Il tirocinio è finito, il MOT, magistrato ordinario in tirocinio, è in partenza per la sua prima sede e passa a salutare il “suo” affidatario.
Anche il più rude tra i colleghi si intenerisce di fronte a questi grumi di entusiasmo e preoccupazione. Impazienza di iniziare il mestiere per cui hanno studiato anni, ma anche timore di farlo davvero.
L’affidatario gli augura in bocca al lupo e lo guarda andar via.
Si chiede se, oltre a una fornita cassetta degli attrezzi, è riuscito a trasmettergli la cosa più importante, l’attitudine del giudice civile.
L’umiltà di ascoltare tutti e l’autorevolezza di decidere, alla fine, da solo.
L’empatia cognitiva verso le parti, specie le più deboli. Senza perdere in lucidità ed equidistanza.
Il rispetto per tutti, ma proprio tutti, “a prescindere”.
L’equilibrio tra “smaltimento” e attenzione alle persone che stanno dentro i fascicoli.
La forza d’animo di non scoraggiarsi di fronte a montagne di lavoro che a guardarle dalle pendici sembrano inscalabili, ma che poi, passo dopo passo, si affrontano e si superano, ogni volta con più scioltezza.
La libertà consapevole di fare una battuta per stemperare il clima di certe udienze, senza per ciò perdere in autorevolezza.
La cura nel costruire attorno a sé un clima di collaborazione con ausiliari, avvocati e personale amministrativo.
Insomma...il mestiere.
«Per fare un magistrato ci vuole...» era intitolato un interessante articolo su questa rivista di dicembre scorso.
Questo pensa l’affidatario guardando il suo ultimo mot che se ne va.
E vorrebbe potergli dare dietro, oltre alla chiavetta USB con appunti e modelli, un memo tascabile che - senza prediche - semplicemente racconti le difficoltà e le soddisfazioni vere della vita del giudice civile.
Ora c’è quel che fa al caso suo: uscirà il 15 settembre con Giunti Annabella Abbondante La verità non è una chimera.
Un libro che - sotto mentite spoglie di divertimento allo stato puro - ha diverse cose da dire su due temi fondamentali: come si affronta il mestiere (o meglio i mestieri) del giudice civile e come lo si può raccontare all’esterno.
Annabella Abbondante è un giallo avvincente, in cui la storia del delitto si ricostruisce indizio dopo indizio.
Ancor più è un libro divertente, ma divertente per davvero, che strappa sorrisi e anche parecchie risate scomposte.
Ed è anche un bel romanzo, di quelli che la mattina, all’inizio di una giornata faticosa, pensi quanto è bello avere a sera ad aspettarti proprio quei personaggi lì.
E che quando il libro finisce ti senti un po’ sperduto, come quando in viaggio si conoscono persone nuove, si crea una bella alchimia...ma poi il viaggio finisce e ci si deve salutare.
Tutto questo però è la patina colorata, sotto c’è un geniale cripto-manualetto per mot, specie per chi, tra i vari mestieri del giudice civile, si trova a toccare la vita vera delle persone.
Esecuzioni, fallimenti, famiglia.
Annabella Abbondante, la protagonista, prende tremendamente sul serio il suo lavoro di giudice, ma ironia e mestiere fanno sì che non vi affoghi dentro.
Ha una capacità innata di individuare lucidamente gli interessi che stanno dietro ai conflitti, ha profondo rispetto per le sofferenze altrui e non sopporta la giustizia tradita dall’eccessivo formalismo.
Mentre diverte, mentre appassiona, mentre fa affezionare a questi buffi personaggi.. racconta da dentro il mestiere del giudice civile “ordinario”, il quotidiano del giudicare, a tratti noioso, spesso con le mani affondate nelle umane sofferenze. E mostra come farlo “in un certo modo” faccia davvero la differenza.
In tanto il racconto è efficace in quanto è fatto en passant, senza sermoni o tirate ideologiche, con l’esempio.
Proprio come fa il bravo affidatario.
Di narrazioni del mestiere del penalista, soprattutto del pubblico ministero, abbondano le librerie. Più rara e quindi preziosa la figura di una giudice civile.
Una donna intelligente e determinata, un po’ secchiona come tutti i giudici civili, ma anche effervescente ed autoironica. Che non si prende troppo sul serio, è appagata dal suo lavoro “ordinario” e dal farlo “come si deve”.
Annabella Abbondante è la collega della porta accanto che tutti vorremmo avere. Anzi, per la verità è la collega che tutte vorremmo essere.