Modelli di responsabilità della pubblica amministrazione e riparto di giurisdizione
L’articolo analizza i criteri di riparto della giurisdizione nell’ambito della responsabilità della pubblica amministrazione muovendo dalla individuazione dei diversi modelli di responsabilità e valutando, per ciascuno di essi, quali siano le situazioni giuridiche rilevanti e come si atteggia il rapporto giuridico, con riferimento, in particolare, al concetto di “contatto sociale qualificato”.
1. Premessa / 2. Plurimi modelli di responsabilità della pubblica amministrazione / 3. Responsabilità precontrattuale: doveri reciproci di protezione e libertà negoziale / 4. Responsabilità contrattuale: doveri di prestazione e diritti soggettivi; poteri pubblici e interessi legittimi oppositivi / 5. Responsabilità civile da comportamento materiale: dovere generale di astensione e situazioni giuridiche rilevanti / 6. Responsabilità civile da provvedimento illegittimo (“che nega il bene della vita”): potere pubblico e interesse legittimo / 7. Responsabilità civile da provvedimento illegittimo (“che riconosce il bene della vita”): potere pubblico e libertà negoziale / 8. Responsabilità civile da ritardo: potere pubblico e libertà negoziale / 9. Responsabilità civile da ritardo qualificato da comportamenti: doveri di protezione e diritti soggettivi / 10. Conclusioni
1. Premessa
Discutere di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo significa discutere delle situazioni giuridiche soggettive.
L’interesse legittimo dialoga con il potere pubblico. La natura attiva di entrambe le situazioni giuridiche rende peculiare il rapporto di diritto pubblico e giustifica la tutela eventuale dell’interesse legittimo nel confronto con l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione nell’esercizio del potere pubblico.
Il principale dibattito che attualmente si sta svolgendo con riferimento all’interesse legittimo attiene all’individuazione del suo oggetto.
La concezione strumentale, preferibile, ritiene che l’oggetto dell’interesse legittimo sia costituito dal comportamento della pubblica amministrazione. Il bene della vita rimane fuori dal perimetro della situazione giuridica[1].
La concezione sostanziale ritiene che l’oggetto dell’interesse legittimo sia costituito da un comportamento satisfattivo della pretesa azionata. Il bene della vita rientra nel perimetro della situazione giuridica[2].
Il diritto soggettivo, assoluto o relativo, dialoga con doveri, generali e specifici, delineandosi così rapporti giuridici assoluti o relativi.
Il dibattito attuale che si sta svolgendo attiene anche in questo caso, pur nella diversità dei contesti e delle finalità, all’oggetto delle obbligazioni e dei diritti di credito.
La concezione strumentale continua a ritenere necessario distinguere tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, rilevando che l’oggetto dell’obbligazione (e del diritto di credito) sia il comportamento del debitore e, dunque, il “solo” dovere di prestazione. Il bene della vita (il risultato) è collocato fuori dal perimetro del rapporto obbligatorio. La Corte di cassazione, con un’articolata ricostruzione, sembra avere riproposto questa distinzione con riferimento alle obbligazioni di fare professionale (Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2019, n. 28991; Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2017, n. 1839).
La concezione sostanziale ritiene non più attuale la suddetta distinzione, con la necessaria presenza di comportamento e bene (risultato) nel perimetro del rapporto obbligatorio e con rilevanza di tale distinzione soltanto ai fini di alcuni aspetti della disciplina del rapporto stesso.
2. Plurimi modelli di responsabilità della pubblica amministrazione
L’analisi delle regole di riparto di giurisdizione in relazione a fattispecie di responsabilità della pubblica amministrazione assume connotati di particolare complessità, dipendente dalla molteplicità dei modelli di responsabilità[3].
La principale articolazione, che riprende quella classica civilistica, è tra responsabilità precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale, con plurime articolazioni interne riferibili a quest’ultima.
Nell’analisi di tali modelli, per stabilire quali siano le regole di riparto della giurisdizione, occorre individuare le situazioni giuridiche che vengono in rilievo, ricostruendo il rapporto giuridico che si instaura tra le parti e, in particolare, individuando le fattispecie in cui ricorre un effettivo contatto sociale qualificato che condiziona, nel modo che si indicherà, l’individuazione del giudice competente.
3. Responsabilità precontrattuale: doveri reciproci di protezione e libertà negoziale
La responsabilità precontrattuale è configurabile nella fase che precede la stipula dei contratti della pubblica amministrazione.
Nell’impostazione tradizionale della procedura di evidenza pubblica, il procedimento amministrativo, in cui si confrontano poteri pubblici e interessi legittimi, è doppiato da un procedimento negoziale, in cui si confrontano doveri reciproci di protezione e libertà negoziale.
In particolare, la natura della responsabilità precontrattuale è ricostruita alla luce della teoria del contatto sociale qualificato (Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188).
Si afferma che tra le parti sorge un “contatto sociale qualificato” che fa nascere, alla luce del principio di affidamento, un dovere specifico di buona fede che viene declinato come dovere di protezione dell’altrui sfera giuridica e cioè come dovere di tenere comportamenti che non cagionino danni alla persona e ai beni dell’altra parte e, dunque, che preservino anche l’affidamento che si realizza in ordine alla loro correttezza. Si tratta di un dovere che, normalmente, rileva in ambito extracontrattuale, ma che, in questo caso, in ragione del contatto sociale qualificato e della relazione che si instaura tra le parti, assume connotazioni specifiche. Il dovere di buona fede e protezione non è violato da “chiunque”, ma da chi è in “contatto sociale qualificato” con l’altra parte. In questa prospettiva, la struttura e la funzione della responsabilità sono quelle che caratterizzano la responsabilità contrattuale.
L’assimilazione alla responsabilità contrattuale, tuttavia, non è completa in quanto rimangono le seguenti peculiarità.
La prima peculiarità attiene alle posizioni soggettive che vengono in rilievo.
Esse sono i doveri di protezione reciproca e la libertà negoziale.
Il regime giuridico è quello contrattuale nonostante la fonte sia non il contratto ma il “contatto sociale qualificato”. La diversità principale tra responsabilità contrattuale e responsabilità precontrattuale, ferma la suddetta assimilazione, risiede nel fatto che nella prima esiste un dovere di prestazione, come situazione passiva, cui si correla, come situazione attiva, un diritto di credito, mentre nella seconda un “dovere di protezione”, come situazione passiva, che viene qualificato anche come “obbligazione senza dovere primario di prestazione”, cui si correla, come situazione attiva, la “libertà negoziale” .
La seconda peculiarità, connessa alla prima, attiene alla quantificazione del danno, che resta parametrato all’interesse negativo e non a quello positivo: quest’ultimo presuppone, infatti, l’insorgenza di un dovere di prestazione cui commisurare il danno subito, che, come esposto, nella responsabilità precontrattuale manca.
Le controversie relative a questa fase sono attribuite in via esclusiva al giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lett. e, n. 1, cpa). Le situazioni giuridiche che costituiscono il rapporto giuridico sono di diritto privato, ma l’ambientazione pubblicistica derivante dalla stretta connessione tra procedimento amministrativo e procedimento negoziale giustifica l’attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo.
Nel caso in cui tale ambientazione manchi, perché il contratto è stipulato non nell’esercizio di un potere pubblico ma nell’esercizio di sola autonomia negoziale, al di fuori delle regole europee e costituzionali di evidenza pubblica, venendo in rilievo situazioni giuridiche di diritto privato che si collocano nell’ambito di un contatto sociale qualificato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.
4. Responsabilità contrattuale: doveri di prestazione e diritti soggettivi; poteri pubblici e interessi legittimi oppositivi
La responsabilità contrattuale è configurabile nei casi in cui vengano in rilievo obbligazioni derivanti dalla stipulazione di contratti pubblici.
Le regole di riparto della giurisdizione in materia di contratti pubblici sembrano dipanarsi secondo criteri chiari.
Nella fase della procedura di evidenza pubblica, l’amministrazione adotta atti nell’esercizio di poteri pubblici che si confrontano con interessi legittimi pretensivi, con giurisdizione del giudice amministrativo, la quale ricomprende anche la fase di stipulazione del contratto (art. 133, comma 1, lett. e, n. 1, cpa).
Nella fase di esecuzione del rapporto contrattuale, le parti normalmente adottano atti nell’esercizio della loro autonomia negoziale e sono titolari di diritti soggettivi e obbligazioni, con giurisdizione del giudice ordinario. In particolare, nel caso di violazione dei doveri di prestazione derivanti dal contratto è possibile, tra l’altro, proporre l’azione di risoluzione del contratto per grave inadempimento (art. 108 del codice dei contratti pubblici) unitamente all’azione risarcitoria.
Nella fase esecutiva sono configurabili anche, per la proiezione pubblicistica derivante dal procedimento di evidenza pubblica, poteri pubblici che, oltre a poter assumere la forma dei poteri di autotutela, possono essere esercitati mediante la risoluzione di diritto pubblico per mancanza, tra l’altro, dei requisiti di partecipazione alle gare (codice dei contratti pubblici, art. 108, comma 1, lett. c). In questo caso, il rapporto giuridico è costituito da poteri pubblici e interessi legittimi (normalmente) oppositivi, con giurisdizione del giudice amministrativo.
5. Responsabilità civile da comportamento materiale: dovere generale di astensione e situazioni giuridiche rilevanti
La responsabilità extracontrattuale presuppone che non vi sia un rapporto giuridico pregresso violato.
Quando si entra in questo ambito i modelli sono plurimi e la complessità aumenta.
Sul piano strutturale, il modello generale di responsabilità di cui all’art. 2043 cc presenta, in relazione alla fattispecie, i seguenti elementi costitutivi: i) elemento oggettivo, articolato, al suo interno, in condotta o azione, rapporto di causalità, materiale o strutturale, e danno ingiusto, inteso come lesione di una situazione giuridica rilevante (cd. danno evento); ii) antigiuridicità, che esprime il rapporto di contraddizione tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico (il riferimento è all’assenza di cause di giustificazione); iii) elemento soggettivo, comprensivo della imputabilità, del dolo e della colpa. In relazione alle conseguenze, la fattispecie illecita, così come sopra individuata, deve essere connessa ai pregiudizi diretti e immediati, subiti dalla parte danneggiata, di carattere patrimoniale o non patrimoniale (cd. danno conseguenza).
Elemento centrale per individuare le regole di riparto di giurisdizione è costituito dal “danno ingiusto”.
La più rilevante distinzione, che segna anche il confine delle rispettive giurisdizioni, è tra meri comportamenti materiali e condotte espressione di poteri pubblici.
Nel primo ambito si collocano, ad esempio, le fattispecie di responsabilità per danni da cosa in custodia con riferimento particolare ai compiti di gestione del demanio pubblico (art. 2051 cc) ovvero quelle di responsabilità da attività pericolosa (art. 2050 cc).
La commissione dell’illecito da parte di una persona giuridica comporta anche la necessità di individuare i soggetti responsabili.
Le sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza 16 maggio 2019, n. 13246, hanno affermato che, avendo riguardo all’ente pubblico e al soggetto che opera per esso, si tratta di una responsabilità da preposizione (art. 2049 cc) nell’ambito della quale si innestano le forme di responsabilità dipendenti dalla specifica vicenda che viene in rilievo. In particolare, la responsabilità dell’amministrazione richiede che vi sia il requisito della cd. occasionalità necessaria. Esso viene ricostruito secondo la teoria della causalità adeguata, in base alla quale è riconducibile al preponente il fatto illecito del preposto che, in virtù di un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, sia corrispondente a uno sviluppo oggettivamente non improbabile o anomalo delle normali condotte di regola inerenti all’espletamento dei compiti conferiti. In questa logica, tale rapporto sussiste nella misura in cui le funzioni esercitate abbiano determinato, agevolato o reso possibile la realizzazione del fatto illecito.
In questi casi, le situazioni giuridiche che si confrontano sono il dovere generale di astensione (alterum non laedere) e la situazione giuridica specificamente incisa da tale condotta, che è, normalmente, di diritto soggettivo assoluto.
La giurisdizione è, pertanto, del giudice ordinario.
6. Responsabilità civile da provvedimento illegittimo (“che nega il bene della vita”): potere pubblico e interesse legittimo
Nel secondo ambito si collocano i comportamenti espressione di poteri pubblici e, in particolare, i comportamenti che si risolvono nell’adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi.
La natura di tale responsabilità è controversa ed è, allo stato, all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato a seguito della rimessione disposta dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, con ordinanza 15 dicembre 2020, n. 1136.
Rispetto al modello generale di cui all’art. 2043 cc, la peculiarità si rinviene nel fatto che tra le parti, “prima dell’illecito”, esiste un “contatto” che, a volte, viene indicato come “contatto sociale qualificato”. Si tratta, invero, come si esporrà anche oltre, di un “contatto” diverso dal “contatto sociale qualificato” che fa sorgere doveri di protezione. Più semplicemente, è un “contatto procedimentale”, che rende peculiare il modello di responsabilità della p.a. nel senso che è discusso se ciò implichi un’assimilazione alla responsabilità contrattuale, con applicazione del relativo regime giuridico, ovvero se rimanga ferma la tradizionale ricostruzione quale responsabilità civile secondo il modello dell’art. 2043 cc. Non interessa in questa sede approfondire questi aspetti. Interessa soltanto mettere in rilievo come rimane ferma la contrapposizione tra poteri pubblici e interessi legittimi, con conseguente configurazione di un rapporto giuridico che li vede quali elementi costitutivi.
La giurisdizione è, pertanto, del giudice amministrativo.
7. Responsabilità civile da provvedimento illegittimo (“che riconosce il bene della vita”): potere pubblico e libertà negoziale
In una posizione peculiare si inserisce la fattispecie della responsabilità derivante dall’adozione di un provvedimento favorevole per il privato destinatario che viene poi annullato, in via giudiziale, dal giudice amministrativo o, in via di autotutela, da parte dell’amministrazione con atto legittimo.
Si pensi all’ipotesi del privato che abbia costruito un immobile a seguito del rilascio di un permesso di costruire poi annullato ovvero all’operatore economico al quale sia stato aggiudicato un appalto, poi anch’esso annullato.
Si tratta di stabilire se, in questi casi, il privato, avendo fatto affidamento sulla validità dell’atto ampliativo, possa ottenere il risarcimento del danno.
L’“affidamento incolpevole” che viene in rilievo nell’ambito del sistema della responsabilità è diverso dal “legittimo affidamento”, che rileva ai fini dell’esercizio dei poteri di annullamento d’ufficio di secondo grado.
Il “legittimo affidamento” si “confronta” con l’adozione di un provvedimento formale della pubblica amministrazione e costituisce un limite all’esercizio del potere di secondo grado nel senso che esso, al momento dell’adozione di un atto formale, deve essere tenuto presente dall’amministrazione e bilanciato, nell’esercizio di un potere discrezionale, con gli interessi pubblici rilevanti.
L’“affidamento incolpevole” si “confronta” con un comportamento illecito dell’amministrazione e ha una sola valenza “autonoma”, nel senso che se esso sussiste deve essere risarcito[4].
La non sovrapposizione tra le due nozioni si apprezza se si pensa che l’amministrazione, proprio con riguardo alla fattispecie in esame, da un lato, potrebbe avere adottato un legittimo provvedimento di secondo grado, dando prevalenza all’interesse pubblico; dall’altro lato, potrebbe subire una condanna per avere tenuto un comportamento lesivo dell’affidamento incolpevole del privato.
I principali dubbi interpretativi afferenti al riparto di giurisdizione riguardano proprio questo ambito. La seconda sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 9 marzo 2021, n. 2013, ha rimesso la questione all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Un primo orientamento ritiene che la giurisdizione spetti al giudice amministrativo. Si ritiene che venga in rilievo una situazione giuridica riconducibile all’interesse legittimo, in quanto «la lesione di un interesse legittimo si configura non solo quando l’amministrazione neghi illegittimamente un provvedimento favorevole, ma anche quando rilasci al cittadino illegittimamente un provvedimento favorevole»[5].
Un secondo orientamento, maggioritario, sostenuto dalla Corte di cassazione, ritiene che la giurisdizione spetti al giudice ordinario anche in presenza di una materia di giurisdizione esclusiva. In particolare, la Corte, con tre analoghe sentenze del 2011 (Cass. civ, sez. unite, 23 marzo 2011, nn. 6594, 6295 e 6596), ha affermato che la giurisdizione del giudice amministrativo si giustifica soltanto nel caso in cui l’esercizio del potere pubblico abbia inciso negativamente nella sfera giuridica del privato, come accade nel caso in cui venga negato in modo illegittimo il rilascio di un provvedimento da questi richiesto. Nella fattispecie in esame, invece, una volta eliminato l’atto amministrativo illegittimo, rimarrebbe soltanto un comportamento materiale non collegato all’esercizio di un potere pubblico. In altri termini, sembra che si ritenga che, esclusivamente nel caso in cui il danno sia “conseguenza” di un potere illegittimo, si possa giustificare la giurisdizione del giudice amministrativo. Queste decisioni non si sono soffermate a esaminare l’esatta natura giuridica della posizione lesa.
In una successiva sentenza (Cass. civ, sez. unite, 4 settembre 2015, n. 17586), la Corte di Cassazione ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario anche se all’esito di una più articolata ricostruzione, comprensiva sia di una “parte critica” che di una “parte costruttiva”.
Nella “parte critica”, si è escluso che venga in rilievo un interesse legittimo pretensivo, in quanto l’oggetto di questo non si identifica nella pretesa a che la pubblica amministrazione provveda legittimamente sulla richiesta, bensì «nella richiesta che si provveda dando positiva soddisfazione a quell’interesse». In quest’ottica, se il provvedimento richiesto dal privato viene emesso dalla pubblica amministrazione, ancorché in modo illegittimo, deve affermarsi che l’interesse legittimo pretensivo del privato è soddisfatto e, pertanto, non può ritenersi che vi sia un danno ingiusto. Sembra aderirsi alla concezione strumentale dell’interesse legittimo: il bene della vita è esterno al perimetro della situazione giuridica soggettiva, con la conseguenza che, quando l’amministrazione adotta il provvedimento favorevole, l’interesse legittimo è “soddisfatto”, anche se poi non è possibile conservare quel bene della vita.
Nella “parte costruttiva”, la Cassazione ha ritenuto che la situazione giuridica lesa sia di diritto soggettivo, rappresentata dalla conservazione dell’integrità del patrimonio del danneggiato.
Le sezioni unite della Cassazione sono tornate, più di recente, sull’argomento e hanno rilevato che la posizione soggettiva non può essere «il diritto soggettivo all’integrità del patrimonio», in quanto si tratta di una nozione «priva di consistenza autonoma, risolvendosi in una formula descrittiva che unifica in una sintesi verbale la pluralità delle situazioni soggettive attive che fanno capo ad un soggetto» (Cass. civ., sez. unite, ord. 28 aprile 2020, n. 8236).
La Corte di cassazione ha ritenuto che tale responsabilità sia da ricondurre al modello della responsabilità da “contatto sociale qualificato”. Il principio di buona fede, operante anche al di fuori dell’ambito della fase di formazione del contratto, fa nascere, per la particolare “professione” del soggetto pubblico, un dovere di protezione che impone di tenere conto dell’affidamento incolpevole ingenerato dal comportamento dell’amministrazione. La Cassazione ha puntualizzato che l’affidamento costituisce una «situazione autonoma, tutelata in sé, e non nel suo collegamento con l’interesse pubblico, come affidamento incolpevole di natura civilistica, che si sostanzia, secondo una felice sintesi dottrinale, nella fiducia, nella delusione della fiducia e nel danno subito a causa della condotta dettata dalla fiducia mal riposta; si tratta, in sostanza, di un’aspettativa di coerenza e non contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione fondata sulla buone fede».
La riconduzione al modello del contatto sociale qualificato ha comportato l’applicazione del regime giuridico della responsabilità contrattuale.
Per quanto attiene alle implicazioni in punto di giurisdizione, le sezioni unite hanno confermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, in quanto le situazioni giuridiche che vengono in rilievo non sono di interesse legittimo, ma sono il dovere di protezione e l’affidamento incolpevole.
Nella logica delle sezioni unite, la giurisdizione del giudice ordinario rimane ferma anche se viene in rilievo una “materia” di giurisdizione esclusiva, in quanto in questo caso non sarebbe presente un comportamento espressione di potere pubblico ma un mero comportamento materiale.
Un terzo orientamento, seguito in particolare dall’ordinanza di rimessione all’adunanza plenaria, ritiene che la giurisdizione sia del giudice amministrativo. Si osserva che «un provvedimento amministrativo – non abnorme –, seppur illegittimo e caducato da una pronuncia giurisdizionale, non può essere degradato a mero comportamento della pubblica amministrazione non collegato, neppure mediatamente, con l’esercizio del potere, peraltro sollecitato dal privato». Inoltre, «l’opposta soluzione potrebbe condurre ad esiti disarmonici, atteso che, in base ad essa, laddove il risarcimento venga chiesto dal controinteressato – titolare di un interesse legittimo speculare a colui che ha ottenuto dalla pubblica amministrazione – per i danni causatigli da un provvedimento illegittimo vi sarebbe giurisdizione del giudice amministrativo su tale domanda, mentre, qualora la domanda risarcitoria sia avanzata dal soggetto destinatario del medesimo illegittimo provvedimento (a lui favorevole), la giurisdizione si radicherebbe presso l’autorità giudiziaria ordinaria» (Cons. Stato, sez. II, ord. n. 2013/2021).
Un quarto orientamento, pur ritenendo che non ricorra una situazione di interesse legittimo, afferma che, venendo comunque in rilievo un potere pubblico, la giurisdizione sia del giudice amministrativo nei casi in cui ricorra una materia di giurisdizione esclusiva (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, 2 agosto 2012, n. 1751).
La soluzione preferibile è quella fatta propria dalla Cassazione, con la sentenza n. 8236 del 2020, con le seguenti varianti argomentative.
La prima variante è di ritenere che la situazione lesa non possa considerarsi l’“affidamento” in sé, ma la libertà negoziale. Il comportamento della pubblica amministrazione ha indotto la parte a effettuare o non effettuare scelte economiche mediante negozi giuridici che sarebbero stati di natura diversa in assenza di tale comportamento.
La seconda variante è di ritenere che, in presenza di materie di giurisdizione esclusiva, la giurisdizione è del giudice amministrativo; in ragione dell’ambientazione pubblicistica della condotta, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.
8. Responsabilità civile da ritardo: potere pubblico e libertà negoziale
La responsabilità da ritardo si ha quando l’amministrazione non provvede nei termini previsti dalla legge.
L’art. 2-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto con legge 18 giugno 2009, n. 69, dispone che le pubbliche amministrazioni e i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative «sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto, cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento». L’art. 133, comma 1, lett. a, cpa prevede che questa materia è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Nell’ambito di tale categoria possono essere inserite plurime fattispecie. Quella più rilevante, perché controversa, è relativa alla natura e ai presupposti della responsabilità nel caso in cui l’amministrazione adotti un provvedimento tardivo, che non viene impugnato, ovvero tenga una condotta omissiva che non viene contestata mediante l’azione avverso il silenzio.
Secondo un primo orientamento, che si è formato prima dell’introduzione dell’art. 2-bis della legge n. 241/1990, il risarcimento del danno richiede sempre la dimostrazione del pregiudizio derivante dalla mancata tempestiva attribuzione del bene della vita cui il privato avrebbe comunque titolo (Cons. Stato, ad. plen., 15 settembre 2005, n. 7).
Tale tesi è stata seguita anche in successive decisioni, le quali hanno affermato che, per poter riconoscere la tutela risarcitoria nei casi in cui la lesione nasce da un provvedimento espresso, «non possa in alcun caso prescindersi dalla spettanza di un bene della vita, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante tanto dal provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione quanto dalla sua colpevole inerzia e lo rende risarcibile».
Ne consegue che «l’ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell’azione amministrativa, pertanto, è configurabile solo ove il provvedimento favorevole sia stata adottato, sia pure in ritardo, dall’autorità competente ovvero sarebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico effettuabile sia in caso di adozione di un provvedimento negativo sia in caso di inerzia reiterata, in esito al procedimento» (Cons. Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6755). In tale prospettiva, le posizioni giuridiche che si confrontano sono potere pubblico e interesse legittimo e il bene della vita cui esso si correla.
Secondo un diverso orientamento, che è stato condiviso anche dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, sia pure nell’ambito della risoluzione di un altro contrasto relativo alla responsabilità precontrattuale, il mero ritardo può essere fonte di responsabilità per lesione del «diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale» (Cons. Stato, ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5): il ritardo nell’adozione del provvedimento, infatti, genera «una situazione di incertezza in capo al privato e può, dunque, indurlo a scelte negoziali (a loro volta fonte di perdite patrimoniali o mancati guadagni) che non avrebbe compiuto se avesse tempestivamente ricevuto, con l’adozione del provvedimento nel termine previsto, la risposta dell’amministrazione». L’adunanza plenaria sembra ritenere, inoltre, che la responsabilità sia assimilabile a quella precontrattuale rilevando che «la violazione del termine di conclusione del procedimento di per sé non determina (...) l’invalidità del provvedimento adottato in ritardo (tranne i casi eccezionali e tipici di termini “perentori”), ma rappresenta un comportamento scorretto dell’amministrazione». Incombe in capo al privato l’onere di «fornire la prova, oltre che del ritardo e dell’elemento soggettivo, del rapporto di causalità esistente tra la violazione del termine del procedimento e il compimento di scelte negoziali pregiudizievoli che non avrebbe altrimenti posto in essere».
In questa diversa prospettiva, non occorre effettuare il giudizio prognostico in ordine alla spettanza del bene della vita correlato all’interesse legittimo pretensivo, in quanto cambia la situazione giuridica che si assume violata: non l’interesse legittimo ma il diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale. Cambia anche il bene della vita, che non è quello collegato all’interesse legittimo ma quello collegato al diritto soggettivo e, dunque, sarà differente a seconda della vicenda concreta che viene in rilievo. Se, ad esempio, il ritardo nella risposta negativa ha indotto la parte a stipulare determinati contratti per l’acquisto di beni necessari in vista del rilascio di un permesso di costruire, il danno sarà correlato a tali beni.
Le sezioni unite della Cassazione, con la citata sentenza n. 8236 del 2020, hanno condiviso, sia pure con riferimento a una diversa fattispecie, questa impostazione, aggiungendo che anche quella in esame è una forma di responsabilità da “contatto sociale qualificato”.
L’orientamento della plenaria, che riconosce il danno da ritardo a prescindere dalla prova della lesione del bene della vita al quale si correla l’interesse legittimo, è condivisibile, ma con la seguente puntualizzazione.
La plenaria assimila tale forma di responsabilità alla responsabilità precontrattuale. Quest’ultima presuppone, invero, che vi sia un procedimento finalizzato alla conclusione di un contratto.
Le possibili ricostruzioni sono le seguenti.
Si potrebbe ritenere che si sia in presenza di una responsabilità civile per violazione della libertà negoziale, che rientra nell’ambito del modello generale di cui all’art. 2043 cc, sopra indicato, con la specialità ulteriore rappresentata dal fatto che in questo caso la violazione commessa dall’amministrazione ha riguardato le norme che prevedono i termini di conclusione del procedimento. Le situazioni giuridiche sono: potere pubblico (illegittimo) e libertà negoziale.
Si potrebbe valorizzare anche qui il “contatto” e ritenere che sia una responsabilità assimilabile a quella contrattuale. Non è, però, condivisibile il rilievo secondo cui si tratterebbe di una forma di “contatto sociale qualificato”, il quale presuppone l’esistenza di un comportamento che si caratterizza per la presenza di condotte materiali idonee a ledere il colpevole affidamento del privato.
Nella fattispecie in esame si è in presenza di un comportamento omissivo espressione di potere pubblico e, dunque, si potrebbe richiamare la nozione di mero “contatto procedimentale”, il che giustifica, per l’ambientazione pubblicistica, l’attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo.
9. Responsabilità civile da ritardo qualificato da comportamenti: doveri di protezione e diritti soggettivi
Nell’ambito della responsabilità da comportamento si inserisce, infine, anche la fattispecie, analizzata nella citata sentenza delle sezioni unite della Cassazione n. 8236 del 2020, che si caratterizza per il fatto che l’amministrazione tiene una condotta omissiva che si protrae nel tempo, facendo però sorgere, mediante comportamenti concreti, l’affidamento incolpevole in ordine all’adozione positiva per il richiedente del provvedimento finale.
La fattispecie ha riguardato il caso di una società che aveva presentato un progetto preliminare di massima per la realizzazione di un grande complesso alberghiero su un terreno di sua proprietà. Il comune, pur avendo tenuto comportamenti idonei a far sorgere l’affidamento in ordine alla positiva conclusione del procedimento, non aveva poi adottato un provvedimento finale.
La diversità di questa fattispecie rispetto a quella del danno da ritardo consisterebbe nel fatto che la pubblica amministrazione non ha tenuto un comportamento meramente passivo ma, pur non adottando formalmente l’atto, ha, con condotte concrete, indotto la parte a ritenere che quell’atto sarebbe stato adottato. Il che rende il silenzio “significativo”.
La Corte di cassazione ha ritenuto che anche questa fattispecie debba essere inquadrata nell’ambito del “contatto sociale qualificato” per le analoghe ragioni che hanno indotto la stessa Cassazione a fornire tale qualificazione alla fattispecie relativa al danno da provvedimento favorevole illegittimo.
In particolare: i) dal punto di vista dell’amministrazione, si assume che essa abbia violato il “dovere di protezione” dipendente dal principio di buona fede e correttezza; ii) dal punto di vista del privato, si assume che la condotta dell’amministrazione abbia violato l’“affidamento” a una condotta coerente dell’amministrazione medesima.
Il regime giuridico è quello contrattuale.
La giurisdizione è del giudice ordinario, anche se, come nella fattispecie decisa, viene in rilievo una materia di giurisdizione esclusiva (urbanistica ed edilizia), in quanto il comportamento della pubblica amministrazione è stato ritenuto di natura meramente materiale e non espressione di potere pubblico.
Tale ricostruzione è condivisibile, ma con le seguenti puntualizzazioni.
In primo luogo, con riguardo alla situazione giuridica “affidamento”, valgono le considerazioni svolte nel precedente paragrafo.
In secondo luogo, sono state richiamate, per assimilazione di modelli, le forme di responsabilità da provvedimento amministrativo illegittimo e da ritardo, che – come esposto – si fondano non sul contratto sociale qualificato ma sul mero contatto procedimentale, nonché la responsabilità precontrattuale, che presuppone che venga in rilievo un procedimento negoziale (che doppia un procedimento amministrativo), il quale precede la stipulazione del contratto. In particolare, è rilevante, ai fini della giurisdizione, tenere ben distinta questa fattispecie, connotata da condotte omissive materiali “significative”, con giurisdizione del giudice ordinario, dalle fattispecie, connotate da mere condotte omissive espressione di poteri pubblici, con giurisdizione esclusiva del giudice ordinario.
10. Conclusioni
Il confine tra diritto pubblico e diritto privato assume nel settore della responsabilità della pubblica amministrazione connotati non sempre chiaramente definiti in ragione della difficoltà di individuare la situazione giuridica lesa per la molteplicità e la complessità dei modelli di responsabilità.
Il dialogo tra Corte di cassazione e Consiglio di Stato assume, pertanto, rilevanza ancora maggiore per fornire, mediante un costante confronto di posizioni, un quadro di regole il più possibile chiaro e definito soprattutto con riferimento alla rilevanza che, in questo ambito, assume la nozione di contatto sociale qualificato.
1. F.G. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Giappichelli, Torino, 2017, p. 413.
2. G. Greco, Dal dilemma diritto soggettivo-interesse legittimo alla differenziazione interesse strumentale-interesse finale, in Dir. amm., n. 3/2014, pp. 479 ss.
3. V. Lopilato, Manuale di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2021, in corso di pubblicazione.
4. F. Trimarchi Banfi, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l’amministrazione, in Dir. proc. amm., n. 3/2018, pp. 823 ss.
5. A. Travi, Annullamento del provvedimento favorevole e responsabilità dell’amministrazione, in Foro it., 2011, I, cc. 2387 ss.