La dimensione soggettiva della giurisdizione amministrativa tra Corte costituzionale e Corte di giustizia dell’Unione europea
L’articolo affronta il tema della natura, di diritto soggettivo o di diritto oggettivo, del processo amministrativo, partendo dall’analisi – senza alcuna pretesa di esaustività – di alcuni istituti codicistici considerati episodi di giurisdizione oggettiva, per soffermarsi poi sul ruolo dell’interesse a ricorrere nel modello di giurisdizione di diritto soggettivo. Si esamina, in particolare, la dilatazione e la conseguente svalutazione che di questa condizione dell’azione hanno fatto la Corte costituzionale e la Corte di giustizia e le ripercussioni sulla natura, ormai pacificamente ritenuta soggettiva, della giurisdizione amministrativa.
1. La dimensione soggettiva della giurisdizione nel codice del processo amministrativo / 2. Giurisdizione soggettiva e interesse a ricorrere: nella giurisprudenza costituzionale... / 3. … e nella giurisprudenza euro-unitaria
1. La dimensione soggettiva della giurisdizione nel codice del processo amministrativo
La dimensione soggettiva della giurisdizione amministrativa ha un solido fondamento positivo nel codice del processo amministrativo[1], governato anch’esso, come il processo civile, sia dal principio della domanda sia dal dovere di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, come si desume dal rinvio esterno alle «disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali» (art. 39 cpa) e dalla previsione che il giudice si pronuncia «nei limiti della domanda» (art. 34, comma 1, cpa)[2].
Il processo amministrativo, retto dal principio dispositivo e dell’impulso di parte, serve infatti alla tutela di interessi individuali e non al ripristino della legalità amministrativa, avendo ad oggetto, proprio come il processo civile, la tutela giurisdizionale di situazioni giuridiche soggettive, di cui si assume la lesione e di cui si invoca protezione[3].
La natura soggettiva della giurisdizione amministrativa è, inoltre, consacrata a livello costituzionale: gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, infatti, delineano «la giurisdizione amministrativa, nelle controversie tra amministrati e pubblico potere, [come] primariamente rivolta alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive e solo mediatamente al ripristino della legalità dell’azione amministrativa, legalità che pertanto può e deve essere processualmente perseguita entro e non oltre il perimetro dato dalle esigenze di tutela giurisdizionale dei cittadini»[4].
L’oggetto del processo amministrativo è insomma individuato dalla Costituzione nella tutela dell’interesse legittimo, e del diritto soggettivo nelle “particolari materie” devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e non già nella mera legittimità dell’azione amministrativa.
Come più volte ricordato dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato[5], il principio della domanda enunciato dall’art. 24 Cost. – che affianca le due situazioni soggettive attive del diritto soggettivo e dell’interesse legittimo quali presupposti per l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale – rende impossibile considerare quella amministrativa una giurisdizione di diritto oggettivo[6].
Proprio in forza della «natura della giustizia amministrativa quale giurisdizione soggettiva, pur con talune peculiarità – di stretta interpretazione – di tipo oggettivo», oltre che del «principio della domanda, che regola anche il processo amministrativo» e della «regola secondo la quale nel processo amministrativo debba darsi al ricorrente vittorioso tutto quello e soltanto quello che abbia chiesto ed a cui abbia titolo», l’adunanza plenaria ha, ad esempio, escluso che il giudice amministrativo possa accordare d’ufficio, alla parte vittoriosa, una tutela risarcitoria anziché caducatoria, ritenendola non già più satisfattiva, bensì più congrua alla situazione concreta[7].
Il giudice amministrativo non può cioè, in virtù dei principi che reggono il processo amministrativo, sostituire la forma di tutela richiesta dal ricorrente, preferendogliene, in mancanza di apposita domanda, una diversa e facendo recedere il suo interesse sulla base di valutazioni attinenti all’interesse dei controinteressati e agli effetti particolarmente pregiudizievoli dell’annullamento nei loro confronti, all’interesse pubblico, al tempo trascorso dalla emanazione degli atti impugnati, a ragioni di opportunità, equità e proporzionalità[8].
Anche nel processo amministrativo, insomma, la scelta della forma di tutela non può essere rimessa al giudice, ma è di esclusivo appannaggio della parte che la invoca, essendo il processo uno strumento di tutela del ricorrente che lo promuove e non uno strumento di giustizia equitativa[9].
Sotto questo profilo, la configurazione soggettiva del processo amministrativo non è contraddetta dall’istituto delineato dall’art. 34, comma 3, cpa, che consente al giudice di pronunciarsi solamente sull’accertamento dell’illegittimità, «quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente» e sempre che sussista «l’interesse ai fini risarcitori»[10].
La disciplina codicistica, infatti – in omaggio al principio generale, anche nel sistema della giustizia amministrativa, secondo cui l’interesse a ricorrere, costituendo una condizione dell’azione, deve sussistere per tutta la durata del processo –, introduce un meccanismo di conversione dell’azione di annullamento in azione di accertamento, che, se da un lato inibisce la pronuncia caducatoria in caso di sopravvenuta inutilità per il ricorrente, dall’altro garantisce la tutela del suo interesse all’accertamento giudiziale dell’illegittimità dell’atto impugnato, se da esso sia derivato un danno rispetto al quale può proporsi azione risarcitoria.
La disposizione in esame, però, va pur sempre coniugata con il principio della domanda: non rientra tra i poteri d’ufficio del giudice valutare la sussistenza oggettiva, a fronte del venir meno dell’interesse all’annullamento, di un interesse risarcitorio[11].
Anche altri istituti codicistici sono stati ritenuti non perfettamente aderenti alla configurazione soggettiva del processo amministrativo[12]: ad esempio, l’art. 32, comma 2, cpa, laddove attribuisce al giudice, sussistendone i presupposti, il potere di convertire sempre l’azione proposta.
Anche in tal caso, si è sottolineata l’esigenza di interpretare la disposizione in termini compatibili con il principio della domanda, ritenendo che essa attribuisca al giudice non già il potere di disporre ad libitum la conversione dell’azione proposta in un’altra, ma solamente di verificare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento di una domanda diversa da quella formulata, ove quest’ultima non sia esaminabile e sempre che quella accolta vi sia ricompresa[13].
Dubbi sono stati sollevati anche con riferimento alla rilevabilità della nullità del provvedimento amministrativo, che l’art. 31, comma 4, cpa consente espressamente al giudice di sollevare e sindacare, a prescindere dalla domanda di parte[14].
Si è osservato, in proposito, che non si tratterebbe di un’ipotesi di giurisdizione oggettiva, ma piuttosto – analogamente a quanto avviene nel processo civile in caso di nullità del contratto – dell’esigenza di evitare ad un atto affetto da una così radicale patologia di produrre effetti nell’ordinamento giuridico, ancorché la nullità non sia stata rilevata dalle parti in causa[15].
La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, chiarito che la «declaratoria di ufficio della nullità da parte del giudice deve essere correlata al rispetto del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex artt. 112 c.p.c. e 39 c.p.a., in modo non dissimile da quanto già elaborato dalla giurisprudenza con riferimento alla possibilità ed ai limiti della declaratoria di ufficio della nullità del contratto, ex art. 1421 c.c. (…). Ne consegue che il giudice amministrativo può di ufficio procedere a dichiarare la nullità di atti amministrativi (ovviamente in un giudizio diverso da quello ex art. 31, comma 4, c.p.a.), solo se tale declaratoria risulta funzionale alla pronuncia sulla domanda introdotta in giudizio (e quindi, nel giudizio impugnatorio, alla declaratoria di illegittimità dell’atto impugnato e al suo conseguente annullamento, ovvero, al contrario, al rigetto della domanda di annullamento)»[16].
Ovviamente, ai sensi dell’art. 73, comma 3, cpa, il giudice, qualora rilevi d’ufficio la nullità dell’atto impugnato, dovrà stimolare il contraddittorio delle parti sulla questione, indicandola in udienza ovvero, se essa emerge dopo il passaggio in decisione, assegnando un termine per memorie scritte[17]. Non sarà però possibile, invece, alle parti stimolare il potere di conversione dell’azione di annullamento in azione di nullità, ex art. 32, comma 2, cpa, essendo previsto un termine di decadenza per il suo esercizio[18].
Espressione di una giurisdizione di tipo oggettivo appaiono invece, secondo taluni, le norme poste dagli artt. 121, 122 e 123 sulla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione e sulle sanzioni alternative, nel rito degli appalti[19].
Il problema non è tanto quello della dichiarazione di inefficacia, totale o parziale, del contratto, che, nel caso delle gravi violazioni dell’art. 121, comma 1, cpa, è consequenziale e necessario effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione, salva l’ipotesi derogatoria di cui al comma 2, e, nel caso in cui non ricorrano le gravi violazioni, è rimessa al potere discrezionale del giudice[20].
L’inefficacia del contratto – che non può essere oggetto di autonoma domanda, perché il giudice amministrativo ne conosce esclusivamente come effetto giuridico determinato dall’annullamento dell’aggiudicazione[21] – è, infatti, implicitamente compresa nella domanda di annullamento dell’aggiudicazione proposta dal ricorrente[22] o deve essere espressamente richiesta[23], con conseguente rispetto del principio della domanda[24].
Una fattispecie di giurisdizione di diritto oggettivo si configura, invece, in tema di sanzioni alternative, disciplinate dagli artt. 121 e 123 cpa, e applicabili in due ipotesi differenziate.
Ai sensi dell’art. 121, comma 4, cpa, quando ricorrono violazioni gravi e, quindi, sia stata annullata l’aggiudicazione perché illegittima, ma «il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata».
Ai sensi dell’art. 123, comma 3, cpa, quando «il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la sospensione della stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva», ma l’aggiudicazione è legittima in quanto la violazione non ha influito su di essa, assumendo carattere meramente formale.
In questo secondo caso, la sanzione non è collegata all’illegittimità dell’aggiudicazione e non presuppone l’accoglimento della domanda di annullamento, bensì è tesa a sanzionare, in funzione dissuasiva, il mancato rispetto dei termini che vanno osservati prima di sottoscrivere il contratto. Essa, pertanto, non è alternativa, perché non si sostituisce ad alcuna pronuncia, ma si pone come sanzione autonoma, collegata alla violazione, rilevante in sé per sé, delle norme che stabiliscono un tempo di attesa per la stipulazione del contratto[25]. In tal caso, l’irrogazione della sanzione avviene a iniziativa d’ufficio, senza che il ricorrente riceva alcun vantaggio e senza che abbia interesse a lamentarne la mancata applicazione: la giurisdizione è pertanto di tipo oggettivo[26].
Nel primo caso, invece, le sanzioni sono conseguenti alle gravi violazioni che rendono illegittima l’aggiudicazione: esse sono effettivamente alternative, cioè sostitutive della dichiarazione di inefficacia del contratto, eccezionalmente evitata o limitata temporalmente[27].
È discusso in dottrina se sia necessaria o meno la domanda di parte[28], ma in ogni caso la fase processuale diretta alla loro irrogazione è di giurisdizione oggettiva: quando il giudice ritiene di non dichiarare l’inefficacia del contratto, infatti, la tutela del ricorrente al bene della vita anelato – l’aggiudicazione e il subentro nel contratto appunto – si concentra sul risarcimento del danno per equivalente. Il ricorrente non vanta quindi alcun interesse all’applicazione della sanzione alternativa pecuniaria, che non gli attribuisce nessun vantaggio. Quanto alla sanzione alternativa della riduzione della durata residua del contratto, l’interesse del ricorrente è, invece, del tutto indiretto, eventuale e di mero fatto, in quanto può giovargli solamente se la stazione appaltante decida di indire una nuova gara per la parte non eseguita del contratto e il ricorrente, al pari di ogni altro operatore economico, vi partecipi[29].
Insomma, nell’uno come nell’altro caso, la pronuncia del giudice non tutela le situazioni giuridiche soggettive delle parti in causa, ma serve a sanzionare la violazione obiettiva di norme di legge preposte alla tutela di interessi pubblici, quali l’interesse alla concorrenza, alla par condicio e alla non discriminazione, alla trasparenza e alla pubblicità[30].
Accentuano poi la caratterizzazione oggettivante del processo amministrativo, ad avviso di parte della dottrina, le norme in materia di tutela cautelare nel contenzioso sugli atti delle procedure a evidenza pubblica e sui provvedimenti dell’Anac, laddove impongono al giudice di tener conto «di quanto previsto dagli articoli 121, comma 1, e 122, e delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all’esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione» (art. 120, comma 8-ter, cpa) e, in materia di infrastrutture strategiche, «delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera» (art. 125, comma 2, cpa)[31].
Si ritiene infatti che l’art. 120, comma 8-ter, cpa, da un lato, consentirebbe la tutela cautelare a prescindere da una domanda di parte di inefficacia del contratto; dall’altro, imporrebbe di valutare un’esigenza imperativa al mantenimento del rapporto contrattuale, senza alcun bilanciamento con l’interesse del ricorrente. Risulterebbe così violato l’obiettivo primo del processo di diritto soggettivo: quello di recare soddisfazione all’interesse sostanziale della parte.
La valutazione cautelare, insomma, non è limitata agli interessi, pubblico e privato, portati e difesi dalle parti nel processo, ma è doverosamente estesa alla sorte del contratto, alla luce delle violazioni che affliggono la procedura concorsuale e della loro gravità, e a un interesse qualificato e oggettivo[32], perché privo di referente soggettivo nella dialettica processuale[33]. Questo interesse – ossia il cd. interesse generale all’esecuzione del contratto a cui rispondono esigenze imperative – va identificato con il bisogno della collettività, e non dell’amministrazione appaltante, che l’opera o il servizio è destinato a soddisfare[34].
L’interesse generale di cui il giudice deve tener conto in sede di decisione cautelare è, quindi, altra cosa rispetto a quelli delle parti in causa e, in particolare, all’interesse “pubblico”, inteso come interesse dell’amministrazione all’esecuzione del contratto, proprio come il «preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera» di cui all’art. 125 cpa[35].
2. Giurisdizione soggettiva e interesse a ricorrere: nella giurisprudenza costituzionale...
Nel modello di giurisdizione di diritto soggettivo, essendo il processo volto a tutelare l’interesse privato, più che a garantire la legittimità dell’azione amministrativa, assume un ruolo centrale l’interesse a ricorrere, quale condizione dell’azione[36].
Il processo amministrativo, come si è detto, serve alla tutela di interessi individuali e non al ripristino della legalità amministrativa, avendo ad oggetto la tutela giurisdizionale di situazioni giuridiche soggettive, di cui si assume la lesione e di cui si invoca protezione. È necessario, pertanto, che sussista un interesse personale, attuale e concreto in capo al ricorrente, il quale possa trarre, dalla pronuncia giurisdizionale invocata, un’utilità effettiva[37].
Il giudice è, infatti, tenuto ad accertare la sussistenza non solo di una situazione protetta che legittimi il ricorrente alla proposizione del ricorso, ma altresì di uno specifico interesse a ottenere, tramite il processo, il risultato utile auspicato[38]. Solo in tal modo, può dirsi che il processo amministrativo sia realmente strumento di tutela di situazioni giuridiche soggettive.
Ciò è quanto di recente affermato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 271 del 2019 avente ad oggetto il cd. rito super accelerato di cui all’art. 120, comma 2-bis, cpa, introdotto dall’art. 240 d.lgs n. 50/2016 e abrogato dalla l. n. 55/2019, di conversione del dl n. 32/2019[39].
La disposizione era stata censurata dal Tar Puglia «nella parte in cui onera l’impresa partecipante alle procedure di affidamento dei contratti pubblici di impugnare nel termine decadenziale di trenta giorni il provvedimento che determina le ammissioni delle concorrenti all’esito della valutazione di requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali (primo periodo), a pena di preclusione della facoltà di fare valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure, anche con ricorso incidentale (secondo periodo)». Ad avviso del giudice rimettente, essa sarebbe stata in contrasto, tra gli altri, con gli artt. 24, 103 e 113 Cost., in quanto il legislatore, imponendo l’attivazione processuale in un momento in cui il ricorrente non ha un interesse attuale e concreto all’impugnazione, avrebbe configurato un’ipotesi di giurisdizione oggettiva, «volta alla verifica della legalità dell’azione amministrativa e scollegata con la posizione soggettiva del ricorrente, che in tal modo verrebbe indebitamente gravato della tutela di un interesse pubblico».
La Corte costituzionale ha riconosciuto la natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, ritenendo che essa sia volta, in via primaria e diretta, alla tutela di situazioni giuridiche soggettive e, solamente in via subordinata e mediata, al ripristino della legalità dell’azione amministrativa. Ella ha ravvisato, pertanto, il punto di equilibrio tra interesse pubblico e interesse del privato nel processo amministrativo, ritenendo che l’interesse pubblico alla legalità possa essere processualmente tutelato «entro e non oltre il perimetro dato dalle esigenze di tutela giurisdizionale dei cittadini».
La sentenza n. 271 ha però escluso che, nel rito super accelerato di cui all’art. 120, comma 2-bis, cpa, «il legislatore [avesse] configurato una giurisdizione di tipo oggettivo volta a tutelare in via esclusiva o prioritaria l’interesse generale alla correttezza e trasparenza delle procedure di affidamento». A suo avviso, il processo amministrativo rimarrebbe, anche in tal caso, di tipo soggettivo, perché, come aveva già rilevato il Consiglio di Stato[40], il rito super accelerato tutelerebbe pur sempre l’interesse proprio e personale del concorrente, quello alla «corretta formazione della platea dei soggetti partecipanti alla gara», la cui maggiore o minore estensione incide oggettivamente sulla sua chance di aggiudicazione.
A sostegno della propria decisione, la Consulta ha invocato anche la Corte di giustizia dell’Unione europea[41], la quale, proprio con riferimento all’art. 120, comma 2-bis, cpa, aveva appunto ritenuto che il rischio che un provvedimento illegittimo di ammissione di un concorrente a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico possa cagionare un danno fosse «sufficiente a giustificare un immediato interesse ad impugnare detto provvedimento, indipendentemente dal pregiudizio che può inoltre derivare dall’assegnazione dell’appalto ad un altro candidato».
Secondo la sentenza n. 271, dunque, la giurisdizione resta di diritto soggettivo, perché l’interesse strumentale che viene in rilievo non è quello pubblicistico al rispetto della legalità della procedura di gara, ma quello privato del concorrente a consolidare la sua chance di aggiudicazione[42].
Insomma, il processo amministrativo è di tipo soggettivo anche quando è diretto a tutelare non l’interesse finale, ossia l’interesse sostanziale al bene della vita, che ne dovrebbe costituire il centro, ma un interesse strumentale. Tuttavia, ha chiarito infine la Corte, affinché siano rispettati i precetti costituzionali (artt. 24, 103 e 113 Cost.), è necessario che «sussista un solido collegamento con l’interesse finale e non si tratti di un espediente per garantire la legalità in sé dell’azione amministrativa, anche al costo di alterare l’equilibrio del rapporto tra le parti proprio dei processi a carattere dispositivo».
Nel caso di specie, però, il «solido collegamento» tra interesse strumentale di cui si chiede la tutela e interesse finale, invocato dalla Corte costituzionale, è di difficile individuazione.
Il riconoscimento dell’interesse strumentale o procedimentale dovrebbe, infatti, risolversi comunque in un beneficio effettivo del ricorrente e in un’anticipazione non meramente ipotetica della sua tutela[43].
Non si vede, invece, quale sia l’utilità che può trarre il ricorrente dall’accertamento della sussistenza di una causa di esclusione in capo a un concorrente che, ancora, non si sa se conseguirà l’aggiudicazione, a cui il ricorrente stesso aspira. In tal modo, si radica il diritto alla tutela giurisdizionale in presenza del mero rischio della lesione dell’interesse a conseguire l’aggiudicazione, ossia dell’interesse finale[44]. Mentre l’interesse ad agire deve risiedere non già nel rischio di un risultato sfavorevole, ma proprio nell’aspettativa di un risultato utile, che presuppone una lesione concreta e attuale di un diritto o di un interesse legittimo, una lesione cioè che sia reale ed effettiva[45].
Il timore degli effetti dell’altrui ammissione, a fronte dell’esito ancora incerto della procedura concorsuale, non integra certo una lesione effettiva e attuale, la quale si produrrà solamente se e quando verrà attribuito il bene della vita per il quale si compete mediante la gara: l’aggiudicazione[46].
Tramite l’emersione di un interesse di nuovo conio – diverso e strumentale rispetto a quello all’aggiudicazione – avente ad oggetto la «corretta formazione della platea dei soggetti partecipanti alla gara», in realtà l’art. 120, comma 2-bis, cpa ha affievolito l’interesse a ricorrere, ancorandolo a una lesione futura e incerta, anziché attuale e concreta, perché condizionata all’eventualità che l’operatore illegittimamente ammesso si aggiudichi l’appalto[47].
Ciò getta, secondo taluni[48], «una cupa ombra di oggettività» sul processo amministrativo, che dimentica l’esigenza di assicurare una tutela individuale effettiva e utile, in favore dell’efficacia, speditezza ed economicità delle procedure di gara. Le condizioni dell’azione, a cominciare dall’interesse ad agire, rischiano così di essere contaminate dall’interesse pubblico al rispetto delle regole dettate per lo svolgimento delle procedure di appalto, che ne mettono in discussione alcuni pacifici elementi, come la concretezza e l’attualità della lesione, da un lato, e l’utilità ritraibile dalla pronuncia giurisdizionale, dall’altro[49].
3. … e nella giurisprudenza euro-unitaria
L’esigenza di assicurare tutela giurisdizionale a interessi pubblici – come l’interesse al funzionamento concorrenziale del mercato e quello alla correttezza delle procedure di gara che ad esso sono strumentali – a discapito di una rigorosa individuazione delle condizioni dell’azione e, conseguentemente, della connotazione soggettiva della giursdizione amministrativa è emersa anche nel contrasto, tra Corte di giustizia e Consiglio di Stato, cui ha dato vita l’annosa questione dell’ordine di esame del ricorso principale e di quello incidentale cd. escludente[50].
Questo contrasto, quanto meno nella materia degli appalti pubblici, sottende infatti «una diversa idea della nozione di interesse (e legittimazione) al ricorso e, al fondo, una diversa visione della funzione della giurisdizione amministrativa: tendenzialmente soggettiva, perché incentrata sulla tutela delle situazioni giuridiche facenti capo ai consociati, per la giurisprudenza nazionale, e oggettivizzante, perché più attenta alla tutela della legalità dell’azione amministrativa (recte, al corretto impiego di denaro pubblico e ai suoi effetti proconcorrenziali), per il giudice europeo»[51].
L’ultima pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea intervenuta sul tema[52] ha statuito che l’articolo 1, par. 1, terzo comma, e par. 3 della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, «deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, e inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi»[53].
La sentenza del 2019 ha estesto il principio sancito dai precedenti Fastweb (2013) e Puligienica (2016) – secondo cui gli interessi perseguiti nell’ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono equivalenti e, quindi, il giudice ha l’obbligo di esaminarli entrambi[54] – anche all’ipotesi in cui «altri offerenti abbiano presentato offerte nell’ambito della procedura di affidamento e i ricorsi intesi alla reciproca esclusione non riguardino offerte siffatte classificate alle spalle delle offerte costituenti l’oggetto dei suddetti ricorsi per esclusione».
Ciò perché «non si può escludere» che la stazione appaltante, riesaminando e annullando d’ufficio le ammissioni dei concorrenti collocati in posizione deteriore rispetto al concorrente principale, «sia indotta a constatare l’impossibilità di scegliere un’altra offerta regolare e proceda di conseguenza all’organizzazione di una nuova procedura di gara». Inoltre, in caso di accoglimento del ricorso principale proposto dal concorrente non aggiudicatario, l’amministrazione «potrebbe prendere la decisione di annullare la procedura e di avviare una nuova procedura di affidamento a motivo del fatto che le restanti offerte regolari non corrispondono sufficientemente alle attese dell’amministrazione stessa». Questa possibilità è considerata sufficiente a fondare l’interesse al ricorso, senza bisogno che il ricorrente ne fornisca la relativa prova.
Così facendo, però, la Corte di giustizia ha eccessivamente dilatato l’interesse a ricorrere, fondandolo su un’eventualità, o meglio su una serie di eventualità, sconnesse dall’esito favorevole dell’iniziativa processuale[55].
In particolare, il soddisfacimento dell’interesse strumentale del concorrente, che ha proposto il ricorso principale, è condizionato alla mera possibilità che la stazione appaltante – dopo aver riscontrato che le offerte in gara, non esaminate in giudizio, presentino gli stessi o altri vizi – decida non già di scorrere la graduatoria, ma di annullare, in autotutela, la procedura di gara e, successivamente, di bandirne un’altra, a cui il concorrente stesso partecipi, con conseguente chance di aggiudicarsi l’appalto[56]. Chance che – è evidente – è mediata da un evento del tutto futuro e incerto, che peraltro non è imposto dalla pronuncia giudiziale di annullamento degli atti di gara gravati, ma semplicemente occasionato da essa: l’intervento in autotutela dell’amministrazione[57].
Ancorare l’interesse ad agire a un evento meramete ipotetico e aleatorio, come l’annullamento d’ufficio, da parte della stazione appaltante, dell’ammissione di tutti gli altri concorrenti in gara oppure la decisione di non aggiudicare l’appalto perché le offerte regolari non la soddisfano sufficientemente, significa, in sostanza, prescinderne del tutto e consentire la proposizione del ricorso per il semplice fatto storico dell’avvenuta partecipazione alla gara[58].
Sembrerebbe, allora, non sussistere quel «solido collegamento» tra interesse strumentale di cui si chiede la tutela e interesse finale, imposto dalla Corte costituzionale per garantire la conformità dell’assetto processuale ai parametri costituzionali dettati dagli artt. 24, 103 e 113 Cost.[59]
Al contrario, l’interesse strumentale alla riedizione della gara, riconosciuto in capo a qualsiasi concorrente che contesti l’altrui ammissione, senza alcuna indagine sulla concreta utilità che questi possa trarre dall’accoglimento del ricorso, in virtù della possibilità, meramente ipotetica ed eventuale, che l’amministrazione decida, invece di affidare l’appalto a uno degli operatori la cui offerta non è stata contestata in giudizio, di avviare una nuova procedura, si traduce in un vero e proprio «espediente per garantire la legalità in sé dell’azione amministrativa»[60].
L’interesse tutelato, cioè, non è più l’interesse dell’operatore economico all’aggiudicazione, anche mediante la riedizione della procedura di gara, bensì l’interesse a una corretta competizione concorrenziale, coincidente con il rispetto della disciplina europea e nazionale in materia di appalti pubblici[61].
1. M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 2019, p. 486, secondo cui il codice accoglie la concezione soggettiva della tutela giurisdizionale. Il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, infatti, esprime questa concezione, proprio perché il processo serve ad assicurare una tutela piena ed effettiva delle situazioni giuridiche soggettive azionate in giudizio; N. Paolantonio, La dicotomia tra giurisdizione soggettiva e oggettiva nella sistematica del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 2/2020, pp. 237 ss., secondo cui la dimensione soggettiva del processo amministrativo trova fondamento anche nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009, che, tra i principi direttivi della delega, indica il coordinamento con il codice di procedura civile, laddove esprime principi generali, tra cui appunto il principio della domanda, quello dell’iniziativa di parte e del divieto di ultrapetizione; F.G. Scoca, Il principio della domanda nel processo amministrativo, in Corr. giur., n. 12/2015, pp. 1600 ss., secondo cui il principio della domanda vigente nella disciplina del processo amministrativo discende dalla natura soggettiva della giurisdizione amministrativa e, quindi, dal carattere di processo di parti del processo amministrativo; M. Silvestri, Il principio della domanda nel processo amministrativa. L’Adunanza Plenaria n. 4 del 2015, in Foro amm., n. 9/2015, pp. 2210 ss., secondo cui nel cpa vi è una molteplicità di indici normativi della qualificazione in senso soggettivo della giurisdizione amministrativa, quali la piena disponibilità del ricorso (si pensi alla rinuncia ex art. 84 cpa), la vigenza del principio dispositivo nel campo istruttorio (art. 64 cpa), i requisiti ordinari di legittimazione al ricorso (la posizione soggettiva qualificata e differenziata del ricorrente); F. Francario, Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa (introduzione al Convegno dedicato a Leopoldo Mazzarolli), in L’amministrativista, 13 maggio 2016, il quale osserva come il codice del processo amministrativo abbia spostato decisamente il confine verso l’esigenza di tutela dell’interesse privato, segnando l’abbandono definitivo della ricostruzione in termini oggettivi della tutela erogata dal giudice amministrativo, nonostante continui a offrire spunti in tal senso, come ad esempio la possibilità dell’adunanza plenaria di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge; M. Baldi, La Corte UE ancora sul ricorso incidentale escludente: la concorrenza come bene della vita?, in Urb. app., n. 1/2020, p. 47. In generale sul tema, F. Francario e A. M. Sandulli (a cura di), Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa. In ricordo di Leopoldo Mazzarolli, Editoriale Scientifica, Napoli, 2017.
2. V. Domenichelli, Il principio della domanda del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 1/2020, p. 27.
3. V. Domenichelli, op. ult. cit., p. 41; V. Cerulli Irelli, Legittimazione “soggettiva” e legittimazione “oggettiva” ad agire nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 2/2014, p. 342, secondo cui il processo amministrativo, attraverso le varie azioni che in esso possono essere esercitate, è strumento di tutela di situazioni soggettive (diritti o interessi legittimi) allo stesso modo del processo civile e, quindi, processo di tipo o a contenuto soggettivo; F. Cintioli, Le innovazioni del processo amministrativo sui contratti pubblici (ancora in difesa del processo di parti), in Dir. proc. amm., n. 1/2012, p. 255, il quale osserva che il processo amministrativo, sin dalla sua nascita, si è nettamente e sempre smarcato da una accezione oggettivistica pura. Il suo tratto caratterizzante, infatti, è sempre stato quello dell’applicazione del principio della domanda e della connessa disponibilità del diritto di azione in capo al ricorrente: a questi spetta il potere di rinunciare al ricorso; a questi spetta di indicare i motivi entro i quali resta circoscritto l’accertamento del giudice, al quale è sempre stato precluso di assumere iniziative officiose che vadano oltre tali confini; A.M. Sandulli, Profili soggettivi e oggettivi della giustizia amministrativa: il confronto, in Federalismi, n. 3/2017, la quale osserva che, ancorché tradizionalmente giudizio di parti, quello amministrativo si è arricchito nel tempo di alcuni elementi che costituiscono possibile espressione di una giurisdizione di tipo oggettivo, come la legittimazione di alcune amministrazioni ad agire in giudizio per l’annullamento di atti assunti da altre amministrazioni, il potere dell’adunanza plenaria di decidere nell’interesse della legge su questioni di diritto, le controversie in materia di sanzioni sostitutive dell’inefficacia del contratto.
4. Corte cost., n. 271/2019. Nel senso che l’evoluzione del processo amministrativo dopo la Costituzione repubblicana è stata all’insegna del modello della giurisdizione soggettiva, F. Cintioli, Le innovazioni, op. cit., p. 255; M.C. Romano, Crisi della distinzione tra giurisdizione soggettiva e oggettiva nella prospettiva dell’Unione europea, in Dir. proc. amm., n. 2/2020, pp. 1 ss.
5. Tra le altre, Cons. Stato, ad. plen., nn. 4 e 5/2015, n. 9/2014, n. 7/2013, n. 4/2011.
6. La giurisdizione di diritto oggettivo si caratterizza perché il giudice è chiamato a curare un interesse pubblico, prima e oltre che l’interesse e le posizioni giuridiche soggettive delle parti in causa, vi provvede a prescindere dalla domanda di parte e, con specifico riferimento al processo amministrativo, non è vincolato ai motivi dedotti dal ricorrente. Così: F. Cintioli, Le innovazioni, op.cit., p. 255.
7. Cons. Stato, ad. plen., n. 4/2015.
8. La sentenza ha invece ammesso che il giudice amministrativo può modulare la forma di tutela richiesta, ad esempio determinando, «in relazione ai motivi sollevati e riscontrati e all’interesse del ricorrente, la portata dell’annullamento, con formule ben note alla prassi giurisprudenziale, come l’annullamento parziale; nella parte in cui prevede; o non prevede; oppure nei limiti di interesse del ricorrente; e così via». In altri casi, la giurisprudenza amministrativa ha ammesso che il giudice può modulare gli effetti caducatori della pronuncia giurisdizionale di annullamento dell’atto amministrativo, in funzione di una maggior tutela, o di un minor sacrificio, degli interessi in giudizio: così, ad esempio, Cons. Stato, n. 2755/2011, che ha annullato il piano faunistico venatorio della Regione Puglia, con effetto a far data dall’adozione del nuovo piano; nonché Cons. Stato, n. 1233/2020 (parere reso in sede di ricorso straordinario), che ha annullato il piano specifico di prevenzione antincendio boschivo, relativo a un tratto della pineta litoranea, lasciandolo in vigore per il periodo di 180 giorni per consentire alle amministrazioni di adottare le misure per mettere in sicurezza il sito. Sul tema, in termini per lo più critici: A. Travi, Accoglimento dell’impugnazione del provvedimento e “non annullamento” dell’atto illegittimo, in Urb. app., n. 8/2011, pp. 937 ss.; E. Follieri, L’ingegneria processuale del Consiglio di Stato, in Giur. it., n. 2/2012, p. 438 ss.; R. Villata, Ancora “spigolature” sul nuovo processo amministrativo?, in Dir. proc. amm., n. 4/2011, pp. 1512 ss.; L. Bertonazzi, Sentenza che accoglie l’azione di annullamento amputata dell’effetto eliminatorio, in Dir. proc. amm., n. 3/2012, p. 1134; N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 241; A. Scognamiglio, Annullamento “dalla data in cui”, in Giustizia insieme, 3 agosto 2020, la quale si chiede se il potere di modulare gli effetti demolitori della sentenza sia esercitabile dal giudice d’ufficio oppure solamente su domanda di parte, e in particolare su domanda del solo ricorrente oppure anche dell’amministrazione resistente. L’Autrice ha concluso nel senso che è incompatibile «con i principi propri del processo amministrativo come processo di parti retto dal principio dispositivo proprio l’esercizio officioso del potere di modulare l’effetto caducatorio sull’“autentico interesse delle parti” come individuato dallo stesso giudice. Di detto interesse – invece – solo le parti sono interpreti. Perché il giudice possa pronunciare la decorrenza dell’annullamento ex tunc, ex nunc o “dalla data in cui” è essenziale che le parti manifestino un interesse in tal senso. Le parti, dunque la parte ricorrente o l’amministrazione resistente che – come nel caso di specie – ben potrebbe rappresentare al giudice l’eccessiva compromissione dell’interesse generale che l’annullamento retroattivo comporta e ne faccia però esplicita richiesta». In senso parzialmente contrario, F.G. Scoca, Scioglimento di organi elettivi per condizionamento della criminalità organizzata, in Giur. it, n. 7/2016, pp. 1722 ss., secondo cui la limitazione temporale dell’efficacia dell’annullamento dev’essere espressamente chiesta dalla parte ricorrente, a cui solamente compete la delimitazione del petitum.
Ha parlato di visione anacronistica o pseudopaternalistica della giurisdizione amministrativa perché incentrata prevalentemente sulla tutela dell’interesse pubblico al rispetto della legalità, con riferimento sia alla somministrazione officiosa della tutela risarcitoria in luogo di quella caducatoria, sia alla modulabilità degli effetti temporali dell’annullamento, a prescindere dalla domanda di parte: P. Tomaiuoli, Il diritto amministrativo nella più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, in questa Rivista trimestrale, n. 4/2020, www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/il-diritto-amministrativo-nella-piu-recente-giurisprudenza-della-corte-costituzionale.
9. F.G. Scoca, Il principio della domanda, op. cit., p. 1602; N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 241, secondo cui il principio della domanda impedisce, oltre alla sostituzione dell’azione, ogni modifica del petitum operata d’ufficio dal giudice non in presenza di una ragione obiettivamente percepibile, ma sulla base di un apprezzamento personale circa l’idoneità della pronuncia richiesta a soddisfare l’interesse del ricorrente. Il fondamento del modello processuale di diritto soggettivo, infatti, richiede che la domanda sia pienamente disponibile, in via esclusiva, da parte del ricorrente.
È stato, però, osservato che l’adunanza plenaria ha accolto il principio della domanda in un’accezione forte in relazione alle forme di tutela e in un’accezione debole all’interno del processo impugnatorio: V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 34. Nella sentenza n. 5/2015, infatti, l’adunanza plenaria, dopo aver ribadito che la giurisdizione amministrativa è di diritto soggettivo e che «il principio della domanda e quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato hanno dignità di Generalklausel nel processo civile (…) ed in quello amministrativo», ha escluso che «l’obbligo del giudice amministrativo di pronunciare su tutti i vizi-motivi e le domande di annullamento» sia incondizionato. Premesso che la misura giudiziale chiesta, ad esempio l’annullamento di un provvedimento, costituisce il petitum e i vizi di legittimità dedotti la causa petendi, il giudice è vincolato non solo alla domanda proposta, ma anche alle ragioni poste a fondamento della stessa, in quanto non è lo stesso ottenere l’annullamento per un motivo o per un altro, ben potendo differire l’effetto satisfattivo e conformativo della sentenza. Tuttavia, «la graduazione dei motivi o delle domande [rappresenta] un limite al dovere del giudice di pronunciare per intero sopra di esse, prescindendo dall’ordine logico delle medesime o dalla loro pregnanza (e lo) vincola, sebbene la sua osservanza possa portare, in concreto, ad un risultato non in linea con la tutela piena dell’interesse pubblico e della legalità». La graduazione dei motivi, consistendo in un’eccezione all’obbligo del giudice di esaminare tendenzialmente tutti i vizi di legittimità costitutivi del thema decidendum, trova fondamento nella disponibilità degli interessi dei soggetti che agiscono in giudizio. In mancanza di una espressa graduazione, però, «si riespande nella sua pienezza l’obbligo del giudice di primo grado di pronunciare, salvo precise deroghe, su tutti i motivi e le domande», tenendo conto, «in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato al controllo sull’esercizio della funzione pubblica», «della loro consistenza oggettiva (radicalità del vizio) nonché del rapporto corrente fra le stesse sul piano logico-giuridico e diacronico procedimentale», «in vista della completa tutela dell’interesse legittimo ed al contempo della legalità e dell’interesse pubblico». Peraltro, «il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e il conseguente dovere del giudice di pronunciarsi su tutta la domanda, unitamente alle esigenze di miglior cura dell’interesse pubblico e della legalità, comportano che il c.d. assorbimento dei motivi sia, in linea di principio, da considerarsi vietato». Proprio il divieto di assorbimento dei motivi, e l’obbligo del giudice di esaminarli tutti, dovrebbero togliere rilievo all’ordine scelto dal giudice per esaminarli e accoglierli o rigettarli. Tuttavia, ha ammesso l’adunanza plenaria, può ritenersi legittima la tecnica dell’assorbimento dei motivi «quando è espressione consapevole del controllo esercitato dal giudice sull’esercizio della funzione pubblica e se è rigorosamente limitata ai soli casi disciplinati dalla legge ovvero quando sussista un rapporto di stretta e chiara continenza, pregiudizialità o implicazione logica tra la censura accolta e quella non esaminata». Proprio la decisione dell’adunanza plenaria di ammettere, seppur entro certi limiti, l’assorbimento dei motivi significa affidare al giudice la scelta discrezionale del motivo più radicale, inteso non già come motivo più satisfattivo dell’interesse del ricorrente, ma dell’interesse pubblico alla legalità dell’agire amministrativo, così facendo riaffiorare «i segni indelebili della giurisdizione oggettiva»: V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 33. In senso critico, anche N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 240.
10. In tal senso, ex multis: V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 30.
11. In tal senso, Cons. Stato, ad. plen., n. 4/2015. In dottrina, ex multis: V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 31; F. G. Scoca, Il principio della domanda, op. cit., p. 1604.
In giurisprudenza, per quanto concerne i presupposti applicativi dell’art. 34, comma 3, cpa, secondo un primo orientamento è necessario, affinché la disposizione possa trovare applicazione, che la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure che la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di risarcimento o che è in procinto di farlo (Cons. Stato, nn. 8550/2010, 6541/2011, 6229/2012, 2626/2013; Tar Lombardia, Milano, nn. 2352/2011 e 2176/2013; Tar Sicilia, Catania, n. 2646/2012; Tar Lazio, Roma, nn. 8432/2013 e 688/2014). Altra giurisprudenza, invece, ritiene che il tenore testuale della norma e la circostanza che il petitum della domanda di annullamento contenga in sé, come presupposto necessario, l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato lascino intendere che non sia necessaria una specifica istanza dell’interessato, potendo il giudice procedere a una verifica d’ufficio della sussistenza oggettiva dell’interesse al risarcimento (Cons. Stato, nn. 2817/2011, 2916/2012, 646/2013, 3848 e 3939/2014; Tar Lazio, Roma, n. 10797/2014; Tar Campania, Napoli, n. 5460/2014 e 2571/2015). Ad avviso dell’orientamento intermedio, incombe sulla parte ricorrente, a fronte di sopravvenienze che abbiano reso inutile il chiesto annullamento, l’onere di prospettare al giudice, mediante una memoria depositata agli atti del fascicolo, ma anche nel corso della discussione orale della causa all’udienza pubblica, in termini dispositivi (impegnativi) e inequivoci, il proprio perdurante interesse ad avere comunque una decisione di merito sulla legittimità o illegittimità degli atti impugnati. In caso di inerzia della parte ricorrente, invece, il giudice resta autorizzato dalla legge senz’altro a dichiarare l’improcedibilità del ricorso (Cons. Stato, nn. 2979 e 1385/2015; Tar Campania, Napoli, nn. 3519 e 4915/2012; Tar Lombardia, Milano, nn. 730 e 2367/2013 e n. 606/2014; Tar Calabria, Reggio Calabria, n. 731/2013). Vi sono poi alcune pronunce che ritengono insufficiente la richiesta di accoglimento del ricorso a fini risarcitori con riserva di proporre domanda risarcitoria in separata sede, allorché non siano allegati i presupposti dell’eventuale azione risarcitoria e soprattutto la sussistenza del danno (in tal senso, Cons. Stato, n. 6703/2012; Tar Lombardia, Milano, n. 1443/2013; Tar Puglia, Bari, n. 649/2014 e Tar Trentino Alto-Adige, Bolzano, n. 284/2014).
12. Ci si limita all’analisi di alcuni istituti del codice del processo amministrativo, senza pretesa di esaminare, in modo esaustivo, gli episodi di giurisdizione oggettiva presenti nell’ordinamento. Si tralasciano, ad esempio, il tema della legittimazione di alcune amministrazioni ad agire in giudizio per l’annullamento di atti assunti da altre amministrazioni e il potere dell’adunanza plenaria di decidere nell’interesse della legge su questioni di diritto.
13. Così V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 30. Il limite alla conversione dell’azione è la sussistenza dei presupposti, ossia il rispetto delle forme e dei termini non già dell’azione da convertire, ma di quella risultante dalla conversione. Inoltre, secondo la giurisprudenza, tra i presupposti per la conversione dell’azione deve sussistere quello della individuabilità di una presumibile volontà della parte diretta alla proposizione dell’azione risultante dalla conversione (Cons. Stato, n. 4267/2014).
14. N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 245.
15. V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 37.
16. Cons. Stato, n. 28/2018, che cita a sua volta Cons. Stato, n. 5799/2011, anche se, rispetto a questa pronuncia, amplia il potere officioso del giudice. Preso atto che «la “opponibilità” della nullità ad opera della parte resistente deve essere fondata su un interesse concreto ed attuale (…) che va tenuto distinto da quello che legittimerebbe la parte all’azione di accertamento della nullità», in quanto «ciò che, in tal modo, la parte persegue non è la declaratoria della nullità dell’atto amministrativo (per il quale occorre la domanda entro il termine decadenziale), ma la paralisi dell’argomento della parte avversaria comunque fondato sull’atto nullo», la sentenza del 2018 ha però ritenuto che il giudice possa «procedere alla declaratoria di nullità dell’atto ritenuto nullo, potendo egli valutare – in ragione del caso concreto sottoposto al suo giudizio – se limitarsi ad accogliere l’eccezione di nullità, sufficiente a soddisfare la posizione dell’opponente, ovvero procedere alla declaratoria della nullità, in tal modo producendo l’effetto della scomparsa dell’atto amministrativo dal mondo giuridico (e non già la semplice “non consistenza” dello stesso nel singolo giudizio)».
17. Secondo N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 245, l’art. 31, comma 4, cpa sarebbe una norma incompatibile con il modello processuale di diritto soggettivo, in quanto l’art. 73 cpa non garantisce, a differenza di quanto accade in caso di rilievo d’ufficio della nullità del contratto nel processo civile, l’armonizzazione del potere officioso del giudice con i principi del contraddittorio, della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Anzi, il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di nullità e la mancanza di un contradditorio collaborativo renderebbero più profondo il solco tra giurisdizione oggettiva e soggettiva in materia.
18. N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 245.
19. V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 36; F. Francario, Profili oggettivi e soggettivi, op. cit.
20. E. Follieri, Le sanzioni alternative nelle controversie relative a procedure di affidamento di appalti pubblici, in Urb. app., n. 10/2011, p. 1132; G. Cumin, Annullamento dell’aggiudicazione definitiva e sorte del contratto, ivi, n. 1/2016, p. 42.
21. E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 4/2010, pp. 1067 ss., secondo cui il ricorrente deve necessariamente chiedere l’annullamento degli atti pubblicistici che precedono la conclusione del contratto e, dall’accoglimento di tale domanda, consegue (o può conseguire) la dichiarazione di inefficacia del contratto. Il giudice amministrativo, infatti, non svolge un’indagine sul rispetto delle norme di efficacia e validità del contratto, ma considera esclusivamente i vizi del procedimento di affidamento che, se portano all’annullamento dell’aggiudicazione, travolgono o possono travolgere l’efficacia del contratto. L’inefficacia del contratto, quindi, non è autonoma, per cui una domanda riguardante solo la dichiarazione di inefficacia non sarebbe ammissibile: priva del presupposto dell’annullamento, la domanda autonoma di dichiarazione di inefficacia del contratto non può avere alcun fondamento. F. Cintioli, Le innovazioni, op. cit., p. 250, il quale parla di appendice processuale della domanda giudiziale di annullamento dell’aggiudicazione.
22. E. Follieri, Le sanzioni alternative, op. cit., p. 1140; R. Caponigro, Il rapporto tra tutela della concorrenza ed interesse alla scelta del miglior contraente nell’impugnazione degli atti di gara, in Giust. amm., n. 6/2016, pp. 1-29, secondo cui la pronuncia di inefficacia del contratto costituisce un effetto, certo o possibile, dell’annullamento dell’aggiudicazione, non richiedendo alcuna altra specifica domanda. Il relativo potere decisorio non è, pertanto, idoneo ad attribuire alla giurisdizione amministrativa carattere oggettivo, essendo pur sempre preposto a tutela di un interesse individuale.
23. F. Cintioli, Le innovazioni, op. cit., p. 252, secondo cui per dichiarare l’inefficacia del contratto occorre una domanda giudiziale che presupponga ed involga un tale effetto, che dovrà essere proposta insieme a quella volta all’annullamento-conformazione dell’attività della p.a. e risentirà degli effetti dell’eventuale decadenza processuale. La legittimazione, di riflesso, rimane relativa e circoscritta in capo a colui che possa dirsi legittimato all’azione di annullamento. La dichiarazione di inefficacia del contratto, pertanto, è disposta nel segno dell’effettività della tutela dell’interesse individuale del ricorrente. Peraltro, secondo l’Autore, alcuni incerti dati testuali (ad esempio, il tenore dell’art. 121 cpa), che potrebbero incentivare a costruire un potere giudiziale officioso circa la declaratoria di inefficacia, devono soccombere rispetto alla forza del principio dispositivo quanto alla domanda, che si raccorda agli artt. 24 e 113 Cost., che permea di sé l’intero processo amministrativo e che è sicuramente parte integrante delle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi membri dell’Unione europea. Nello stesso senso, P. De Nictolis, Il punto sul rito abbreviato in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, in Urb. app., n. 3/2019, p. 326.
24. In senso contrario, V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 36, secondo cui il giudice prescinde dalla domanda delle parti, che vengono ridotte a mere deduzioni da tenere in considerazione insieme alla gravità della condotta della stazione appaltante e alla situazione di fatto. Ancora più espressione di una giurisdizione di tipo oggettivo, per l’Autore, è la disciplina prevista dall’art. 121, comma 2, cpa, in cui il giudice è chiamato a valutare il mantenimento dell’efficacia del contratto per rispetto di «esigenze imperative connesse ad un interesse generale», nonostante la gravità delle violazioni, e quella dettata dall’art. 122 cpa, in cui il giudice deve stabilire se dichiarare o meno inefficace il contratto, tenendo conto di una serie di elementi che esorbitano dagli interessi di parte.
25. E. Follieri, Le sanzioni alternative, op. cit., p. 1129.
26. E. Follieri, op. ult. cit., p. 1132; F. Cintioli, Le innovazioni, op. cit., p. 255.
27. F. Cintioli, op. ult. cit., ibid.
28. Secondo l’orientamento dominante, le sanzioni sono sempre applicate dal giudice di sua iniziativa, d’ufficio, a prescindere da una domanda di parte: F. Cintioli, op. ult. cit., p. 256; V. Domenichelli, Il principio, op. cit., p. 41; G. Fonderico, I poteri del giudice nel processo amministrativo sui contratti pubblici, in Dir. proc. amm., n. 3/2010, p. 891; A. Bartolini - S. Fantini - F. Figorilli, Il decreto legislativo di recepimento della direttiva ricorsi, in Urb. app., n. 6/2010, p. 656. In senso contrario: E. Follieri, Le sanzioni alternative, op. cit., p. 1139, secondo il quale, nel caso di cui all’art. 121, comma 4, cpa, il giudice applica la sanzione come misura alternativa all’inefficacia del contratto, consequenziale all’accoglimento della domanda di annullamento, che non è rimessa quindi alla sua iniziativa d’ufficio.
29. E. Follieri, op. ult. cit., ibid.
30. Nel senso dell’illegittimità costituzionale di questa ipotesi di giurisdizione, avente natura di diritto oggettivo, G. Greco, Illegittimo affidamento dell’appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel d.lgs. 53/2010, in Riv. dir. pubbl. com., n. 3-4/2010, pp. 729 ss.; F. Cintioli, Le innovazioni, op. cit., p. 258. In senso contrario, E. Follieri, Le sanzioni alternative, op. cit., p. 1140, il quale, pur ammettendo che le sanzioni alternative connotano una giurisdizione di diritto oggettivo per la tutela dell’interesse pubblico, ritiene che i dubbi di costituzionalità per incompatibilità con l’art. 103 Cost. siano superabili. Nonostante sia ormai acquisito che il processo amministrativo sia diretto a tutelare situazioni giuridiche soggettive, infatti, non può escludersi che esso possa adattarsi a tutelare anche l’interesse pubblico, in presenza di norme di diritto positivo in questo senso.
31. N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 243; G. Severini, Tutela cautelare e interesse generale, in M.A. Sandulli e F. Francario (a cura di), Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa. In ricordo di Leopoldo Mazzarolli (atti delle giornate di studio sulla giustizia amministrativa in ricordo di Leopoldo Mazzarolli, Siena, 13-14 maggio 2016), Editoriale Scientifica, Napoli, 2017, p. 17, secondo cui il comma 8-ter intacca la connotazione soggettiva del processo amministrativo, mettendo alla prova il concetto di fondo del processo di parti.
32. Si tratterebbe di un interesse oggettivo di nuovo conio e di immediata formulazione legislativa, espressivo di un’opzione politica a favore della prosecuzione del contratto, di cui si dubita della compatibilità con un sistema processuale di tipo soggettivo e privo di un ufficio portatore di un interesse generale di cui agli artt. 24 e 113 Cost. Così G. Severini, Tutela cautelare, op. cit., p. 32.
33. G. Severini, op. ult. cit., p. 18, il quale sottolinea come la norma crei un’asimmetria formale nuova tra tutela cautelare e decisoria definitiva, che ha natura ancora strettamente soggettiva, così rompendo il nesso di strumentalità tra la prima e la seconda. Con la conseguenza che, quando alla negazione della tutela cautelare seguirà l’annullamento dell’aggiudicazione in sede di merito, saranno ridotte le possibilità di una effettiva tutela in forma specifica, ormai tardiva rispetto all’esecuzione del contratto già avviata.
34. In tal senso, G. Severini, Tutela cautelare, op. cit., p. 38.
35. Peraltro, per il diritto eurounitario soltanto l’interesse generale, e non quello pubblico della stazione appaltante, può integrare quell’esigenza imperativa idonea a prevalere sulle garanzie della concorrenza e dell’accesso al mercato.
36. A. Berti Suman, L’immediata impugnazione delle clausole del bando di gara e il ruolo dell’interesse strumentale nel (nuovo) contenzioso appalti, in www.sipotra.it, 28 maggio 2018, www.sipotra.it/old/wp-content/uploads/2018/05/L%E2%80%99immediata-impugnazione-delle-clausole-del-bando-di-gara-e-il-ruolo-dell%E2%80%99interesse-strumentale-nel-nuovo-contenzioso-appalti.pdf.
37. G. Severini, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici (l’art. 204 del Codice degli appalti pubblici e delle concessioni, ovvero il nuovo art. 120 del Codice del processo amministrativo), in www.giustizia-amministrativa.it, 3 giugno 2016, p. 5 (vds. anche www.news4market.it/wp-content/uploads/2016/06/Il-nuovo-contenzioso-sui-contratti-pubblici-Giuseppe-Severini.pdf), secondo cui «in un sistema di giurisdizione soggettiva come quello del processo amministrativo è essenziale, perché il giudice possa essere investito di una domanda giudiziale, che sussista la prima condizione dell’azione: per agire in giudizio è necessario avervi interesse, secondo il principio generale dell’art. 100 cod. proc. civ., valevole – come sempre si dice – anche per il processo amministrativo; ormai anche in virtù della regola generale dell’art. 39, comma 1, cod. proc. amm. (che rinvia ai principi generali espressi dal Codice di procedura civile); e come è presupposto dall’art. 35, comma 1, lett. b), che prevede che il ricorso è inammissibile quando è carente l’interesse. L’interesse, cioè il bisogno di tutela giurisdizionale indispensabile per rimuovere un atto lesivo, dev’essere concreto e attuale, non teorico o generico».
38. V. Cerulli Irelli, Legittimazione, op. cit., p. 342; V. Domenichelli, Il rito “superaccelerato” nel sistema costituzionale ed eurounitario, in Il processo, n. 1/2019, p. 13.
39. Sulla sentenza, P. Tomaiuoli, Il diritto amministrativo, op. cit.; L.S. Bertonazzi, La Corte costituzionale si pronuncia sull’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., in Dir. proc. amm., n. 1/2020, pp. 185 ss.; F.G. Scoca, Rito superaccelerato e discrezionalità del legislatore, in Giur. cost., n. 6/2019, pp. 3258 ss.; L. Salvemini, Procedure ad evidenza pubblica, efficienza amministrativa e altri valori costituzionali: esigenze di bilanciamento. Riflessioni a margine di Corte cost. 271/2019, in Federalismi, n. 14/2020, (www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=43415). Sull’abrogazione del rito super accelerato, M. Lipari, Il rito superspeciale in materia di ammissioni e di esclusioni (art. 120, co. 2-bis e 6-bis del cpa) va in soffitta. E, ora, quali conseguenze pratiche?, in www.giustizia-amministrativa.it, 20 giugno 2019 (www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/lipari-il-rito-superspeciale-in-materia-di-ammissioni-e-di-esclusioni-art-120-co-2-bis-e-6-bis-del-cpa-va-in-soffitta-e-ora-quali-conseguenze-pratiche).
40. Cons. Stato, ad. plen., n. 4/2018, la quale ha appunto ritenuto che, con l’art. 120, comma 2-bis, cpa, «il legislatore abbia inteso espressamente riconoscere autonoma rilevanza ad un interesse procedimentale (quello legato alla corretta formazione della platea dei concorrenti) riconoscendo ad esso una rapida protezione giurisdizionale». Cons. Stato, ad. plen., n. 6/2018, secondo cui il «rito c.d. “superaccelerato” di cui ai commi 2 bis e 6 bis dell’art. 120 del c.p.a. introdotto dall’art. 204, comma 1, lett. d), del d. lgs. n. 50/2016 è volto, nella sua ratio legis, a consentire la pronta definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione e, quindi, a definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione».
41. Corte di giustizia, IV sezione, ord. 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus.
42. P. Tomaiuoli, Il diritto amministrativo, op. cit.
43. P. Tomaiuoli, op. ult. cit. In materia di evidenza pubblica, il bene della vita perseguito è, alternativamente, quello di divenire aggiudicatario del contratto ovvero quello di acquisire la possibilità di divenirlo, all’esito del rinnovato svolgimento della procedura di gara: l’interesse protetto, nel primo caso, è quello finale all’aggiudicazione del contratto; nel secondo caso, è quello alla riedizione del potere amministrativo illegittimamente esercitato dalla stazione appaltante; così G. Cumin, Rito “superaccelerato”, esecuzione anticipata e frammentazione dell’interesse a ricorrere, in Urb. app., n. 5/2017, p. 650. In senso analogo, G. Severini, Il nuovo contenzioso, op. cit., p. 7, il quale ribadisce che l’interesse strumentale, ossia l’opportunità di conseguire il bene della vita tramite la riedizione dell’azione amministrativa, è sufficiente a giustificare l’azione giudiziaria, purché le chances di ottenere il bene, cioè l’aggiudicazione, siano effettive.
44. Proprio come fa la Corte di giustizia dell’Unione europea, come si vedrà nel prossimo paragrafo. Sul punto: N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 264; G. Cumin, Rito “superaccelerato”, op. cit., p. 653, il quale sottolinea come l’atto di ammissione alla procedura di gara del concorrente non ancora aggiudicatario ponga semplicemente in pericolo la posizione giuridica soggettiva dell’operatore economico che vi ha partecipato, anziché lederla in modo personale, attuale e concreto; R. Caponigro, Il rapporto, op. cit., p. 21, secondo cui l’onere di immediata impugnazione dell’altrui ammissione alla gara impone a qualunque partecipante, che in quel momento non soffre alcuna lesione della sua posizione giuridica protetta, di gravare un atto, rispetto al quale è terzo, prima che sia disposta l’aggiudicazione e, quindi, prima che la sua lesione si attualizzi con l’aggiudicazione a favore del concorrente della cui ammissione si discute.
45. N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 262.
46. G. Severini, Il nuovo contenzioso, op. cit., p. 4, il quale osserva che, in assenza dell’attualità della lesione, non si ha interesse a ricorrere, con la conseguenza che l’abilitazione al ricorso avverso gli atti di ammissione alla procedura di gara degli altri operatori economici è frutto di una finzione giuridica, che opera come una tacita presunzione assoluta di lesività, la quale invece, finché non sia intervenuta l’esclusione ovvero l’aggiudicazione, è meramente indiziaria e potenziale. Si crea così un’azione anticipata e preventiva, in vista del preminente interesse generale alla speditezza e sicurezza della procedura di gara.
47. L. Bertonazzi, La Corte costituzionale si pronuncia, op. cit., p. 190; V. Domenichelli, Il rito “superaccelerato”, op. cit., p. 14, secondo cui l’art. 120, comma 2-bis, cpa persegue l’interesse pubblico alla celere definizione della platea dei concorrenti e alla deflazione del contenzioso, piuttosto che quello di tutela della posizione giuridica soggettiva dei concorrenti. Si tratta di una riforma, secondo l’Autore, volta a funzionalizzare la giustizia amministrativa alle esigenze di legalità e celerità dell’azione amministrativa più che a quelle di garanzia degli operatori; V. Zallocco, Nuovo rito “super speciale”: interesse a ricorrere dell’aggiudicatario e termine per la proposizione del ricorso incidentale, in L’amministrativista, 22 marzo 2017; R. Caponigro, Il rapporto, op. cit., p. 20, il quale sottolinea come l’ammissione di un concorrente alla gara, finché non sia aggiudicato l’appalto, non lede, se non in via eventuale e potenziale, la sfera giuridica di alcun soggetto; E. Follieri, Le novità sui ricorsi giurisdizionali amministrativi nel codice dei contratti pubblici, in Urb. app., n 8-9/2016, p. 889, il quale sottolinea che la lesione dell’interesse a ottenere l’aggiudicazione richiede l’emanazione di provvedimenti successivi collegati a un evento futuro e incerto: l’aggiudicazione a favore del concorrente di cui si contesta la legittima ammissione. Non a caso, l’Autore parla di presunzione di interesse a ricorrere, che potrebbe ravvisarsi nella giusta formazione della platea dei concorrenti alla gara, bene divenuto tutelabile autonomamente; G. Cumin, Rito “superaccelerato”, op. cit., p. 650, secondo cui l’interesse che sorregge l’impugnazione degli atti di ammissione di cui all’art. 120, comma 2-bis, cpa è il risultato di una fictio iuris corrispondente a scelte di opportunità politica; G. Severini, Il nuovo contenzioso, op. cit., p. 4, il quale osserva come, nel rito ex art. 120, comma 2-bis, cpa, l’utilità finale resterebbe sotto condizione di un’aggiudicazione futura e incerta. Tuttavia, l’Autore rileva come l’innovazione processuale si rifletta sul piano sostanziale, configurando una pretesa sostanziale nuova e autonoma, avente ad oggetto l’interesse alla legittima formazione dei concorrenti al successivo sviluppo procedimentale, il che darebbe attualità e concretezza all’interesse a ricorrere.
48. N. Paolantonio, La dicotomia, op. cit., p. 264. In senso conforme, L. Bertonazzi, La Corte costituzionale si pronuncia, op. cit., p. 190, ad avviso del quale però, pur essendo la funzione costituzionale del processo amministrativo la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, la configurazione di circoscritte ipotesi di giurisdizione di diritto oggettivo non viola di per sé la Costituzione. Sarebbe assente, infatti, nel panorama della giustizia amministrativa, un divieto costituzionale di inserire segmenti di giurisdizione oggettiva; V. Domenichelli, Il rito “superaccelerato”, op. cit., p. 22, che ha criticato il tentativo del Consiglio di Stato (ad. plen., n. 4/2018) di mantenere questo rito nell’ambito della giurisdizione in senso soggettivo, essendo volto a tutelare non già un interesse personale del concorrente, ma l’interesse dell’amministrazione alla celere definizione della platea dei concorrenti; R. Caponigro, Il rapporto, op. cit., p. 20, secondo cui, prima dell’aggiudicazione della gara, non si identificano situazioni giuridiche soggettive di interesse protetto in posizione antagonista rispetto a chi è ammesso alla gara o contesti la propria esclusione. Solamente con l’aggiudicazione, infatti, la stazione appaltante attribuisce il bene della vita a un concorrente e lo nega agli altri. Al contrario, l’interesse a confrontarsi con una platea più ristretta di candidati è un interesse non qualificato e, pertanto, non tutelabile, ossia un interesse di mero fatto, che non coincide né con l’interesse finale all’aggiudicazione della gara, né con quello strumentale alla partecipazione alla stessa, ma con l’interesse pubblico o generale alla speditezza della procedura concorsuale, con conseguente deriva oggettivistica della giurisdizione amministrativa. Contra, G. Severini, Il nuovo contenzioso, op. cit., p. 13, secondo cui l’interesse legittimo, di nuovo conio, alla giusta formazione della platea dei concorrenti in gara esclude che si versi in un’ipotesi di giurisdizione oggettiva, che sarebbe tale solo se guardata dal punto di vista del bene finale dell’aggiudicazione.
49. Cons. Stato, ad. plen., n. 9/2014, secondo cui «l’interesse ad agire è scolpito nella sua tradizionale definizione di “bisogno di tutela giurisdizionale”, nel senso che il ricorso al giudice deve presentarsi come indispensabile per porre rimedio allo stato di fatto lesivo; è dunque espressione di economia processuale, manifestando l’esigenza che il ricorso alla giustizia rappresenti extrema ratio; da qui i suoi caratteri essenziali costituiti dalla concretezza ed attualità del danno (anche in termini di probabilità), alla posizione soggettiva di cui si invoca tutela; esso resta logicamente escluso quando sia strumentale alla definizione di questioni correlate a situazioni future e incerte perché meramente ipotetiche».
50. Sul punto, M.C. Romano, Crisi della distinzione, op. cit., p. 306.
51. Così P. Tomaiuoli, Il diritto amministrativo, op. cit.
52. Non è questa la sede per ripercorrere la dibattuta questione dei rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale escludente nel contenzioso in materia di appalti. Sia consentito rinviare, per una sintetica, ma completa ricostruzione della giurisprudenza europea e nazionale in tema, a P. Tomaiuoli, op. ult. cit., nota 25.
53. Corte di giustizia, X sezione, sentenza del 5 settembre 2019, in causa C-333/2018, Lombardi, che ha risposto ai quesiti pregiudiziali posti da Cons. Stato, ad. plen., n. 6/2018. Sulla sentenza si vedano, tra gli altri: A. Cacciari, Morte dell’incidentale paralizzante, in www.giustizia-amministrativa.it, 2019, p. 9 (www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/375087/caccaria.docx/345a549a-26e4-6b74-b050-8cb1783936e4); A. De Zotti, Evoluzione, requiem ed epitaffio del ricorso incidentale escludente dopo la sentenza della Corte di giustizia 5 settembre 2019, n. C-133/18, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 6/2019, pp. 823 ss.; D. Capotorto, Le condizioni dell’azione nel contenzioso amministrativo in materia di appalti: “l’interesse meramente potenziale” nuovo paradigma dell’ordinamento processuale?, in Dir. proc. amm., n. 3/2020, pp. 665 ss.; M. Baldi, La Corte UE, op. cit., p. 45.
54. Di conseguenza, «il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente escluso, qualora la regolarità dell’offerta di ciascuno degli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento, dato che, in una situazione del genere, ciascuno dei concorrenti può far valere un legittimo interesse equivalente all’esclusione dell’offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell’impossibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di procedere alla scelta di un’offerta regolare».
55. L. Bertonazzi, La giurisprudenza europea in tema di ricorso incidentale escludente, in Dir. proc. amm., n. 2/2020, p. 532; anche D. Capotorto, Le condizioni dell’azione, op. cit., p. 680, il quale rileva come gli ultimi approdi della giurisprudenza europea producano il sicuro superamento degli attributi dell’interesse a ricorrere, garantendo tutela anche a interessi meramente indiretti, potenziali e astratti, la cui realizzazione richiede il verificarsi di plurimi eventi futuri e incerti.
56. P. Tomaiuoli, Il diritto amministrativo, op. cit., che parla di un interesse al ricorso ipotetico di quarto grado. Nel senso che una astratta chance di ripetizione della gara non rientri nella nozione di interesse strumentale processualemtne rilevante ex art. 100 cpc, A. Berti Suman, Il ricorso incidentale e l’interesse ad agire alla luce delle sentenze Puligienica, GesmbH e Archus, in Italiappalti, 6 settembre 2017, p. 8, secondo cui la nozione di interesse strumentale non può estendersi a ricomprendere le ipotesi in cui, dall’accoglimento del ricorso, non derivi neanche il limitato effetto dell’indizione di una nuova procedura di gara, in quanto altrimenti il ricorrente non potrebbe trarre, con assoluta certezza, alcuna utilità da esso. Si cadrebbe così in una giurisdizione di tipo oggettivo.
57. Si veda anche D. Capotorto, Le condizioni dell’azione, op. cit., p. 682.
58. In tal senso, L. Bertonazzi, La giurisprudenza europea, op. cit., p. 533. Nel senso che la Corte di giustizia, nel riconoscere rilevanza all’interesse generale che l’impresa aggiudicataria non riceva un’ingiustificata forma di vantaggio dalla precedenza accordatale in sede processuale dalla sua posizione di aggiudicataria, acquisita peraltro in modo illegittimo, finisce per preordinare il ricorso in materia di appalti alla tutela della legalità, oltre che all’interesse di cui è portatore il singolo concorrente. Si finisce così per stravolgere la funzione giurisdizionale, ponendola a presidio della legalità delle procedure di gara: A. Amore, Il ricorso all’istituto dell’autonomia processuale in materia di rapporto tra ricorso incidentale e principale: “scacco al re”, alla Corte di Giustizia europea?, in Foro amm., n. 7-8/2018, c. 1406. Vds. anche D. Capotorto, Le condizioni dell’azione, op. cit., p. 682, il quale sottolinea come la sentenza imponga di garantire piena tutela a interessi meramente ipotetici, in quanto collegati all’eventualità che l’amministrazione proceda con interventi in autotutela successivamente all’adozione di pronunce giurisdizionali tra imprese che hanno ottenuto la reciproca esclusione, senza intaccare la posizione di altri concorrenti utilmente collocati in graduatoria. Vds. anche D. Capotorto, Le condizioni dell’azione, op. cit., p. 680, secondo cui la giurisprudenza europea finisce per accontentarsi di una remota possibilità che la riedizione del potere produca un vantaggio per il ricorrente, così segnando il superamento dei corollari dell’interesse a ricorrere e un’oggettivizzazione del processo amministrativo.
59. Si chiedono se l’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia nella sentenza Lombardi sia conforme a Costituzione e, soprattutto, se possa giustificare l’attivazione dei cd. controlimiti da parte della Consulta: L. Bertonazzi, La giurisprudenza europea, op. cit., p. 534; G. Tulumello, L’evoluzione della causa del provvedimento amministrativo di scelta del contraente e le sue principali conseguenze ordinamentali: l’influsso del diritto UE sulla disciplina, sostanziale e processuale, dei contratti della pubblica amministrazione (anche a margine di Corte cost. n. 271/2019), in Consulta online, n. 3/2019 (dicembre); A. Amore, Il ricorso all’istituto dell’autonomia processuale, op. cit., p. 1415; P. Tomaiuoli, Il diritto amministrativo, op. cit., il quale, nel fornire risposta positiva, osserva come ad essere in gioco non sono solamente gli interessi economici delle imprese, ma anche e soprattutto quello all’effettività della tutela giurisdizionale. Ad avviso dell’Autore, infatti, non può dimenticarsi che, nella dimensione costituzionale, il diritto di agire in giudizio è necessariamente limitato alla sussistenza di un bisogno di tutela giurisdizionale, perché altrimenti perde la sua funzione di strumento di garanzia dei diritti e finisce con il compromettere il funzionamento del sistema giudiziario.
60. D. Capotorto, Le condizioni dell’azione, op. cit., p. 683, secondo cui la connotazione meramente potenziale dell’interesse, che sussisterebbe anche in presenza della mera astratta possibilità che, a seguito dell’accoglimento del ricorso, l’amministrazione riapra la procedura di gara, comporta che il ricorso sia considerato ammissibile anche in assenza di qualsivoglia prova di un vantaggio, diretto e concreto, che il ricorrente possa trarne.
61. A. Amore, Il ricorso all’istituto dell’autonomia processuale, op. cit., p. 1407. M. Baldi, La Corte UE, op. cit., p. 61, il quale osserva però che la Corte di giustizia, lungi dal privilegiare una logica di giurisdizione oggettiva, ha in realtà ampliato l’ambito sostanziale dell’interesse legittimo, riconoscendo rilevanza non solamente all’interesse alla rinnovazione della gara, ma anche all’interesse generale a evitare posizioni di vantaggio a favore di un’impresa concorrente, che abbia acquisito in violazione del diritto europeo. Sarebbe proprio l’interesse legittimo ad avere un’estensione diversa rispetto all’interesse al bene della vita costituito dall’aggiudicazione, giungendo la giurisprudenza europea a individuarlo nel rispetto delle regole di svolgimento delle gare. Insomma, si rimarrebbe nel perimetro della giurisdizione soggettiva, perché i concorrenti vengono considerati portatori di un interesse, non solo di quello finale all’aggiudicazione e di quello strumentale alla rinnovazione della gara, ma anche dell’interesse alla parità di condizioni e alla concorrenza, che si porrebbero come beni intermedi.