Domenica scorsa se n’è andato Pierluigi Onorato, magistrato a Firenze per molti anni, poi deputato e senatore della Repubblica, poi di nuovo giudice in Cassazione. Pierluigi apparteneva ad una scuola di giudici fiorentini che ora non ci sono quasi più, quella di Giampaolo Meucci, Marco Ramat, Silvio Bozzi, Pasqualino Gratteri, Giuseppe Soresina e pochi altri. Era una scuola di magistrati per i quali la passione civile e l’impegno culturale e sociale faceva tutt’uno con il senso dello Stato e l’amore per la giustizia.
Pierluigi, come me, veniva dalla Sardegna. Mi raggiunse in Pretura a Firenze dove mi trovavo da poco e l’intesa fu immediata. L’impressione che dette da subito era che fosse nato per fare il giudice: la compostezza, la capacità logica, la padronanza anche delle questioni più complesse, il tratto garbato con gli attori del processo facevano parte di uno stile giudiziario che Pierluigi non abbandonerà più.
La sua apertura sui problemi sociali e giuridici lo portò inevitabilmente verso Magistratura Democratica: a metà degli anni ‘60 avevamo costituito a Firenze, insieme a Marco Ramat, la sezione Toscana di MD e Pierluigi la considerò subito come casa sua: i suoi legami con noi si fecero stretti e l’amicizia con Ramat è durata fino alla morte di Marco. Dentro MD Pierluigi aveva una posizione particolare: cattolico "adulto" in un periodo in cui molti cattolici si facevano suggerire la linea dalle sagrestie, fedele frequentatore della comunità di Padre Balducci, portava nel dibattito sulla giustizia quella sua particolare capacità di riflessione serena e profonda che lo rendeva prezioso. Finché è stato nell’ordine giudiziario Pierluigi non ha mai smesso di costruire e di battersi per MD.
Poi c’è stata la lunga parentesi dell’attività parlamentare, condotta con un impegno e una lucidità riconosciuti da tutti.
Nei dieci anni e oltre della sua presenza in Parlamento Pierluigi ha portato uno straordinario contributo di idee e di cultura. Poi la "politica" nelle sue forme peggiori prese il sopravvento. Appena Pierluigi formulò una proposta illuminata di legalizzazione delle droghe leggere fu messo da parte. La chiesa del PCI non era ancora in grado di tollerare una proposta così avanzata.
Pierluigi tornò a fare il giudice, questa volta in Cassazione, con il suo solito stile fatto di acume, di imparzialità e di approfondimento. E sembrava a tutti noi che l’assenza di dieci anni e più dalle aule giudiziarie non pesasse per nulla. Riprese con la stessa competenza e disinvoltura a motivare le sentenze con la prosa fluida che conoscevamo già prima che andasse in Parlamento. Anzi, c’era più cura, più maturità. Quasi che una maggior consapevolezza dei fenomeni giuridici lo avesse reso più completo, sicuro e motivato. Ricordo con quale padronanza stendeva le sue motivazioni nei reati che riguardavano la sicurezza e la salute dei lavoratori, una materia che io avevo coltivato da molti lustri.
Ma la sua bravura e il suo equilibrio non bastarono per impedire che la politica rissosa del tempo berlusconiano si esercitasse nella caccia alla "toga rossa". Accadde che dopo una sentenza di condanna della sezione della Cassazione cui Pierluigi apparteneva, l’imputato, che era il senatore Dell’Utri, si scagliasse contro di lui accusandolo di avere preso la sua decisione per "odio politico". Pierluigi non si agitò, chiarì sinteticamente i fatti su un quotidiano e, dopo essere stato oggetto di un altro attacco scriteriato da parte dell’ex presidente Cossiga, si fece risarcire il danno prodotto dalla diffamazione.
Dietro la sua figura autorevole di uomo pubblico, giudice, parlamentare, scrittore di libri pregevolissimi, si nascondeva un uomo di rara umanità, gentile e spiritoso, capace di amicizia e di sentimenti delicati. Gli piaceva discutere in privato con quegli amici che riteneva capaci di analisi acute sulla realtà di questo paese. E allora li invitava a cena per parlare, per discutere e fumare con calma la sua pipa. Ed era veramente un godimento per tutti sentire con quale libertà e schiettezza analizzava cose e persone della politica e della giustizia.
E ora questo suo stile, fatto di umanità, di cultura, di mitezza e di senso delle istituzioni ci manca tanto.