possibile: chiedendo l’arresto del Presidente in carica della Federazione russa. Ciò è stato possibile perché, ai sensi dell’art. 27 dello Statuto della Cpi, nessuna immunità (né funzionale, né personale) è riconosciuta davanti a tale Corte. Il significato di tale ordine di cattura è enorme tanto sul piano giuridico quanto su quello politico[3]. Dal punto di visto giuridico ora Putin non potrà viaggiare fuori dalla Russia senza rischiare concretamente di essere arrestato. Per i 123 Stati-parte della Cpi, tra cui ovviamente l’Italia, si tratta di un preciso obbligo, derivante direttamente dall’averne ratificato il trattato istitutivo, che include dettagliati obblighi di cooperazione degli Stati rispetto ai provvedimenti della Corte. Nulla vieta peraltro che anche gli altri Stati, che non fanno parte della Cpi, possano decidere di procedere con l’esecuzione di tale mandato. In particolare, alla luce del supporto di fatto prestato in questi mesi dagli Stati Uniti alle indagini in Ucraina della Corte, non è remoto ipotizzare che anche le autorità USA (che come noto non fanno parte della Cpi) si avvarrebbero di tale facoltà qualora ne avessero l’opportunità. Non si vuole con ciò negare che gli ostacoli ad un arresto di Putin siano enormi e che da un punto di vista politico la strada sia tutta in salita. Non si può escludere, ad esempio, che, come ai tempi avvenuto rispetto al mandato di arresto emesso nei confronti dell’allora Presidente sudanese Omar Al-Bashir, alcuni Stati (anche membri della Cpi) potrebbero rifiutarsi di eseguire il provvedimento in questione venendo meno ai propri obblighi di cooperazione. Rimandando tuttavia ad altra sede l’analisi di questo punto, ciò su cui si intende qui fermare l’attenzione è l’impatto che tale mossa della Corte dell’Aia ha e avrà sul dibattito in corso, relativo agli strumenti a disposizione per ‘fare giustizia’ rispetto ai gravissimi crimini commessi dalle forze armate russe in Ucraina e, in particolare, sulla possibile istituzione di un tribunale speciale per l’Ucraina.
2. Le ragioni per istituire un tribunale penale internazionale ad hoc
Si è in effetti molto discusso in questi mesi – e si continua a discutere - della possibile creazione di un tribunale speciale di diritto internazionale per giudicare il crimine di aggressione[4]. Già nell’immediatezza dei giorni seguenti l’invasione era stata avanzata l’idea della creazione di un Tribunale ad hoc per l’Ucraina[5]. Dalla suggestione di Philippe Sands in avanti[6], ci si richiama spesso impropriamente a Norimberga per evocare la necessità di un tribunale apposito per punire i responsabili dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina[7]. Impropriamente perché le due situazioni non sono affatto comparabili. Da un lato, il tribunale di Norimberga - e i successivi processi - sono stati istituiti sul territorio di uno Stato aggressore (la Germania) occupato dalle potenze vincitrici. Ciò ha dato la possibilità, dunque, di catturare i responsabili (tedeschi) dei crimini commessi, raccogliere le prove, inclusa l’audizione dei testimoni, e organizzare i processi in loco a guerra conclusa. Dall’altro, è evidente che nessuna di queste condizioni è al momento realizzata o anche lontanamente immaginabile, per lo meno finché il conflitto sarà in corso.
Ma, al di là dell’improprio richiamo a Norimberga, ciò che è degno di nota è la motivazione dei sostenitori di una tale iniziativa, ossia la necessità di colmare il gap di impunità rispetto a un crimine tanto importante, a fronte dell’impossibilità per la Cpi di giudicare questa aggressione. Il fatto è che, da Norimberga in poi, il crimine di aggressione è rimasto sempre impunito e non vi sono mai stati precedenti di imputazioni per aggressione di fronte a tribunali penali internazionali, sebbene non siano certo mancate situazioni astrattamente configurabili come aggressioni in questi otto decenni. E, quindi, proprio la situazione contingente avrebbe apparentemente risvegliato le coscienze degli Stati sul punto.
In realtà già pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il 2 marzo 2022, l’Assemblea Generale dell’Onu aveva adottato una risoluzione sulla «aggressione contro l’Ucraina[8]» e il potere del Consiglio di Sicurezza (CdS) dell’Onu di “attivare” la giurisdizione della Cpi sul crimine di aggressione veniva menzionato in un’altra risoluzione dell’Assemblea Generale del 2 novembre scorso. Lo stesso Procuratore della Cpi, Karim Khan, rivolgendosi all’Unione Europea lo scorso 15 dicembre, salutava e incoraggiava gli sforzi volti alla punizione del crimine di aggressione. Il Consiglio della UE sottolineava a sua volta come si tratti di una questione che è di preoccupazione per l’intera Comunità internazionale.
3. Il crimine di aggressione
Come è noto, il crimine di aggressione è uno dei quattro core crimes di diritto internazionale, accanto a genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, e criminalizza le violazioni di uno dei pilastri della Carta delle Nazioni Unite, il divieto dell'uso della forza.
La sua storia è però diversa, e più complessa, rispetto agli altri tre crimini posti sotto la giurisdizione dei tribunali penali internazionali. Il suo diverso trattamento rispecchia del resto la particolare sensibilità politica rispetto a tale crimine. Come notano alcuni autorevoli studiosi, «è una ironia storica che Francia, Gran Bretagna e gli Stati Uniti, proprio le tre potenze occidentali che hanno contribuito decisamente alla criminalizzazione dell’aggressione, hanno finito per diventare scettici rispetto alla persecuzione internazionale di tale crimine[9]».
È evidente che una delle ragioni della riluttanza che le grandi potenze occidentali hanno sempre mostrato a rendere penalmente perseguibile l’aggressione sta proprio nella consapevolezza che alcuni episodi di ricorso alla forza del passato, che hanno visto coinvolti anche i paesi appena citati, si pongano se non in chiara violazione, per lo meno nella zona grigia che circonda il divieto di uso della forza in diritto internazionale.
Alla Conferenza di Roma nel 1998, che ha portato alla istituzione della Corte penale internazionale, gli Stati non riuscirono a trovare un accordo ed il crimine di aggressione fu inserito tra i crimini su cui la Corte può avere giurisdizione solo all’ultimo, senza che ne venisse tuttavia fornita la necessaria definizione. Fu solo in occasione della prima conferenza di revisione dello Statuto della Cpi, a Kampala nel 2010, che finalmente gli Stati-parte della Corte raggiunsero un compromesso riuscendo ad inserire la definizione del crimine in questione all’art. 8bis dello Statuto[10].
Pertanto, ai fini dello Statuto «crimine di aggressione significa la pianificazione, preparazione, inizio o esecuzione di un atto di aggressione, da parte di una persona che sia in una posizione tale de esercitare il controllo su o dirigere l'azione politica o militare di uno Stato, che per carattere, gravità e dimensioni sia tale da costituire una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite» (art. 8bis par. 1); ove per «atto di aggressione» deve intendersi: «l’uso della forza armata da parte di uno Stato diretto contro la sovranità, l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di un altro Stato o in qualunque altro modo incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite» (art 8bis par. 2). La norma continua enumerando una serie di atti che qualificano come aggressione, indipendentemente dall'esistenza di una dichiarazione di guerra, in linea con la risoluzione della Assemblea Generale n. 3314 del 1974.
Tale emendamento allo Statuto, ratificato per ora solo da 44 Stati-parte, tra cui l’Italia, è entrato in vigore il 17 luglio 2018. Tuttavia, non solo gli elementi di tale fattispecie sono stati definiti in modo restrittivo, ma anche il regime giurisdizionale del crimine di aggressione è decisamente più limitato rispetto a quello previsto per gli altri tre crimini di competenza della Corte[11].
In assenza di un rinvio (referral) del CdS dell’Onu – che sarebbe stata l’opzione preferita dai suoi membri permanenti, tra cui gli Stati-parte della Cpi Francia e Gran Bretagna, che però non riuscirono a imporsi a Kampala – lo Statuto richiede che sia lo Stato aggressore sia l’aggredito siano Stati-parte dello Statuto di Roma (art. 15bis par. 5) affinché la Cpi possa esercitare la sua giurisdizione su eventuali crimini di aggressione. Questa linea, fortemente voluta anche da paesi osservatori come gli Stati Uniti, si impose sulla alternativa invocata dalla maggioranza degli State-parte, che avrebbero preferito mantenere lo stesso regime giurisdizionale applicabile agli altri crimini di competenza della Corte e consentire il perseguimento degli atti di aggressione commessi contro uno Stato-parte (a prescindere dalla nazionalità degli aggressori).
Quindi, pur avendo in teoria dal 2018 giurisdizione sul crimine di aggressione, come definito all’art. 8bis dello Statuto, in pratica è molto arduo che la Cpi possa effettivamente perseguirlo. Ed è questa situazione, fortemente voluta ai tempi da quei paesi occidentali - membri permanenti del CdS -, che impedisce al Procuratore della Cpi di esercitare la giurisdizione sui presunti responsabili dell’aggressione russa dell’Ucraina.
Sebbene, come vedremo, sia tecnicamente possibile immaginare una modifica dello Statuto di Roma, realisticamente il percorso non è affatto facile né veloce. Pesa, inoltre, la posizione degli Stati Uniti: mentre è nota la loro opposizione alla Cpi, della quale non sono membri e - come tali - si oppongono strenuamente ad una estensione della giurisdizione a cittadini di Stati-non parte, il governo statunitense appoggerebbe invece un tribunale ad hoc[12].
4. I possibili modelli
Da mesi si stanno quindi prendendo in considerazione varie opzioni per incriminare i responsabili del crimine di aggressione prima facie commesso dai vertici russi in Ucraina.
Peraltro, anche l'Ucraina ha espresso in più sedi la volontà di procedere in tal senso nelle sedi domestiche (pur prevedendo il crimine di aggressione, la definizione data dalla legge ucraina non coincide con la definizione dello Statuto della Cpi). Occorre chiedersi tuttavia se, date le circostanze, l’Ucraina sia in grado di perseguire il crimine davanti ai suoi tribunali nazionali in modo indipendente e imparziale. Per sostenere il Paese a livello internazionale, si sta pensando anche a una possibile soluzione ibrida, una corte ucraino-internazionale composta da personale internazionale e ucraino. Tale soluzione potrebbe portare legittimità e legittimazione alle istanze, ma rimane un fatto che la leadership russa godrebbe dell'immunità davanti a un tribunale nazionale[13]. Per superare il nodo delle immunità la via maestra sarebbe quella dell’istituzione di un tribunale penale internazionale ad hoc, sul modello di quelli per la ex-Iugoslavia (1993) e per il Ruanda (1994), la cui istituzione è tuttavia impedita dalla paralisi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu[14].
Tra i vari modelli che si stanno immaginando per istituire un tribunale internazionale, scavalcando il CdS, la proposta del Consiglio d’Europa è certamente interessante. In una recente risoluzione (la n. 2482 del 2023)[15], si suggerisce di procedere con un accordo internazionale tra Onu e Ucraina, con il Segretario Generale che agisca a nome delle Nazioni Unite su richiesta della Assemblea Generale (AG). I paesi che supportano tale proposta sono Albania, Belgio, Estonia, Guatemala, Latvia, Lichtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Polonia, oltre all’Ucraina.
Non ci sono precedenti per tale tribunale. Non si tratterebbe di creare giurisdizione per il crimine di aggressione, al cui scopo la AG non avrebbe potere, ma piuttosto la prospettiva sarebbe quella di ritenere che l’Ucraina, in quanto stato territoriale ove il crimine è stato commesso, abbia la possibilità di conferire la giurisdizione ad un tribunale internazionale ai fini del procedimento. La AG non conferirebbe la giurisdizione al tribunale speciale, bensì si limiterebbe a fare “da tramite” per aiutare ad attivare l’esercizio internazionale di una giurisdizione penale già esistente. Tale soluzione, veicolata attraverso la AG, conferirebbe al tribunale speciale un carattere genuinamente universale e internazionale. Questo è un aspetto chiaramente fondamentale, non solo sul piano della legittimità di questo possibile tribunale speciale, ma anche ai fini della disciplina delle immunità personali (che sarebbero un ostacolo alla giurisdizione di fronte ad un tribunale interno e potrebbero, viceversa, essere irrilevanti davanti a una giurisdizione internazionale).
Tale soluzione si porrebbe in qualche modo, nelle intenzioni dei proponenti, in un’ottica di complementarietà rispetto all’operato alla Cpi, in applicazione di un c.d. “two-track approach”. Il tribunale speciale servirebbe, pertanto non solo a colmare un vuoto ad hoc, ma anche a preparare il terreno per un ampliamento della giurisdizione della Cpi in materia di aggressione, in ottica non solo punitiva ma anche preventiva.
Diverse incognite permangono, tuttavia, anzitutto sul possibile esito di un voto della Assemblea Generale, data la larga maggioranza richiesta (sebbene faccia ben sperare il fatto che la risoluzione del 23 febbraio 2023 abbia registrato gli stessi voti della risoluzione di condanna di un anno fa).
5. Le critiche all’istituzione di un tribunale ad hoc
Per quanto vadano registrati gli sforzi attualmente in corso per trovare una soluzione bilanciata, permangono tuttavia le critiche relative ad un’attivazione selettiva della giurisdizione sul crimine di aggressione, specie fino a quando gli altri Stati, tra cui importanti paesi occidentali, rimangono non disponibili ad accettare la giurisdizione della Cpi nello stesso modo in cui hanno accettato quella sugli altri tre crimini[16].
Abbiamo già avuto modo di notare come l’idea di istituire un tribunale ad hoc abbia da subito sollevato numerose critiche per ragioni sia di opportunità sia di utilità[17]. Si fa notare che il consistente budget richiesto per l’istituzione di un ulteriore tribunale potrebbe essere meglio impiegato per rafforzare meccanismi già esistenti, ed in primis la Corte penale internazionale che, pur non potendo incriminare tali fatti a titolo di aggressione, sta da tempo affrontando complesse indagini sulla situazione, concentrandosi sulle responsabilità a titolo di possibili crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio.
Le perplessità poi aumentano se si considera come tali risorse economiche, necessarie per fare funzionare la macchina della giustizia penale internazionale, potrebbero essere distribuite a livello mondiale, e del fatto che, a fronte di molte gravi situazioni di commissione di crimini prive di alcun meccanismo di indagine, prospettarne più di una per la stessa situazione può apparire un’ennesima conferma della di tale sistema.
Quanto ai dubbi sulla utilità o efficacia di una simile opzione, la critica si basa sul fatto che – salvo volere procedere in contumacia - tale tribunale potrebbe realisticamente funzionare solo una volta assicurato un cambio di regime ai vertici dello Stato russo (come in effetti è stato per tutti i Tribunali ad hoc del passato)[18]. A quel punto, tuttavia, alcuni degli ostacoli che rendono oggi non processabile l’aggressione davanti alla Corte penale internazionale potrebbero probabilmente essere rimossi, con la conseguenza che tutti i procedimenti potrebbero essere accentrati davanti alla Cpi o eventualmente anche davanti a corti interne (o ibride).
La critica maggiore rimane, a mio avviso, in punto di legittimità, in particolare nella prospettiva di quegli Stati (e non sono pochi) che da Norimberga ad oggi sono stati vittime di atti di aggressione da parte di Stati più potenti e non hanno avuto il privilegio di vedere l’aggressione riconosciuta come tale nelle sedi opportune, né hanno visto alcuna forma di condanna degli atti criminali subiti.
Un tribunale speciale per l’aggressione in Ucraina passerebbe alla storia come l’ennesimo tribunale internazionale ad hoc (e, allo stesso modo, controllato ad hoc da alcuni Stati), anziché inserirsi come parte organica del progetto di giustizia penale universale creato ormai 25 anni fa attorno ad una corte penale internazionale permanente (la Cpi).
6. Una soluzione di lunga visione: modificare lo Statuto della Cpi
Invece di un tribunale speciale una tantum, la via migliore per superare le obiezioni di legittimità sarebbe quella di trovare una maggioranza nell'Assemblea degli Stati Parte della Cpi per modificarne lo Statuto e dotare la Corte della giurisdizione necessaria per affrontare analoghe situazioni future. «Solo un passo del genere stabilizzerebbe l'ordine giuridico globale, invece di frammentarlo ulteriormente seguendo la volontà degli Stati più potenti[19]».
Come affermato anche dal Procuratore Karim Khan, una volta riconosciuta la presenza di un gap nell’architettura costruita attorno allo Statuto della Cpi, occorre cercare di colmarlo all’interno dello Statuto stesso[20]. In altre parole, conviene rafforzare una istituzione che è stata fortemente voluta e costruita dalla comunità internazionale, in modo che possa rispondere ai bisogni non solo di oggi ma anche di domani.
Ci sono tre opzioni attualmente al vaglio in tal senso:
1) La prima proposta, che è la più ambiziosa, comporta un emendamento sostanziale dello Statuto della Cpi, sulla linea, avanzata a Kampala in particolare dagli Stati africani e sud-americani, di allineare le condizioni per l’esercizio della giurisdizione della Corte sul crimine di aggressione al regime previsto per gli altri tre core crimes. Tale proposta è stata fatta propria dalla organizzazione Parliamentarians for Global Action, che nell’action plan di novembre scorso ha chiamato gli Stati-membri della Cpi a muovere in quella direzione[21].
2) La seconda proposta è più limitata e tende a permettere alla Corte di procedere con un’indagine su un presunto crimine di aggressione commesso da uno Stato-non parte dello Statuto (o che non abbia ratificato l’emendamento di Kampala), in presenza di una raccomandazione da parte della Assemblea Generale dell’Onu.
3) La terza opzione è di riconoscere un ruolo più sostanziale all’Assemblea Generale dell’Onu nell’ambito del sistema di indagine della Cpi, permettendo anche a questo organo, qualora il Consiglio di Sicurezza sia bloccato dal veto di un suo membro permanente, di riferire una situazione tramite “referral” all’Ufficio del Procuratore della Cpi, conferendo in tal modo giurisdizione alla Corte in assenza di altri criteri.
Tecnicamente le opzioni sono tutte fattibili e sarebbe abbastanza facile modificare lo Statuto della Cpi nel giro di qualche mese per eliminare gli ostacoli e far sì che l'Ufficio del Procuratore possa applicare retroattivamente la norma sull’aggressione già prevista nello Statuto. Ciò non violerebbe il disposto dell’art. 22(1) dello Statuto della Cpi, poiché il crimine di aggressione è stato definito da molti anni nel diritto internazionale e, come detto, è sotto la giurisdizione della Corte dal 2018. Non sarebbe, infatti, possibile negare che i contorni del crimine di aggressione siano ben noti in diritto internazionale e che la leadership russa fosse, dunque, in grado di sapere che stava commettendo un crimine di diritto internazionale.
Tutto dipenderà, tuttavia, dalla volontà politica dei 123 Stati contraenti della Corte.
[1] C. Meloni, Il senso della giustizia penale internazionale di fronte alla guerra in Ucraina, in Questione Giustizia, 11 marzo 2022: https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-senso-della-giustizia-penale-internazionale-di-fronte-alla-guerra-in-ucraina.
[2] ICC, Press Release, 17 marzo 2023: https://www.icc-cpi.int/news/situation-ukraine-icc-judges-issue-arrest-warrants-against-vladimir-vladimirovich-putin-and
[3] Per un primo commento, si veda Rebecca Hamilton, The ICC Goes Straight to the Top: Arrest Warrant Issued for Putin, in Just Security, 17 marzo 2023: https://www.justsecurity.org/85529/the-icc-goes-straight-to-the-top-arrest-warrant-issued-for-putin/
[4] Per farsi un’idea, si veda il ricco e variegato simposio, composto da molti articoli di eminenti esperti, pubblicato su Just Security: https://www.justsecurity.org/tag/u-n-general-assembly-and-international-criminal-tribunal-for-aggression-against-ukraine/
[5] https://gordonandsarahbrown.com/wp-content/uploads/2022/03/Combined-Statement-and-Declaration.pdf
[6] Tra i promotori di tale iniziativa vi è Philippe Sands, professore di diritto e autore del bellissimo libro East West Street. On the origins of genocide and crimes against humanity ambientato a Leopoli durante la Seconda guerra mondiale. Per una recensione in inglese: https://www.theguardian.com/books/2016/may/22/east-west-street-origin-genocide-crimes-against-humanity-philippe-sands-review. Il libro è anche tradotto in italiano da Guanda (2017).
[7] https://www.dailymail.co.uk/news/ukraine/article-10579137/PHILIPPE-SANDS-need-new-Nuremberg-trial-make-Putin-pay.html
[8] https://news.un.org/en/story/2022/03/1113152
[9] Kress, Hobe, Nussberger, The Ukraine war and the crime of aggression: how to fill the gaps in the international legal system, 23 January 2023, in Just Security: https://www.justsecurity.org/84783/the-ukraine-war-and-the-crime-of-aggression-how-to-fill-the-gaps-in-the-international-legal-system/
[10] Si veda sul punto la dettagliata ricostruzione fatta dalla professoressa Flavia Lattanzi, Quale tribunale per i crimini russi in Ucraina?, in Formiche, 20 febbraio 2023: https://formiche.net/2023/02/tribunale-specialei-crimini-russi-ucraina/
[11] Si veda ancora il paper di F. Lattanzi sul punto.
[12] Si vedano in tal senso anche le riflessioni di Larry Johnson su Just Security: https://www.justsecurity.org/80395/united-nations-response-options-to-russias-aggression-opportunities-and-rabbit-holes/
[13] J. Trahan, Why a hybrid Ukrainian tribunal on the crime of aggression is not the answer, in Just Security, https://www.justsecurity.org/85019/why-hybrid-ukrainian-tribunal-on-crime-of-aggression-is-not-the-answer/
[14] Si veda l’approfondito studio di O. Corten e V, Koutroulis, commissionato dal Parlamento Europeo pubblicato a dicembre 2022: https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2022/702574/EXPO_IDA(2022)702574_EN.pdf
[15] https://pace.coe.int/en/files/31620/html; Si veda anche la risoluzione del Parlamento Europeo https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/RC-9-2023-0063_EN.html?link_id=1&can_id=52b4a40f516427dc15e6c3596603aae9&source=email-ukraine-european-parliament-votes-for-special-tribunal-for-russian-war-crimes&email_referrer=&email_subject=ukraine-european-parliament-votes-for-special-tribunal-for-russian-war-crimes
[16] Tra le prese di posizione critiche più recenti si veda Kai Ambos su Verfassungsblog, 6 gennaio 2023: https://verfassungsblog.de/a-ukraine-special-tribunal-with-legitimacy-problems/
[17] Si veda, con posizioni molto nette, Kevin J. Heller su Opinjo Iuris https://opiniojuris.org/2022/03/07/creating-a-special-tribunal-for-aggression-against-ukraine-is-a-bad-idea/
[18] Si veda Sergey Vasiliev su EJIL:Talk! https://www.ejiltalk.org/aggression-against-ukraine-avenues-for-accountability-for-core-crimes/
[19] In tal senso, A. Schueller, What can(‘t) International criminal justice deliver for Ukraine, in Verfassungsblog, 24 febbraio 2023: https://verfassungsblog.de/justice-ukraine/
[20] https://www.icc-cpi.int/news/21st-session-assembly-states-parties-opens-hague
[21] https://www.pgaction.org/news/proposal-to-amend-kampala-amendment-crime-of-aggression.html