Magistratura democratica
Osservatorio internazionale

Lo Stato di diritto in Bulgaria: una “Fata Morgana”? *

La Costituzione repubblicana del 1991 ha introdotto un modello di ordinamento giudiziario che presenta carenze strutturali e di sistema: quelle più significative riguardano l’assetto post-totalitario e le funzioni riservate al Procuratore Generale, e il funzionamento del Consiglio Supremo di giustizia (SJC). Un modello che favorisce l’unione anziché la separazione dei poteri e concorre al grave processo di regressione democratica, segnato dal crescente livello di  aggressione all’indipendenza della magistratura e ai  singoli giudici, e dall’assenza di risposte istituzionali
Ekaterina Baksanova titolare di due master in Giurisprudenza presso l’Università di Sofia “S. Clemente di Ocrida” e la Loyola University di Chicago (campus di Roma), ha oltre dieci anni di esperienza su questioni inerenti alla riforma della giustizia in Bulgaria. Attualmente lavora come membro del Programma giuridico dell’Istituto bulgaro per l’economia di mercato, uno tra i soggetti non governativi di riferimento nell’indagine sulle problematiche profonde che affliggono lo Stato di diritto nel Paese. 

 

Premessa

Si pensa abitualmente alla Bulgaria come a uno degli Stati più corrotti (se non il più corrotto) dell’Unione europea[1]. Il Paese, come è noto, gravita in una sfera di controllo definita dagli interessi di mafie e magnati[2], mentre l’implodere delle istituzioni e la loro conseguente debolezza strutturale hanno diminuito la fiducia dell’opinione pubblica nelle autorità.

Pur trattandosi di un processo erosivo omogeneo nel tempo, la situazione ha recentemente subito un grave peggioramento, soprattutto per quel che concerne l’indipendenza della magistratura, principio-cardine dello Stato di diritto. Tra i molti fattori che concorrono a definire l’attuale congiuntura, troviamo al primo posto l’errato assetto costituzionale e istituzionale del sistema giudiziario.

Il presente contributo non ha pretese di rigore analitico, né potrebbe essere esaustivo rispetto all’insieme delle questioni che, a livello nazionale, riguardano la giustizia. Esso si pone, piuttosto, come un tentativo di esporre il relativo quadro giuridico, oltre a fatti ed eventi correlati alle aree critiche che interessano il suo funzionamento. Ciò potrebbe offrire a un osservatore imparziale una base oggettiva per valutare in che misura l’indipendenza della magistratura in Bulgaria risulti minacciata e compromessa.

La Costituzione repubblicana del 1991 ha erroneamente adottato un modello di ordinamento giudiziario che conserva in sé tracce residue del periodo totalitario, con falle che ostacolano l’effettivo governo della magistratura e la sua stessa indipendenza. Le carenze più significative hanno a che fare con l’assetto post-totalitario e le funzioni riservate alla Procura, e con l’errato modello che regola il funzionamento del Consiglio Supremo di giustizia (SJC). Ciò, a sua volta, favorisce l’unione – anziché la separazione – dei poteri.

2. L’organizzazione post-totalitaria e le funzioni della Procura. Immutata assenza di responsabilità e onnipotenza del Procuratore Generale 

«Sopra di me soltanto Dio»: così affermava nel 1990 Ivan Tatarchev, che di lì a poco sarebbe diventato il primo procuratore generale “democratico” (dal 1992 al 1999) della Repubblica di Bulgaria. Le sue parole rendono l’idea della situazione di fatto cui corrisponde lo status giuridico del Procuratore Generale (PG) nel Paese: la sua effettiva irresponsabilità nei confronti di chiunque e l’inesistenza di un meccanismo indipendente previsto dalla legge, in forza del quale egli possa essere penalmente indagato.

Queste mancanze sono state riconosciute dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Kolevi c. Bulgaria del 2009[3]. Nella sua decisione, la Corte ha osservato che, «come risultato della struttura gerarchica del sistema organizzativo delle procure e, evidentemente, dei metodi operativi interni adottati», nessun procuratore potrebbe muovere un’accusa contro il Procuratore Generale, che «ha il pieno controllo su qualsiasi indagine in corso nel Paese». Ciò significa che egli può respingere o chiudere una potenziale indagine nei suoi stessi confronti. Oltre a tale illimitato potere su ogni atto proveniente da un procuratore (di qualsiasi livello), egli potrà essere rimosso dal proprio ufficio solo per decisione del Consiglio supremo – peraltro composto, in parte, da suoi subordinati (cfr. par. 207 della sentenza citata). Quindi, con questa pronuncia, le carenze dovute nel quadro giuridico-istituzionale alla mancanza di responsabilità del Procuratore Generale e di possibilità di un’indagine indipendente, obiettiva e concreta (con la garanzia di un controllo pubblico adeguato), sono state formalmente rilevate da un autorevole organo europeo.

Nello stesso anno in cui il caso Kolevi c. Bulgaria era deciso dalla Corte Edu, la Commissione di Venezia, con il parere n. 515/2009[4], ha dichiarato che in Bulgaria «i procuratori conservano tratti di potere tipici del modello di prokuratura sovietico» (ivi, p. 3). Un aspetto di tale retaggio è la «supervisione generale della legalità» (art. 127, par. 5, Costituzione della Repubblica di Bulgaria e art. 136, par. 5, legge sull’ordinamento giudiziario). Come evidenziato dalla Commissione di Venezia, si tratta di «una competenza vagamente definita a intervenire in nome dello Stato in cause amministrative (non penali) e persino in controversie private, a effettuare controlli ed emettere ordini vincolanti anche laddove non vi sia da rispondere ad alcuna imputazione». In sintesi, ciò significa che i pubblici ministeri hanno poteri irragionevolmente ampi, che permettono loro di trascendere il normale esercizio dell’azione penale ingerendosi in diverse sfere della vita pubblica sotto pretesto di esercitare la «supervisione della legalità». Non si allude qui a un rischio solo teorico previsto dalla legge, che attribuisce una funzione para-giudiziaria al Procuratore Generale: a quest’ultima, nella pratica, si è fatto ricorso per fare ingresso con dubbie giustificazioni nella sfera giuridica delle imprese, della vita pubblica, e in altri ambiti.

Le carenze sopra indicate hanno, nondimeno, formato l’oggetto di numerosi report della Commissione europea, ai sensi del Meccanismo di cooperazione e verifica[5].

L’assenza di un controllo legittimo e concreto sull’attività del Procuratore Generale, l’effettiva incapacità di svolgere un’indagine penale e muovere un’accusa nei suoi confronti (là dove sussista il ragionevole dubbio che abbia commesso un reato), il suo strapotere nell’effettuare controlli il cui esito potrebbe non giungere di fronte a un tribunale, combinati con la rigida gerarchia e l’accentramento della Procura, ne fanno l’unico alto funzionario che, privo di responsabilità, gode di tali immunità e privilegi. L’eredità di queste falle strutturali e istituzionali rende l’ufficio e il suo titolare diretti partecipi della vita politica del Paese, con buona pace del fatto che la Procura sia parte del giudiziario e debba astenersi dall’operare in tali ambiti. Si crea, così, un terreno fertile a rendere la Procura uno strumento per l’esercizio di pressioni indebite, intimidazioni e attività estorsive: chiunque ne “abbia le chiavi” possiede il controllo dell’intero appartato statale. Ciò rende, a sua volta, il Procuratore Generale “capo di tutti i capi” non solo rispetto alla magistratura, ma allo Stato come istituzione nel suo complesso. Tale onnipotenza è rimasta intatta con la riforma costituzionale del 2015, che non ha interessato l’organizzazione delle Procure, nonostante le critiche provenienti sia dall’interno che oltre i confini nazionali. L’assenza di risultati raggiunti nella lotta alla (e nel perseguire penalmente la) corruzione – specie riguardo agli alti funzionari – aggrava ulteriormente l’entità del problema e la necessità di democratizzare le funzioni della Procura resta una priorità assoluta.

3. Il Consiglio supremo di giustizia: un modello sbagliato. Problemi strutturali che minano l’indipendenza della magistratura anziché salvaguardarla

Il Consiglio supremo di giustizia è l’organo collegiale di governo della magistratura. La sua competenza spazia dagli avanzamenti di carriera dei magistrati[6] alle nomine dei vertici di tribunali e procure, dalle valutazioni di professionalità alle azioni disciplinari, alle questioni di bilancio, alla protezione dell’indipendenza giudiziaria. Fino al 2015, il Consiglio era un istituto comune a magistrati con funzioni giudicanti e inquirenti; poi il suo assetto è stato modificato.

Dopo anni di critiche in direzione di un cambiamento, provenienti dalla Commissione di Venezia, dalla Commissione europea e dall’opinione pubblica nazionale, nel 2015 si è avuta una riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario. Obiettivo preminente era la suddivisione del Consiglio in due collegi, in modo da evitare il rischio di interferenza dei pubblici ministeri sulla nomina, sulle carriere, sulla valutazione dell’attività dei giudici e della loro responsabilità disciplinare. Tale misura fu introdotta a garanzia dell’indipendenza di questi ultimi, in più stretta corrispondenza con gli standard europei e internazionali in materia. Tuttavia, alcune decisioni (come, ad esempio, le questioni di bilancio o di geografia giudiziaria) restano tutt’oggi di competenza dell’organo comune a tutti i magistrati – il plenum del Consiglio. Pertanto, la partizione in due collegi rappresenta un primo passo cruciale, ma non sufficiente, nella giusta direzione.

In base al combinato disposto della Costituzione e della legge sull’ordinamento giudiziario, il Consiglio supremo è composto da 25 membri: 11 sono eletti dal Parlamento, 5 dei quali per il Collegio dei Procuratori e 6 per quello dei giudici; di quest’ultimo fanno parte altri 6 membri, direttamente eletti dai loro pari, mentre al primo collegio vanno aggiunti 4 procuratori e un giudice istruttore, anch’essi eletti dai loro pari; infine, 3 membri ex officio sono nominati dal plenum del Consiglio (quali membri dei rispettivi collegi): il Procuratore Generale, i Presidenti della Corte Suprema di Cassazione e della Corte Suprema Amministrativa. Come indicano i numeri, meno della metà dei componenti del Collegio dei giudici risulta direttamente eletta dai loro pari: ciò non soddisfa lo standard minimo richiesto[7]; questi magistrati sono una minoranza sia all’interno del Consiglio supremo di giustizia che del proprio collegio di appartenenza. Il resto dei membri rappresenta un possibile “canale” di indebito condizionamento politico. Di fatto, esiste attualmente un nucleo di soli 4/5 giudici (tutti eletti dai loro pari) che difendono posizioni di principio e sono coerenti nel tenere posizioni a salvaguardia dell’indipendenza della magistratura. Tutti i membri del Collegio dei procuratori dipendono strutturalmente dal Procuratore Generale, il cui mandato dura 7 anni – diversamente dai 5 previsti per i membri del Consiglio supremo. Ciò significa che tutti i procuratori entrati a far parte del Consiglio dovranno, a un dato momento e mentre il PG è ancora in carica, fare ritorno all’ufficio della Procura, nell’ambito del quale sono suoi subordinati: quanto basta per costringerli a una posizione di obbedienza al fine di evitare possibili ritorsioni. Nella pratica – ecco la conferma di quanto detto – quando è il PG a proporre una votazione, le decisioni del Collegio sono unanimi e in linea con la proposta avanzata[8]. Ne deriva inevitabilmente che il PG e il “suo” collegio, così come i giudici scelti dal Parlamento, prevalgono sugli altri membri del plenum, influenzando significativamente le decisioni del Consiglio supremo.

Tali carenze non costituiscono rischi ipotetici per l’indipendenza giudiziaria e lo Stato di diritto in Bulgaria: sono problemi strutturali e di sistema che, combinati con altri fattori quali l’«etica professionale» e la «cultura politica generale»[9], minacciano seriamente e, talvolta, compromettono direttamente i pilastri della nostra società democratica.

Si riportano di seguito alcuni fra i casi più emblematici che hanno visto l’indipendenza dei giudici sottoposta a gravissimi attacchi, senza alcuna corrispondente e proporzionata reazione da parte delle istituzioni competenti (Consiglio supremo, Ufficio della Procura, etc.). Questi esempi non sono in alcun modo esaustivi, ma illustrano la situazione corrente in cui versa lo Stato di diritto nel Paese.

 4. Conseguenze. Esempi concreti

 

4.1 Nel 2013 i media hanno diffuso la registrazione di un’intercettazione relativa al colloquio tra il premier Boyko Borisov, l’allora ministro dell’Agricoltura Miroslav Naydenov e un ex Procuratore della Città di Sofia, Nikolay Kokinov. Durante la conversazione, quest’ultimo, riferendosi al nuovo Procuratore Generale appena nominato, si è così rivolto al Primo ministro: «Non ridere: lo hai scelto».

 

4.2. Nell’aprile 2019, un ex presidente del maggior tribunale del Paese, il Tribunale distrettuale di Sofia, ha affermato che la sua nomina (nel 2012) a presidente di quell’istanza fu possibile solo in seguito all’incontro con gli allora rispettivi presidenti della Suprema corte amministrativa e del Tribunale della Città di Sofia, e con il magnate, oligarca e politico Delyan Peevski[10]. L’ex presidente del Tribunale distrettuale ha dichiarato: «Sapevo che nessuna elezione avrebbe potuto tenersi senza il supporto dei “cattivi”; sarebbe stato impossibile». E Peevski ha dichiarato: «Tuttavia, spero non accada come l’ultima volta e» – citazione testuale – «che questa persona non faccia retromarcia come chi occupava quel posto prima di lei (Pengesov)[11]».

 

4.3. Nell’ottobre 2019, alla vigilia dell’udienza per l’elezione del nuovo Procuratore Generale, il Primo ministro, senza fare giri di parole, ha dichiarato all’emittente televisiva nazionale: «Questa volta ho deciso che chiunque scelgano, quello sarà. Non sono intervenuto affatto»[12].

 

4.4. L’elezione del nuovo Procuratore Generale al volgere dello stesso anno ha sollevato proteste pubbliche senza precedenti contro di lui. Come previsto, il nuovo PG è stato eletto dal Consiglio supremo (solo 4 giudici eletti dai loro pari hanno votato contro) in forza del sostegno ricevuto da parte del suo predecessore.

Il Presidente della Repubblica ha posto il veto alla nomina a causa di difetti interni alla procedura e del fatto che vi fosse un solo candidato, duramente criticato dalla società civile e da rappresentanti delle professioni giuridiche. Durante l’udienza e il voto in Consiglio, l’ex PG Sotir Tsatsarov, dopo che il presidente della Suprema Corte di Cassazione, Lozan Panov, aveva espresso critiche sulla procedura e sulle qualità del candidato, ha seccamente affermato: «Ascoltandolo, ritengo che il Sig. Panov parli come una persona la cui procedura sia stata cristallina, esaustiva efficace e selettiva; penso anche che il Sig. Panov parli come qualcuno che sembra non aver mai partecipato a una simile procedura, osservandola in disparte, e per questo motivo egli ha tutte le ragioni per ritenerla difettosa e, naturalmente, pensare che sia tale anche in linea di principio. Vorrei allora porre una domanda: in che cosa l’attuale procedura differisce da quella con cui fu eletto il presidente della Suprema Corte di Cassazione? In che termini essa si distingue dalle precedenti (senza, certo, escludere dal novero la procedura che ha portato alla mia stessa elezione)? (…) Trascorreranno altri due mesi e, poiché nessun mandato ha il carattere dell’eternità, anch’io lascerò questo posto. Allora, nessuno saprà cosa esattamente sia avvenuto qui e – fatto più importante – in un altro edificio, o meglio, in altri due. Ne sono a conoscenza, ma non lo dirò. Non per rispetto verso Lozan Panov, bensì verso la Corte di Cassazione: rispetto la Corte e il suo Presidente – non questo Presidente, ma il ruolo istituzionale che incarna».

Un gruppo di giornalisti ha provato a chiedere quali fossero gli “edifici” di cui parlava Tsatsarov, senza mai ottenere una vera risposta.

 

4.5. 19 novembre 2019. In un’intervista alla radio nazionale bulgara[13], il giudice Atanaska Disheva (membro del Consiglio supremo eletto direttamente dai giudici, che aveva votato contro l’elezione del nuovo PG), dichiarando di essere spaventata rispetto alla posizione critica da lei assunta nei riguardi del nuovo PG, ha aggiunto: «Sono un essere umano, sto osservando quello che accade all’interno del sistema giudiziario e come si procede in determinati casi. Io stessa, lo scorso anno, sono stata oggetto di un attacco molto grave per qualcosa di meno rilevante rispetto a quanto sto dicendo e facendo attualmente. Il prezzo che pago è enorme e non so se sia giustificato. Molti colleghi e altre persone hanno tenuto a dirmi quanto sia importante per loro ascoltare una voce e provare speranza».

 

4.6. 14 novembre 2019. Nel giorno della ri-elezione del nuovo PG (dopo che il Presidente della Repubblica aveva apposto il veto alla sua nomina), lo stesso Ivan Geshev si è rivolto così ad Atanaska Disheva, durante una pausa nella sala consiliare: «Mi congratulo, Sig.ra Disheva, ha davanti a sé una brillante carriera politica… Diventerà un formidabile consigliere comunale!».

«Mi sta minacciando?», chiese la magistrata;

«Niente affatto», rispose Geshev ridendo.

«Dichiaro», ribatté Disheva, «di considerarla una minaccia e un’insinuazione riferita al mio futuro, sia come membro del Consiglio che come giudice. E dico questo a sostegno della mia posizione rispetto alla mancanza di qualità professionali e morali del candidato».

 

4.7. Mentre era già in atto la procedura di elezione del nuovo PG (e l’unico candidato, Ivan Geshev, era già stato nominato), nel settembre 2019 ha avuto luogo un attacco senza precedenti al collegio giudicante della Corte di appello di Sofia, che aveva emesso una decisione in base alla quale un cittadino australiano, ritenuto colpevole di un omicidio commesso nel 2007, aveva ottenuto la liberazione condizionale nel pieno adempimento degli obblighi previsti dalla legge. Kalin Kalpakchiev, attuale presidente dell’Associazione bulgara dei magistrati, e l’ex segretario esecutivo di quest’ultima, Dessislava Ivanova, erano tra i membri di quel collegio. L’Associazione è nota per essere esplicitamente critica nei confronti di prassi opache esistenti all’interno della magistratura. Pertanto, la decisione emessa è servita da pretesto per un’azione pubblica aggressiva nei loro confronti, con l’accusa di «liberare l’assassino che ha ucciso un ragazzo bulgaro».

Il premier, ma anche il precedente e l’attuale PG, esponenti del mondo politico e alcuni media hanno preso parte all’attacco verbale, creando un clima di pubblica ostilità. Allo stato attuale, gli strumenti funzionali a manipolare la società civile si sono sviluppati considerevolmente. La maggior parte dei media che operano nel Paese è controllata da due magnati che, lungi dal criticarlo, sostengono fedelmente lo status quo. Ciò risulta anche dalla posizione che occupa la Bulgaria nella classifica stilata da Reporter senza frontiere[14], che la colloca al 111° posto nel mondo (preceduta dall’Etiopia e seguita dal Mali), vale a dire ultima in ambito Ue, mentre la situazione va ulteriormente degradandosi.

Per il caso dell’uomo al quale fu concessa la liberazione condizionale, uno dei partiti politici della coalizione di governo ha organizzato una protesta, chiedendo che i membri del collegio giudicante fossero rimossi dall’incarico e presentando, a tale scopo, una richiesta formale al Consiglio supremo di giustizia. Le richieste di ritorsione fisica contro i giudici, provenienti dalla folla durante le proteste, hanno ricevuto ampia copertura mediatica, con l’unico effetto di esacerbare le tensioni già esistenti tra società e magistratura. Inoltre, anziché tutelare l’indipendenza dei singoli giudici, la componente del Consiglio che li rappresenta ha adottato una dichiarazione in cui si condividono pienamente i timori dei cittadini conseguenti al «superamento dell’equilibrio tra diritto e giustizia» da parte del collegio giudicante, chiedendo contestualmente all’Ispettorato del Consiglio di avviare un procedimento disciplinare – tuttora in corso – a carico dei membri di quel collegio[15].

 

4.8. 12 settembre 2019. Il nuovo direttore esecutivo della Radio nazionale ha tentato, per proprio conto, di sabotare la trasmissione condotta dalla “storica” giornalista Silvia Velikova, negli ultimi tre lustri una delle più attive giornaliste d’inchiesta che si occupano di giustizia in modo professionale, approfondito e obiettivo. Il neo-direttore intendeva negarle la possibilità di trattare questioni relative al sistema giudiziario. Velikova ha affermato che il problema, per la nuova amministrazione dell’emittente, era la sua eccessiva criticità nei confronti della Procura e dell’unico candidato alla carica di procuratore generale.

 

4.9. Il Presidente della Repubblica Rumen Radev, nel mese di dicembre, ha avviato una serie di consultazioni con un’ampia gamma di soggetti interessati sulla necessità di una riforma costituzionale atta a sanare i difetti strutturali e organizzativi della giustizia di cui si è detto, che mettono a rischio l’indipendenza dei magistrati e compromettono la qualità della giustizia resa ai cittadini. Tra gli argomenti discussi, troviamo questioni chiave come i poteri e la responsabilità del PG e la struttura del Consiglio Supremo di giustizia. L’iniziativa è tempestiva, in quanto la Bulgaria è obbligata, dinanzi al Consiglio d’Europa, a ridefinire lo status del PG e il termine finale in origine fissato per l’adempimento dell’obbligo è già decorso.

Qualunque richiesta di riforma in tal senso ha finora ottenuto risposte – a dir poco – molto critiche da parte dello stesso PG, della classe politica e di governo, e non si sono fatte attendere le prime esternazioni accusatorie nei confronti del Capo dello Stato. Nessuno, però, si aspettava che il PG avrebbe, allo stesso tempo, adito la Corte costituzionale in merito all’interpretazione dell’art. 103 della Legge fondamentale[16] e rilasciato informazioni riservate (tratte da intercettazioni telefoniche) su una conversazione tra il Presidente e un generale dell’Aeronautica militare relativa alla nomina della moglie del primo a un incarico di relazioni pubbliche nell’Aeronautica (“PR officer”) mentre Radev era ancora comandante in capo – informazioni oggetto di verifica da parte della Commissione anticorruzione che non ha però riscontrato conflitti di interessi.

Intanto, il PG si sta adoperando per indurre nell’opinione pubblica il sospetto che il Presidente, tentando di ostacolare le indagini della Commissione, abbia commesso un atto di alto tradimento, benché non se ne trovi riscontro nella traccia audio delle intercettazioni.

L’istanza presentata alla Corte costituzionale è avvertita da rinomati giuristi come un atto politico, in quanto la disposizione testuale dell’art. 103 Cost. è piuttosto chiara e non pare esigere ulteriori sforzi interpretativi.

 

4.10. Alla luce del summenzionato caso Kolevi c. Bulgaria, per un quadro più chiaro del contesto in esame varrà la pena menzionare anche due casi di presunti suicidi di due procuratori di alto grado: Nikolay Dzambov e Vassil Mikov. Il primo si tolse la vita durante il mandato del noto PG Nikola Filchev, nel 2000 – ossia due anni prima dell’omicidio di Nikolai Kolev (caso Kolevi c. Bulgaria). Nel settembre 2019, anche Mikov, uno tra i più accesi oppositori di Filchev, si è suicidato. Procuratore di alto grado, egli era profondamente deluso dallo stato in cui versa l’Ufficio della procura e, negli ultimi anni, aveva affermato di provare le stesse indebite pressioni istituzionali dei tempi di Filchev.

Conclusioni 

Come si evince da questi esempi, l’imperfetto assetto costituzionale su cui poggia il sistema giudiziario bulgaro favorisce l’opacità di prassi che implicano la presenza di corruzione, nepotismo o plateale incompetenza (o, forse, dei tre aspetti combinati insieme). A quanto pare, le decisioni che portano una data persona a raggiungere una posizione di livello nell’ordinamento giudiziario, compresa la carica di Procuratore Generale, sono più l’esito di indebite influenze e prassi illegittime, nelle quali vediamo coinvolti politici e magnati, che di una modalità legalmente definita tramite procedure di selezione trasparenti e fondate sul merito, come vorrebbe l’ordinamento. Svuotate di contenuto e di senso, le procedure sono prive di utilità.

In alcuni casi, i segni o, quantomeno, la ragionevole supposizione di un reato commesso o del ricorso a simili prassi sono chiari, con la conseguente necessità di avviare delle indagini. Considerando, peraltro, che il PG potrebbe aver partecipato direttamente a tali attività, averle facilitate o anche permesso che fossero ignorate, di fatto esse potrebbero non formare oggetto di indagine.

Ci troviamo, così, dentro a un circolo vizioso nel quale partecipano alla corruzione e al nepotismo gli stessi attori che dovrebbero combatterli. Chiunque si opponga a questa situazione, che vede lo Stato in balia di interessi illegittimi, è regolarmente preso di mira e vessato.

La regressione democratica e l’erosione della statualità nel Paese sono sempre più inquietanti: se le istituzioni si disgregano, è segno del fatto che il sistema dei freni e contrappesi sta collassando e che lo Stato di diritto, in realtà, è una “Fata Morgana” – nient’altro che un miraggio all’orizzonte.

 

 

 

[1] Vds. Transparency International, Corruption Perceptions Index 2019 (www.transparency.org/cpi2019).

[2] Se «Altri Paesi hanno la mafia (...) In Bulgaria è la mafia ad avere il Paese» ebbe ad affermare Atanas Atanasov, ex capo del controspionaggio: cfr. D. Carvajal e S. Castle, Mob Muscles Its Way Into Politics in Bulgaria, New York Times, 15 ottobre 2008 (www.nytimes.com/2008/10/16/world/europe/16bulgaria.html). Vds., nello stesso senso, quanto sostenuto da M. Naím, Mafia States. Organizad Crime Take Office, in Foreign Affairs, n. 3/2012: «In Stati mafiosi come Bulgaria, Guinea Bissau, Montenegro, Myanmar (ex Birmania), Ucraina e Venezuela, l’interesse nazionale e quelli del crimine organizzato formano oggi un intrico indissolubile» (20 aprile 2012, www.foreignaffairs.com/articles/2012-04-20/mafia-states).

[3] Corte Edu, Kolevi c. Bulgaria, ric. n. 1108/02, 5 novembre 2009, https://hudoc.echr.coe.int/eng#{%22dmdocnumber%22:[%22857844%22],%22itemid%22:[%22001-95607%22]}.

[4] Consiglio d’Europa, «Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto», 16 marzo 2009, www.venice.coe.int/webforms/documents/default.aspx?pdffile=CDL-AD(2009)011-e.

[5] Cfr. https://ec.europa.eu/info/policies/justice-and-fundamental-rights/upholding-rule-law/rule-law/assistance-bulgaria-and-romania-under-cvm/reports-progress-bulgaria-and-romania_en.

[6] In Bulgaria, sono ricompresi nella categoria di «magistrato» gli esercenti funzione giudicante e inquirente.

[7] «Non meno della metà dei membri di ciascun Consiglio dovrà essere formata da giudici eletti dai loro pari a tutti i livelli del sistema giudiziario e nel rispetto del pluralismo all’interno di esso»: così il punto 27 (capo IV) della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa CM/Rec(2010)12 (https://rm.coe.int/16807096c1).

[8] Per maggiori dettagli, vds. il parere sul sistema giudiziario bulgaro adottata in seduta plenaria dalla Commissione di Venezia il 6-7 ottobre 2017 (www.venice.coe.int/webforms/documents/?pdf=CDL-AD(2017)018-e).

[9] Cfr., in proposito, il parere della Commissione di Venezia n. 968/2019 del 6-7 dicembre 2019 sulle proposte di modifica al cpp e alla legge sull’ordinamento giudiziario bulgari, relative alle indagini penali che coinvolgono alti magistrati (https://www.venice.coe.int/webforms/documents/?pdf=CDL-AD(2019)031-e).

[10] Per avere un’idea del ruolo di Peevski, vds. M. Brunwasser, After Political Appointment in Bulgaria, Rage Boils Over, New York Times, 28 giugno 2013 (www.nytimes.com/2013/06/29/world/europe/after-political-appointment-in-bulgaria-rage-boils-over.html).

[11] Veselin Pengesov, ex presidente della Corte di appello di Sofia, condannato in primo grado nel giugno 2019 per appropriazione indebita di fondi europei (cfr. www.reuters.com/article/us-bulgaria-crime-idUSBREA3R0PY20140428; https://sclate.com/bulgaria/penelozov-condemned-a-year-bulgaria/).

[12] www.btv.bg/video/shows/lice-v-lice/videos/bojko-borisov-ne-sam-se-mesil-tozi-pat-v-izbora-za-kandidat-za-glaven-prokuror.html.

[13] https://bnr.bg/horizont/post/101190130/atanaska-disheva-ot-vss-e-pritesnena-sled-izkazanata-kritichna-pozicia-za-geshev?fbclid=IwAR3haUm4ShALC1BQqvcnnWtdwgB_1ABH-iQiue_kJHeS9XAOOReZi-TTMrA.

[14] Reporter senza frontiere, 2019 World Press Freedom Index, https://rsf.org/en/bulgaria.

[15] Sulla vicenda si veda anche la dichiarazione di Medel ( Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés) dell’11 ottobre 2019 (www.magistraturademocratica.it/articolo/dichiarazione-di-medel-sugli-attacchi-subiti-dai-giudici-bulgari_3030.php; www.medelnet.eu/index.php/news/europe/555-medel-statement-on-the-attacks-against-bulgarian-judges )(ndr)

[16] «Il Presidente e il Vicepresidente non sono responsabili degli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni, tranne che per alto tradimento e per violazione della Costituzione».

[*] Traduzione di Mosè Carrara Sutour

13/03/2020
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20/07/2022
“Sei libera ed eguale a patto che gli altri lo accettino”. Alcune riflessioni sul caso giudiziario di Cloe Bianco

La storia di Cloe Bianco è divenuta un tema centrale nel dibattito pubblico e collettivo di questi ultimi giorni. Quando vicende personali di questa natura entrano a far parte del discorso pubblico, e quindi anche della coscienza collettiva, può essere opportuno riflettere, secondo la prospettiva che a ognuno compete per background professionale o personale, su quella “porzione di complessità” della quale si possa dire con cognizione di causa, partecipando così alla rielaborazione collettiva del fatto. Ciò può aiutare la comunità, anche nei suoi diversi sottogruppi, a capire cosa è avvenuto e a elaborare argomenti e modalità di comprensione per accrescere e sviluppare la propria valutazione informata degli eventi. Come giuristi, riteniamo quindi di proporre le nostre considerazioni in merito alla vicenda giudiziaria che ha riguardato la prof.ssa  Bianco e la sanzione disciplinare che ha ricevuto dopo essersi presentata, per la prima volta, presso l’istituto scolastico dove insegnava, esprimendo, anche con il proprio aspetto, il genere (femminile) al quale sentiva di appartenere.

01/07/2022
Estrema povertà dettata da alluvioni: condizione (in)sufficiente per gli standard nazionali di protezione?

La condizione di estrema povertà dettata da cause ambientali nel Paese di origine del richiedente può essere sufficiente ai fini della protezione nazionale? Sul punto, la giurisprudenza italiana non sembra essere costante. Si propone quindi un’analisi di alcune ordinanze della Corte di Cassazione in cui le alluvioni rappresentano causa di povertà e di migrazione al fine di valutarne i diversi esiti, anche in virtù delle modifiche accorse nella legislazione vigente in materia di migrazione. 

14/02/2022
X e altri c. Bulgaria: la Corte EDU sui diritti procedurali delle vittime di abusi, sull'importanza delle tecniche di indagine, dell'ascolto, della cooperazione internazionale

La Corte europea dei diritti dell’uomo il 2 febbraio ha condannato la Bulgaria per aver violato il profilo procedurale dell’art. 3 della Convenzione in un caso concernente abusi su tre bambini, adottati da una coppia italiana, durante la loro permanenza in un orfanotrofio bulgaro. In una sentenza densa e complessa, la Corte arricchisce la sua giurisprudenza ponendo capisaldi in punto di qualità delle indagini relative a abusi su minori, del ruolo delle Convenzioni di Lanzarote e di New York nell'individuazione di diritti sostanziali e obblighi procedurali, dell'ineludibile importanza dell'ascolto e dell'obbligo di cooperazione internazionale nei casi con elementi di estraneità.

12/02/2021