All’inizio di febbraio, Amnesty International ha pubblicato un rapporto sulle conseguenze della proclamazione dello stato d’emergenza in Francia.
Nel rapporto si legge che da quando è stato proclamato lo stato d’emergenza sono state condotte 3210 perquisizioni, oltre 400 persone sono state sottoposte a misure limitative della libertà personale, e 12 luoghi di culto sono stati chiusi.
Nel rapporto, Amnesty fa luce sull’applicazione discriminatoria e sproporzionata di tali misure. Infatti, a fronte di questa azione a 360° della polizia francese, è seguito un solo procedimento per reati di terrorismo.
Le modalità di azione della polizia francese appaiono quindi non solo sproporzionate, ma altresì non determinate da veri indizi, ma da meri sospetti privi di alcuna base probatoria.
Illuminante è il caso di Marc che abita in Picardia, nel nord della Francia. La polizia, presentandosi a casa sua, ha iniziato a percuotere la porta. Avendo paura che si trattasse di un attacco islamofobo, Marco con la moglie ed il loro bambino si sono rifugiati in bagno. Di seguito la polizia ha forzato la porta d’ingresso, e poi quella del bagno dove Marc si era rifugiato con la famiglia. Entrati in bagno gli agenti di polizia hanno colpito Marc al volto e arrestato sia lui che la moglie. A tale azione della polizia non è seguito alcun procedimento penale.
Secondo l’ordinamento penale francese, la perquisizione presso un domicilio deve essere autorizzata dall’autorità giudiziaria. Tuttavia, sotto lo stato d’emergenza è il prefetto l’autorità competente ad autorizzarle ogniqualvolta “il existe des raisons sérieuses de penser que ce lieu est fréquenté par une personne dont le comportement constitue une menace pour la sécurité et l'ordre publics” (trad. “esistono delle serie ragioni per ritenere che tale luogo è frequentato da un individuo la cui condotta costituisce una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico”).
Ebbene, si comprende facilmente come una siffatta clausola generale, renda di fatto possibile per la polizia effettuare perquisizioni presso luoghi di privata dimora al di fuori delle garanzie dello stato di diritto. Il rapporto spiega come gli ordini di perquisizione dei prefetti siano sempre estremamente vaghi, e si limitino a riportare la formula seguita dall’indicazione del sospetto che nel luogo oggetto di perquisizione vi è la possibilità che si nascondano armi o persone costituenti una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico.
E’ evidente come lo stato d’emergenza abbia già spazzato via molti diritti fondamentali, come quello dell’inviolabilità del domicilio, della libertà personale e della libertà religiosa, solo per menzionarne alcuni.
Con la proclamazione dello stato d’emergenza, la Francia ha confermato la sua natura di “democrazia militante”, ove tutte le garanzie ed i diritti possono essere sospesi ogni volta che “il existe des raisons sérieuses (…) lesquelles constitue une menace pour la sécurité et l'ordre publics”.
La conseguenza è uno stato di diritto ed una costituzione sospese, in nome della sicurezza e dell’emergenza terrorismo.
Tutti i francesi in particolare, ed in generale tutti noi europei, in questo momento più che mai dovremmo riflettere sulla natura delle nostre democrazie, sull’evoluzione dello stato di diritto europeo, e soprattutto sul bilanciamento di interessi tra sicurezza (ovvero la protezione dei diritti fondamentali) e libertà fondamentali.
Mentre la complessità delle suddette questioni ne rendono impossibile un’indagine in questo breve scritto, di certo è possibile stimolare il lettore con un interessante spunto di riflessione, per cui è utile prendere in prestito alcune parole da Thomas Jefferson, che diceva:
“Coloro che sono disposti a rinunciare alle libertà fondamentali per un briciolo di sicurezza momentanea, non meritano né le libertà né la sicurezza”.
Il rapporto si può leggere qui: http://www.amnesty.fr/etat-urgence