Essere qui, all’Università di Buenos Aires, per celebrare Perfecto Andrés Ibáñez è per me un grande onore e una vera gioia. Un onore per il luogo (una delle università più prestigiose del mondo), per la compagnia (grandi docenti e colleghi di straordinario valore) e per l’occasione (questa laurea honoris causa, che fa onore anche a chi la conferisce). Ma è soprattutto una gioia, per me, essere oggi qui: perché Perfecto Andrés Ibáñez è una persona importante nella mia vita. E certamente non solo nella mia.
Diciamolo: Perfecto è una persona importante nella vita di molti: di molte persone che, spesso grazie a lui, si sono incontrate e sono diventate amiche: a volte fraternamente amiche fraterne; direi, soprattutto, fecondamente amiche.
È da qui che vorrei partire. Da questa parola (così poco giuridica): amicizia. Una parola a cui Perfecto ha saputo attribuire un senso particolarmente profondo. E contagioso.
Vi tranquillizzo subito: non intendo allontanarmi dal tema del nostro incontro, né tantomeno virare al sentimentale. Intendo parlare precisamente dell’opera di Perfecto Andrés Ibáñez. Ma in un senso ampio: quello depositato nella parola greca “ergon” (che traduciamo proprio con “opera”, come nel poema di Esiodo Le opere e i giorni; Èrga kài Hēmérai).
Sono convinto, infatti, che il grande capolavoro di Perfecto Andrés Ibáñez non consista nella sua “opera d’inchiostro” (per usare le sorridenti parole di Ariosto), ma nel lavoro tenace, duraturo, infaticabile di connessione, congiunzione, amalgama di persone, mondi e culture diverse.
Certo, Perfecto Andrés Ibáñez ha scritto molto: come giudice, come giurista, come intellettuale. Ha scritto sentenze, saggi scientifici, articoli di giornale, libri... E che libri! Tercero en discordia (2015), che Luigi Ferrajoli ha definito «il miglior contributo degli ultimi anni alla riflessione sulla giustizia penale: punto di arrivo del lungo itinerario intellettuale di uno dei giuristi più colti e impegnati nell’esercizio della giurisdizione». E prima di quest’opera monumentale, c’è Los “hechos” en la sentencia penal (2005), seguito da Prueba y convicción judicial en el proceso penal (2009), pubblicato proprio qui, a Buenos Aires, e arricchito da uno splendido prologo di Daniel Pastor, che – da processual-penalista dallo sguardo globale – riconosce in Perfecto Andrés Ibáñez «uno dei più raffinati studiosi del diritto processuale contemporaneo». Proprio per questo molti dei suoi scritti sono veri e propri testi di riferimento per giuristi e giudici.
Tuttavia, dal mio punto di vista, ciò che rende Perfecto Andrés Ibáñez una figura eccezionale nel panorama della cultura giuridica contemporanea, ancor più dei suoi libri, è la sua capacità di costruire ponti, di generare relazioni, di far circolare idee ed esperienze.
Questa capacità – che in termini puramente quantitativi si potrebbe misurare in chilometri: quelli che da lui percorsi negli ultimi cinquant’anni –; questa capacità, costruttiva e connettiva, si manifesta con il vigore (inesauribile) di una vocazione coltivata con passione. Una vocazione certamente legata alla coscienza politica e civile del giurista Andrés Ibáñez; ma profondamente radicata, a me pare, in un tratto peculiare della sua personalità.
Non intendo improvvisare una psicoanalisi. Questa osservazione (che ora cercherò di chiarire) poggia su una base documentale ampia e solida. Mi riferisco all’opera memorialistica di Perfecto Andrés Ibáñez: in particolare ai libri De los años de Toro (2005) y En buena compañía (2011), il cui sottotitolo è un’allitterazione felice e pregnante: Prosas sin prisa.
Circa settant’anni fa, il filosofo Isaiah Berlin, giocando con un verso di Archiloco e sfruttando la forza icastica delle metafore animali, ha distinto due idealtipi di intellettuale: il riccio e la volpe. Il riccio è l’intellettuale che riconduce tutto a una visione centrale; la volpe è l’intellettuale mobile: quello che osserva e che capta, con attenzione e curiosità.
Mi pare che questa distinzione possa essere adattata, mutatis mutandis, ai memorialisti. Potremmo chiamare riccio lo scrittore di memorie che si colloca stabilmente al centro della pagina (pensiamo a Pablo Neruda, e al suo modo di narrare “le vite del poeta”). Volpe, invece, potrebbe esser chiamato lo scrittore le cui memorie si compongono davanti agli occhi del lettore come le tessere variopinte e multiformi di un mosaico.
Perfecto Andrés Ibáñez è, senza dubbio, un memorialista volpe. Un memorialista che non dice al lettore «guardami, ascoltami: questa è la vita che ho vissuto»; dice piuttosto: «guarda cosa ho visto; senti cosa ho imparato; vieni a conoscere le persone che ho conosciuto».
Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di percorrere l’incantevole galleria De los años de Toro, e di ammirarne i vividi ritratti, sanno di cosa sto parlando... Félix Rodríguez, il ceramista, «hombre mayor, de sonrisa abierta y desdentada»; don Manuel, il farmacista, «imbuido de un sentido sincera y auténticamente sacerdotal de la propria función»; don Idelfonso, il segretario «que tenía el juzgado en la cabeza».
C’è una pagina su don Idelfonso, che va ben oltre la maestria del ritrattista. Con la leggerezza di un aneddoto divertente, ci parla infatti di una questione molto seria, concernente la giurisdizione. Perfecto Andrés Ibáñez, giovanissimo e inesperto, prende servizio come giudice a Toro; e don Idelfonso, segretario scrupoloso e competente, già in procinto di trasferirsi al tribunale di Valladolid, decide di fermarsi qualche giorno per dargli una mano. Tra i primi casi, gli presenta “un’autorizzazione di vendita di beni di minore”. Racconta Perfecto: «Era una richiesta del tutto ragionevole e il caso non presentava difficoltà, per cui mi affrettai a redigere la motivazione dell’atto e la consegnai al mio volenteroso mentore. Non ci volle molto prima che tornasse, quasi congestionato dalle risate: “Perfetto, che meraviglia, che spasso! Hai scritto ‘ragazzo’! Potrebbe andar bene in un romanzo… ma in una risoluzione giudiziaria! Conviene dire ‘il suddetto minore’».
Come non pensare a Italo Calvino e alla sua brillante satira dell’“antilingua” dei burocrati? E dei giudici-burocrati. A Perfecto Andrés Ibáñez, che del giudice-burocrate non aveva né l’abito né il taglio di capelli, fu subito chiaro che «una delle battaglie» da combattere nell’ambito della giurisdizione riguardava proprio il «piano del linguaggio». Ovviamente, conservò «ragazzo» e proseguì con altre «impropriedades».
Purtroppo, non posso soffermarmi sulle memorie del nuovo doctor della UBA. Quello che voglio sottolineare è che questo modo di raccontare la propria esperienza dice molto sul modo di vivere l’esistenza. Potremmo definire questa attitudine esistenziale attraverso il titolo di un bel film francese apparso all’inizio del nostro secolo: Les goût des autres (2000). Ecco, Perfecto Andrés Ibáñez è dotato di uno sviluppatissimo e raffinatissimo gusto degli altri. Il suo sguardo sul mondo è eminentemente alterocentrico (se mi è consentito l’uso di un neologismo).
Dobbiamo tenere presente questo aspetto della sua personalità se vogliamo comprendere il ruolo straordinario che ha svolto come attore della cultura giuridica (su un palcoscenico esteso su due continenti), come formatore di giovani giudici e futuri accademici, come promotore di quella koiné intellettuale che potremmo chiamare “l’internazionale del garantismo” (l’internazionale garantista).
Perfecto Andrés Ibáñez è un giurista cosmopolita, che viaggiando ha conosciuto e conoscendo ha fatto conoscere. Ha fatto conoscere la realtà istituzionale della Spagna post-franchista ai giudici italiani; e i modelli dell’associazionismo giudiziario italiano alla magistratura spagnola. La sua Introducción a Magistratura democrática, pubblicata in Política y justicia en el estado capitalista (1978), è un documento prezioso di questa importante attività. Così come lo i suoi saggi in italiano apparsi in Questione giustizia nei primi anni Ottanta. Ne vorrei citare almeno due: Il problematico governo del potere giudiziario in Spagna e I giudici spagnoli tra franchismo e democrazia. Si tratta di lucidissimi contributi storiografici, che ci forniscono informazioni anche sul lavoro dell’autore come giudice per la democrazia.
Questo lavoro, iniziato in Spagna e in Italia, lungo le rotte aeree del Mediterraneo, è poi diventato un’impresa transatlantica. Perfecto Andrés Ibáñez ha esportato il meglio della cultura giuridica europea in America Latina e ha fatto scoprire ai suoi interlocutori europei il valore della cultura giuridica latinoamericana.
Sarei molto curioso di scorrere l’elenco dei suoi viaggi. Molti anni fa, intervenendo a un convegno di Magistratura Democratica, egli ha ricordato quelli compiuti insieme a Luigi Ferrajoli, Salvatore Senese, Edmondo Bruti Liberati, Nicoletta Gandus, Franco Ippolito, Livio Pepino, Giuliano Turone: San José, Managua, Córdoba, Medellín, Bogotá, San Salvador, Porto Alegre, Lima, Mendoza, Buenos Aires… Credo che l’elenco completo comprenda decine e decine di città, di università, di corti di giustizia.
Con la sua esperienza di giurista cosmopolita, Perfecto Andrés Ibáñez ha sprovincializzato gli ambienti professionali e culturali che ha frequentato.
Di recente, ho letto un libro di un grande storico italiano, Italo Birocchi, intitolato La missione del giurista (2022). Questa parola, missione, perde la sua coloritura retorica e acquista autenticità di significato quando riflettiamo sull’itinerario intellettuale e civile di Perfecto Andrés Ibáñez (un itinerario che, per nostra fortuna, si arricchisce continuamente). E il senso di questa missione è determinato dall’adesione del nostro neolaureato ai valori del costituzionalismo democratico e del garantismo penale. Valori che hanno ispirato e indirizzato la sua attività in tutti gli ambiti: nel lavoro giudiziario, nella direzione della rivista Jueces para la democracia, nella collaborazione trentennale con il quotidiano El País, nell’insegnamento universitario, nella saggistica, nella traduzione di opere fondamentali che, grazie a lui, hanno raggiunto generazioni di studiosi e studenti.
Una vita operosa; una vita generosa… quanta passione, quanto tempo, quante cose. Un vecchio liberale italiano era solito ripetere che «la durata è la forma delle cose». Perfecto Andrés Ibáñez conosce la cultura liberale italiana meglio di molti liberali italiani, ma forse non conosce questa frase. Ebbene, il suo impegno nella difesa dello Stato costituzionale di diritto e nella diffusione della cultura del garantismo mi sembra la perfetta illustrazione di questa idea: «la durata è la forma delle cose». Le sue opere e i suoi giorni la concretizzano in maniera esemplare.
Non è facile seguire un esempio come questo. Però, è un esempio che ispira tutti noi. E tutti noi ringraziamo Perfecto Andrés Ibáñez per quello che ha fatto e per quello che continua a fare.
Grazie Perfecto.
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Su Questione Giustizia online:
Il Consejo General del Poder Judicial: una istituzione disastrata: https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-consejo-general-del-poder-judicial-una-istituzione-disastrata
Il prezzo di essere un giudice indipendente (donna) in Guatemala: https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-prezzo-di-essere-un-giudice-indipendente-donna-in-guatemala_12-12-2019.php
Su Questione Giustizia rivista cartacea:
n. 1/84 Breve intervento al congresso di Sorrento – Informazioni sulla nascita di Jueces para la democracia
n. 4/84 I giudici spagnoli tra franchismo e democrazia
n. 2/86 Il problematico governo della magistratura in Spagna
n. 2/87 Magistratura e polizia in Spagna
n. 1/91 Cronache dei 5 anni di Consejo - Dal modello italiano alla delusione della prima esperienza
n. 2-3/94 Sulla corruzione in Spagna (ovvero: fatto bianco/gatto nero/gattopardo)
n. 4/93 Spagna – La giurisdizione in una esperienza di democrazia maggioritaria
n. 4/98 Sulla richiesta di estradizione di Pinochet
n. 1/2003 I diritti, la nostra forza
n. 5/2005 L’influenza di MD in Europa e in America Latina
n. 6/2005 Breve scheda informativa della situazione in Spagna su candidature e incarichi politici dei magistrati
Intervento pronunciato in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte della Facultad de Derecho dell'Università di Buenos Aires a Perfecto Andrés Ibañez il giorno 9 maggio 2023.