Il 4 luglio 2022 ci ha lasciato il Prof. Paolo Grossi, storico del diritto e Presidente emerito della Corte costituzionale.
Voglio ricordarlo a nome degli Osservatori sulla giustizia civile perché è stata una presenza forte nelle nostre riflessioni, aiutandoci a comprendere la difficile transizione che stiamo vivendo.
E’ stato un grande Maestro, che ci ha aperto la mente e il cuore e ci ha dato gli strumenti per affrontare la complessità sociale e quindi giuridica; ci ha invitato a ritornare al diritto (Ritorno al diritto, è appunto il titolo di un suo bel libro) e a recuperare la relazione che collega il diritto alla società e alla storia. Un diritto che non è solo più comando formale, ma deve tornare a svolgere la funzione di ordinamento del sociale, e quindi ascoltare le richieste del corpo sociale, riscoprire la sua essenziale dimensione fattuale. «Di fronte alle vistose assenze del legislatore - scriveva Grossi - il nuovo diritto lo si scopre frugando in basso tra le operose supplenze in atto nelle prassi giudiziarie che non possono eludere la richiesta immediata di giustizia». Di qui il rilievo della giurisprudenza pratica, ma anche di quella teorica, come scienza attenta al divenire dell’esperienza.
Tra i tanti insegnamenti, voglio riportare questo pensiero, che esprime la potenza della sua ricerca, sempre orientata alla tensione tra diritto e giustizia:
«Il castello murato edificato con tanta cura dai nostri padri, con le mura impastate e cementate di legalismo e formalismo, allontanò diritto e fatti, ma anche inevitabilmente, diritto e giustizia, essendo - questa - misura di uomini carnali e di fatti carnali; e la giustizia è restata un traguardo irraggiunto. Se i giuristi, all’insegna di un’etica della responsabilità, sapranno ordinare il nuovo pluralismo, forse stiamo procedendo sul cammino più conveniente per una maggiore armonizzazione fra diritto e giustizia» (Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, lectio magistralis letta a Napoli il 20 dicembre 2007).
Lo sguardo dello storico è rasserenante, ci avvertiva, perché vede nella crisi il momento decisivo di transito da “parecchio vecchiume sorpassato verso un edificio nuovo ancora tutto da costruire”.
Coraggioso e libero, ci ha invitato con forza - e ci invita ancora - a esserlo anche noi.
Credo che tutti i giuristi, teorici e pratici, e in particolare gli Osservatori - con il metodo che li caratterizza: collaborazione tra avvocati e giudici, dialogo con la scienza giuridica - possano e debbano rileggere le sue riflessioni per partecipare all'opera molecolare di ricostruzione dell'ordinamento, superando lo sgomento indotto dal disordine e dalla confusione delle fonti, per ridare al diritto civile la sua funzione ordinante; un ordine che valorizzi le diversità, accosti i valori del common law e del civil law, accolga l'apporto di altri saperi e si nutra del dialogo tra le corti nazionali, europee e sovranazionali. E’ in questo complesso dialogo che, come abbiamo detto in una delle nostre annuali Assemblee nazionali, si può "azzardare" a riparlare di valori, non come prodotti fissi della metafisica, ma come parto del divenire storico; non immutevoli, ma nemmeno effimeri.