L’Autore approfondisce e sviluppa la tesi, già avanzata in lavori precedenti, circa la possibilità di utilizzare il dato epidemiologico di un aumento di mortalità al fine dell’accertamento del nesso causale nei reati di omicidio e lesioni personali, anche in mancanza di prova della causalità individuale.
Nel primo paragrafo, dedicato al ruolo che la giurisprudenza attribuisce al dato dell’eccesso di mortalità, si pone particolare attenzione alla decisione della Cassazione nella nota vicenda Eternit, che contiene un’interessante apertura alla possibilità di utilizzo di tale dato all’interno di processi per omicidio o lesioni.
Nel secondo paragrafo, l’autore replica alle più recenti critiche mosse alla tesi per cui, attraverso l’istituto dell’accertamento alternativo della vittima, la prova di un eccesso di mortalità potrebbe reputarsi sufficiente ad accertare l’elemento oggettivo dei reati di omicidio o lesioni. In particolare, l’Autore si sofferma sulla soluzione che, adottando tale prospettiva, sarebbe da fornire in tema di competenza territoriale e di prescrizione, e sulla possibilità di pervenire a dare rilievo a titolo di omicidio all’eccesso di mortalità anche senza fare ricorso all’accertamento alternativo.
Infine, sotto il profilo delle novità normative, l’Autore verifica se i nuovi delitti contro l’ambiente offrano risposte originali al tema della qualificazione penalistica dell’eccesso di mortalità, e si confronta con la proposta elaborata dalla Commissione ministeriale per la riforma dei reati in materia agroalimentare, che ha formulato un’inedita fattispecie di disastro sanitario.
*Il presente contributo è il testo, rielaborato ed integrato con i riferimenti bibliografici essenziali, della relazione tenuta dall'Autore al VI Ginnasio dei penalisti, Il diritto penale di fronte alle sfide della “società del rischio”. Un difficile rapporto tra nuove esigenze di tutela e classici equilibri di sistema (Pisa, 18 e 19 marzo 2016), i cui Atti sono in corso di pubblicazione. Si ringraziano i curatori, in particolare Gaetana Morgante, per avere concesso la pubblicazione in questa Rivista.