Magistratura democratica

La giustizia tributaria ieri e oggi

di Gianfranco Gilardi

L’evoluzione della giustizia tributaria è caratterizzata da una progressiva accentuazione del carattere giurisdizionale degli organi preposti alla relativa amministrazione. Ma sono ancora molti i passi da compiere affinché essa acquisti una sua compiuta fisionomia e i principi di autonomia e indipendenza nell’esercizio della giurisdizione trovino piena realizzazione anche in un campo delicato come quello del potere impositivo dello Stato e del rapporto tra fisco e cittadino.

1. Le commissioni tributarie nello Stato pre-repubblicano / 2. Il riordino della giustizia tributaria nella nuova forma di Stato. In particolare, le modifiche introdotte con i dd.lgss nn. 545/1992 e 546/1992 / 3. Le novelle successive e le proposte di riforma anteriori alla legge n. 130/2022 / 4. Il PNRR e la riforma del 2022 / 5. La legge delega n. 111/2023 / 6. L’assetto attuale della giustizia tributaria / 7. Il percorso ancora da compiere per una piena autonomia e indipendenza della giurisdizione tributaria

 

1. Le commissioni tributarie nello Stato pre-repubblicano

L’evoluzione della giustizia tributaria è caratterizzata da una progressiva accentuazione del carattere giurisdizionale degli organi preposti alla relativa amministrazione e da un parallelo, seppure più lento e tuttora incompiuto, inveramento dei principi costituzionali di autonomia e indipendenza dei giudici tributari e del relativo organo di garanzia.

Nel testo normativo cui si fa risalire l’origine delle commissioni tributarie (legge n. 1836/1864, che introdusse un’imposta sui redditi della ricchezza mobile) erano previste commissioni comunali di primo grado e commissioni provinciali di secondo grado, quali organi d’appello. Nel 1865 venne istituita anche una Commissione centrale, davanti alla quale le decisioni delle commissioni di secondo grado potevano essere impugnate per motivi concernenti l’applicazione della legge, mentre con la legge n. 3719/1869 fu previsto che contro le decisioni della Commissione centrale potesse essere esperita azione davanti al giudice ordinario, qualora non si trattasse di questioni riguardanti la semplice estimazione dei redditi.

Il regio decreto n. 4021/1877 attuò un coordinamento dei vari interventi normativi succedutesi nel tempo mediante la previsione di commissioni mandamentali, provinciali e centrale.

Con la riforma introdotta nel ventennio fascista dal rd.l. n. 1639/1936, convertito in legge n. 1616/1937, la competenza delle commissioni (originariamente limitata alle sole imposte dirette[1], esclusa quella sui terreni) venne parzialmente estesa alle imposte indirette sugli affari. Le commissioni mandamentali furono sostituite da commissioni distrettuali, la cui competenza territoriale coincideva con quella degli uffici delle imposte dirette, e si riconobbe al contribuente la possibilità di adire l’autorità giudiziaria ordinaria anche dopo la decisione definitiva della commissione distrettuale o provinciale, limitatamente ai casi in cui l’imposta fosse stata iscritta a ruolo.

Le commissioni mantennero, peraltro, la configurazione di articolazioni interne all’amministrazione finanziaria, cui era devoluto il compito di risolvere in via amministrativa le controversie tra quest’ultima e i contribuenti nelle materie indicate, con possibilità di ricorso alla Commissione centrale delle imposte dirette nei casi previsti dalla legge, ferma la competenza dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 6 l. 20 marzo 1865, all. E, su ogni controversia che non si riferisse a semplice estimazione di redditi. 

La nomina del presidente, dei vicepresidenti e degli altri componenti delle commissioni distrettuali e provinciali spettava all’intendente di finanza d’intesa col prefetto, sulla base delle designazioni di associazioni, ordini professionali ed enti locali.  

 

2. Il riordino della giustizia tributaria nella nuova forma di Stato. In particolare, le modifiche introdotte con i dd.lgss nn. 545/1992 e 546/1992

Riordinato, nella nuova forma di Stato, il sistema di giustizia tributaria, con il dPR n. 636/1972 vennero previste commissioni tributarie di primo grado, aventi sede e competenza territoriale identica a quella dei tribunali, commissioni tributarie di secondo grado, con sede nei capoluoghi di provincia, e una commissione tributaria centrale

La competenza delle commissioni fu notevolmente e progressivamente ampliata[2]. Mutarono radicalmente anche i criteri di composizione delle commissioni, la nomina dei relativi componenti spettando al presidente del tribunale per quelle di primo grado e al presidente della corte d’appello per quelle di secondo grado. Metà delle nomine avveniva su designazione dei consigli comunali per le commissioni di primo grado, e del consiglio provinciale per quelle di secondo grado, mentre per l’altra metà si procedeva sulla base di elenchi formati dall’amministrazione delle finanze, con possibilità del tribunale e della corte di appello di richiedere elenchi alle camere di commercio e agli ordini professionali degli avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ingegneri. 

Furono altresì apportate modifiche alle norme relative al processo tributario, modellandole in parte (secondo una linea adottata anche negli interventi legislativi degli anni seguenti) su quelle del processo civile. Tenendo conto anche di tali ultime modificazioni, la Corte costituzionale – che, chiamata più volte a pronunciarsi su questioni di legittimità costituzionale, in particolare con riguardo agli artt. 3, 24 e 113 Cost., dapprima aveva qualificato le commissioni tributarie come organi di giurisdizione speciale (vds., già, sent. n. 12/1957) e successivamente quali organi amministrativi (cfr. sent. n. 6/1969) – con sentenza n. 287/1974 riconobbe loro definitivamente la natura di organi giurisdizionali[3].

Dopo una lunga serie di novelle legislative e con le oscillazioni giurisprudenziali di cui si è detto, un passo importante nella direzione indicata (progressiva accentuazione del carattere giurisdizionale degli organi preposti alla relativa amministrazione e parallelo, seppure più lento, inveramento dei principi costituzionali di autonomia e indipendenza dei giudici tributari e del relativo organo di autogoverno) è stato realizzato con i decreti legislativi 31 dicembre1992, n. 545 («Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413») con il quale venne introdotto, tra l’altro, l’organo di autogoverno della giustizia tributaria[4], e 31 dicembre 1992, n. 546 («Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n 413»), per il cui tramite le preesistenti commissioni tributarie sono state definitivamente configurate anche a livello legislativo quali organi giurisdizionali[5]

 

3. Le novelle successive e le proposte di riforma anteriori alla legge n. 130/2022

L’assetto derivante dai decreti legislativi appena citati[6] rimase in gran parte inalterato negli anni successivi, salvo le modifiche conseguenti a pronunce di incostituzionalità relative a specifici aspetti della normativa e ai plurimi interventi del legislatore, che, a partire dal dl n. 331/1993 e sino al d.lgs n. 49/2020, sono stati rivolti ad assicurare una maggiore efficienza del sistema della giustizia tributaria, a garantire imparzialità e terzietà del corpo giudicante e ad incidere sulla disciplina del processo tributario. Diverse criticità emerse nell’esperienza concreta delle commissioni tributarie provinciali e regionali in circa vent’anni dal loro insediamento (avvenuto con dm 26 gennaio 1996, con decorrenza dal 1° aprile 1996), e l’opportunità di migliorarne la disciplina del rito anche in taluni aspetti che pure avevano superato il vaglio di legittimità costituzionale[7], indussero il legislatore (segnatamente con il d.lgs n. 156/2015[8]), a intervenire sul processo tributario, sia con disposizioni di chiarimento delle norme relative sia con modifiche comportanti, tra l’altro: 

- l’aumento del valore delle controversie relativamente alle quali sarebbe stata possibile la difesa personale;

- l’ampliamento delle categorie di soggetti abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie;

- l’estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso;

- l’applicabilità della tutela cautelare in tutti le fasi del processo (anche nel giudizio di revocazione), con previsione altresì della condanna della parte soccombente alle spese relative;

- l’immediata esecutività delle sentenze aventi ad oggetto l’impugnazione di un atto impositivo (fermo il meccanismo della riscossione frazionata del tributo previsto dall’articolo 68 d.lgs n. 546/1992) ovvero la restituzione di tributi in favore del contribuente, subordinando il pagamento di somme a una idonea garanzia (salvo non si trattasse di importi fino a 10.000 euro e di restituzione di somme pagate in corso di causa a norma del citato art. 68, comma 2, nei quali casi l’esecutività della sentenza sarebbe stata incondizionata);

- il rafforzamento del principio di soccombenza nella liquidazione delle spese di giudizio, con richiamo altresì alla disciplina della responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 3, cpc; 

- innovazioni con riguardo al giudizio di rinvio, alla revocazione e sospensione, al giudizio di ottemperanza. 

Ma neppure tali interventi – che pure avevano contribuito a migliorare la funzionalità del processo tributario[9] e a incidere in modo significativo sulla configurazione delle commissioni tributarie – erano valsi a superare la forma ibrida che continuava a caratterizzarle, una forma oscillante tra la concezione di organi giurisdizionali assistiti da garanzie sotto il profilo della terzietà e dell’indipendenza del giudice, e organi incardinati nella struttura organizzativa del Ministero dell’economia e delle finanze, come sue branche o articolazioni (ciò che, tra l’altro, ha determinato la non rara evenienza di circolari del MEF contenenti direttive quanto agli orientamenti giurisprudenziali che i giudici di merito avrebbero dovuto assumere su determinate questioni).

Basti pensare ai criteri di nomina dei giudici tributari, che avveniva previa deliberazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, su proposta del Ministro delle finanze, secondo l’ordine di collocazione negli elenchi previsti nel comma 2 dell’art. 9 d.lgs n. 545/1992[10]; o ad alcune delle disposizioni contenute nel richiamato art. 11 d.lgs n. 156/2015 o, ancora, nell’art. 24 d.lgs n. 545/1992, che, prevedendo l’indicazione solo in via «di massima» dei criteri relativi alla formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti e alla distribuzione dei ricorsi, lasciavano ai presidenti di commissione ampi spazi di discrezionalità, virtualmente affievolendosi per questa via la garanzia – sottesa all’art. 25 della Costituzione – di evitare ogni condizionamento nelle scelta del giudice chiamato a trattare le singole controversie[11].

Lo stesso Consiglio di presidenza (che per molto tempo si è caratterizzato per mancanza di incisività e scarso spirito d’iniziativa nello svolgimento delle proprie funzioni) rispecchiava quest’ibrida situazione, spettando tra l’altro al Ministro dell’economia il potere di determinare il numero delle sezioni e convivendo le funzioni del Consiglio di presidenza con l’«alta sorveglianza» devoluta al Presidente del Consiglio dei ministri sulle commissioni tributarie e sui giudici tributari (art. 29 d.lgs n. 545/1992).

In tale contesto (e a causa altresì di alcuni fatti di rilevanza penale che avevano portato anche agli arresti di giudici tributari di diverse sedi), ha ripreso vigore l’esigenza di un profondo mutamento della giurisdizione tributaria per far sì che il relativo esercizio, incidente su interessi vitali dello Stato e su diritti essenziali dei cittadini, fosse affidato a giudici professionalmente adeguati, autonomi e indipendenti nello svolgimento delle proprie funzioni, assistiti da idonee garanzie ordinamentali anche con riguardo all’organo di autogoverno, in modo da superare un assetto non certo soddisfacente per quanto concerne il reclutamento, la formazione professionale, le verifiche – del tutto assenti – di professionalità, lo status giuridico ed economico dei componenti le commissioni, l’inquadramento del personale amministrativo, la gestione degli uffici da parte dei presidenti di commissione e del presidenti di sezione, l’efficienza e la qualità del servizio.

Così, ad esempio, con la proposta di legge delega n. 3734 dell’8 aprile 2016[12], si mirò a incidere sull’assetto vigente mediante: 

- la soppressione delle commissioni tributarie provinciali e regionali, con l’attribuzione dei relativi procedimenti a una o più sezioni tributarie specializzate, istituite presso ogni tribunale ordinario situato nel capoluogo di provincia (già) sede di commissione provinciale;

- la soppressione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con l’attribuzione al Csm delle relative funzioni, tra cui quella relativa all’assegnazione (per un periodo ricompreso tra i cinque e i dieci anni) dei giudici alle sezioni specializzate tributarie, assegnazione da deliberare in base a determinati requisiti e alla stregua di specifiche regole procedimentali;

- l’utilizzazione delle risorse rese disponibili a seguito delle soppressioni di cui sopra per l’assunzione di 750 nuovi magistrati con due concorsi da bandire nell’arco di 12 mesi;

- il passaggio del personale amministrativo delle commissioni tributarie nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria con qualifica funzionale corrispondente a quella del personale adibito alle medesime funzioni;

- le previsioni concernenti l’applicabilità – in quanto compatibili – delle regole del rito tributario vigente al momento della riforma, sia per la fase di cognizione sia per quella di esecuzione;

- la monocraticità del giudizio di primo grado;

- la composizione collegiale per il reclamo (non più l’appello) avverso la sentenza del giudice unico, e la ricorribilità per cassazione della sentenza pronunciata in sede di reclamo.

Tra le altre disposizioni, la delega prevedeva poi che i magistrati in pensione da meno di due anni, con l’esercizio per almeno cinque anni di funzioni di legittimità, avrebbero potuto essere nominati dal Csm giudici ausiliari presso la Corte di cassazione per esaurire il contenzioso in materia tributaria pendente (pari a circa il 30% dell’enorme arretrato civile complessivo), e che le commissioni tributarie avrebbero cessato definitivamente le funzioni decorsi due anni dall’entrata in vigore della riforma, trattando fino a quella data i procedimenti già iscritti. Dopo i due anni, i procedimenti eventualmente ancora pendenti sarebbero stati riassegnati alle sezioni specializzate ordinarie. 

 

4. Il PNRR e la riforma del 2022

Tale proposta, che non trovava ostacoli sul piano costituzionale, avrebbe invece incontrato notevoli difficoltà su quello della pratica attuazione, sia perché avrebbe potuto determinare (nonostante la previsione di un aumento dell’organico dei magistrati) problemi non secondari per le già oberate strutture giudiziarie, sia perché la realtà non sembrava giustificare (pur in un contesto caratterizzato da forti zone d’ombra) un giudizio negativo così generalizzato da imporre la radicale abolizione delle commissioni tributarie, senza interrogarsi intorno alla possibilità di percorrere vie alternative al fine di correggerne i difetti e superarne le carenze[13].

La proposta, dunque, non ha avuto seguito; e dopo numerosi disegni di legge giacenti da tempo in Parlamento[14], con la legge 31 agosto 2022, n. 130 – rientrante nell’insieme degli interventi normativi della riforma “Cartabia”, emanati per far fronte agli impegni assunti dall’Italia con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che contemplava anche l’obiettivo di rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria italiana e di ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di cassazione – è stata seguita una strada diversa, pur se con soluzioni in qualche limitato punto coincidenti. 

Con la legge n. 130 (che ha recepito in senso migliorativo alcune delle indicazioni formulate dalla dottrina con riguardo al testo del ddl n. 2636 presentato dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro della giustizia, recante «Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari»[15]) e le successive modificazioni[16], la giustizia tributaria è stata innovata sia con riguardo al profilo ordinamentale sia con riferimento alla disciplina processuale. 

A) Sul piano ordinamentale, le principali modifiche sono le seguenti[17]:

* le commissioni tributarie provinciali e quelle tributarie regionali hanno assunto la denominazione di corti di giustizia tributaria di primo grado e corti di giustizia tributaria di secondo grado, in coerenza con la scelta di assegnare la giurisdizione tributaria non più a giudici onorari, ma a giudici professionali;

* la giurisdizione tributaria viene esercitata dai giudici tributari presenti alla data del 1° gennaio 2022 nel ruolo unico nazionale di cui all’art. 4, comma 39-bis della legge n. 183/2011, e da magistrati tributari[18] che abbiano espletato positivamente il tirocinio formativo di «almeno» sei mesi previsto dalla legge[19]

I giudici delle corti di giustizia tributaria di secondo grado sono nominati tra i magistrati tributari e tra i giudici tributari presenti nel ruolo unico appena citato[20]

Quanto al trattamento economico, ai magistrati tributari si applicano le disposizioni previste per i magistrati ordinari (con determinazione degli stipendi esclusivamente in base all’anzianità di servizio), mentre per i giudici tributari è previsto, in aggiunta a un compenso fisso mensile, un compenso ulteriore per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri ricorsi, sicché permane per questa categoria una parziale forma di retribuzione “a cottimo”, con la specificazione che i compensi relativi non possono superare in ogni caso l’importo di euro 72.000 lordi annui; 

* nell’art. 6 d.lgs n. 545/1992 e successive modifiche sono state aggiunte la previsione (collegata alle modifiche del processo tributario) che i presidenti delle corti di giustizia tributaria di primo grado assegnano il ricorso al giudice monocratico nei casi previsti dal novellato art. 4-bis d.lgs n. 546/1992 e succ. mod., e quella secondo cui il giudice in composizione monocratica o collegiale, ove rilevi che la controversia ad esso assegnata avrebbe dovuto essere trattata dalla corte di giustizia tributaria in altra composizione, la rimette al presidente della sezione per il rinnovo dell’assegnazione;

* sono state introdotte modifiche con riguardo al periodo di tempo necessario affinché i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado possano concorrere ad altri incarichi; alle regole concorsuali e ai criteri di valutazione che disciplinano l’assegnazione del medesimo incarico o di diverso incarico per trasferimento dei componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado in servizio; al trattamento economico dei magistrati tributari;

* sono stati istituiti presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria:

- l’Ufficio ispettivo, cui sono attribuiti, con carattere di autonomia e indipendenza, compiti di verifica e vigilanza e che può svolgere, col supporto della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze, attività presso le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, finalizzate alle verifiche di rispettiva competenza[21];

- l’Ufficio del massimario nazionale, cui spetta di rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni delle corti di giustizia tributaria di secondo grado e le più significative tra quelle emesse dalle corti di giustizia tributaria di primo grado, massime destinate ad alimentare la banca dati della giurisprudenza tributaria di merito, gestita dal Ministero dell’economia e delle finanze. Mediante convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e la Corte di cassazione, sono stabilite le modalità per la consultazione della banca dati della giurisprudenza tributaria di merito da parte della Corte.

Al Consiglio di presidenza è stato poi demandato di garantire, mediante provvedimenti di applicazione di giudici tributari, l’esercizio della funzione giurisdizionale nelle sedi delle corti di giustizia tributaria che sarebbero impossibilitate ad assicurarlo[22]

Sono poi state previste misure per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione mediante l’istituzione di una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie relative, e provvedimenti organizzativi del primo presidente volti a «stabilizzare gli orientamenti di legittimità» e ad agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti[23].

Sulle competenze del Consiglio in tema di formazione professionale[24], cfr. quanto osservato nella nota 4.

 

B) Sotto il profilo processuale:

* è stata inserita la previsione della composizione monocratica del giudice di primo grado per le controversie di valore fino a 3000 euro, cui si applicano, in quanto compatibili e salvo le deroghe normativamente previste, le disposizioni relative ai giudizi in composizione collegiale[25];

* è stata introdotta la possibilità di prova testimoniale, da assumere con le forme di cui all’art. 257 cpc, cui la corte di giustizia tributaria può dare ingresso ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l’accordo delle parti. Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.

Sempre con riguardo al regime probatorio, l’art. 7 d.lgs n. 546/1992 è stato modificato con l’aggiunta di un comma 5-bis, in base al quale è onere dell’amministrazione provare in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, e sempre in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati[26];

* altre modifiche riguardano la disciplina delle spese processuali in caso di mancata accettazione, senza giustificato motivo, della proposta conciliativa formulata dal giudice o da una delle parti, e in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione formulata ai sensi del comma 5, novellato art. 17-bis d.lgs n. 546/1992, con la specificazione che «tale condanna può rilevare ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di mediazione»[27];

* l’art. 47 d.lgs n. 546/1992 in tema di sospensione dell’atto impugnato è stato novellato con la specificazione, tra l’altro, che l’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione non può, in ogni caso, coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia. L’accoglimento dell’istanza di sospensione comporta la sospensione degli importi di cui al primo comma dell’art. 15 dPR n. 602/1973;

* è stato inserito l’art. 48-bis.1, avente ad oggetto la conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria nei casi di controversie soggette a reclamo ai sensi dell’articolo 17-bis, con la specificazione che la proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione o astensione del giudice[28]

* è stato modificato il comma 4 dell’art. 16 dl n. 119/2018, convertito con modificazioni dalla l. n. 136/2018 con previsioni inerenti alla partecipazione alle udienze mediante collegamento audiovisivo tale da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e di udire quanto viene detto, con rinvio – quanto alle regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza – al decreto del direttore generale delle finanze 11 novembre 2020, pubblicato sulla G.U. del 16 novembre 2020[29]

* sono state dettate specifiche disposizioni per la definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data del 15 luglio 2022[30], disposizioni poi modificate dalla legge di bilancio per l’anno 2023[31].

Completano il quadro disposizioni di coordinamento, abrogazioni di norme in conseguenza della nuova disciplina legislativa, disposizioni transitorie e finali[32].

 

5. La legge delega n. 111/2023

Nel cantiere perennemente aperto della giustizia tributaria è intervenuta da ultimo la legge n. 111/2023, con la quale il Governo è stato delegato ad adottare entro ventiquattro mesi dal 29 agosto 2023 (data di entrata in vigore della legge), nel rispetto dei principi costituzionali nonché dell’ordinamento dell’Unione europea e del diritto internazionale, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema tributario: una legge che «coinvolge il disegno di quasi tutti i tributi oggi esistenti; interviene sui procedimenti che governano gli adempimenti, l’accertamento, le sanzioni e il contenzioso; prevede la realizzazione di codici e Testi unici. Il tutto nel rispetto di principi generali e di principi volti alla revisione, in vista del suo rafforzamento, dello Statuto dei diritti del contribuente»[33]

In particolare, con l’art. 4 sono stati dettati i principi e criteri direttivi per la revisione dello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge n. 212/2000, con la prescrizione di: rafforzare l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante l’indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa; valorizzare il principio del legittimo affidamento del contribuente e il principio di certezza del diritto; razionalizzare la disciplina dell’interpello; disciplinare l’istituto della consulenza giuridica; prevedere una disciplina generale del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario e una generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità; prevedere una disciplina generale delle cause di invalidità degli atti impositivi e degli atti della riscossione; potenziare l’esercizio del potere di autotutela; prevedere l’istituzione e la definizione dei compiti del Garante nazionale del contribuente e la contestuale soppressione del Garante del contribuente, operante presso ogni direzione regionale delle entrate e direzione delle entrate delle province autonome.

Con l’art. 19 sono stati dettati i principi e i criteri direttivi per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario, al fine di:

* coordinare con la nuova disciplina di cui all’art. 4, comma 1, lett. h, altri istituti a finalità deflattiva operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio di cui all’art. 23 d.lgs n. 546/1992 ai fini del massimo contenimento dei tempi di conclusione della controversia tributaria;

* ampliare e potenziare l’informatizzazione della giustizia tributaria mediante:

- la semplificazione della normativa processuale in modo funzionale alla completa digitalizzazione del processo (una previsione, questa, che sembra piegare le regole del processo alla digitalizzazione, laddove invece sono le tecniche di digitalizzazione a dover essere funzionali alle regole del processo);

- l’obbligo di utilizzo di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali, con indicazione delle conseguenze processuali derivanti dalla violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche;

- la previsione che la discussione da remoto possa essere chiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza;

* modificare l’art. 57 dPR n. 602/1973 nel senso che le opposizioni regolate dagli articoli 615, secondo comma, e 617 cpc siano proponibili dinanzi al giudice tributario, con le modalità e le forme previste dal d.lgs n. 546/1992, ove il ricorrente assuma la mancata o invalida notificazione della cartella di pagamento ovvero dell’intimazione di pagamento di cui all’art. 50, comma 2, del richiamato dPR;

* rafforzare il divieto di produrre nuovi documenti nei gradi processuali successivi al primo;

* accelerare la pubblicazione e la successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali;

* accelerare lo svolgimento della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo, con previsione altresì dell’impugnabilità dell’ordinanza che accoglie o respinge l’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato;

* prevedere interventi di deflazione del contenzioso tributario in tutti i gradi di giudizio, ivi compreso quello dinanzi alla Corte di cassazione, favorendo la definizione agevolata delle liti pendenti;

* garantire che le sentenze tributarie presenti, in forma digitale, nelle banche dati della giurisprudenza delle corti di giustizia tributaria (gestite dal Ministero dell’economia e delle finanze) siano accessibili a tutti i cittadini;

* ridefinire l’assetto territoriale delle corti di giustizia tributaria di primo grado e delle sezioni staccate delle corti di giustizia tributaria di secondo grado anche mediante accorpamenti delle sedi esistenti, sulla base dell’estensione del territorio, dei carichi di lavoro e degli indici di sopravvenienza, del numero degli abitanti della circoscrizione, degli enti impositori e della riscossione;

* disciplinare le modalità di assegnazione dei magistrati e dei giudici tributari e del personale amministrativo interessati al riordino dell’assetto territoriale, al fine di garantire la continuità dei servizi della giustizia tributaria delle corti di primo e di secondo grado alle quali sono trasferite le funzioni degli uffici accorpati o soppressi, assicurando ai magistrati e ai giudici tributari l’attribuzione delle medesime funzioni già esercitate presso le corti accorpate o soppresse. 

Per la parte relativa allo statuto del contribuente, la delega ha avuto attuazione mediante il d.lgs n. 291/2023[34], mentre per quella concernente il processo tributario essa è stata attuata con il d.lgs n. 220/2023, ove si è tenuto conto dei pareri espressi dalla Conferenza unificata e dalle Commissioni parlamentari, e in alcuni punti (come, ad esempio, con riguardo al principio di chiarezza e sinteticità degli atti, o alle modalità di svolgimento delle udienze, in presenza o da remoto) si allinea in parte alle modifiche introdotte con la recente riforma del codice procedura civile. Con l’art. 2 del d.lgs. in questione è stata disposta, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (4 gennaio 2024), l’abrogazione dell’art. 17-bis d.lgs n. 546/1992 e succ. mod. relativo al reclamo e alla mediazione.

L’Agenzia delle entrate ha reso disponibili alla consultazione le bozze di testi unici in materia fiscale destinati a semplificare il sistema tributario (comunicato stampa del 13 marzo 2024)[35].

 

6. L’assetto attuale della giustizia tributaria

Ad esito del percorso più sopra descritto, può dunque affermarsi che il legislatore – abbandonata la strada, che si sarebbe voluto intraprendere con la proposta di legge delega n. 3734, volta alla configurazione delle commissioni tributarie quali articolazioni interne della magistratura ordinaria – ne ha accentuato il carattere di giurisdizione speciale e che, rispetto al principio dell’unitarietà della giurisdizione (costituente una delle ragioni ispiratrici di quella proposta), ha accolto non l’opzione della concentrazione e della reductio ad unum delle giurisdizioni, ma la diversa scelta ispirata al principio che i caratteri unitari della giurisdizione possono essere conseguiti anche per il tramite di una pluralità di organi giurisdizionali (purché) caratterizzati dalla pienezza di garanzie di indipendenza, terzietà e professionalità di cui gode la magistratura ordinaria: di talché i diversi organi cui è demandato l’esercizio della giurisdizione vengono a manifestarsi come espressione di un pluralismo istituzionale capace di realizzare – senza attenuazione della garanzia giuridica del controllo di legalità – una diversa distribuzione delle sedi di tutela, rese tra loro omogenee e coerenti in virtù appunto del carattere unificante del principio di autonomia e indipendenza del giudice. 

E, in effetti, non può negarsi che alcune delle misure adottate vadano in questa direzione, oltre che in quella di un migliore funzionalità del servizio e di una più adeguata professionalità dei componenti delle commissioni, ora corti di giustizia tributaria.

Così per quanto concerne le modalità del nomina dei magistrati tramite concorso pubblico per esami bandito di norma annualmente in relazione ai posti vacanti, che diventerà la forma di reclutamento esclusiva e a tempo pieno dei magistrati tributari una volta giunto a compimento l’esercizio delle funzioni da parte dei componenti più anziani in base alle scadenze temporali delineate nell’art. 8 della legge[36]; la restrizione delle categorie professionali cui attingere ai fini del concorso, per accedere al quale è necessario essere in possesso di una laurea magistrale in giurisprudenza, oppure di una laurea in scienze dell’economia o in scienze economico-aziendali; il tirocinio e la formazione professionale dei giudici tributari, nell’ambito degli stanziamenti annuali dell’apposita voce di bilancio in favore del Consiglio[37]; l’affrancamento del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dal Ministro dell’economia e delle finanze in ciò che riguarda le nomine dei giudici tributari, sembrando da ritenere che – pur in mancanza, per la giustizia tributaria, di una norma come quella dell’art. 105 Costituzione – alla disposizione secondo cui il Consiglio della giustizia tributaria «delibera sulle nomine e su ogni altro provvedimento riguardante i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado» (art. 24, lett. c del d.lgs n. 545/1992) e a quella in base alla quale alla prima e alle successive nomine dei magistrati tributari, nonché alle nomine dei giudici tributari di cui all’art. 1-bis, comma 1, l. n. 130, «si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria» (novellato art. 9 d.lgs n. 545/1992) non possa attribuirsi un significato diverso da quanto pacificamente ritenuto per i magistrati ordinari[38], relativamente ai quali il decreto del Presidente della Repubblica o, a seconda dei casi, del Ministro della giustizia, si configurano – pur in un contesto di leale collaborazione istituzionale – quali atti dovuti in relazione alle delibere del Consiglio superiore della magistratura; il potenziamento degli strumenti (quali l’Ufficio ispettivo e l’Ufficio del massimario) di cui il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria è stato dotato per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali[39], relativamente alle quali il Consiglio è dotato di autonomia contabile, sia pure nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato[40]; il rafforzamento del contraddittorio e altre misure della disciplina processuale.

 

7. Il percorso ancora da compiere per una piena autonomia e indipendenza della giurisdizione tributaria

L’affermazione secondo cui la giustizia tributaria ha sempre fatto capo, gerarchicamente, al MEF (ossia al Ministero che, tramite la gestione delle agenzie fiscali, è titolare dei rapporti di debito-credito oggetto della maggior parte delle controversie tributarie) oggi è dunque meno vera. 

Ma il percorso di affrancamento non può definirsi certamente compiuto. Come è stato osservato, i nuovi magistrati tributari sono formalmente «dipendenti» del Ministero dell’economia e delle finanze; la nomina a magistrato tributario avviene previo concorso organizzato dal MEF, cui spetta tra l’altro di bandirlo e di nominare la commissione esaminatrice; il personale addetto agli uffici di segreteria delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado è costituito da dipendenti del Ministero delle finanze (compresi nell’apposito contingente del personale di cui all’art. 10 l. n. 358/1991), cui spetta altresì di determinare ogni anno con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, le variazioni da apportare alle dotazioni del contingente in relazione alle variazioni del numero di sezioni e del flusso dei ricorsi presso ogni corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado; all’ufficio di segreteria che assiste il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria sono assegnati un dirigente, funzionari e impiegati delle diverse qualifiche funzionali, appartenenti al contingente appena citato, nei limiti fissati con decreto del Ministro delle finanze; l’ufficio ispettivo di nuova istituzione, per poter funzionare, ha bisogno del supporto del Dipartimento del MEF (e cioè del Ministero che, nel processo, è parte del contenzioso), le cui risorse e i cui servizi sono necessari anche per consentire il funzionamento dell’Ufficio del massimario, preposto all’elaborazione di massime e alla formazione di una banca dati dei precedenti giurisprudenziali gestita sempre dal MEF, con il quale la Corte di cassazione dovrà coordinarsi per potervi accedere. Vero è – come osservato – che molte delle funzioni indicate vengono svolte dal MEF «previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria»; ma appare indubbio che il MEF abbia un ruolo rilevante in ciò che riguarda la gestione della giustizia tributaria.

Permane l’“alta sorveglianza” sulle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado e sui giudici tributari, devoluta al Presidente del Consiglio dei ministri. La stessa denominazione dell’organo di governo autonomo sembra alludere a un collegamento privo di senso con la Presidenza del Consiglio dei ministri, così come la collocazione della sede del Consiglio di presidenza presso il MEF rafforza l’impressione di un inserimento nella relativa struttura organizzativa. E se il potere di iniziativa disciplinare continua ad essere devoluto al Presidente del Consiglio dei ministri (oltre che al presidente di quella che ora si denomina corte di giustizia tributaria di secondo grado) e la sanzione disciplinare deliberata dal Consiglio di presidenza è applicata con decreto del Ministro delle finanze[41].

E mentre è rimasta inalterata la regola in base alla quale il presidente di ciascuna sezione stabilisce il calendario delle udienze e la composizione dei collegi giudicanti in base a criteri soltanto di massima (non dunque, criteri oggettivi e predeterminati, com’è invece nel sistema tabellare vigente per la magistratura ordinaria in base alla regola costituzionale della precostituzione del giudice), mancano esplicite previsioni normative con riguardo a verifiche periodiche di professionalità dei giudici tributari[42]; a riunioni dell’intero ufficio e a riunioni interne alle singole sezioni (sulla falsariga di quanto già previsto per la magistratura ordinaria civile e penale dall’art. 47-quater o.g.) per un confronto in ordine agli orientamenti giurisprudenziali e ai problemi organizzativi dell’ufficio[43]; alle conseguenze negative in caso di mancata e non giustificata partecipazione ai corsi di formazione professionale, previsioni tutte correlate all’esigenza di far sì che anche il giudice tributario sia un tramite dell’attuazione imparziale della legalità alla stregua del principio di soggezione del giudice (di ogni giudice) solo alla legge.

Altri passi sono dunque da compiere affinché la giustizia tributaria, pur collocandosi correttamente nel quadro delle giurisdizioni speciali, acquisti una sua precisa fisionomia e i canoni dell’autonomia e dell’indipendenza della giurisdizione trovino piena realizzazione istituzionale anche in un campo delicato come quello del potere impositivo dello Stato e del rapporto tra fisco e cittadino.

In questo percorso sarà certamente fondamentale l’opera di un legislatore capace di sottrarre i suoi interventi al metodo della perenne novellazione per restituirli a quello di una visione organica, compiuta e attenta altresì alle implicazioni derivanti dai principi comunitari in materia[44], una visione che tuttavia neppure la legge delega cui si è fatto accenno al par. 5 appare in grado di soddisfare, essendo non irragionevole ritenere che una delle principali (e forse la principale delle) preoccupazioni del legislatore sia stata, ancora una volta, quella di favorire la definizione agevolata delle liti con interventi di deflazione del contenzioso tributario in tutti i gradi di giudizio, secondo una linea di tendenza che non soltanto ha annoverato incongruenze come quella di affidare la gestione della mediazione tributaria (cfr. il menzionato art. 17-bis d.lgs n. 546/1992 e succ. mod.) alle stesse agenzie fiscali che sono la controparte istituzionale del contribuente, ma che è sembrata altresì idonea più a incoraggiare l’evasione che a migliorare il funzionamento e l’efficienza del sistema[45].

Del pari fondamentale, nella stessa direzione, sarà l’opera dell’organo di garanzia della giustizia tributaria, il cui rafforzamento è stato ripetutamente auspicato dalla dottrina[46] e che – venendosi a modellare sempre più, secondo una direttiva enunciata dallo stesso legislatore[47], sulla falsariga del Csm, pur con le ovvie differenze[48] – è stato capace nei fatti di portare avanti spontaneamente, e almeno in parte, questo cammino[49], un cammino che potrà essere tanto più proficuo quanto più ispirato a una pratica di cooperazione istituzionale tra i diversi organi a vario titolo coinvolti nel funzionamento della giustizia tributaria. Tale cooperazione appare particolarmente necessaria per governare la lunga fase transitoria, destinata a prolungarsi ameno sino al 31 dicembre 2028, che «si trova a scontare il sostanziale fallimento della previsione del transito dalle altre magistrature di cento giudici nella magistratura tributaria», considerato che l’interpello disposto dal CPGT non è riuscito a coprire neppure un quinto dei cento posti riservati[50].

Ma resterà essenziale, nel contempo, anche il ruolo della magistratura tributaria, degli “addetti ai lavori” e della cultura giuridica complessivamente intesa, un ruolo tanto più importante quanto più l’evoluzione dell’ordinamento giuridico è affidata in gran parte proprio alla mediazione degli interpreti e alla buona volontà degli operatori, cui spetta sempre più frequentemente il compito di colmare le lacune delle norme cercando di ricavare anche dalle riforme imperfette quanto è possibile di positivo come traguardo e come sbocco di un’elaborazione collettiva.

È anche e proprio così che si costruisce, qui non meno che in altri campi, un progetto capace di coniugare diritti e qualità della giustizia.

 

 

1. Per quelle indirette erano previsti, facoltativamente, il ricorso amministrativo o l’azione davanti al giudice ordinario.

2. Con devoluzione ad esse della competenza nelle seguenti materie di imposta: reddito delle persone fisiche e giuridiche; locale sui redditi e (con alcune eccezioni) valore aggiunto; ICI; registro; successioni e donazioni; imposta sulle assicurazioni; controversie promosse da singoli possessori relative all’intestazione, delimitazione, estensione, classamento dei terreni e ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale.

3. La conformità a Costituzione delle commissioni tributarie è stata riconosciuta in numerose decisioni con le quali la Corte costituzionale si è trovata ad affrontare singoli aspetti della relativa disciplina ordinamentale o processuale, consolidandosi per questa via la giurisprudenza secondo cui le commissioni tributarie costituiscono un organo speciale di giurisdizione preesistente alla Costituzione e con essa pienamente compatibile, e che la giurisdizione delle commissioni tributarie – pur essendo di carattere generale in quanto estesa ai tributi di ogni genere e specie – deve intendersi collegata alle sole controversie attinenti alla materia tributaria, configurandosi unicamente in tale ambito la compatibilità con il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali (cfr., tra le altre, Corte cost., sentenze nn. 39/2010, 238 e 141/2009, 130 e 64/2008; ordinanze nn. 300 e 218/2009, 395/2007, nn. 427, 94, 35 e 34/2006).

4. Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria comprendeva, nella composizione originaria, tre presidenti di commissione o di sezione (di cui almeno uno presidente di commissione tributaria regionale) e tre giudici delle commissioni tributarie (di cui almeno uno componente di commissione tributaria regionale), eletti da tutti i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali con voto personale, diretto e segreto. 
Con la l. n. 342/2000 la composizione è stata portata a quindici membri eletti tra i giudici tributari, e con il dl n. 452/2001 è ulteriormente mutata, prevedendosi la presenza di undici componenti eletti dai giudici tributari e di quattro componenti eletti dal Parlamento (due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica) a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori di università in materie giuridiche o i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni. I componenti eletti dal Parlamento, finché sono in carica, non possono esercitare attività professionale in ambito tributario, né alcuna altra attività suscettibile di interferire con le funzioni degli organi di giustizia tributaria. 
Il Consiglio di presidenza elegge nel suo seno il presidente e due vicepresidenti, scegliendoli – secondo la modifica apportata dal dl n. 98/2011 – tra i componenti eletti dal Parlamento. 
La durata della consiliatura è fissata in quattro anni, decorsi i quali i componenti non sono immediatamente rieleggibili. Per le attribuzioni del Consiglio cfr., infra, par. 6.
Qualora ne sia impossibile il funzionamento, esso viene sciolto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Le nuove elezioni sono indette entro un mese dalla data di scioglimento e hanno luogo entro il bimestre successivo.

5. Le commissioni, da insediare in unica data entro il 1° aprile 1996, sono state ripartite in commissioni tributarie provinciali, con sede in ciascun capoluogo di provincia, quali giudici di primo grado, e commissioni tributarie regionali, con sede in ciascun capoluogo di regione, quali giudici di appello, con possibilità di ricorso in Cassazione per questioni di legittimità. Nel Trentino-Alto Adige, in luogo delle commissioni provinciali e della commissione regionale, sono state istituite una commissione tributaria di primo grado e una commissione tributaria di secondo grado in ciascuna delle Province autonome di Trento e Bolzano. 
La Commissione tributaria centrale, contemplata dal dPR n. 636/1992, è stata soppressa dall’art 42 d.lgs n. 545/1992 con la previsione (introdotta da disposizioni successive) che avrebbe cessato di funzionare – tenuto conto dei ricorsi pendenti – entro la data stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle finanze.
Per effetto della legge n. 244/2007, allo scopo di ridurre le spese a carico del bilancio dello Stato e di giungere a una rapida definizione delle controversie tributarie pendenti, la Commissione tributaria centrale è stata suddivisa in 21 sezioni con sede in tutti i capoluoghi di regione o provincia autonoma, sezioni alle quali sono stati riassegnati i procedimenti pendenti alla data del loro insediamento, ad eccezione di quelli per i quali fosse già intervenuto il deposito del dispositivo.
Il d.lgs n. 156/2015 ha poi stabilito (art. 12) che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, i procedimenti giurisdizionali pendenti alla data del 31 dicembre 2014 dinanzi alla cessata Commissione tributaria centrale sarebbero proseguiti innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio.

6. Per più analitici riferimenti sull’evoluzione delle commissioni tributarie cfr., tra gli altri, L. Buffoni, Il nuovo assetto ordinamentale della giustizia tributaria, in E. Manzon e G. Melis (a cura di), Il diritto tributario nella stagione delle riforme. Dalla legge 130/2022 alla legge 111/2023, Pacini, Pisa, 2024; A. Villani, La competenza delle commissioni tributarie quali organi speciali di giurisdizione, Speciale di Tribuna Finanziaria, n. 4-5/2008; G. Scarselli, Il difetto (a mio parere) della nuova magistratura tributaria, in Giustizia insieme, 4 novembre 2022 (www.giustiziainsieme.it/it/diritto-tributario/2502-il-difetto-a-mio-parere-della-nuova-magistratura-tributaria).

7. Cfr., ad esempio, la sent. n. 165/2000, che ritenne non contrastante con gli artt. 3 e 24 Cost., sotto il profilo della diversità di regime della disciplina processuale, la scelta del legislatore (precedente alle modifiche introdotte con il d.lgs n. 156/2015) di limitare la tutela cautelare, nel processo tributario, al solo primo grado di giudizio e di non consentire, nei gradi successivi, l’adozione di misure cautelari intese ad impedire, in pendenza del ricorso per cassazione o del ricorso alla commissione tributaria centrale, l’esecuzione della pretesa tributaria oggetto della controversia, nei limiti fissati dalla sentenza impugnata.

8. Su cui vds., tra gli altri, anche per un’analisi comparata con il processo tributario tedesco, M. Villani, La quarta magistratura. La riforma della giustizia tributaria, in Altalex, 5 aprile 2016.

9. Senza peraltro affrontare, tra gli altri, il problema della terzietà degli organismi di mediazione, che continuavano a restare inseriti nella medesima struttura amministrativa da cui proveniva l’atto impositivo, e lasciando inappagate alcune esigenze da tempo evidenziate con riguardo al principio di effettività della tutela giurisdizionale, per ciò che concerne ad esempio l’esclusione della prova testimoniale nel processo tributario (cfr. art. 7 d.lgs n. 546/1992 nel testo previgente alla riforma del 2022, di cui si parlerà), esclusione che tuttavia era stata ritenuta non contrastante con la Costituzione: cfr. Corte cost., n. 18/2000.

10. I presidenti delle commissioni tributarie e delle loro sezioni sarebbero stati da scegliere tra i magistrati ordinari, amministrativi o militari, in servizio o a riposo; i vicepresidenti tra gli stessi magistrati o tra i componenti «non togati» che avessero esercitato per almeno cinque anni (per le commissioni provinciali) o dieci anni (per quelle regionali) le funzioni di giudice tributario, se laureati in giurisprudenza o in economia e commercio. Gli altri componenti avrebbero dovuto essere nominati tra gli appartenenti alle categorie di cui agli artt. 4 (per le commissioni provinciali) e 5 (per le commissioni regionali) d.lgs n. 545/1992, comprendenti, oltre ai predetti magistrati, funzionari civili dello Stato in servizio o a riposo, ufficiali della Guardia di finanza a riposo e coloro che avessero posseduto determinate abilitazioni professionali (notai, avvocati, dottori commercialisti, etc.) nonché – limitatamente alle commissioni provinciali – coloro che avessero conseguito da almeno due anni la laurea in giurisprudenza o in economia e commercio.

11. Per maggiori indicazioni su questi e altri aspetti, cfr. La giustizia tributaria/La riforma della magistratura onoraria, in questa Rivista trimestrale, n. 3/2016 (www.questionegiustizia.it/rivista/2016-3.php), ove anche il mio La riforma della giustizia tributaria e l’“unitarietà” della giurisdizione, pp. 74-83 (www.questionegiustizia.it/data/rivista/articoli/362/qg_2016-3_11.pdf).

12. Su cui vds., tra gli altri, M. Villani, La necessaria ed urgente riforma della giustizia tributaria, in Diritto tributario, 26 aprile 2016.

13. Mi permetto di rinviare ancora al mio La riforma della giustizia tributaria, op. cit., e allo scritto di A. Ortolani, Considerazioni sulla specificità del processo tributario e sulla praticabilità della delega al Governo A.C. 3734 (proposta Ermini ed altri) per la riforma del contenzioso tributario, ivi richiamato. 

14. Per un elencazione al riguardo cfr. G. Melis, Il d.d.l. “Disposizioni in materia di giustizia e processo tributario”, in Giustizia insieme, 30 giugno 2022.

15. Entrata in vigore il 16 settembre 2022, salvo le disposizioni di cui è stata differita l’efficacia in base all’art. 8 della legge.

16. Cfr. dl n. 115/2022 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 142/2022; dl n. 198/2022 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 14/2023; dl n. 13/2023 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 41/2023; dl n. 51/2023 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 97/2023; dl n. 75/2023 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 112/2023.

17. Per i profili ordinamentali, come per quelli processuali, si fa riferimento al testo della legge n. 130 come modificata dagli interventi successivi. 

18. L’organico dei magistrati tributari nominati per concorso è stato individuato in 448 unità per le corti di giustizia tributaria di primo grado e in 128 unità per quelle di secondo grado.
I concorrenti dichiarati idonei all’esito del concorso per esami di cui all’art. 4 della legge sono classificati secondo il punteggio complessivo conseguito e, nello stesso ordine, vengono nominati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze magistrati ordinari, nei limiti dei posti messi a concorso.
Il concorso viene bandito con cadenza di norma annuale tramite decreto del MEF, previa deliberazione conforme del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, che determina il numero dei posti messi a concorso.
Il limite di età per la partecipazione al concorso – cui sono ammessi coloro che siano in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, ovvero del diploma di laurea magistrale in scienze dell’economia (classe LM-56) o in scienze economico-aziendali (classe LM-77) o di titoli degli ordinamenti previgenti a questi – è attualmente di 67 anni.
Ai magistrati tributari nominati ai sensi dell’art. 4 l. n. 139/2022 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel titolo I, capo II di cui al rd 30 gennaio 1941, n. 12 (o.g.).
La data di cessazione dall’incarico di magistrato tributario è stata portata da 75 a 70 anni.
Sul nuovo sistema di nomina dei magistrati tributari cfr. R.M. Palmieri, Il reclutamento dei nuovi magistrati tributari, in questo numero.

19. Per dare attuazione alle disposizioni del PNRR e della legge di riforma in materia di giustizia tributaria, ed incrementare il livello di efficienza degli uffici e delle relative strutture centrali e territoriali, il Ministero dell’economia e delle finanze è stato autorizzato ad assumere, con le procedure di cui al novellato art. 4 d.lgs n. 545/1992: 100 unità di magistrati tributari nell’anno 2023; le unità di magistrati non assunte nel 2023 – aumentate di 68 unità – per l’anno 2004; 204 unità per l’anno 2026 e ulteriori 204 unità per l’anno 2029 (cfr. art. 10 l. n. 130/2022 come modificato dall’art. 18 dl n. 75/2023 convertito, con modificazioni, nella l. n. 112/2023). 
Per le medesime finalità, a decorrere dal 1° ottobre 2022, sono stati istituiti presso il MEF appositi uffici dirigenziali con funzioni in materia di status giuridico ed economico dei magistrati tributari e di organizzazione e gestione delle relative procedure concorsuali di reclutamento, da destinare alla Direzione della giustizia tributaria, e altre diciotto posizioni dirigenziali da destinare alla direzione di uno o più uffici di segreteria di corti di giustizia tributaria. Il MEF è stato altresì autorizzato ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà in tema di assunzioni, un ulteriore contingente di personale amministrativo nei termini indicati dalla riforma.

20. La riforma non prevede l’accesso dei magistrati tributari di carriera alla Suprema corte, ciò che ha costituito oggetto di critiche da parte della dottrina per l’impoverimento che ne deriverebbe sotto il profilo dell’esperienza professionale di cui quei magistrati potrebbero essere portatori.
Apposite disposizioni sono state poi dettate con riguardo ai posti da riservare, nei primi tre bandi di concorso pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 130, ai giudici tributari presenti al 1° gennaio 2022 nel ruolo unico di cui al richiamato art 4, comma 39-bis, l. n. 183/2011 in possesso di determinati requisiti, nonché alla possibilità per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari presenti alla stessa data da almeno cinque anni nel menzionato ruolo unico, di optare per il definitivo transito nella novellata giurisdizione tributaria secondo la specifica procedura disciplinata dalla legge.

21. Nella versione dell’art. 24 d.lgs n. 545/1992 previgente alla riforma, era previsto che il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria potesse disporre ispezioni nei confronti del personale giudicante, affidandone l’incarico a uno dei suoi componenti, ciò che rendeva assai poco efficace lo svolgimento della relativa funzione. Con la riforma è stato eliminato l’inciso «affidandone l’incarico ad uno dei suoi componenti» ed è stato istituito l’ufficio ispettivo menzionato nel testo.

22. Sul Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dopo la riforma in esame cfr., tra gli altri, A. Contrino, Il CPGT nella giustizia tributaria riformata: un’introduzione (www.giustiziainsieme.it/it/diritto-tributario/2835-il-cpgt-nella-giustizia-tributaria-riformata-unintroduzione-1-di-angelo-contrino); A. Lanzi, Il consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria nel contesto istituzionale (www.giustiziainsieme.it/it/diritto-tributario/2843-il-consiglio-di-presidenza-della-giustizia-tributaria-nel-contesto-istituzionale-di-alessio-lanzi); R. Tuccillo, L’organizzazione del GPGT: l’Ufficio ispettivo; il massimario nazionale (www.giustiziainsieme.it/it/diritto-tributario/2844-lorganizzazione-del-cpgt-lufficio-ispettivo-il-massimario-nazionale-di-raffaele-tuccillo), tutti in Giustizia insieme, 24 luglio 2023.

23. Per le novità relative al processo di cassazione cfr., tra gli altri, M. Cataldi, La sezione tributaria della Corte di cassazione e l’impatto della riforma, in questo numero; R. Angiolella, Riflessioni sulla riforma del processo tributario in Cassazione. La nuova Sezione Tributaria della Cassazione, la pace fiscale ed il rinvio pregiudiziale, in Giustizia insieme, 15 dicembre 2022; A. Perrone, Prime riflessioni sulla nuova conciliazione proposta dalla Corte di giustizia, ivi, 4 ottobre 2022.

24. Sul tema cfr., tra gli altri, A. Salvati, La selezione e la formazione della magistratura tributaria, in Giustizia insieme, 24 luglio 2023 (www.giustiziainsieme.it/it/diritto-tributario/2836-la-selezione-e-la-formazione-della-magistratura-tributaria-1-di-adriana-salvati).

25. Non è stata recepita la norma contenuta nel disegno di legge che limitava l’impugnazione della sentenza pronunciata dal giudice monocratico esclusivamente ai casi di violazione delle norme sul procedimento e di violazioni di norme costituzionali o di diritto dell’Unione europea, ovvero dei principi regolatori della materia. 

26. Sul regime probatorio nel processo tributario a seguito della riforma cfr., in questo numero: C. Perago, Le novità normative in tema di prova nel nuovo processo tributario; F. Viggiani, I principi fondamentali a tutela del contribuente; A.I. Natali, La novella in materia di onere della prova: una “quasi superfetazione normativa”. Vds., pure, F. Pistolesi, La testimonianza scritta nel processo tributario riformato, in Giustizia insieme, 20 settembre 2022; S. Muleo, Le “nuove” regole sulla prova nel processo tributario, ivi, 5 agosto 2022.

27. Cfr., in argomento, G. Corasaniti, ​Il reclamo/mediazione all’indomani della riforma della giustizia tributaria, in Giustizia insieme, 11 ottobre 2022.

28. Cfr., sul tema, A. Perrone, Prime riflessioni, op. cit.

29. Per i giudizi instaurati in primo e secondo grado con ricorso notificato a decorrere dal 1° settembre 2023, la disciplina prevista per la trattazione della controversia con udienza da remoto ai sensi dell’art. 16 dl n. 119/2018 è stata modificata nel senso che la partecipazione all’udienza a distanza può essere richiesta dalle parti nel ricorso, nel primo atto difensivo o in apposita istanza da depositare in segreteria almeno 20 giorni prima della data di trattazione.
L’udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo tributario, altrimenti si applica la disciplina dell’art. 34 d.lgs 31 dicembre 1992, n. 546.
Si svolgono esclusivamente a distanza le udienze del giudice monocratico e le camere di consiglio sulla sospensione dell’atto impugnato (art. 47, comma 3) e sulla sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata (art. 52 comma 3). Tuttavia, per comprovate ragioni, nel ricorso o nel primo atto difensivo, ciascuna delle parti può richiedere la partecipazione congiunta all’udienza del difensore, dell’ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia tributaria. Il giudice decide sulla richiesta dandone comunicazione alle parti con l’avviso di trattazione dell’istanza. In ogni caso, se l’udienza si tiene a distanza, ciascun giudice può essere presente di persona.
Sul processo tributario telematico – che è diventato obbligatorio per i giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso/appello notificato a partire dal 1° luglio 2019, cfr., in questo numero, F. Buffa, Il processo telematico tributario.

30. Ad eccezione di quelle concernenti, anche solo in parte, le risorse proprie tradizionali di cui all’art. 2, par. 1, lett. a della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto nonché le controversie relative a somme dovute a titolo di recupero di aiuto di Stato ai sensi dell’art. 16 regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2016.

31. Le previsioni contenute nell’art. 5 l. n. 130 (che poneva tetti di valore riguardo alle controversie suscettibili di definizione agevolata) sono state superate dalla legge di bilancio n. 197/2022, entrata in vigore il 1° gennaio 2023, che ha introdotto una serie di istituti definitori della pretesa impositiva (cd. “tregua fiscale”), tra i quali la definizione agevolata delle controversie tributarie di cui all’art. 1, commi da 186 a 205. In base a tali disposizioni: 
* le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti al 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio (compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio), possono essere definite con il pagamento di un importo uguale al valore della controversia, come stabilito ai sensi dell’art. 12, comma 2, d.lgs n. 546/1992. In caso di ricorso pendente in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90% del suo valore;
* in deroga alla regola che prevede il pagamento di un importo uguale al valore della lite, ove vi sia stata soccombenza dell’Agenzia, le controversie possono essere definite con il pagamento del 40% del loro valore per il caso di soccombenza in primo grado, e del 15% per il caso di soccombenza in secondo grado;
* se vi è stato accoglimento parziale del ricorso o comunque soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia fiscale, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e nella misura ridotta appena indicata (40% o, a seconda dei casi, 15%) per la parte di atto annullata;
* le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l’Agenzia fiscale sia risultata soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5% del loro valore;
* le controversie concernenti esclusivamente sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15% del loro valore in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore della legge di bilancio, e con il pagamento del 40% negli altri casi. Ove la controversia riguardi esclusivamente sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuta alcuna somma a titolo di sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione agevolata prevista dalla legge di bilancio. 
Possono essere definite in maniera agevolata solo le controversie in cui il ricorso in primo grado sia stato notificato entro il 1° gennaio 2023, e per le quali alla data della presentazione della domanda di definizione il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.

32. In base all’art. 8 l. n. 130, la disposizione relativa ai limiti di età dei 75 anni si applica a decorrere dal 1° gennaio 2027. Fino al 31 dicembre 2026, i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dall’incarico, in ogni caso:
a) il 1° gennaio 2023 qualora abbiano compiuto settantaquattro anni di età entro il 31 dicembre 2022, ovvero al compimento del settantaquattresimo anno di età nel corso dell’anno 2023;
b) il 1° gennaio 2024 qualora abbiano compiuto settantatré anni di età entro il 31 dicembre 2023, ovvero al compimento del settantatreesimo anno di età nel corso dell’anno 2024;
c) il 1° gennaio 2025 qualora abbiano compiuto settantadue anni di età entro il 31 dicembre 2024, ovvero al compimento del settantaduesimo anno di età nel corso dell’anno 2025;
d) il 1° gennaio 2026 qualora abbiano compiuto settantuno anni di età entro il 31 dicembre 2025, ovvero al compimento del settantunesimo anno di età nel corso dell’anno 2026.
Le disposizioni relative all’Ufficio ispettivo e all’Ufficio del massimario hanno trovato applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2023; quelle relative alla prova testimoniale, alla proposta conciliativa, alle spese processuali e alla conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria a decorrere dall’entrata in vigore della legge n. 130 e le disposizioni relative alla competenza del giudice monocratico ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° gennaio 2023.

33. Così M.C. Guerra, Una legge delega che amplia le criticità del nostro sistema fiscale, in Questione giustizia online, 13 novembre 2023 (www.questionegiustizia.it/articolo/legge-delega-fiscale), ora riprodotto in questo numero, criticità «che riguardando prioritariamente la sua irrazionalità e conseguente inefficienza e iniquità» e «ne mettono in discussione la stessa legittimazione agli occhi dei contribuenti, i quali vengono al contrario rassicurati dai ripetuti condoni e da un atteggiamento assolutorio nei confronti dell’evasione fiscale, circa un loro diritto a sottrarsi a un regime descritto e percepito come ingiusto e vessatorio».

34. Cfr. al riguardo, in questo numero, F. Buffa, Il nuovo Statuto dei diritti del contribuente, già pubblicato in via anticipata con il titolo Il nuovo statuto del contribuente (all’esito del decreto legislativo n. 219 del 30 dicembre 2023), in Questione giustizia online, 14 marzo 2024 (www.questionegiustizia.it/articolo/statuto-contribuente).
Vds altresì, sempre in questo numero, A. Cusinato, I vizi dell’attività istruttoria e M. Guicciardi, I regimi di invalidità degli atti dell’amministrazione finanziaria.

35. In attuazione della legga delega per la riforma fiscale:
* sono state individuate le norme vigenti del sistema tributario, riorganizzate per settori omogenei, e coordinate fra loro;
* sono state abrogate le disposizioni non più attuali e formulate una proposta di abrogazione per quelle ancora in vigore che possono essere considerate non più attuali e quindi superate.
Una volta approvati i Testi, le disposizioni potranno essere consultate, in maniera ordinata, ciascuna all’interno della relativa raccolta a tema.
In particolare, 4 dei 9 Testi unici riguardano: le imposte sui redditi; l’IVA; l’imposta di registro; i tributi erariali minori. Nei restanti 5 sono invece state raccolte: le norme sull’accertamento; le norme sulle sanzioni tributarie amministrative e penali; quelle sulla giustizia tributaria e le norme sulla riscossione e sulle agevolazioni fiscali.

36. Cfr., sul tema, R.M. Palmieri, Il reclutamento dei nuovi magistrati tributari, in questo numero.

37. Con la riforma del 2022 è stato ulteriormente specificato che il Consiglio di presidenza definisce, con proprio regolamento, i criteri e le modalità della formazione continua e dell’aggiornamento professionale dei giudici e dei magistrati tributari, mediante la frequenza di corsi periodici di carattere teorico-pratico organizzati e gestiti sulla base di apposita convenzione, prioritariamente, dalla Scuola nazionale dell’amministrazione con modalità separate e corsi distinti rispetto ai corsi di formazione destinati all’amministrazione finanziaria o, subordinatamente, dalle università accreditate ai sensi del d.lgs n. 19/2012. Il programma di formazione annuale deve essere comunicato al Ministero dell’economia e delle finanze.

38. In base al quale tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro della giustizia (art. 17 l. n. 195/1958).

39. Sull’Ufficio ispettivo e sull’Ufficio del massimario cfr., tra gli altri, G. Diotallevi, Giustizia ordinaria e giustizia tributaria: la necessità di un collegamento istituzionale costante, in Questione giustizia online, 25 gennaio 2024 (www.questionegiustizia.it/articolo/giustizia-tributaria), ora in questo numero, il quale osserva come il CPGT sia stato in tal modo dotato di uno strumento, oggi con struttura collegiale, «che ha le potenzialità per garantire un intervento tempestivo e approfondito, nei casi in cui emergano criticità, anche di carattere disciplinare, nello svolgimento della funzione giurisdizionale da parte dei magistrati tributari» e come tramite il rafforzamento dell’autonomia contabile e disciplinare-ispettiva del CPGT possa essere reso «più efficace, anche per via indiretta, il tasso di tutela dell’indipendenza dei giudici tributari». Cfr., altresì, R. Tuccillo, L’organizzazione del CPGT, op. cit., ove viene sottolineata tra l’altro l’importanza dell’attività di vigilanza sia in funzione di eventuali iniziative disciplinari, sia con riguardo al giudizio di demerito che il Consiglio di presidenza esprime in caso di sanzioni disciplinari ovvero quando il rapporto annuo tra il numero dei provvedimenti depositati oltre il termine di trenta giorni a decorrere dalla data di deliberazione e il totale dei provvedimenti depositati dal singolo candidato sia pari o superiore al 60% (nuovo art. 11 d.lgs n. 545/1992).
Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con la delibera n. 440/2023, ha approvato il regolamento per l’istituzione dell’ufficio ispettivo, e con la delibera n. 158/2023 il regolamento attuativo dell’Ufficio del massimario nazionale.

40. Sul Consiglio di presidenza della giustizia tributaria dopo la riforma cfr., oltre ai contributi già citati, A. Lanzi, Il Consiglio, op. cit.
Oltre a quelle indicate, tra le attribuzioni del Consiglio rientrano, in virtù delle previsioni originarie e delle modifiche successive: 
- la disciplina con regolamento interno del proprio funzionamento; 
- la formulazione di proposte al Ministro delle finanze per l’adeguamento e l’ammodernamento delle strutture e dei servizi, sentiti i presidenti delle commissioni tributarie; 
- la predisposizione di elementi per la redazione della relazione annuale al Parlamento del Ministro delle finanze sullo stato della giustizia tributaria, anche con riguardo alla produttività delle commissioni; 
- l’indicazione dei criteri per la formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti, nonché dei criteri di massima per la ripartizione dei ricorsi nell’ambito delle commissioni tributarie divise in sezioni; 
- l’espressione di pareri aventi ad oggetto gli schemi di regolamento e di convenzioni inerenti al funzionamento delle commissioni tributarie, la ripartizione tra le commissioni tributarie dei fondi stanziati nel bilancio del Ministero delle finanze pere le spese del loro funzionamento, e la determinazione dei compensi fissi e aggiuntivi ai componenti delle commissioni tributarie; 
- le delibere su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge;
- la possibilità di disporre, in caso di necessità, l’applicazione di componenti presso altra commissione tributaria o sezione staccata, rientrante nello stesso ambito regionale, per la durata massima di un anno (cfr. il dl n. 452/2001 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 16/2002). 
Spettano, inoltre, al Consiglio di presidenza la vigilanza sul funzionamento delle commissioni tributarie, con possibilità di disporre ispezioni nei confronti del personale giudicante (parole aggiunte dal dl n. 98/2011 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 111/2011). Originariamente era previsto che l’incarico delle ispezioni fosse affidato dal Consiglio di presidenza a uno dei suoi componenti. La disciplina è ora cambiata, come si è visto, con l’istituzione dell’Ufficio ispettivo. 
Per questi e altri rilievi critici, cfr. G. Scarselli, Il difetto, op. cit., secondo cui la circostanza che a seguito della riforma la giurisdizione in materia tributaria non sia più affidata a una magistratura onoraria e di prossimità, amministrata con la partecipazione di cittadini, ma esclusivamente a pubblici funzionari dello Stato, rischia di «sottrarre ai giudici tributari quei requisiti di equidistanza dalle parti necessarie ai sensi degli artt. 24, 108 e 111 Cost.»; A. Contrino, Il CPGT, op. cit.; G. Melis, La legge 130 del 2022: lineamenti generali, in Giustizia insieme, 19 dicembre 2022. 
Vds. pure, per i contributi nella fase di gestazione della riforma, F. Tundo, L’indipendenza del giudice dipendente del MEF, ossimoro di una riforma, in Giustizia insieme, 12 luglio 2022; G. Melis, Il d.d.l. “Disposizioni in materia di giustizia e processo tributario”, op. cit.; C. Consolo, Un colpo d’ala per una moderna affidabile giustizia tributaria, in Giustizia insieme, 29 luglio 2021.

41. Con delibera n. 2980 del 24 novembre 2015, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria ha approvato il nuovo «Regolamento per il procedimento disciplinare nei confronti dei componenti delle commissioni tributarie regionali e provinciali», successivamente integrato con delibera n. 739/2021.
La tipizzazione degli illeciti disciplinari contenuta nell’art. 15 d.lgs n. 545/1992 include anche previsioni del tutto generiche e, sotto questo profilo, di dubbia legittimità costituzionale quanto alla tutela dell’indipendenza e dell’autonomia del giudice, come quella che sanziona «il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia».

42. Di un eventuale giudizio di demerito, evidentemente collegato a una valutazione di professionalità del magistrato, si parla esclusivamente nel novellato art. 11 d.lgs n. 545/1992 con riguardo all’ipotesi di assegnazione degli incarichi.

43. Riunioni che, tra l’altro, gioverebbero – unitamente a un più effettivo ed efficace esercizio delle funzioni di vigilanza da parte dei presidenti delle Commissioni e dei presidenti delle sezioni – a evitare o, quanto meno, a contenere non solo la casualità e i soggettivismi interpretativi, ma altresì l’approssimazione, l’insufficienza, la frettolosità, per non dire le incongruenze che spesso caratterizzano le motivazioni delle decisioni.

44. Cfr., sul tema, A.-M. Perrino, I principi di derivazione unionale: focus su Iva e categorie di diritto interno, e F. Buffa, La riforma processuale e i principi della Corte Edu in materia, entrambi in questo numero.

45. Per alcune riflessioni sul contrasto all’evasione fiscale cfr., in questo numero: F. Di Vizio, Il contrasto dell’evasione e i reati tributari; D. Mallia, Gli strumenti della lotta all’evasione e la rilevanza in giudizio; A. Cusinato, I vizi dell’attività istruttoria; M. Guicciardi, I regimi di invalidità degli atti dell’amministrazione finanziaria.

46. Cfr., ad esempio, G. della Cananea, Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria: un’autonomia da consolidare, in Giustizia insieme, 20 gennaio 2022 (www.giustiziainsieme.it/it/diritto-tributario/2124-il-consiglio-di-presidenza-della-giustizia-tributaria-un-autonomia-da-consolidare).

47. Cfr. art. 39 dl n. 98/2011 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 111/2011, secondo cui «al fine di assicurare una maggiore efficienza del sistema della giustizia tributaria, garantendo altresì imparzialità e terzietà del corpo giudicante», era stato tra l’altro previsto di «ridefinire la composizione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria in analogia con le previsioni vigenti per gli organi di autogoverno delle magistrature».

48. Sul punto cfr. G. Diotallevi, Giustizia ordinaria, op. cit.

49. Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, ad esempio, con proprie risoluzioni (e sulla falsariga del “diritto tabellare” maturato nell’esperienza del Csm, le cui elaborazioni in materia sono state successivamente recepite dal legislatore con specifiche modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario) ha dettato ogni anno, a partire dal 1997, apposite direttive allo scopo, da un lato, di assicurare modalità organizzative omogenee delle commissioni tributarie nonché a garantire, nella composizione delle sezioni e dei collegi giudicanti, l’apporto delle specifiche professionalità e conoscenze dei giudici tributari, tenuto conto delle diverse estrazioni professionali degli stessi; dall’altro, di garantire criteri oggettivi predeterminati di ripartizione dei ricorsi tra le sezioni e tra i componenti di una stessa sezione in modo da escludere che i relativi provvedimenti fossero ispirati a metodi del tutto discrezionali e/o personalistici. Del pari, ha previsto, con proprie risoluzioni, che al fine garantire uniformità di giurisprudenza nella sezione su alcune questioni, il presidente di essa possa convocare periodicamente tutti i componenti della sezione per una stessa udienza e che, allo stesso scopo, il presidente della commissione possa convocare riunioni (una delle quali comunque obbligatoria per ciascun anno) dei presidenti e vice-presidenti delle sezioni, con facoltà di estendere l’invito a tutti i componenti, per discutere di casi di identico o analogo contenuto che hanno ricevuto decisioni diverse da parte delle sezioni o di nuove disposizioni normative ai fini di una condivisa valutazione interpretativa – cfr., ad esempio, amplius, l’art. 11, par. 3 della risoluzione n. 8 del 24 novembre 2015.

50. Cfr. al riguardo G. Diotallevi, Giustizia ordinaria, op. cit., ove viene sottolineata «la necessità di adottare misure finalizzate a mantenere un organico adeguato di magistrati tributari, per fare fronte alle potenziali, ma concretamente incombenti, criticità operative derivanti dalla intervenuta riduzione, a regime, dell’età massima per la permanenza in servizio dei giudici tributari, ridotta da 75 a 70 anni», non apparendo sufficiente a tal fine – nonostante le due proroghe legislative che hanno di fatto allungato di due anni il termine di uscita degli attuali magistrati tributari – «il meccanismo di uscita del décalage annuale progressivo», tenuto conto altresì sia dei pensionamenti che nel frattempo verranno a maturazione, sia del fatto che i concorsi programmati con l’art. 16 dl n. 75/2023, convertito con l. n. 112/2023, per l’assunzione dei nuovi magistrati tributari sono previsti nel 2024, nel 2026 e nel 2029.