Il 14 maggio scorso Valerio Onida ci ha lasciati. Tutta la sua vita è stata dedicata allo studio ed all’applicazione del diritto, inteso soprattutto come strumento indispensabile di difesa dei più deboli. Non occorre ricordare qui il suo fondamentale apporto allo studio del diritto costituzionale. In questo campo Onida non è stato solo un professore, bensì un vero Maestro, che ha saputo creare introno a sé una scuola capace di elaborare e trasmettere il suo pensiero anche alle generazioni successive. E neppure occorre ricordare le altre importanti funzioni che ha svolto nella vita pubblica: da giudice, e poi presidente, della Corte costituzionale a presidente del primo consiglio direttivo della Scuola superiore della Magistratura, ed altro ancora. Un grande studioso, certo, ma anche un uomo appassionatamente partecipe delle vicende del suo tempo e sempre disposto ad impegnarsi a fondo per realizzare gli ideali in cui credeva.
Quel che mi preme sottolineare è però il particolare profilo umano di Valerio Onida, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente per averlo incontrato più volte, in occasione di seminari, nel suo studio ed in casa di comuni amici. Ciò che immediatamente colpiva era la sua – vorrei dire – quasi disarmante semplicità: il suo saper porsi al livello dei suoi interlocutori, chiunque essi fossero, senza il benché minimo accenno di supponenza o di superbia intellettuale. E Dio sa se avrebbe potuto permetterselo! Fermissimo nel difendere le proprie idee, ma sempre disposto ad ascoltare con umiltà ed attenzione anche quelle di chi ne aveva di diverse.
Di Valerio Onida si potrebbero dire tante cose, e molte in questi giorni ne sono state dette. Vorrei solo aggiungere il ricordo di un episodio, accaduto non so più quanti anni fa, quando io ero ancora in Corte di cassazione. Fu in occasione di un’adunanza camerale della sesta sezione civile della Corte (la cosiddetta “sezione filtro”, in cui si trattano i ricorsi o le questioni meno “nobili”), la quale allora era ancora aperta alla partecipazione dei difensori, che lo vidi comparire con mia sorpresa – lui, ex presidente della Corte costituzionale e riconosciuto maestro di diritto - in mezzo ad una calca di avvocati di non elevatissimo rango, per lo più propensi a richiamare soltanto le difese scritte e già depositate. Onida era venuto da Milano per difendere scrupolosamente, e lo fece con passione, la causa di un extracomunitario, coinvolto in non so più quale vicenda, oggettivamente di modestissimo valore economico, ma soggettivamente assai importante per l’extracomunitario di cui egli, il grande avvocato, si era preso cura. Esempio meraviglioso, ai miei occhi, di quelle doti di umanità e modestia cui prima accennavo.
Triste cosa è la morte, ma l’importante è aver vissuto bene; e questo è certamente il caso di Valerio Onida.