Il presente contributo costituisce anticipazione del n. 4/2023 di Questione Giustizia trimestrale, di prossima pubblicazione, dedicato alla giovane magistratura
Dall’università alla magistratura: considerazioni sul rapporto tra studio e lavoro *
Dedicando uno specifico spazio di attenzione al tema della formazione accademica, la ricerca ha invitato i giovani magistrati a riflettere retrospettivamente sul ruolo esercitato dagli studi universitari nel percorso di formazione del loro sapere di magistrati. Le considerazioni raccolte delineano una cultura giuridica dei giovani magistrati critica nei confronti di un’educazione che veicola una concezione del diritto ideale e distante dalla realtà. Allo stesso tempo, la ricerca rileva, nella percezione dei magistrati, la mancata corrispondenza tra le conoscenze richieste dal sistema di reclutamento e le competenze necessarie all’effettivo svolgimento delle funzioni.
Se nella vicenda della consigliera Rosanna Natoli l’etica, almeno sino ad ora, si è rivelata imbelle e se gran parte della stampa e della politica hanno scelto il disinteresse e l’indifferenza preferendo voltarsi dall’altra parte di fronte allo scandalo cha ha coinvolto un membro laico del Consiglio, è al diritto che occorre guardare per dare una dignitosa soluzione istituzionale al caso, clamoroso e senza precedenti, dell’inquinamento della giustizia disciplinare. L’organo di governo autonomo della magistratura può infatti decidere di agire in autotutela, sospendendo il consigliere sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo, come previsto dall’art. 37 della legge n. 195 del 1958, contenente norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura. Questa peculiare forma di sospensione “facoltativa” può essere adottata con garanzie procedurali particolarmente forti per il singolo consigliere - la votazione a scrutinio segreto e un quorum deliberativo di due terzi dei componenti del Consiglio – ed è regolata da una normativa speciale, non abrogata né in alcun modo incisa dalle recenti disposizioni della riforma Cartabia che mirano a garantire il cittadino da effetti civili o amministrativi pregiudizievoli riconducibili al solo dato della iscrizione nel registro degli indagati. Le questioni poste dal caso Natoli sono troppo gravi e serie per farne materia di cavilli e di vuote suggestioni e per tutti i membri del Consiglio Superiore è venuto il momento dell’assunzione di responsabilità. Essi sono chiamati a decidere se tutelare l’immagine e la funzionalità dell’organo di governo autonomo o se scegliere di rimanere inerti, accettando che i fatti già noti sul caso Natoli e quelli che potranno emergere nel prossimo futuro pongano una pesantissima ipoteca sulla credibilità e sull’efficienza dell’attività del Consiglio Superiore.
Conversazione a margine della ricerca sui giovani magistrati svolta dall'Università di Torino su incarico di Questione giustizia
Aversa, 7 giugno 2024 - ore 15 - Tribunale di Napoli Nord- Piazza Trieste e Trento, 27 - Sala Rosario Livatino
Un viaggio nella storia del pensiero giuridico alla luce dell’esperienza francese, sulle tracce di un concetto connaturato al funzionamento della giustizia, reattivo ai tentativi di soppressione o mascheramento tuttora capaci di incidere sul ruolo del magistrato all’interno della società. Una società complessa e plurale, di cui egli è parte attiva a pieno titolo. Nella lucida e personalissima testimonianza di Simone Gaboriau, l’imparzialità emerge come principio-cardine dell’ordine democratico, fondato – necessariamente – sull’indipendenza dei poteri che lo reggono.
Pubblichiamo il contributo nella versione italiana e nella versione originale francese.
Il tema dell’imparzialità del giudice, di cui molto si discute riferendosi soprattutto all’esercizio della giurisdizione penale, presenta spunti di interesse anche dal punto di vista civilistico. Se è ovvio che il giudice debba essere indipendente e imparziale, meno ovvio è cosa per “imparzialità” debba intendersi. Si pongono al riguardo tre domande: se e quanto incidono sull’imparzialità del giudice le sue convinzioni ideali e politiche e il modo in cui egli eventualmente le manifesti; se l’imparzialità debba precludere al giudice di intervenire nel processo per riequilibrare le posizioni delle parti quando esse siano in partenza sbilanciate; entro quali limiti la manifestazione di un qualche suo pre-convincimento condizioni l’imparzialità del giudice all’atto della decisione. Un cenno, infine, all’intelligenza artificiale e il dubbio se la sua applicazione in ambito giurisdizionale possa meglio garantire l’imparzialità della giustizia, ma rischi di privarla di umanità.
Conversazione a margine della ricerca sui giovani magistrati svolta dall'Università di Torino su incarico di Questione giustizia
17 maggio 2024 - ore 15.00 - Sala Conferenze DIGIES - Palazzo Sarlo - Reggio Calabria