1. La pazienza della Corte
E’ dal 1988 che il giudice delle leggi ha ritenuto di fatto incostituzionale il complesso di norme che impone l’attribuzione del cognome paterno al figlio. Con l’ordinanza n. 176 del 1988 la Corte ne ha constatato, ma non dichiarato e accertato, la incostituzionalità, poiché quest’ultima avrebbe comportato scelte politiche e modalità tecniche di esclusiva competenza del legislatore. Con la sentenza n. 61 del 2006 il contrasto tra le norme attributive del cognome paterno e i principi costituzionali dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi è stato ancor più evidenziato ed esplicitato. Si legge nella motivazione che «a distanza di diciotto anni dalle decisioni in precedenza richiamate, non può non rimarcarsi che l'attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna». Purtuttavia la Corte ha evitato anche questa volta di dichiarare l’incostituzionalità delle norme poiché l’intervento invocato dal giudice remittente «richiede una operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte« e «tenuto conto del vuoto di regole che determinerebbe una caducazione della disciplina denunciata, non è ipotizzabile nemmeno una pronuncia che, accogliendo la questione di costituzionalità, demandi ad un futuro intervento del legislatore la successiva regolamentazione organica della materia».
Nella sentenza del 2016 n. 286 la Corte constata che «a distanza di molti anni da queste pronunce, un criterio diverso, più rispettoso dell’autonomia dei coniugi, non è ancora stato introdotto» e rileva come siano ancora solo in itinere i pur numerosi disegni di legge «volti a disciplinare secondo nuovi criteri la materia dell’attribuzione del cognome ai figli». Il Giudice Costituzionale, pertanto, evidenziando il permanere della violazione del principio di uguaglianza tra coniugi (artt. 3 e 29 Cost.) ed il sacrificio del «diritto all’identità del minore, negandogli la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno» (art. 2 Cost.), dichiara, in attesa di un indifferibile intervento legislativo, l’incostituzionalità delle norme relative alla attribuzione del cognome paterno nella parte in cui non consente ai coniugi o comunque ai genitori, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno. Evidenziava la Corte che in assenza dell’accordo dei genitori permaneva la generale previsione dell’attribuzione del cognome paterno per cui auspicava un indifferibile intervento legislativo destinato a disciplinare organicamente la materia secondo criteri finalmente consoni al principio di parità.
2. Le statuizioni della Corte
Stante l’ulteriore inerzia del legislatore la Corte, con l’ordinanza di autoremissione n. 18 del 2021 e con la sentenza n. 131 del 2022, ha ritenuto di non poter più esimersi dal rendere effettiva la più volte declamata legalità costituzionale. Conseguentemente ha così statuito:
a) il cognome del figlio deve comporsi con i cognomi dei genitori;
b) di comune accordo i genitori possono decidere di attribuire il cognome di uno solo dei genitori (quello del padre o quello della madre);
c) l’ordine dei cognomi deve essere concordato tra i genitori;
d) in caso di disaccordo il contrasto potrà essere superato con il ricorso al giudice;
e) il ricorso indicato dalla Corte è quello previsto dall’art. 316, commi secondo e terzo, cod. civ. qualora si tratti di famiglia unita oppure – con riferimento alle situazioni di crisi della coppia – quello previsto dagli artt. 337-ter, terzo comma, 337-quater, terzo comma, e 337-octies cod. civ.
f) il legislatore ben potrà prevedere altri criteri (diversi da quelli segnalati dalla Corte) di soluzione del contrasto tra genitori.
La Corte ha poi formulato un duplice invito al legislatore. Il primo è quello di disciplinare l’attribuzione del cognome nel succedersi delle generazioni per evitare un «meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome». Al riguardo la Corte fornisce una indicazione: sarà ciascun genitore a scegliere quale dei due cognomi, in quanto rappresentativo del rapporto genitoriale, attribuire al figlio. Il secondo invito è relativo alla opportunità che i figli della coppia abbiano tutti lo stesso cognome per cui la scelta effettuata per il primo figlio dovrà essere vincolante per i successivi figli riconosciuti contemporaneamente dagli stessi genitori o nati nel matrimonio.
Dopo decenni di inerzia del legislatore la Corte ha giustamente evitato l’ennesimo invito ed ha ritenuto di non dover ulteriormente procedere per gradi per cui, già consentita l’aggiunta del cognome materno (sentenza n. 286 del 2016) ed anche a voler ora ampliare la deroga consentendo l’attribuzione del solo cognome materno (ordinanza di remissione del tribunale di Bolzano) comunque sarebbe rimasta vigente e sullo sfondo la regola dell’imposizione del cognome paterno in caso di disaccordo, regola contraria al principio di uguaglianza dei coniugi e lesiva del fondamentale diritto del figlio ad una identità personale che si forma e si struttura anche attraverso il cognome che denoti e rispecchi il duplice legame genitoriale.
3. Su alcuni aspetti problematici della sentenza
La sentenza n. 131 del 2022 è indubbiamente una sentenza rivoluzionaria che ha tuttavia qualche zona d’ombra. Se il pregio della sentenza è quello di avere con fermezza e senza tentennamenti cancellato il patronimico («retaggio di una concezione patriarcale della famiglia») e disposto, in nome della legalità costituzionale, l’attribuzione del doppio cognome come regola, tuttavia vi sono aspetti problematici della sentenza che in parte potranno essere risolti e superati dalle scelte del legislatore e in parte rimarranno tali (potremmo dire irrisolti) senza che ciò menomi o affievolisca la portata dirompente e rivoluzionaria della decisione del Giudice delle leggi[1]. Ad esempio, dovrà essere il legislatore, e ben potrà farlo secondo gli inviti della Corte, a disciplinare l’attribuzione dei cognomi nelle generazioni successive per evitare l’effetto moltiplicatore, così come sarà opportuna una disciplina che imponga lo stesso cognome a tutti i fratelli e sorelle. Ma, per evitare l’effetto moltiplicatore, sia che la scelta del cognome da attribuire sia disposta con legge (ad esempio il primo cognome) sia che venga rimessa al genitore (come suggerisce la Corte) comunque si tratta di opzioni entrambe insoddisfacenti poiché la prima privilegia un automatismo sacrificando eventuali peculiarità meritevoli di deroga e la seconda lascia alla mera, e insindacabile, potestà del genitore quale dei due cognomi trasmettere. Ugualmente è opinabile qualunque soluzione si ipotizzi per il cognome dei fratelli: se tutti i fratelli e le sorelle debbono avere lo stesso cognome o doppio cognome scelto per il primogenito si privilegia, anche per ragioni pubblicistiche, una apprezzabile esigenza di omogeneità familiare che tuttavia impedisce di dare rilievo a circostanze, assetti e dinamiche relazionali sopravvenute. D’altro canto, lasciare libertà ai genitori di determinare per ogni figlio (il cognome, materno o paterno, o) l’ordine dei cognomi significherebbe frantumare una identità familiare che tendenzialmente dovrebbe essere unica per tutti i fratelli e le sorelle.
4. La deroga al doppio cognome
Che debba essere possibile derogare al patronimico attribuendo al figlio il solo cognome della madre è affermazione della CEDU del 7 gennaio 2014 nel procedimento Cusan Fazzo, sentenza questa richiamata dalla Corte sia nella sentenza 286 del 2016 che nella n. 131 del 2022. Come è stato tuttavia rilevato[2], la CEDU non ha escluso che la regola di attribuire il cognome del marito ai figli possa rivelarsi necessaria e legittima ma si è limitata ad individuare un profilo discriminatorio per la donna nella mancanza della previsione di una deroga.[3]
Se l’attribuzione automatica del cognome paterno è discriminatorio, e lo sarebbe anche se fosse quello materno, la regola non potrà che essere, come ha statuito la Corte, quella del doppio cognome in modo che nel cognome del figlio si proietti il duplice legame genitoriale e «al contempo è il riconoscimento più immediato e diretto del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali» (punto 11.2 della motivazione).
La Corte tuttavia introduce una deroga: sull’accordo dei genitori può essere attribuito il cognome di uno dei due ma sorge spontanea l’obiezione che così facendo il cognome non veicola più il duplice legame che pure la Corte pone a fondamento della regola del doppio cognome.[4] Evidentemente, consapevole di tale contraddizione la Corte evidenzia che un conto è un solo cognome imposto (come è quello del padre) altro è un solo cognome (paterno o materno che sia) concordato «in un contesto paritario» e dunque quale «strumento attuativo del principio di uguaglianza per compendiare in un unico cognome il segno identificativo della loro unione» e che «incarna la loro stessa volontà di essere rappresentati entrambi, nel rapporto con il figlio, dal cognome di uno di loro soltanto» (punto 12 della motivazione).
L’argomento utilizzato dalla Corte è che l’attribuzione del cognome paterno è incostituzionale sia per l’imposizione ex lege in sé, che viola la parità tra i genitori, sia per il carattere parziale ed unilaterale di un cognome che privilegia un ramo familiare offuscando l’altro. E se quest’ultimo assunto è vero, e lo è, ed evidenzia una discriminazione, l’attribuzione del cognome di uno solo dei genitori, anche se concordato, avrà gli stessi limiti del cognome paterno imposto per legge poiché il riverbero sulla identità del minore sarà pur sempre incompleto mancando sul cognome “unilaterale” la proiezione e la presenza dell’altro ramo genitoriale. L’accordo genitoriale evita una discriminazione orizzontale (tra gli stessi genitori), ma è necessario evitare anche una discriminazione verticale (tra genitori e figlio, rispetto all’identità di quest’ultimo) per cui l’accordo deve veicolare una parità sia sul cognome che nel cognome. Nel doppio cognome entrambi i genitori sono rappresentati oggettivamente. Non altrettanto si può dire se si opta per un solo cognome. Che nel cognome di uno solo dei genitori sia compendiato anche quello (inespresso) dell’altro è una fictio sorretta dalla mera volontà dei genitori. Per dirla con le (non convincenti) parole della Corte l’accordo genitoriale su un solo cognome è un atto volitivo (appunto, non ricognitivo o descrittivo come è il doppio cognome) che «incarna la loro stessa volontà di essere rappresentati entrambi, nel rapporto con il figlio, dal cognome di uno di loro soltanto». Il giudice delle leggi elenca alcuni casi meritevoli quali «il legame con fratelli o sorelle, che portano il cognome di uno solo dei due genitori. Potrebbe trattarsi del cognome del padre, come di quello della madre, che potrebbe aver riconosciuto i precedenti figli prima del padre. Né può trascurarsi l’eventualità che i genitori – nell’interesse del figlio – condividano la scelta di trasmettere il cognome del solo genitore che abbia già altri figli, dando così prioritario risalto al rapporto tra fratelli e sorelle».
Tuttavia, ferma restando l’utilità della casistica individuata dalla Corte, per l’attribuzione al figlio di un cognome unilaterale è sufficiente la mera e insindacabile volontà dei genitori dietro la quale, peraltro, ben può celarsi la prevaricazione del genitore più forte[5].
5. Il disaccordo dei genitori
Qualora i genitori non siano d’accordo sull’ordine dei cognomi la Corte invita il legislatore a provvedere al riguardo suggerendo che nelle more, o in difetto, si possa ricorrere agli strumenti già previsti nell’ordinamento giuridico in caso di contrasto tra i genitori: il ricorso all’art. 316 c.c. in caso di famiglia unita[6]; lo strumento dell’art. 337 ter c.c. nelle situazioni di crisi della coppia.
Le due soluzioni indicate dal Giudice delle leggi non sono omogenee. L’articolo 316 c.c. prevede che in caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice che, sentiti i genitori, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto permane, dispone l’art. 316, il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio.
L’art. 337 ter c.c., quale strumento previsto nei casi di separazione o divorzio, dispone che le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli e che in caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
Dunque, se vi è disaccordo tra i genitori sull’ordine dei cognomi, ci si dovrà rivolgere al giudice che nel caso della famiglia unita si limita a “suggerire” mentre nel caso della famiglia disgregata “decide”. In un caso il giudice fa sostanzialmente opera di persuasione e mediazione, nell’altro caso interviene d’imperio. All’evidenza si tratta di due modalità del tutto diverse che non sono giustificate dalla condizione, per così dire, fisiologica o patologica della famiglia poiché il nucleo della criticità è identico in entrambi i casi: il disaccordo dei genitori sull’ordine dei cognomi.
La questione sarà tuttavia superata dal decreto legislativo di attuazione (già approvato dal Consiglio dei Ministri in esame preliminare il 28 luglio 2022) della legge n. 26 novembre 2021 n. 206 di delega al Governo per l’efficienza del processo civile. L’art. 1 comma 23 punto ii della legge n. 206 dispone di procedere al riordino della disciplina di cui agli articoli 145 e 316 c.c. «attribuendo la relativa competenza al giudice anche su richiesta di una sola parte». Pertanto, per l’avvenire sarà il giudice a dirimere la questione cercando una soluzione concordata e ove questa non sia possibile adotterà la soluzione che ritiene più adeguata all’interesse del figlio. Inoltre, se il giudice non riesce a trovare una soluzione concordata sarà bene che valuti l’opportunità di nominare un curatore speciale se ritiene che «i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore» (art. 1 comma 30 punto 4 della menzionata legge 206 del 2021).
Ovviamente la scelta del giudice[7] sarà effettuata tenendo conto del superiore interesse del figlio, criterio questo che ha una sua concretezza nei casi ricorrenti, sebbene sempre difficili da affrontare, di contrasto sulla scuola da frequentare (ad esempio pubblica o privata) o sull’educazione religiosa o sui trattamenti sanitari necessari o opportuni, mentre è del tutto vago ed impalpabile nella individuazione dell’ordine dei cognomi in un neonato. Non a caso, in riferimento ai riconoscimenti in sequenza di cui all’art. 262 c.c., la giurisprudenza, in relazione all’interesse del minore ad assumere il cognome paterno aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, ha fatto più volte riferimento all’età del figlio evidenziando l'inesistente attitudine identificatrice del cognome materno «data la tenera età del minore» (Cass. Civ. n. 2644 del 03/02/2011 (Rv. 617137 - 01) o al contrario la già avvenuta funzione identitaria del cognome consolidatasi «con l'uso del solo matronimico nella trama dei rapporti personali e sociali» (Cass. Civ. n. 772 del 16/01/2020 (Rv. 656804 - 01) o in relazione «all'ambiente in cui è vissuto, anche con riferimento alla famiglia in cui è cresciuto». In sostanza, in caso di disaccordo dei genitori, è difficile anche solo immaginare in linea astratta una qualche plausibile e realistica motivazione che induca a ritenere quale ordine dei cognomi meglio realizzi e tuteli l’identità personale e familiare del neonato, anche in una prospettiva futura ancora del tutto incerta e tutta da svilupparsi e permearsi.
La soluzione migliore, in caso di disaccordo, è quella di attribuire i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico. E’ vero che si tratta di un criterio casuale ma almeno ha il pregio di evitare che un giudice, o un ufficiale dello Stato Civile, decida ciò che, a voler motivare sul serio, è “indecidibile”.
Sotto questo aspetto sono apprezzabili i numerosi disegni di legge presentati nel corso della XVIII legislatura che individuano nell’ordine alfabetico il criterio automatico in caso di disaccordo (tra altri, il disegno di legge n. 2276 Senato della Repubblica: «Al figlio di genitori coniugati è attribuito il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dagli stessi indicato o il cognome del padre o il cognome della madre, secondo le dichiarazioni rese all’ufficiale dello stato civile. In caso mancato accordo al figlio è attribuito il cognome di entrambi i genitori in ordine alfabetico. Ai figli degli stessi genitori nati successivamente è attribuito lo stesso cognome del primo figlio. Il figlio cui è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori trasmette al proprio figlio solo uno dei due cognomi, a sua scelta». Nei medesimi termini il disegno di legge Senato 2293. In tal senso anche il disegno di legge n. 1628 approvato dalla Camera dei Deputati (ma non dal Senato) nel corso della XVII legislatura.
Si discosta, invece, dall’impostazione sopra riferita la proposta di legge presentata alla Camera dei deputati n. 3578 che prevede l’attribuzione del cognome materno in caso di disaccordo: «in caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio è attribuito dall’ufficiale dello stato civile il cognome della madre, seguito da quello del padre ove questi vi acconsenta». Isolata anche la disciplina di cui alla proposta presentata alla Camera n. 3612, depositata successivamente alla sentenza della Corte n. 131 del 2022, che prevede la anticipazione del momento della scelta del cognome o dei cognomi da attribuire ai figli prima della nascita, tanto da parte dei coniugi (nella convenzione matrimoniale), quanto da parte dei conviventi more uxorio (contratto di convivenza), ove possibile.[8]
6. La prova dell'accordo
La Corte nel fare riferimento all’accordo dei genitori in ordine all’attribuzione del cognome paterno, materno o di entrambi nell’ordine concordato colloca detto accordo «al momento del riconoscimento» (art. 262 c.c.), nel «procedimento di adozione» o, per i figli matrimoniali, «alla nascita». Nessuna indicazione o suggerimento proviene dal Tribunale Costituzionale se non relativamente al superamento del disaccordo.
In base all’art. 30 del DPR 3 Novembre 2000 n. 396 «la dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata».
Successivamente alla sentenza n. 286 del 2016, silente il legislatore, è stato il Ministero dell’interno a dare indicazioni con la circolare n. 7 del 14 giugno 2017 circa le eventuali formalità necessarie per documentare l'accordo tra i genitori sull’aggiunta del cognome materno a quello paterno. Ad avviso del Ministero, anche nel caso frequente in cui sia il solo padre a rendere la dichiarazione di nascita, così come non si pretende alcun atto formale circa l’accordo sul nome da attribuire al figlio in difetto di esplicita normativa al riguardo anche per l’aggiunta del cognome materno è sufficiente la mera dichiarazione del dichiarante. Rileva il Ministero come «l'attribuzione del nome - cui ora è possibile ricondurre anche l'attribuzione del cognome - è infatti un atto di esercizio della responsabilità genitoriale che implica non un effetto ope legis bensì la previa e concorde scelta dei genitori». Il Ministero ha correttamente rilevato come «si collocano su un piano ben diverso quelle disposizioni che, invece, prescrivono che l'accordo delle parti, quale incontro delle volontà, si formi davanti all'ufficiale dello stato civile, stabilendo specifiche formalità, come in materia di separazione e divorzio (art. 12, D.L. n. 132/2014, conv. L. n. 164/2014)».
Successivamente alla sentenza n. 131 del 2022 il Ministero ha emanato la circolare n. 63 del 2022 che pur non affrontando esplicitamente l’argomento riassume il contenuto della sentenza evidenziando in particolare che «l'accordo è imprescindibile per poter attribuire al figlio il cognome di uno soltanto dei genitori»…che «in mancanza di tale accordo, devono attribuirsi i cognomi di entrambi i genitori, nell'ordine dagli stessi deciso»… che «l'ufficiale dello stato civile dovrà accogliere la richiesta dei genitori che intendono attribuire al figlio il cognome di entrambi, nell'ordine dai medesimi concordato, al momento della nascita, del riconoscimento o dell'adozione, fatto salvo l'accordo per attribuire soltanto il cognome di uno di loro soltanto».
Se le argomentazioni ministeriali (circolare n. 7 del 2017) circa la sufficienza della dichiarazione di un solo genitore (quasi sempre il padre) in ordine alla sussistenza di un accordo per il doppio cognome avevano una qualche plausibilità, ora, dopo la sentenza n. 131 del 2022 che consente di attribuire, se vi è l’accordo, il solo cognome materno o quello paterno o entrambi nell’ordine concordato, si impone una normativa di dettaglio che consenta all’ufficiale dello Stato Civile di avere certezze circa il reale accordo dei genitori coniugati sul cognome da attribuire al figlio. Sul punto sarà bene che il Ministero, in attesa dell’auspicabile intervento del legislatore, dia utili indicazioni circa i tempi e i modi per acquisire la prova dell’intervenuto accordo.[9]
7. Cognome e cognomi
Le statuizioni della Corte, i suggerimenti al legislatore, i vuoti che quest’ultimo deve colmare, le varie opzioni in gioco, il permanere di una certa divisività (tecnico-giuridica e ideologica), evidenziano che la sentenza della Corte è tanta parte di un giusto percorso che tuttavia deve ancora essere completato poiché la questione del cognome dei figli necessita di una messa a punto per un inquadramento coerente e sistematico atteso che si è passati da un cognome imposto a un cognome per alcuni profili quasi a scelta.
In attesa che il legislatore disciplini gli spazi vuoti o consequenziali alla decisione della Corte, si possono a grandi linee tipizzare i vari cognomi:
- cognome doppio: costituisce la regola ed è composto dai cognomi dei genitori;
- cognome in deroga: i genitori concordano di attribuire solo il cognome di uno dei due;
- cognome doppio concordato: i genitori concordano sull’ordine dei cognomi;
- cognome doppio imposto ex lege: è la legge che stabilisce l’ordine dei cognomi (ad esempio in ordine alfabetico);
- cognome doppio nell’ordine stabilito dal giudice o dall’Ufficiale dello Stato Civile;
- cognome vincolato: ai fratelli e sorelle nati successivamente;
- cognome sospeso: nel tempo che intercorre tra la nascita e la decisione (giudiziale o amministrativa) in caso di disaccordo dei genitori qualora la legge non preveda alcun automatismo;
- cognome provvisorio: qualora in assenza di automatismi la legge lo preveda per il tempo necessario per avere una decisione;
- cognome a tempo: qualora la legge preveda che raggiunta la maggiore età chiunque possa chiedere la inversione dei cognomi o la caducazione di uno dei due.
[1] Perplessità sulla parte propositiva della sentenza in G. LUCCIOLI, Brevi note sulla sentenza n. 131 del 2022 della Corte Costituzionale, in Giustizia Insieme, 13 luglio 2022 «Ferma la piena condivisione della parte demolitoria della decisione e delle ragioni che la sorreggono, alcune perplessità devono essere evidenziate in relazione alla seconda parte della motivazione, diretta a prospettare linee ricostruttive del sistema» https://www.giustiziainsieme.it/it/attualita-2/2406-brevi-note-sulla-sentenza-n-131-del-2022-della-corte-costituzionale. Anche M. SESTA, La cedevole tutela della identità del figlio nelle nuove regole di attribuzione del cognome, in Giustizia Insieme, 13 luglio 2022, evidenzia l’aspetto preponderante riservato al principio di uguaglianza dei genitori rispetto al diritto del figlio alla identità familiare che sebbene ritenuto preminente di fatto è risultato cedevole: «Ad avviso di chi scrive, riguardata nel suo insieme, la sentenza, che pure porta meritoriamente a compimento il lungo percorso di adeguamento della disciplina dell’attribuzione del cognome ai principi costituzionali, non sembra aver realizzato un soddisfacente contemperamento delle due rationes che ne costituiscono il fondamento, cioè il diritto del figlio all’identità familiare e la piena attuazione del principio di eguaglianza dei genitori, che ne ha in concreto amplificato le prerogative sino a farle risultare preponderanti e capaci di rendere cedevole l’interesse del figlio, che pure si vuole preminente (punto 15.1.)». https://www.giustiziainsieme.it/it/attualita-2/2407-la-cedevole-tutela-dell-identita-del-figlio-nelle-nuove-regole-di-attribuzione-del-cognome
[2] S. SCAGLIARINI, Dubbie certezze e sicure incertezze in tema di cognome dei figli, in Rivista AIC, 19.05.2017 (nota a commento della sentenza 286 del 2016): «al giudice delle leggi sarebbe bastato, peraltro – lo ribadiamo – in adesione a quanto esplicitamente richiesto dalla Corte europea, estendere, con una sentenza additiva, la possibilità di aggiungere al patronimico il cognome materno ovvero sostituirlo anche al momento stesso della formazione dell’atto di nascita, secondo la procedura già ordinariamente prevista dall’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 ai sensi del quale chi intende modificare il cognome (anche aggiungendone un altro) deve farne istanza motivata al Prefetto della provincia di residenza od in cui fu formato l’atto di nascita».
[3] Che la incostituzionalità sia essenzialmente nell’automatismo del patronimico lo evidenzia anche L. SANTORO, L’attribuzione del cognome ai figli: dalla discrezionalità del legislatore… alla discrezionalità dei genitori (considerazioni controcorrente a partire dalla ord. n. 18/2021 della Corte costituzionale), in Consulta Online, fasc. II 2021, nel commento alla ordinanza n. 18 del 2021: «ad essere incostituzionale non sembra tanto la violazione del principio di uguaglianza fra genitori nel mancato riconoscimento del diritto (come tale tecnicamente inesistente) dei genitori di poter determinare paritariamente il cognome dei figli. Ad essere incostituzionale è semplicemente l’automatismo con il quale viene attribuito il solo patronimico: in questo senso ad essere incostituzionale è la regola che si pone in contrasto con l’uguaglianza fra i genitori (in sé, scontata e ineccepibile)».
[4] S. SCAGLIARINI, Dubbie certezze e sicure incertezze in tema di cognome dei figli, cit., rileva che «a prendere sul serio l’argomentazione del giudice delle leggi, se è vero che l’attribuzione dei cognomi di entrambe le figure genitoriali è la soluzione che garantisce il diritto del figlio alla piena e completa realizzazione della propria identità personale, dovrebbe ritenersi che solo tale modalità di attribuzione (automatica) del cognome sia conforme a Costituzione, dovendosi escludere diverse determinazioni lasciate alla disponibilità parentale, ammettendosi soltanto che sia lo stesso figlio a poterne poi eventualmente disporre nelle forme e nei modi in cui l’ordinamento già ora lo consente, e in particolare attraverso la successiva modifica del cognome». Anche V. BARBA, Il cognome paterno e la disparità di genere. Una proposta in vista della attesa decisione della Corte costituzionale, in Questione Giustizia, 22/04/2021, https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-cognome-paterno-e-la-disparita-di-genere-una-proposta-in-vista-della-attesa-decisione-della-corte-costituzionale, nel commento alla ordinanza n. 18 del 2021 ritiene che la soluzione del doppio cognome, nel senso che il figlio deve assumere entrambi i cognomi dei genitori, è quella che «meglio di tutte, sarebbe in grado di rendere il diritto italiano conforme al principio di eguaglianza, superando ogni discriminazione di genere e garantendo una effettiva tutela del diritto alla identità del figlio». Critica l’apertura della Corte all’attribuzione di un solo cognome, M. SESTA, La cedevole tutela dell’identità, cit.,: «Tenuto conto che l’interesse del figlio – in questo caso addirittura riguardante la propria identità personale e familiare - assume per principio generale carattere superiore, non ci dovrebbe essere spazio per una siffatta deroga di natura potestativa in capo ai genitori alla regola dell’attribuzione di entrambi i cognomi».
[5] G. AUTORINO STANZIONE, Autonomia famigliare e attribuzione del cognome: i dubbi in Italia e le certezze in Europa, in Corr. giur. 2009, 505. M.SESTA, La cedevole tutela dell’identità, cit., rileva come «a bene vedere, infatti, in forza della regola enunciata dalla sentenza, i genitori sono riconosciuti arbitri della decisione di imporre al figlio il cognome di entrambi oppure quello dell’uno o dell’altro, senza che - in tale ultima ipotesi - sia previsto alcun tipo di apprezzamento e di sindacato dell’interesse del minore, che passivamente subisce una scelta comportante la perdita del cognome di uno dei rami familiari».
[6] «Famiglia unita» è l’espressione usata da Cass. Sez.1, n.14360 del 03/11/2000.
[7] Per l’ordinamento spagnolo dal 30 aprile 2021 in caso di disaccordo l’ordine è stabilito dall’Ufficiale dello Stato Civile.
[8] 1. L’articolo 1 di tale proposta disciplina il cognome del figlio come segue: «Il figlio assume il cognome di entrambi i genitori, nell’ordine concordato dai coniugi all’atto del matrimonio, con le forme di cui agli articoli 162, 163, e 166. Con le medesime forme di cui al primo comma, i genitori possono attribuire al figlio il solo cognome del padre o della madre. Fatta salva la facoltà di cui al secondo comma, il genitore titolare di cognome plurimo sceglie quello o quelli ritenuti maggiormente rappresentativi del rapporto genitoriale, nei casi in cui unitamente a quello dell’altro genitore, il numero dei cognomi sia superiore a quattro. La scelta del cognome o dei cognomi da attribuire alla prole diviene irrevocabile alla nascita o all’atto dell’adozione del primo figlio. È nulla ogni pattuizione contraria. Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmettere alla propria prole uno o più cognomi ai sensi del terzo e quarto comma».
[9] G. LUCCIOLI, Brevi note sulla sentenza n. 131, cit. «resta pertanto completamente da definire il percorso che dovrà essere compiuto per provare e riscontrare l’eventuale esistenza di un accordo siffatto, così come resta irrisolto il quesito se l’esercizio di un diritto fondamentale della persona, che costituisce anche espressione della responsabilità genitoriale, quale è quello relativo alla scelta del cognome per il figlio, possa trovare espressione nella semplice sottoscrizione di un modulo predisposto, da esibire (ma che può anche dolosamente o colposamente non essere esibito) dal soggetto dichiarante al momento della dichiarazione di nascita, o non esiga specifiche formalità idonee a garantire la conoscenza e l’autenticità del documento. Spetta al legislatore valutare se la soluzione di tali problemi non richieda anche un intervento modificativo dell’ordinamento dello stato civile».