Introduzione.
Nel corso del 2013 numerosi sono stati gli interventi delle Sezioni Unite civili nella materia disciplinare dei magistrati, indubbiamente superiori a quelli sia del 2012 sia, anche, del 2011, quantomeno con riguardo alle decisioni che hanno affermato nuove questioni od hanno precisato i confini dei principi già stabiliti nel passato e, dunque, sono state oggetto di specifico interesse per la massimazione.
La Rassegna della Corte di cassazione del 2013 ha dato pieno riscontro a queste nuove problematiche e alle soluzioni individuate dalla Suprema Corte, i cui più significativi arresti delineano un quadro che, pur ancora in corso di definizione, assume una sempre maggiore completezza.
Tra questi sicuramente va annoverata, in primo luogo, una valutazione su alcuni profili di legittimità costituzionale del processo e delle fattispecie disciplinari.
In tal senso è stata valutata la legittimità della previsione che consente al P.G. di esporre oralmente le sue conclusioni motivate solo dopo che l’avvocato dell’incolpato abbia svolto le sue difese (e, dunque, di poter conoscere solo dopo l’esposizione della difesa la posizione assunta dal titolare dell’azione disciplinare), tenuto conto del ruolo, preminente, di tutore imparziale della legalità del P.G. che risponde proprio anche alla scelta in favore del modulo procedimentale civile scelto per la sola fase di legittimità del giudizio disciplinare.
Nella materia dei ritardi, poi, si è escluso che la giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo la quale è ingiustificato – salvo prova contraria dell’incolpato – il ritardo superiore all’anno, comporti una violazione del principio di colpevolezza, versando comunque il magistrato in colpa “quantomeno in relazione all’incapacità di organizzare in modo idoneo il proprio lavoro”, senza che rilevi l’accertata laboriosità del magistrato, che non può comunque risolversi in un ostacolo al buon funzionamento del servizio giustizia.
In questo stesso ambito è nuova, invece, la rilevanza assegnata all’assenza dal lavoro per maternità quale causa del ritardo, dovendosi dare adeguato rilievo alla normativa primaria e secondaria a tutela della lavoratrice madre da cui la necessità di verificare se l’organizzazione del lavoro giudiziario, attuata presso l’ufficio di appartenenza, fosse stata o meno rispettosa di tale apparato normativo.
Molti altri interventi, poi, hanno focalizzato l’attenzione sulle singole fattispecie normative di illecito e sul rapporto tra le stesse di concorso formale o materiale (in ispecie, con riguardo all’inosservanza dei doveri funzionali) ovvero sui parametri che possono fondare la responsabilità del dirigente nell’attuazione del sistema organizzativo e tabellare.
Del tutto nuova – risalendo i precedenti a vicende antiche sviluppatesi in un contesto normativo affatto diverso - è anche la valutazione di illiceità disciplinare dell’attività del magistrato che, in concomitanza all’esercizio della giurisdizione, abbia intrapreso - anche con forme di organizzazione individuale e senza riprodurre, per complessità, una struttura imprenditoriale - una attività di gestione di corsi a pagamento di preparazione di preparazione a concorsi od esami per l’accesso a professioni del settore giuridico.
Non meno significativa, infine, è la giurisprudenza – in continuità, invero, con le indicazioni emerse nel recente passato – sulla valenza delle misure cautelai (in ispecie, del trasferimento d’ufficio) che non costituiscono una anticipazione della sanzione e, quindi, una sorta di espiazione anticipata, restando anche escluso che la perdita del ruolo semidirettivo integri un demansionamento del magistrato incolpato.
In allegato:
Estratto della relazione sulla giurisprudenza di legittimità del 2013
Questione Giustizia ringrazia l'Ufficio del Ruolo e del Massimario per aver consentito la pubblicazione di questi utili e importanti documenti