1. Premessa
Lo stato giuridico della magistratura onoraria rappresenta un tema critico per l’assetto coerente dell’intero sistema giurisdizionale: da decenni, infatti, anche la magistratura togata, soprattutto nello svolgimento di incarichi direttivi e semidirettivi, si deve misurare con la insostituibile presenza di giudici che, pur costituzionalmente riconosciuti (ex art. 106 Cost.) ed inseriti nell’ordinamento giudiziario ex art. 4 del RD 12/41 sono titolari di un inquadramento “diverso”, trattando tuttavia una percentuale rilevantissima di controversie con incombenze di varia natura e rappresentando per tale ragione, sia nell’ambito della funzione giudicante che di quella requirente, una risorsa irrinunciabile per la giustizia italiana.
Non può negarsi, infatti, che “l’onorarietà” prevista in Costituzione – fondata su un accesso senza concorso per esami, sulla saltuarietà e temporaneità dell’incarico, sulla possibilità di essere iscritti, contemporaneamente, ad albi professionali e di svolgere, dunque, altre attività lavorative (istituzionalmente precluse alla magistratura togata) – ha subito, negli anni e nei fatti, un sostanziale sconvolgimento a causa della sempre più pressante esigenza del servizio giustizia di far fronte ad un enorme carico di lavoro che, in quasi tutti gli uffici, non sarebbe governabile senza l’apporto della magistratura onoraria.
Tale situazione rappresenta, all’interno della UE, un caso anomalo e mostra, anche a seguito delle riforme che si sono susseguite, peculiarità tali da distinguere nettamente la loro condizione da quella dei colleghi europei: ciò configura un punto di frizione fra i principi predicati dalla Corte di Giustizia in relazione alla qualificazione dell’attività da loro svolta e le norme emanate, nelle più recenti riforme, alla ricerca di un inquadramento compatibile con le disposizioni costituzionali e di legge, secondo le quali chi svolge l’attività magistratuale ordinaria deve avere un rapporto di servizio sistemico con la pubblica amministrazione (per il quale è precluso lo svolgimento di altre attività lavorative) e deve accedere per concorso (art. 97 u. co Cost).
Dai rapporti della Cepej (Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia) emerge, infatti, che:
a. negli altri Stati della UE, i giudici non professionali o giudici laici (lay judges) sono in linea generale volontari, sono compensati per le spese da loro sostenute e, solo in alcuni casi, anche per il lavoro estemporaneamente reso; assumono, comunque, decisioni vincolanti nei Tribunali e possono giudicare sia all’interno delle Corti componendo i collegi formati dai giudici professionali, sia come giudici monocratici.
b. la loro funzione è comunemente caratterizzata da instabilità e non prevede né un inquadramento professionale né una pregressa formazione finalizzata allo svolgimento dell’attività giudiziaria: l’onorarietà si fonda sulla volontarietà, in relazione ad una riconosciuta esperienza ed onorabilità professionale. Non è necessaria una formazione giuridica pregressa né il possesso del diploma di laurea, requisito, invece, necessario per poter accedere al concorso per titoli che in Italia è necessario per accedere alla funzione di Giudice Onorario.
c. il rapporto fra il numero di onorari ed il numero di togati per ogni 100.000,00 abitanti è molto diversificato: nei paesi nordici, tradizionalmente vicini ai sistemi di common law, il numero degli onorari è di gran lunga superiore a quello dei togati con il picco massimo in Norvegia, dove sono stati registrati 850 onorari su 100.000,00 abitanti.
Nel nostro paese, come è noto, si è creato un sistema anomalo perché il funzionamento della giurisdizione è affidato, secondo il disegno costituzionale, a magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme dell’ordinamento giudiziario (102 Cost.), con previsione solo residuale di magistrati onorari (art. 106 Cost.) di cui viene ammessa la nomina anche elettiva, ma si fonda, nei fatti, su un impiego dei giudici onorari che va oltre le previsioni normative[1] e senza il quale alcuni uffici si paralizzerebbero.
2. Brevi cenni sui principali passaggi storici relativi allo stato giuridico della magistratura onoraria: dalla Legge 51/1998 (c.d. legge Carotti) al Dlgs 116/2017 (Riforma Orlando)
Alla fine degli anni novanta, il legislatore ha modificato profondamente l’assetto degli uffici giudiziari di primo grado.
Il decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, c.d. Legge Carotti) ha abolito le preture e ha trasferito le relative competenze ai tribunali.
E’ seguita la modifica dell’art. 48 della legge sull’ordinamento giudiziario che, insieme ad alcune norme inserite nel codice di procedura civile (articoli da 50-bis a 50-quater), ha introdotto la regola generale della prevalente monocraticità del giudice di tribunale di primo grado.
Inoltre, è stata disposta la sostituzione del vice-pretore onorario, che affiancava il pretore, con il giudice onorario di tribunale (GOT) e, negli uffici requirenti, il vice procuratore onorario (VPO), attraverso la modifica del RD 30 gennaio 1941, n. 12 sull’ Ordinamento giudiziario.
L’art. 43-bis ordin. giud. – abrogato con il successivo intervento riformatore del 2016 di cui si parlerà fra poco – stabiliva che i giudici onorari (come gli ordinari) dovevano svolgere il lavoro loro assegnato dal Presidente del Tribunale o dal Presidente di Sezione; che potevano tenere udienza soltanto nei casi di impedimento dei giudici ordinari e che sia nel settore civile che in quello penale non potevano trattare alcune materie[2].
Il GOT, inoltre, poteva operare in materia sia civile che penale nei limiti delle competenze monocratiche, in ragione del limite costituzionalmente previsto dall’art. 106 co. 2 Cost.
Tuttavia, la necessità di fare fronte ad un arretrato consistente e di definire i giudizi civili in tempi ragionevoli, anche per evitare consistenti esborsi pubblici dovuti a numerose condanne per equa riparazione da irragionevole durata dei processi, ha finito con il consentire, in forza delle circolari del CSM sulla formazione delle tabelle per gli uffici giudiziari, sia l’assegnazione di ruoli “autonomi” ai giudici onorari di tribunale, sia la loro partecipazione in supplenza dei giudici professionali anche nei collegi.
In tale contesto, l’art. 245 del d.lgs. n. 51 del 1998 aveva fissato un termine di cinque anni per un complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria in conformità ai principi enunciati dall’art. 106, secondo comma, Cost.
In realtà, tale dead line non è stata rispettata in quanto sono state disposte reiterate proroghe negli incarichi, caratterizzati da un trattamento retributivo diversificato fra giudici di pace, GOT e VPO ma, sostanzialmente, “a cottimo” per tutte le categorie e privo di ogni copertura previdenziale ed assistenziale.
Tale situazione, del tutto normale rispetto ai giudici laici europei la cui presenza nelle corti è saltuaria o, comunque, del tutto volontaria (con assenza, quindi, di veri compensi e con la corresponsione di meri rimborsi spese), ha mostrato incongruenze nella realtà nazionale se solo si pensi che i giudici onorari italiani, che accedono alla funzione a seguito di una selezione per titoli per la quale è necessario il requisito della laurea in giurisprudenza, gestiscono, circa il 40% della giurisdizione di primo grado, in alcuni casi con presenze bisettimanali, ma in molti casi giornaliere, in udienze a cui segue la stesura dei provvedimenti assunti e quindi un tempo di lavoro ben superiore a quello della mera presenza negli uffici giudiziari.
Il legislatore, dunque, sia a seguito delle frequenti rivendicazioni sul piano retributivo e previdenziale dei magistrati onorari, sia per “tamponare” la prima procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea (EU Pilot 7779/15)[3], ha operato una riforma complessiva del settore, contenuta, in attuazione della delega di cui alla legge 28 aprile 2016, n. 57 (Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace), nel decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116.
3. Il Dlgs 13 luglio 2017 n. 116: la c.d. riforma Orlando
La riforma ha ridotto a due le figure dei giudici onorari, ossia i giudici onorari di pace (GOP), e, per le funzioni requirenti, i vice procuratori onorari (VPO).
Ha stabilito, inoltre, che:
a. essi devono essere reclutati dai locali consigli giudiziari in base a una selezione per titoli e la relativa graduatoria deve essere sottoposta per l’approvazione al CSM, la cui delibera sarà poi seguita dalla nomina con decreto del Ministro della giustizia;
b. l’incarico ha una durata di quattro anni, prorogabile per una sola volta, e non è esclusivo, nel senso che è compatibile con l’esercizio di altre attività professionali, tanto che al magistrato onorario non può essere richiesto un impegno superiore a due giorni settimanali.
c. i nuovi «giudici onorari di pace» saranno collocati presso l’ufficio del giudice di pace e destinati, al contempo, a confluire, in tribunale, quali componenti dell’ufficio per il processo in affiancamento al giudice professionale, con possibile attribuzione di funzioni giudiziarie delegate, sotto le direttive ed il controllo dello stesso giudice professionale.
d. al giudice onorario vanno attribuiti compiti preparatori e strumentali (studio, ricerca di dottrina, predisposizioni di schemi di provvedimenti, assistenza anche in camera di consiglio: art. 10, comma 10, del d.lgs. n. 116 del 2017) all’esercizio della funzione giurisdizionale, che rimane riservato al magistrato professionale.
e. allo stesso possono essere delegati, dal magistrato professionale con riferimento a ciascun procedimento civile, poteri giurisdizionali istruttori e decisori concernenti singoli atti (adozione di provvedimenti «che risolvono questioni semplici e ripetitive», provvedimenti anticipatori di condanna in seguito a non contestazione del credito, assunzione di testimoni, attività conciliativa delle parti, liquidazione dei compensi agli ausiliari) inerenti anche a procedimenti riservati al tribunale in composizione collegiale «purché non di particolare complessità» (art. 10, comma 11);
f. in alcuni casi (delimitati quanto alle materie ed al ridotto valore della causa) può allo stesso essere delegata anche la «pronuncia di provvedimenti definitori» (art. 10, comma 12).
Per quanto riguarda i vice procuratori onorari (VPO) sono stati previsti (artt. 15, 16 e 17 Dlgs 116/2017) i compiti da assumere su delega, con vigilanza dei sostituti procuratori professionali.
In particolare, il VPO deve coadiuvare il magistrato professionale e, sotto la sua direzione e il suo coordinamento deve compiere tutti gli atti preparatori utili per l'esercizio della funzione giudiziaria da parte di quest'ultimo, provvedendo allo studio dei fascicoli, all'approfondimento giurisprudenziale e dottrinale ed alla predisposizione delle minute dei provvedimenti; deve svolgere le attività ed adottare i provvedimenti a lui delegati secondo quanto previsto dall'articolo 17.
E’ stato sancito, altresì, che l'assegnazione dei vice procuratori onorari alla struttura organizzativa predisposta dal Procuratore della Repubblica abbia luogo con provvedimento dello stesso, trasmesso alla sezione autonoma per i magistrati onorari del consiglio giudiziario; e che nel corso del primo anno dal conferimento dell'incarico i vice procuratori onorari possano svolgere esclusivamente i compiti e le attività previste dal comma 1, lettera a).
Si prevedono, inoltre, dettagliatamente le attività delegabili dal procuratore della repubblica nei procedimenti davanti al giudice di pace e dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, sottolineando l’obbligo di attenersi alle direttive periodiche del magistrato professionale delegante.
In buona sostanza, l’attività del vice procuratore onorario sembra improntata ad un rapporto costantemente vigilato dal Procuratore e tale figura, pur essendo incardinata nella struttura organizzativa della Procura della Repubblica, risulta apparentemente priva di autonomia nello svolgimento dell’attività requirente: tuttavia, ciò non è stato ritenuto sufficiente, dalla Commissione Europea, a rappresentare un ostacolo per pretendere un trattamento uniforme rispetto a quello della magistratura onoraria giudicante[4].
La Riforma Orlando è stato oggetto di varie critiche, riferite soprattutto alla situazione dei magistrati onorari già in servizio alla sua data di entrata in vigore che, per vari aspetti, era stata differita alla data del 31 ottobre 2025 (art. 32 del d.lgs. n. 116 del 2017).
Al riguardo, deve essere segnalata sia la comunicazione della Commissione europea al Parlamento italiano del 28 febbraio 2018 con la quale si richiama il legislatore a porre attenzione sul fatto che le condizioni di lavoro dei magistrati onorari non devono essere meno favorevoli rispetto a quelle dei magistrati professionali, e che i primi devono essere considerati dei “lavoratori a tempo determinato”; sia la lettera di costituzione in mora della Commissione europea allo Stato italiano del 15 luglio 2021 nell’ambito della nuova procedura d’infrazione, con la quale è stato contestato che la legislazione nazionale sullo status dei magistrati onorari non sarebbe conforme al diritto dell’Unione[5].
Ed, in realtà, non può negarsi che, anche dopo le modifiche introdotte dalla riforma, i magistrati onorari, a differenza dei colleghi europei, continuano ad essere titolari di una condizione ibrida in quanto sono, di fatto, inquadrati nella compagine dei vari tribunali di cui fanno parte, visto che: a) la loro presenza è regolamentata e la loro attività è inserita nelle Tabelle che vengono redatte dai tribunali al fine di regolamentare l’attività svolta e gli impegni previsti; b) essa è soggetta a valutazione ogni quattro anni al fine della conferma nell’incarico, e la procedura è assimilabile a quella utilizzata per la valutazione di professionalità dei magistrati ordinari. La relazione sulla loro attività è sottoposta al vaglio del Consiglio Giudiziario ed infine inviata al Consiglio Superiore della Magistratura per la decisione definitiva; c) inoltre, i giudici onorari italiani sono soggetti alle direttive dei capi degli uffici, partecipano alle riunioni periodiche di sezione e del tribunale e, a differenza della maggior parte dei colleghi europei, scrivono provvedimenti, emettendo sentenze; d) infine, sono soggetti all’obbligo di formazione e debbono partecipare agli eventi formativi sia a livello nazionale presso la Scuola Superiore di Magistratura, sia a livello di formazione decentrata presso i distretti di Corte d’Appello cui appartengono.
In buona sostanza, l’onorarietà in Italia, anche dopo la riforma del 2016, continua ad essere ben diversa da quella esistente nel resto d’Europa, posto che ci sono giudici onorari che prestano servizio presso lo stesso ufficio da più di 20 anni e che vengono stabilmente utilizzati in sostituzione dei giudici ordinari assenti od insufficienti. L’impegno loro richiesto è spesso, nei fatti, superiore a quello previsto dalla riforma e non esclude una quantità di lavoro fuori udienza tale per cui, pur essendo teoricamente consentito, lo svolgimento di qualsiasi altra attività risulta, a detta di molti, difficilmente conciliabile. Per contro la qualità “onoraria” della loro funzione impedisce le tutele, previdenziali ed assistenziali che conseguono al rapporto di lavoro.
La novella del 2017, infatti ha introdotto una nuova disciplina dell’accesso e della carriera con particolare riguardo alla modalità di selezione, alla durata degli incarichi, alle forme di impiego, alle incompatibilità, ai trasferimenti, alla responsabilità disciplinare, al trattamento economico e alla formazione professionale[6].
Tuttavia, a fronte di ciò, rimangono insostenibili vuoti normativi relativi alla condizione previdenziale ed assistenziale sia dei magistrati onorari di vecchia guardia, sia di quelli di nuovo ingresso, essendo stata prevista soltanto, ex art. 24 della riforma, la spettanza di una blanda copertura economica (indennità fissa) per il periodo feriale per la quale, salvo urgenze, gli onorari sono dispensati dal servizio; ed è stata mantenuta, quanto alla previdenza ed all’assistenza, anche per il periodo di maternità, l’assenza di ogni garanzia economica[7].
Inoltre, e non da ultimo, la riforma ha distinto tra i magistrati onorari già in servizio alla data di entrata in vigore della riforma e quelli di nuovo ingresso: mentre per questi ultimi è stata prevista una durata massima di quattro anni, rinnovabile al massimo per un altro quadriennio, e la cessazione in ogni caso con il raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età, per gli altri il legislatore aveva stabilito la cessazione dall’incarico a sessantotto anni e la possibilità di essere confermati nell’incarico per quattro mandati, ciascuno di durata quadriennale.
Proprio su questi ultimi si è appuntata la modifica dell’art. 29 Dlgs 116/2017 a mente dell’art. 1 co 629/633 della finanziaria del 2022 di cui si parlerà nel successivo par. 5.
4. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea e delle Corti Nazionali (Corte Costituzionale, Corte di cassazione e Tribunali)
La Corte di Giustizia ha ribadito, a partire dalla pronuncia del 16 luglio 2020 (CGUE 16 luglio 2020 C- 658 UX contro Governo Italiano)[8] che la condizione dei magistrati onorari italiani, svolgendo le loro funzioni nell’ambito di un rapporto giuridico di subordinazione amministrativa, è riconducibile a quella dei lavoratori a tempo determinato; più recentemente è tornata sull’argomento (CGUE 7.4.2022 C - 236/20): infatti, su rinvio pregiudiziale promosso dal T.A.R. Emilia-Romagna, con riguardo ad un giudice di pace che aveva svolto in modo continuativo per cinque anni la propria attività e che, per tale ragione, aveva chiesto il riconoscimento dello status giuridico di dipendente pubblico, la Corte di Lussemburgo ha dichiarato che il diritto dell’Unione europea “osta a una normativa nazionale che non prevede, per il giudice di pace, alcun diritto a beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni né di un regime assistenziale e previdenziale […] se tale giudice di pace rientra nella nozione di «lavoratore a tempo parziale» […] e/o di «lavoratore a tempo determinato» […] e si trova in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario”.
Nella motivazione la Corte conferma la sussistenza di predette condizioni e censura apertamente la legge italiana osservando come essa sia del tutto priva di disposizioni idonee a “prevenire e, se del caso, sanzionare l’utilizzo abusivo di una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato dei giudici onorari”.
La pronuncia, pur riferita alla precedente normativa sui giudici di pace contiene affermazioni di principio valide anche per la novella del 2016/2017, quanto meno rispetto alla disciplina dedicata ai magistrati già in funzione al momento della sua entrata in vigore.
La Corte Costituzionale ha mantenuto l’ indirizzo tradizionale in occasione della pronuncia sui giudici ausiliari di Corte d’Appello rimarcando la differente modalità di nomina del magistrato onorario rispetto al togato, il suo costante inserimento in un organo collegiale, il carattere non esclusivo dell’attività giurisdizionale dallo stesso esercitata, l’eterogeneità dello status, tutti fattori che, per la Corte, danno fondamento alla qualifica “onoraria” del rapporto di servizio del magistrato, non riconducibile a quello dei colleghi togati, con conseguente esclusione che lo stesso possa essere qualificato come un rapporto di subordinazione (Corte cost. 13 gennaio 2021 n. 41)[9].
Tuttavia, la stessa Corte ha quasi contestualmente affermato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3 Cost., dell'art. 18, comma 1, del d.l. n. 67 del 1997, conv., con modif. nella legge n. 135 del 1997, nella parte in cui non prevede che il Ministero della giustizia rimborsi le spese di patrocinio legale al giudice di pace nelle ipotesi e alle condizioni stabilite dalla norma stessa assumendo che “attesa l'identità della funzione del giudicare, e la sua primaria importanza nel quadro costituzionale, è irragionevole che il rimborso delle spese di patrocinio sia riconosciuto al solo giudice "togato" e non anche al giudice di pace, mentre per entrambi ricorre l'esigenza di garantire un'attività serena e imparziale, non condizionata dai rischi economici connessi ad eventuali e pur infondate azioni di responsabilità. Ed ha precisato che “la differente modalità di nomina, radicata nell'art. 106, secondo comma, Cost., il carattere non esclusivo dell'attività giurisdizionale svolta e il livello di complessità degli affari trattati, se danno fondamento alla qualifica "onoraria" del rapporto di servizio del giudice di pace, tuttavia non incidono sull'identità funzionale dei singoli atti che egli compie nell'esercizio della funzione giurisdizionale, per quanto rileva agli effetti del rimborso di cui alla norma censurata, la cui ratio - evitare che il pubblico dipendente possa subire condizionamenti in ragione delle conseguenze economiche di un procedimento giudiziario, anche laddove esso si concluda senza l'accertamento di responsabilità - sussiste con la pari intensità del giudice professionale.” (Corte Cost 18 novembre 2020 n° 267).
La Corte di cassazione ha continuato a seguire l’orientamento che disconosce la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in capo al magistrato onorario[10].
La giurisprudenza di merito, invece, dal 2020 in poi (e cioè dopo la prima procedura di infrazione e la prima pronuncia della Corte di Giustizia sopra richiamata) ha iniziato ad adottare, in alcuni casi, soluzioni di stampo maggiormente “unionale”, condannando lo Stato italiano al risarcimento del danno per l’illegittima reiterazione di un contratto di lavoro a termine nei confronti dello stesso magistrato onorario, oppure il diritto di quest’ultimo di percepire un trattamento economico analogo a quello del magistrato professionale di prima nomina[11].
5. La stabilizzazione dei magistrati onorari di lungo corso: un doppio canale
A seguito della seconda lettera della Commissione europea del 15.7.2021 (rif. C (2021)4355) che preannunciava la procedura di infrazione, è stata affrontata la questione relativa allo stato giuridico dei magistrati onorari già in servizio alla data di entrata in vigore della riforma del 2016, mediante un emendamento, poi approvato dal Parlamento, alla legge di bilancio del 2021 (legge n. 234/2021, art. 1, commi 629ss.) con il quale è stata introdotta una rilevante modifica dell’art. 29 del d.lgs. n. 116/2017.
Infatti, la previsione secondo cui i magistrati onorari “di lungo corso” potevano essere confermati, alla scadenza del primo quadriennio, per tre successivi incarichi di uguale durata fino ai 68 anni di età, è stata sostituita dalla introduzione di un’apposita procedura valutativa per “conferma a tempo indeterminato” fino al compimento dei settant’anni di età per tutti i giudici onorari in servizio alla data di entrata in vigore della riforma del 2017, indipendentemente dal numero complessivo di anni di servizio svolti.
E’ stato, così, stabilito che i magistrati confermati potranno godere, previa “rinuncia ad ogni ulteriore pretesa conseguente al rapporto onorario pregresso”, di un trattamento economico commisurato a quello di un funzionario amministrativo giudiziario.
Chi deciderà invece di non partecipare a tale procedura, o chi, avendovi partecipato, non dovesse risultare confermato, si vedrà riconoscere, sempre previa rinuncia ad ogni altra pretesa, un’indennità forfettaria per il periodo pregresso. La novella prevede, infine, che il magistrato confermato potrà optare per il regime di “esclusività delle funzioni onorarie”, scelta che gli dà diritto all’inquadramento sopra indicato, precludendogli, tuttavia, la possibilità di svolgere altre attività lavorative, consentite invece ai magistrati “di lungo corso” che non opteranno per lo svolgimento dell’attività in via esclusiva.
E’ stata introdotta, dunque, una vera e propria sanatoria che non fornisce, però, alcun contributo per una definitiva sistemazione dello stato giuridico della magistratura onoraria nel suo complesso, visto che “la stabilizzazione” mostra un aspetto prevalentemente risarcitorio.
Infatti, la disciplina introdotta dalla legge finanziaria 2022, rispetto ai magistrati onorari confermati sine die, si discosta dal modello costituzionale previsto dall’art. 106, comma 2, Cost., ed, inoltre, crea un trattamento altamente divaricato rispetto a quei giudici onorari che hanno fatto ingresso nella giurisdizione dopo il 2017.
Per quelli di “vecchia guardia” – pur trattandosi di una categoria “ad esaurimento” - poco rimane, infatti, di quell’eterogeneità strutturale rispetto ai togati che, da sempre, costituisce il fondamento e giustifica l’esistenza nell’ordinamento della magistratura onoraria: il magistrato confermato a tempo indeterminato ricoprirà una posizione anomala perché non potrà più dirsi effettivamente onorario, non possedendo ormai più nessuno dei connotati che giustificano l’appartenenza a tale categoria; e non sarà divenuto certamente un togato in mancanza del superamento del concorso per esami ed in ragione dell’inquadramento economico parametrato allo stipendio del personale amministrativo giudiziario di Area III.
Ragione per cui il suo stato giuridico risulta una figura ibrida non prevista in Costituzione.
Inoltre e non da ultimo, rimangono insostenibili vuoti normativi relativi alla condizione previdenziale ed assistenziale.
Come sopra ricordato, il Dlgs 116/2017, infatti, aveva sancito soltanto, ex art. 24, la spettanza di una blanda copertura economica (indennità fissa) per il periodoferiale per il quale, salvo urgenze, gli onorari sono dispensati dal servizio; ed è stata mantenuta, quanto alla previdenza ed all’assistenza, anche per il periodo di maternità, una sostanziale assenza di tutela.
L’art. 25 della riforma, infatti, prevede, per la gravidanza la dispensa dall’incarico per cinque mesi complessivi (due prima e tre dopo il parto), senza diritto all’indennità; e per la tutela previdenziale, l’iscrizione alla Gestione Separata INPS per gli autonomi che esercitino professione abituale ancorchè non esclusiva, salvo che l’onorario non sia iscritto all’albo forense, caso nel quale egli mantiene la copertura fornita dalla relativa Cassa Forense.
Nulla di diverso è stato disposto per i magistrati già in servizio alla data di entrata in vigore della riforma, confermati a seguito delle procedure di valutazione con successiva scelta di esclusività delle funzioni; né le modifiche introdotte dall’art. 1 co. 629 e segg della legge finanziaria del 2022 (di modifica dell’art. 29) hanno apportato sufficienti ed utili chiarificazioni sull’annoso tema, nonostante che l’iniziale testo normativo prevedesse anche una tutela previdenziale ed assistenziale, poi scomparsa in quello definitivamente approvato.
6. La seconda lettera di costituzione in mora del 15.7.2022: la Commissione Europea ritiene insufficiente la modifica dell’art. 29 ex art. 1 co. 629 e segg della legge 30 dicembre 2021 n. 234 (legge finanziaria 2022)
La Commissione Europea, dopo aver esaminato analiticamente tutti i profili dell’intervento correttivo portato dalla L. 234/2021, ha ritenuto che essi non fossero sufficienti a sanare i molteplici aspetti contestati con la lettera di apertura della procedura di infrazione dell’anno precedente.
Ha ribadito espressamente che, nonostante la sentenza della Corte di giustizia 16.7.2020 - C 658/2018 UX Gov. It. fosse riferita ai giudici di pace, la figura dei VPO e dei GOP dovessero essere pienamente assimilate quanto alle tutele da ricevere.
Ha aggiunto che “dalla giurisprudenza costante della CGUE discende che la nozione di lavoratore ai sensi del diritto dell'Unione non può essere interpretata in modo da variare a seconda degli ordinamenti nazionali, ma ha una portata autonoma, propria del diritto dell'Unione (sentenza della Corte di giustizia 16 7.2020 nella causa C-658/18, punto 88).
Ribadisce che gli otto punti sui quali si erano appuntate le contestazioni delle autorità italiane sulla mancanza di comparabilità fra onorari e togati dovevano ritenersi superate dalla identica natura del lavoro svolto (ossia attività del giudicare), sia nelle funzioni giudicanti che in quelle requirenti.
Richiama, a sostegno di tale convinzione, anche Corte Cost 267/2020 (sopra citata) sulla non rimborsabilità delle spese legali nei giudizi di responsabilità degli onorari (considerata costituzionalmente illegittima) nella quale si afferma la sostanziale identità del lavoro svolto. La Commissione afferma, in definitiva, che i giudici togati e quelli onorari sono comparabili in relazione all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e tempo parziale.
In conclusione, con la comunicazione del 15.7.2022, la Commissione ritiene violate tutte le clausole oggetto di contestazione degli accordi quadro indicati, consistenti nella mancata ottemperanza alle clausole 4 e 5 dell'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato ("l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato"); nella clausola 4 dell'accordo quadro allegato alla direttiva 97/81/CE sul lavoro a tempo parziale ("l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale"); negli articoli 3, 5, 6 e 7 della direttiva 2003/88/CE sull'orario di lavoro ("la direttiva sull'orario di lavoro"); e negli artt. 8 ed 11, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 92/85/CEE sulla maternità ("la direttiva sulla maternità"); ed invita il Governo a trasmettere osservazioni entro due mesi, superati i quali dovrà esprimere il parere motivato per l’apertura della procedura di infrazione.
Ciò in quanto le modifiche introdotte dall'Italia con la legge finanziaria del 2022 non pongono pienamente rimedio alle violazioni del diritto dell'Unione individuate inizialmente e determinano, anzi, nuove criticità.
7. Lo “stato dell’arte” dopo la procedura di stabilizzazione
Pochi giorni dopo la comunicazione della seconda lettera di preavviso dell’apertura della procedura di infrazione è stata aperta la crisi di Governo e, rispetto alle rinnovate istanze della Commissione Europea, è stata chiesta una proroga per formulare un riscontro alle contestazioni avanzate.
Non è nota né la risposta resa dal Governo italiano né lo stato in cui si trovi la procedura di infrazione preannunciata.
Tuttavia, emerge un grande fermento nel dibattito fra le istituzioni.
Infatti, in data 27.1.2023 è stata proposta un’interrogazione parlamentare della Camera dei deputati in relazione allo stato giuridico e, soprattutto, alla condizione previdenziale dei giudici onorari confermati, interrogazione alla quale, lo scorso 17.3.2023, è stata data risposta dal Ministro della giustizia che, in sintesi, ha difeso il contenuto della modifica dell’art. 29 attraverso una interpretazione di alcuni passaggi delle varie pronunce della Corte di giustizia e della Commissione europea: è stato affermato, infatti, che “dalla illustrazione sopra svolta emerge come la giurisprudenza interna e sovranazionale, ben lungi dall'avere equiparato lo stato giuridico del magistrato professionale a quello del magistrato onorario, hanno sostenuto la possibilità di valorizzare, ai fini di una giustificata diversa disciplina, l'eterogeneità delle due figure, in ragione delle differenti modalità di nomina, radicate nella previsione dell'articolo 106 secondo comma della Costituzione, del carattere non esclusivo dell'attività giurisdizionale svolta dal giudice onorario e del diverso livello di complessità degli affari; tali elementi, quindi, possono essere ritenuti idonei a giustificare la qualifica onoraria del rapporto di servizio, affermata dal legislatore fin dall'istituzione della figura e ribadita in occasione della riforma di cui al decreto legislativo n. 116 del 2017.” (cfr. n. 4/00338 nella seduta numero 44/2023).
E’ stata inoltre avanzata dalla Camera dei Deputati un’interpellanza urgente in data 7.3.2023 con la quale in è stato chiesto “se sia vero che la situazione con riguardo alla posizione previdenziale ed economica dei magistrati onorati stabilizzati, circa 1600, presenti i profili di criticità evidenziati e quali iniziative e con quali tempistiche il Ministro interrogato intenda adottare per sanare la situazione relativa ai soggetti confermati, in modo da garantire una riforma della magistratura onoraria in servizio in linea con la normativa unionale e nazionale, garantendo certezza e diritti agli interessati”: la risposta all’interpellanza è stata resa lo scorso 17.3.2023 dal vice ministro della Giustizia che ha difeso il contenuto della riforma contestando i vari punti degli interventi delle istituzioni europee, e rimarcando il significato risarcitorio della stabilizzazione, al quale nessun altro ristoro potrebbe essere aggiunto.
Nella stessa risposta, sono state manifestate perplessità rispetto ai dubbi sollevati dalla Commissione Europea nella lettera del 15.7.2022 luglio con la quale era stata preannunciata la procedura di infrazione; è stato ribadito che la possibilità di accedere alla procedura di conferma valutativa era stata data a tutte le categorie onorarie attraverso una scelta normativa idonea a consentire, per ciascuna di esse, la continuità nelle funzioni esercitate: ciò è stato offerto come argomento di supporto all’avvenuto adeguamento dell’Italia all’orientamento pregresso della Corte di Giustizia ed ai rilievi della Commissione, secondo i quali il trattamento da riservare alla magistratura onoraria non potesse essere diversificato fra le diverse categorie (giudicante e requirente).
Nel frattempo sono state indette le prime procedure di valutazione, riguardo alle quali sono stati sollevati anche rilievi sui criteri di composizione delle relative Commissioni, con particolare riferimento alla discutibile indipendenza dell’organo di valutazione[12].
All’esito di esse, come detto, risultano stabilizzati finora circa 1600 giudici onorari il cui stato giuridico ed economico continua, però, ad essere fonte di incertezze e confusione: la esplicitata valenza risarcitoria della stabilizzazione, infatti, presenta non poche anomalie consistendo nella costituzione di un rapporto di lavoro proiettato nel futuro, privo di garanzie previdenziali e di un parametro comprensibile per la quantificazione delle reiterate proroghe passate.
Al riguardo, la circolare del Ministero della giustizia dello scorso 31.3.2023 (DAG 72653)[13] si è pronunciata in ordine al trattamento economico dei magistrati onorari che hanno superato la procedura di conferma. Pur preannunciando che l’assetto definitivo è ancora in corso d’opera, con essa sono stati fissati i parametri economici e le differenze fra “esclusivisti” e “non esclusivisti”: i primi non potranno svolgere altre attività lavorative, possibili invece per i secondi che, tuttavia, vedranno dimezzata l’indennità giudiziaria.
E’ stato, inoltre, affermato che l’oggetto dell’opzione prevista nell’art. 29 Dlgs 116/2017 riformato è “l’esclusività” della funzione, ragione per cui il regime ordinario colloca il magistrato onorario nell’attività “non esclusiva” che esprime l’indice rilevante per la realizzazione dell’ effettiva “onorarietà”.
E’ stata indicata, altresì, la decorrenza del pagamento degli emolumenti, riconosciuta dalla data del decreto ministeriale con il quale viene recepita la delibera del CSM di superamento della prova valutativa.
E’ stato, inoltre, chiarito che l’opzione sullo svolgimento in via esclusiva dell’attività (esclusivista o non esclusivista) è sempre revocabile; che la cadenza dei pagamenti (in precedenza trimestrali) dovrà essere rivisitata e che, allo stato, si prevede la corresponsione di un acconto, di cui vengono indicati i parametri, salvo successivo conguaglio.
Sono state anche chiarite le regole per la corresponsione dei buoni pasto ai magistrati onorari confermati e la loro natura assistenziale e, dunque, non monetizzabile.
Ma, soprattutto, è stato sottolineato “che il nuovo quadro normativo non contiene indicazioni neanche attraverso il rinvio ad altre disposizioni riguardo alla natura del reddito nonché al regime fiscale e previdenziale da applicare, quali aspetti riconducibili alla natura del rapporto di lavoro del magistrato onorario confermato”.
In buona sostanza, dalla circolare emerge che lo stato giuridico dei magistrati onorari confermati risulta ancora molto incerto e disomogeneo.
A tale considerazione si aggiunge anche la perplessità relativa alla condizione dei magistrati onorari nominati dopo l’entrata in vigore della riforma del 2017, visto che “l’onorarietà”, nell’accezione a loro riservata, oltre a presentare una anomala difformità rispetto a quelli di lungo corso non in procinto di essere pensionati (e dunque con una prospettiva temporale superiore a due rinnovi quadriennali), si scontra con una realtà giudiziaria che, difficilmente, potrà fare a meno del loro apporto e che, quindi, incorrerà molto probabilmente, allo scadere del secondo quadriennio, negli stessi problemi che si sono da sempre verificati (e cioè l’esigenza di ulteriori proroghe).
8. Conclusioni
E’ indispensabile giungere ad un assetto unitario della magistratura onoraria che, tenuto conto delle peculiarità del nostro sistema giustizia (e cioè del gravoso carico, derivante dal tasso di litigiosità di gran lunga superiore che negli altri paesi europei), si fondi su un punto di equilibrio fra il carattere onorario della funzione (cioè accesso senza concorso e con la possibilità di svolgere altre attività professionali) ed il carico di lavoro da sostenere, con conseguente obbligo di presenza assimilabile a quello dei magistrati ordinari.
Le difficoltà sinora rinvenute nella “quadratura del cerchio” inducono a pensare – a parere di chi scrive - che sia più coerente intervenire con una ulteriore modifica dell’Ordinamento Giudiziario con la quale, prendendo le mosse dall’art. 106 Cost e cioè dal riconoscimento istituzionale dei giudici onorari (nel senso tecnico della funzione così come concepito fino alla legge Carotti) allineati alla “onorarietà di stampo europeo” (per alcune residuali funzioni di minore rilievo), si crei un giudice di prossimità (rispetto ad alcune materie) che acceda alla funzione per concorso per titoli (e non per esami); che abbia una stabilizzazione in termini di stipendio (allineato alla prima valutazione di professionalità dei magistrati professionali), previdenza, assistenza e ferie, con impossibilità a transitare nella magistratura ordinaria (ed a tutti i vantaggi economici e di progressione in carriera che la caratterizzano) se non attraverso il superamento dell’ordinario concorso per esami, per il quale il periodo di lavoro svolto possa valere come titolo da vantare: soluzione, quest’ultima, già adottata per i tirocinanti, ma che potrebbe essere introdotta nel sistema attraverso la specifica previsione di un concorso apposito che, in ragione della destinazione alla trattazione di controversie e di incarichi meno complessi, giustifichi la possibilità che siano presenti nell’ordinamento giudiziario magistrati che non possano aspirare a valutazioni di professionalità ulteriori rispetto alla prima.
Ciò, forse, consentirebbe, da una parte, di fissare dei paletti circa i doveri che i magistrati onorari sono tenuti a rispettare, in termini deontologici, di imparzialità e di quantità del lavoro da svolgere; e, dall’altra, di trovare un punto di equilibrio fra la realtà eurounitaria alla quale si riferiscono i rilievi della Commissione e della Corte di Giustizia e quella, anche normativa, del nostro paese che ha subito, nell’organizzazione della giustizia, una inimmaginabile evoluzione dall’entrata in vigore della Carta Costituzionale sino ad oggi, avendo dovuto far fronte, ormai da numerosi decenni, ad un carico di lavoro non sostenibile con le risorse a disposizione.
Si tratta di una ipotesi di complessa realizzazione, ma alla quale bisognerebbe iniziare a pensare per fornire una soluzione definitiva ad un problema che si trascina da decenni.
Concludendo, ad oggi, parlare di “stato giuridico della magistratura onoraria” conduce su sentieri ancora intricati e da asfaltare, risultando difficile fornire risposte certe ed immediate per l’intera categoria: la situazione è molto confusa sia per la apparente incomunicabilità fra le istituzioni europee e quelle nazionali, sia per la divaricazione fra gli enunciati normativi e la realtà giudiziaria in continuo divenire.
Si impone, comunque, la necessità di un forte impegno istituzionale per fornire soluzioni celeri perché la condizione attuale determina una grave situazione di incertezza per i magistrati onorari e per i dirigenti degli uffici, nonché gravi ricadute sul raggiungimento degli obiettivi del PNRR, tenendo conto che la procedura di infrazione, finora solo preannunciata, non risulta affatto scongiurata.
[1] Dalla Relazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione all’Inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 è emerso che a fronte di una pianta organica – fissata nella riforma del 2017 di 6000 unità – “desta preoccupazione l’ulteriore riduzione, seppur lieve, del numero dei magistrati onorari in servizio, trovando conferma il trend di decrescita di presenze già registrato in passato. Al termine del 2022 risultano presenti in servizio 1.658 vice procuratori onorari, a fronte dei 1.687 registrati al 31.12.2021, e 2.962 tra giudici di pace e giudici onorari (accomunati nell’unica figura del giudice onorario di pace a seguito della riforma della magistratura onoraria attuata con il d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116) a fronte di 3.088 al 31.12.2021 (fonte CSM); dati che vanno considerati tenendo presente l’entità delle scoperture dei posti in organico (ad esempio, 23% per i giudici onorari di tribunale, giudici di pace e vice procuratori onorari; 24% per i giudici ausiliari di Corte di appello (fonte CSM – VIII Commissione).”
[2] Art. 43 bis Ordinamento giudiziario «I giudici ordinari ed onorari svolgono presso il tribunale ordinario il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione. I giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.Nell’assegnazione prevista dal primo comma, è seguito il criterio di non affidare ai giudici onorari: a) nella materia civile, la trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o del giudizio petitorio; b) nella materia penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, nonché la trattazione di procedimenti diversi da quelli previsti dall’articolo 550 del codice di procedura penale». Tale norma attribuiva, quindi, ai GOT il medesimo ruolo prima demandato ai vice-pretori onorari, confermando ed apparentemente ampliando – non essendo riprodotto l’inciso «di regola» che era nel (contestualmente abrogato) art. 34 ordin. giud. – il divieto di tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.
[3] Con la procedura Eu - Pilot 7779/15/EMPL, in particolare, la Commissione europea aveva ritenuto di non rilevare nella figura del magistrato onorario italiano i caratteri tipici dell’onorarietà - ovvero, in particolare, l’assenza di un rapporto di servizio e la durata a tempo determinato dell’incarico - in quanto, nella concreta realtà, tali elementi apparivano sussistere solo su un piano formale, in ragione della realtà sostanziale finora rappresentata.
[4] Va precisato che lo stato giuridico dei viceprocuratori onorari, magistrati onorari requirenti, è stato assimilato a quello degli onorari giudicanti, con riferimento specifico, anche nell’ultimo intervento “critico” della Commissione Europea contenuto nella lettera di apertura della seconda procedura di infrazione, secondo il quale, “sebbene i compiti di ciascuna categoria di magistrati onorari possano essere diversi e per quanto la sentenza della Corte nella causa C-658/18 UX riguardi effettivamente in modo specifico i giudici di pace, senza tuttavia operare distinzioni in merito al loro status a seconda che siano assegnati all'ufficio del giudice di pace o all'ufficio per il processo, le norme di cui al decreto legislativo n. 116/2017 in materia di nomina, incompatibilità, durata dell'ufficio, astensione e ricusazione, doveri, decadenza, dispensa e revoca, formazione e condizioni di lavoro, ad eccezione di quelle relative alla retribuzione, sono le stesse per i giudici onorari di pace e per i vice procuratori onorari assunti dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 116/2017 (15 agosto 2017). Lo stesso vale per i magistrati onorari in servizio in tale data, in quanto le specifiche disposizioni che li riguardano (capo XI: "Disposizioni relative ai magistrati onorari in servizio") fanno riferimento ai magistrati onorari senza alcuna distinzione tra le diverse categorie.” (cfr. Commissione Europea, lettera di costituzione in mora del 15.7.2022 (INFR 2016 4081 C(2022) 3996 FINAL).
[5] https://ec.europa.eu/atwork/applying-eu-law/infringements-proceedings/infringement_decisions/index.cfm?lang_code=IT&typeOfSearch=true&active_only=1&noncom=0&r_dossier=&decision_date_from=13%2F07%2F2007&decision_date_to=16%2F07%2F2021&EM=IT&title=&submit=
[6] Al riguardo, è stato osservato che “da un lato, anche per rispondere ai rilievi provenienti dalle istituzioni europee, si è tentato di esaltare la natura onoraria di questa parte della magistratura attraverso una serie di precisazioni terminologiche all’apparenza perentorie ma in realtà piuttosto evanescenti: in particolare, viene ribadita la natura “inderogabilmente temporanea” dell’incarico, la sua compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali, la circostanza che suddetto incarico non possa in nessun caso determinare un rapporto di pubblico impiego e infine il fatto che ciascun magistrato onorario debba essere impegnato non più di due giorni a settimana (cfr. art. 1, comma 3, d.lgs. n. 116/2017). Dall’altro lato, tuttavia, risulta evidente che l’accesso all’ufficio di magistrato onorario si realizza con un vero e proprio concorso, ancorché, a differenza di quello che contraddistingue l’accesso dei togati, per titoli e non per prove (cfr. art. 6 del d.lgs. n. 116/2017): in particolare, i posti disponibili sono individuati dal C.S.M. sulla base delle vacanze previste nell’anno successivo, viene pubblicato un “bando” con un termine di presentazione delle domande che vengono successivamente esaminate dalla sezione autonoma per i magistrati onorari del Consiglio giudiziario territorialmente competente, in applicazione di criteri prefissati e titoli di preferenza indicati all’art. 4, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 116/2017. Alla fine di questa fase viene redatta una “graduatoria” e vengono formulate motivate proposte di ammissione al tirocinio; al termine del tirocinio, della durata di sei mesi, la sezione autonoma formula un parere sull’idoneità del tirocinante e propone al C.S.M. la “graduatoria” degli idonei al conferimento dell’incarico (cfr. art. 7, comma 7, d.lgs. n. 116/2017).” Cfr. Francesco Dal Canto, Il magistrato onorario nell’ordinamento italiano: statuto costituzionale, attuazione legislativa ed etica delle funzioni, dai Quaderni della SSM Corso su Etica e deontologia della Magistratura onoraria, Roma 2023.
[7] L’art. 25 della riforma del 2017, infatti, prevede, per la gravidanza, la dispensa dall’incarico per 5 mesi complessivi (due prima e tre dopo il parto), senza diritto all’indennità; e per la tutela previdenziale, l’iscrizione alla Gestione Separata INPS per gli autonomi che esercitino professione abituale ancorché non esclusiva, salvo che l’onorario non sia iscritto all’albo forense, caso in cui egli mantiene la copertura fornita dalla relativa Cassa previdenziale.
[8] CGUE 16.7.2020 C- 658 UX contro Governo Italiano, su rinvio pregiudiziale del Giudice di pace di Bologna al quale era stato presentato da altra giudice di pace un ricorso per decreto ingiuntivo volto ad ottenere la condanna del Governo della Repubblica italiana al pagamento dell’importo corrispondente alla retribuzione che spetterebbe ad un magistrato ordinario con la sua stessa anzianità di servizio, a titolo di risarcimento dei danni che essa ritiene di aver subito per la manifesta violazione, da parte dello Stato italiano, della clausola 4 dell’accordo quadro e dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 per mancata percezione di indennità nel periodo feriale)”.
[9] Con ciò, la Corte Costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale degli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall’art. 32 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57)».
[10] Cass. 10774/2020 “È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che disciplinano la posizione del giudice di pace, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 Cost., non essendo quest'ultimo equiparabile ad un pubblico dipendente, né ad un lavoratore parasubordinato, in quanto la categoria dei funzionari onorari, della quale fa parte, presuppone un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi caratterizzanti l'impiego pubblico, come l'accesso alla carica mediante concorso, l'inserimento nell'apparato amministrativo della P.A., lo svolgimento del rapporto secondo lo statuto apposito per tale impiego, il carattere retributivo del compenso e la durata potenzialmente indeterminata del rapporto. Ne consegue l'impossibilità di parificare le indennità percepite dai giudici onorari (nella specie, per reggenza su due sedi), alla retribuzione e la legittimità della fissazione di un limite massimo annuo all'emolumento, di misura tale da non potersi considerare inadeguato o irrisorio, ai sensi dell'art. 11, comma 4 ter, della l. n. 374 del 1991.”;Cass. 13973/2022 “Ai giudici onorari di tribunale non può essere esteso il trattamento economico previsto per i magistrati togati, in quanto, quale riflesso della non omogeneità tra la figura del funzionario onorario e quella del pubblico dipendente (qual è, invece, il magistrato togato), vi ostano le differenze esistenti, non solo nelle modalità di accesso alla carica, ma anche quanto alla natura e all'esercizio delle funzioni espletate, connotate dall'esclusività solo nel caso dei magistrati ordinari di ruolo, nonché alla durata dello svolgimento dell'attività giudiziaria, tendenzialmente indeterminata solo nel rapporto di pubblico impiego.”; Cass. 3157/2023 “È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 50, comma 3, del Tuir nella parte in cui escludono l'applicabilità ai compensi percepiti dai giudici di pace della detrazione spettante per i redditi da lavoro dipendente, poiché la retribuzione connessa al rapporto di lavoro subordinato ha, in base alla disciplina costituzionale e ordinaria, presupposti e finalità differenti da quelli del compenso per l'esercizio di pubbliche funzioni e ciò giustifica la diversità del trattamento fiscale.”
[11] Cfr. Trib. di Roma, sent. 13 gennaio 2021, Trib. Napoli, sezione lavoro, sent. 7 ottobre 2020, Trib. Vicenza, sent. 16 dicembre 2020; Tribunale di Sassari 24 gennaio 2020 con specifico riferimento all’attività di un VPO.
[12] Cfr. Luciano Ciafardini, Commissioni di valutazione per la conferma a tempo indeterminato dei magistrati onorari di lungo corso: quando il diavolo si nasconde nei dettagli, in Giustizia Insieme 4 agosto 2022: “C’è da chiedersi se le disposizioni che si stanno scrutinando, e in particolare quelle che disciplinano la nomina e la composizione delle commissioni di esame, rispettino l’esigenza inderogabile di garantire l’indipendenza anche del magistrato onorario. Una parziale risposta al quesito è stata fornita dal Consiglio superiore della magistratura, il quale, nel parere adottato con delibera del 22 dicembre 2021 e reso su richiesta del Ministro della giustizia, ha ritenuto che la procedura di conferma configurata dal legislatore sia in contrasto con i principi di autonomia e indipendenza che presidiano anche l’esercizio delle funzioni giurisdizionali onorarie. Nel suddetto parere si è evidenziato che «la Commissione di concorso non è […] nominata dall’Organo di governo autonomo, ma è composta da un membro predeterminato dalla legge (il Presidente del Tribunale nel quale il magistrato ha prestato servizio), da un magistrato designato dal Consiglio giudiziario e da un avvocato nominato dal Consiglio dell’ordine, laddove la commissione del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 160 del 2006, “è nominata (...) con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura”».
[13] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_9_12.page?previsiousPage=mg_14_7
Il presente contributo trae spunto dalla relazione tenuta lo scorso 13 aprile 2023 al Corso della SSM su Lo stato giuridico del viceprocuratore onorario nell’ordinamento costituzionale ed europeo.