Modelli di processo di cognizione piena
L’Autore richiamati i tratti essenziali del processo ordinario di cognizione e puntualizzati gli elementi distintivi che differenziano i modelli di processo ordinario di cognizione adottati nei diversi Paesi, evidenzia che la tendenza prevalente a livello europeo promuove una disciplina elastica del processo a cognizione piena, che affida lo svolgimento alle determinazioni discrezionali del giudice nel caso concreto. In questa direzione l’Autore mette in rilievo il portato della recente introduzione dell’art. 183 bis cpc (convertibilità in sommario del rito ordinario) e saluta con favore l’annunciata modifica della fase introduttiva che a suo avviso marcia nella direzione della valorizzazione della udienza principale.
In conclusione l’Autore rappresenta problematicamente la discrasia tra obiettivi perseguiti dal disegno di legge delega del Governo e strumenti proposti.
1. Nel processo civile degli ordinamenti europei vi è un processo “ordinario” di cognizione[1].
Fondamentalmente, esso ha le seguenti caratteristiche: (a)di regola, ogni pretesa prevista dal diritto sostanziale ne può costituire l’oggetto; (b) il contraddittorio è disciplinato nel modo più pieno ed esauriente; (c) scopo prevalente è di stabilire chi ha ragione e chi ha torto tra le parti, pervenendo alla giusta composizione della controversia attraverso l’applicazione di norme di diritto da parte di un giudice. In considerazione dei predetti elementi, (d)il provvedimento finale di merito è dotato del maggior grado di stabilità nell’ordinamento cui ci si riferisce.
Atipicità e scopo del processo, cioè le caratteristiche (a) e (c), sono tendenzialmente uniformi, mentre struttura del contraddittorio ed estensione del giudicato, cioè le caratteristiche(b) e (d),variano tra diversi ordinamenti.
Consideriamo le differenze relative alla struttura del contraddittorio.
2. Fondamentalmente, si possono distinguere tre modelli di svolgimento del processo di cognizione di primo grado[2].
Il primo modello si applica in Italia, in Francia, nell’America del Sud (e si applicava in Spagna, prima del nuovo codice del 2000). Esso rinviene la propria origine nel processo romano canonico e si articola in tre fasi: una fase preparatoria che inizia con lo scambio degli atti introduttivi e si conclude con la precisazione dell’oggetto della decisione (domande ed eccezioni) e dei fatti da provare; una fase istruttoria diretta all’accertamento dei fatti, caratterizzata da una serie di udienze; una fase finale che prevede l’emanazione della decisione.
Il secondo modello è a struttura bifasica, tipico del classico processo anglo-americano. Dopo lo scambio degli atti introduttivi, vi è una prima fase che serve alla raccolta dei fatti e dei mezzi di prova necessari per la discussione della causa nella successiva fase del dibattimento (trial). La prima fase non è diretta ad informare il giudice attraverso la presentazione dei mezzi di prova, bensì è diretta ad informare esclusivamente le parti. Nella seconda fase, totalmente orale, le parti presentano al giudice i fatti, i mezzi di prova e la loro prospettazione giuridica della vicenda.
Il terzo modello nasce e si sviluppa in Germania in un breve arco di tempo. Determinante è una conferenza tenuta da Fritz Baur nel 1965 a Berlino, che dà impulso dapprima ad una importante sperimentazione nella prassi (il modello di Stoccarda, messo in pratica nel 1967 da Rolf Bender, presidente di sezione del tribunale di quella città) e poi alla legislazione (la cosiddetta Novella di semplificazione del 1976). Tale modello è imperniato sulla «udienza principale» nel quale la controversia vive un momento determinante nella prospettiva della sua risoluzione. Tale modello ha in comune con il secondo la struttura a due fasi e rispecchia una tendenza dei sistemi processuali contemporanei in questa direzione, ma si distingue,perché la fase preparatoria non serve solo ad informare le parti ed a consentir loro di prepararsi all’udienza, ma è utile anche ad informare il giudice ed a metterlo in grado di esercitare fin da subito (prima dell’udienza) propri poteri direttivi e probatori, nonché ad anticipare parzialmente l’istruzione probatoria.
A tal proposito, particolarmente significativo è nel processo civile tedesco il § 273 ZPO, secondo cui il giudice può imporre di svolgere tutta una serie di attività preparatorie dell’udienza principale. Tra queste attività si possono segnalare: l’integrazione o il chiarimento delle allegazioni contenute negli atti introduttivi (con l’assegnazione se del caso di un termine a tal fine), l’esibizione di documenti e il deposito di oggetti di ispezione, la comparizione personale delle parti, nonché la comparizione di testimoni, cui le parti si sono riferiti, e di consulenti tecnici, la produzione di documenti e di informazioni ufficiali da parte della pubblica amministrazione. Solo gli aspetti rilevanti della controversia non chiariti in questa fase preparatoria sono oggetto di trattazione nell’udienza principale.
Questo modello richiede incisivi poteri di gestione della controversia ad opera di un giudice professionale fin dall’inizio del processo(case management). Esso è stato adottato non solo dal processo civile tedesco, ma anche, più recentemente, dal nuovo processo civile inglese, nonché dal nuovo processo civile spagnolo.
3. Oltre alla distinzione in fasi, la disciplina dello svolgimento del processo ordinario di cognizione può essere poi determinata dalle seguenti alternative:
(a) modulo di trattazione unico oppure più modelli di trattazione;
(b) scansione temporale affidata a termini previsti dalla legge anche nella loro durata, ovvero a termini previsti dalla legge ma determinati in concreto dal giudice nella loro durata, o infine affidata a determinazioni temporali del tutto elastiche.
4. In relazione alla distinzione tra uno o più moduli di trattazione, è opportuno sottolineare che non si tratta di una pluralità di procedimenti indipendenti l’uno dall’altro, bensì di una molteplicità di modelli di trattazione della causa all’interno di una sequenza procedimentale unitaria. La scelta fra un modello di trattazione e l’altro è affidata al giudice, che l’adotta ove possibile in collaborazione con le parti, e rientra fra i suoi compiti di direzione formale del processo. Essa tiene conto del carattere più o meno complesso della controversia, quale risulta dopo lo scambio dell’atto introduttivo dell’attore e della difesa del convenuto.
È quello che accade nel processo civile inglese, attraverso la scelta tra small claim track, fast track, multi track; nel processo civile francese, attraverso la scelta tra circuit court, circuit moyen e circuit long;nel processo civile tedesco, attraverso la scelta di far precedere l’udienza principale da una prima udienza immediata oppure da un procedimento preliminare scritto.
5. La flessibilità con cui i vari modelli di trattazione possono adattarsi alle caratteristiche delle singole controversie aumenta se si tiene conto delle alternative sub (b); se si considera cioè che il progredire della sequenza procedimentale può essere scandita da termini previsti dalla legge, la cui durata è però fissata in concreto dal giudice, oppure da determinazioni temporali del tutto elastiche: esemplare l’art. 764 del nuovo codice di procedura civile francese, secondo cui il giudice della mise en ètat fissa man mano i termini necessari all’istruzione della causa, riguardo alla natura, all’urgenza e alla complessità della medesima, dopo aver sentito gli avvocati, nonché alcune previsioni del codice di procedura civile tedesco, secondo le quali «l’udienza deve aver luogo il più presto possibile» (§ 272 III ZPO), oppure: la parte deve far valere «tempestivamente» i suoi mezzi di attacco e di difesa all’udienza (§ 282 I ZPO), nonché comunicare «tempestivamente» alla controparte, prima dell’udienza, i mezzi di attacco e di difesa sui quali è prevedibile che quest’ultima non possa prendere posizione senza previa informazione (§ 282 II ZPO).
Pertanto la tendenza che guadagna terreno a livello europeo è quella di una disciplina piuttosto elastica del processo a cognizione piena, in grado di aderire al carattere semplice o complesso della controversia grazie all’incisivo esercizio di poteri di case management da parte del giudice. Un passo in questa direzione è stato compiuto nel progetto di codice di procedura civile redatto da Andrea Proto Pisani[3].
6. In questo quadro, prima dell’introduzione dell’art. 183bis cpc, risaltava sotto più profili la maggiore rigidità della disciplina italiana.
In primo luogo, la diversità tra i tipi di controversie non era tenuta in considerazione attraverso la previsione di un potere di scelta del giudice tra più modelli di trattazione all’interno di una sequenza procedimentale unitaria (quella del processo ordinario), bensì tendenzialmente attraverso una previsione legislativa di più procedimenti autonomi (“riti speciali”) che affiancano il processo ordinario di cognizione.
Di converso, il rito ordinario era caratterizzato da un’unica sequenza procedimentale, con una variante di appendice scritta, quasi sempre percorsa (art. 183, 6° comma). Una effettiva pluralità di moduli si riscontrava solo nella fase decisoria (artt. 281-quinquies e 281-sexies).
In secondo luogo, i margini per le determinazioni discrezionali del giudice circa lo svolgimento formale del processo erano (e sono ancora oggi) assai ristretti, considerato che il giudice non può assegnare termini a pena di decadenza, se non nei casi in cui la legge espressamente lo prevede (art. 152 cpc).
Con l’entrata in vigore dell’art. 183bis cpc (l. n. 162 del 2014), che introduce il potere del giudice di disporre il passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione di cui all’art. 702-bis ss. cpc, la situazione è parzialmente cambiata, nel senso che il giudice ha il potere di scelta, se non tra più modelli di trattazione all’interno di una sequenza processuale unitaria, almeno tra più riti, «valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria».
7. Il disegno di legge delega al governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile (Atto Camera n. 2953, presentato l’11 marzo 2015) prevede ulteriori interventi di riforma del processo di primo grado.
Concentrando l’attenzione solo sulla modifica della fase introduttiva del processo, si prevede che lo scambio delle memorie, oggi previste come appendice scritta dopo l’udienza di trattazione, avvenga prima della stessa, con termini diversificati per le parti a seconda di chi sia il primo a dover rispondere al precedente atto della parte avversaria. Contemporaneamente al maturare delle preclusioni assertive e istruttorie, interverrà la preclusione per la contestazione ex articolo 115, secondo comma, del codice di procedura civile.
8. L’articolo di Elena Riva Crugnola dimostra che si tratta di una modifica dannosa e che il passaggio verso il modello dell’udienza principale è affidato alle prassi virtuose, piuttosto che alle modifiche normative (si avverte peraltro la mancanza di una norma di portata equivalente al § 273 ZPO).
[1] La parola “ordinario” non si riferisce alla distinzione italiana tra processo ordinario e processo del lavoro, ma al processo a cognizione piena (ed esauriente). Essa corrisponde al termine inglese “ordinary”.
[2] R. Stürner, The Principles of Transnational Civil Procedure, in Rabels Zeitschrift, 2005, p. 201 ss., p. 223 ss.
[3] Cfr. A. Proto Pisani, Per un nuovo codice di procedura civile, in Foro Italiano, 2009, V, c. 1.