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Democrazia, disuguaglianze e invecchiamento

di Silvana Cappuccio
SPI CGIL, Responsabile Dipartimento politiche internazionali

La popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi di persone. Il suo attuale progressivo invecchiamento esprime una tendenza globalmente irreversibile che determinerà le caratteristiche della società del futuro. Nel 2050 il numero di persone che hanno più di 65 anni sarà più che raddoppiato, passando da 761 milioni nel 2021 a 1,6 miliardi[1]

Questi dati rafforzano la fiducia nella scienza e infondono ottimismo sul futuro dell’umanità. Si vive di più e questo è di per sé un segno di progresso. Come anticipare, indirizzare e gestire questo processo, estendendolo il più possibile anche alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo?

Leaving No One Behind in an Ageing World è il titolo del Rapporto 2023 del Dipartimento economico e sociale delle Nazioni Unite, opportunamente dedicato a questo tema che è con tutta evidenza di interesse generale. L'invecchiamento non riguarda solo alcune fasce o gruppi di persone, ma al contrario investe questioni di rilievo per tutte le generazioni. Ogni fase della vita può contribuire a migliorare o ridurre la quantità e la qualità del benessere in età avanzata. È quindi socialmente vitale e prioritario per la democrazia e la pace riconoscere i bisogni, garantire condizioni di vita dignitose e tutelare i diritti economici e sociali degli anziani, a partire dall’affermazione dei diritti fondamentali. 

Il cambiamento demografico in atto ha implicazioni e ripercussioni sociali ed economiche di portata storica, al pari del mutamento climatico, dei processi di mobilità umana, dell’innovazione tecnologica e dei grandi eventi che ridisegnano la vita delle persone e gli equilibri del Pianeta. Gestirlo secondo criteri di giustizia sociale contribuisce al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030,  che la comunità internazionale ha adottato nel 2015 per porre fine alla povertà, lottare contro l’ineguaglianza e incentivare lo sviluppo sociale ed economico[2]. Attualmente, la tendenza di allungamento della vita è in assoluto più accentuata in Europa, nel Nordamerica, in Australia, in Nuova Zelanda e nel Sudest asiatico dove la percentuale di anziani rappresenta tra il 10 e il 20 per cento della popolazione totale. E’ in fase iniziale in Africa subsahariana. In avanzamento intermedio in Nordafrica, Asia, America Latina e Caraibi. 

Certo è che si tratta di un vero e proprio cambiamento epocale, che, seppure con più o meno marcate differenze, è iniziato o si prevede inizierà presto in tutti i Paesi e le aree del mondo.

Dappertutto, gli anziani vivono con minori risorse di quelle disponibili in età lavorativa. Questo divario è però più accentuato laddove i sistemi di protezione e assistenza sociale sono deboli e incompleti, come in molti Paesi in via di sviluppo. Specularmente, è più ridotta la povertà in età anziana laddove sistemi e servizi sociali sono di qualità e universalmente accessibili. 

Si vive più a lungo grazie agli avanzamenti in campo sanitario e dell’istruzione, ad un progressivo empowerment delle donne, alla riduzione della fertilità, al calo di mortalità infantile e per parto, ad una migliore e maggiore nutrizione e alla più diffusa pianificazione familiare. Dal 2000 ad oggi il rischio di morte si è ridotto per tutte le fasce di età. Ciononostante, i progressi sono diminuiti significativamente dal 2010[3], contestualmente all’accentuazione delle disuguaglianze globali. 

Le differenze geografiche sull’aspettativa di vita riflettono e si accompagnano, infatti, a profonde disuguaglianze di sesso, condizione sociale, esposizione a rischi sul lavoro e nell’ambiente. Le persone vivono oggi più a lungo che mai, però in situazioni molto differenziate che si determinano fin dalla prima parte della vita. Per quanto possa apparire banale, vale la pena ricordare che sono i ricchi a vivere più dei poveri e non per caso. I determinanti della salute possono essere comportamenti familiari, personali e stili di vita; fattori sociali di vantaggio o svantaggio; condizioni di vita e di lavoro; accesso ai servizi sanitari; condizioni generali socio-economiche, culturali e ambientali; fattori genetici. Istruzione e lavoro sono i primi fattori che incidono su  salute e status socio-economico e hanno effetti su ogni stadio della vita, inclusa l’età anziana. 

Le crescenti disparità nel mondo del lavoro producono più elevati livelli di disuguaglianza nel tempo. La frammentazione e la diffusione del lavoro informale, la scarsa rappresentanza sindacale, la precarietà, l’insicurezza e l’instabilità sono fattori che minacciano l’accesso a pensioni dignitose e adeguate, creando il fondato rischio di una precarietà anche esistenziale. In aggiunta, decenni di stagnazione salariale hanno impedito a lavoratrici e lavoratori a basso salario di risparmiare. Occorre, quindi, urgentemente investire in occupazione e in posti di lavoro di qualità, tutelati da leggi e contratti collettivi di lavoro, rafforzare le ispezioni sul lavoro e i percorsi di formalizzazione. Intanto, sistemi pubblici, gratuiti e universali dovrebbero tutelare tutte e tutti coloro che operano nell’economia informale.

Il gap di genere nel mondo del lavoro si traduce in una femminilizzazione della povertà anche nella terza età. Le retribuzioni più basse producono insicurezza economica. La maggiore aspettativa di vita delle donne, che si registra pressoché ovunque, spesso comporta solitudine e isolamento. Sono le donne che lavorano per lo più, formalmente e non, nelle attività di cura e sono sempre le donne che subiscono maggiormente il peso delle carenze di cura e assistenza, in particolare a lungo termine. E’ di tutta evidenza: le disuguaglianze di genere portano a vecchiaie disuguali. Obiettivo centrale dei politici e delle politiche sociali dev’essere quello di ridurre gli oneri del lavoro di cura domestica, che ricadono sproporzionatamente sulle donne e ne impedisce la loro partecipazione paritaria alla forza lavoro. Dal congedo parentale agli investimenti nei servizi pubblici di assistenza all'infanzia e ai crediti d'imposta per i figli a carico, le politiche possono favorire un'equa condivisione del lavoro di cura non retribuito e promuovere le pari opportunità per le donne sul posto di lavoro retribuito.

Il tema di come affrontare le importanti implicazioni che derivano dall’invecchiamento della popolazione non occupa un adeguato spazio nell’agenda e nei programmi dei politici e delle politiche nazionali. Questa mancanza segnala un colpevole ritardo di visione, soprattutto dopo che la crisi pandemica ha messo a nudo gli effetti e i rischi dei tagli sui servizi pubblici. Le proposte di riforma basate sulla c.d. sostenibilità fiscale applicate in maniera generalizzata, hanno un impatto negativo sui redditi dei pensionati, soprattutto delle pensionate, a partire dalle fasce più deboli e minano la coesione sociale e la convivenza democratica. La sostenibilità fiscale va concepita in termini redistributivi se non si vogliono mettere a rischio nel futuro le pensioni e il benessere di un numero crescente di anziani. Si parla ancora solo e spesso di “sostenibilità” della spesa pubblica che riguarda le pensioni e la sanità in maniera distorta, poiché queste sono considerate in termini di costi e non come dovrebbero, cioè investimenti per il benessere e la qualità di vita. Nella società che progressivamente invecchia, dovrebbero, quindi, essere adottate misure proattive e lungimiranti nei mercati del lavoro e nei sistemi pensionistici e sanitari per garantire che il sostegno alle persone anziane sia adeguato e universale. Una priorità assoluta dev’essere quella di generare adeguate entrate fiscali attraverso l’emersione del lavoro sommerso, con la lotta all’evasione e il rafforzamento delle amministrazioni. 

Il bisogno di assistenza sanitaria e sostegno sociale in età anziana è interconnesso con gli anni di vita rimanenti di una persona. Sono oggi in aumento i casi di non autosufficienza e le domande di cura a lungo termine. Occorrono risposte e strategie pubbliche integrate di assistenza basate su normative ad hoc, formazione, supporto e sostegno economico per chi offre assistenza e cura e meccanismi di monitoraggio di qualità. 

L'istituzione di un'assicurazione pubblica obbligatoria può sollevare le famiglie da onerose spese vive per l'assistenza a lungo termine. Promuovere un'occupazione formale e tutelata per i lavoratori nel settore cura e migliorare le loro condizioni di lavoro può contribuire a soddisfare la domanda di assistenza di qualità. Ripensare gli approcci sulla non autosufficienza non gioverà solo alle persone anziane di oggi e a coloro che si prendono cura di loro, ma anche alle future generazioni di anziani e di coloro che li assistono. 

Il Rapporto delle Nazioni Unite, che comprende l'analisi e la revisione delle opzioni politiche per affrontare l'invecchiamento della popolazione, fornisce ai Governi e agli operatori in campo economico, sociale e culturale informazioni e indicazioni politiche per tracciare un percorso da seguire, rinnovare gli impegni per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e far progredire l'attuazione dell'Agenda 2030. E’ formulato con un linguaggio chiaro ed inclusivo ed ha il merito di porre l’accento sul legame tra le disuguaglianze nell’arco di tutta la vita e la povertà nella vecchiaia. Rileviamo, a nostro parere, un elemento di carenza del testo, laddove esso ignora la possibile rappresentanza identitaria e specifica delle donne e degli uomini anziani e pensionati, attraverso organizzazioni sindacali e della società civile ad hoc. Questa rappresentanza può costituire anch’essa un importante fattore di tutela e stimolo ed un’opportunità di sviluppo sociale, come dimostra la potente esperienza sindacale in Italia, che è uno dei Paesi più vecchi al mondo, dove le persone anziane e pensionate sono organizzate e rappresentate efficacemente. Rimane il fatto che, persino nei Paesi più longevi come l’Italia, il tema della terza età, con le sue implicazioni, è irresponsabilmente sottovalutato dalla politica e non viene affrontato in maniera adeguata.

Sul piano internazionale, è adesso arrivato il momento di codificare la tutela dei diritti delle donne e degli uomini anziani, a partire dai diritti umani, in uno strumento normativo vincolante, cioè una Convenzione, che superi le lacune esistenti negli standards e nelle leggi. Se ne parla da tanti anni. Il Comitato delle organizzazioni non governative sull’invecchiamento presso le Nazioni Unite[4] ne è promotore e va sostenuto in tutte le possibili sedi, affinché le affermazioni di giusto principio si traducano poi in fatti e avanzamenti concreti in termini di democrazia e giustizia sociale.  


 
[1] World Social Report 2023,  Divisione per lo sviluppo sociale inclusivo del Dipartimento Affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UN DESA).

[2] Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development | Department of Economic and Social Affairs, https://sdgs.un.org/2030agenda

[3]1673340154-un-igme-child-mortality-report-2022_final-online-version_9jan.pdf (datocms-assets.com), Levels and Trends in Child Mortality, Report 2022, Estimates developed by the United Nations Inter-agency Group for Child Mortality Estimation.

[4] Home | THE NGO COMMITTEE ON AGEING (ngocoa-ny.org)

 

05/07/2023
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