L’infausto riemergere del tipo di autore
1. Le condizioni di disagio economico, la difficoltà di nutrire fiducia nel futuro, lo svuotamento della funzione pedagogica dell’azione politica hanno dato corpo a un diffuso rancore sociale in parte spontaneo e in parte alimentato da forze politiche interessate a trarre vantaggi in termini di consenso e di legittimazione. In queste fasi è ricorrente un processo sociale e politico diretto alla costruzione del nemico, colui che a torto o a ragione è considerato responsabile o beneficiario delle disgrazie altrui. Il principale capro espiatorio è il settore pubblico e, all’interno di questo, il mondo politico, chi ha responsabilità politiche o chi le ha avute. La disintermediazione sociale, che è stata portata avanti con determinazione da un precedente Governo ha involontariamente rafforzato le istanze populiste, ha indotto alla Grande Semplificazione come linea conduttrice della narrazione politica e della stessa azione di Governo. Ne sono derivate sottovalutazioni delle competenze tecniche (con ricadute sulla qualità dei disegni di legge che vengono dal Governo e delle leggi che vengono dal Parlamento), sopravvalutazione delle competenze comunicative, marginalizzazione degli argomenti razionali, sopravvalutazione di quelli emotivi. Diventa frequente lo scivolamento dalla semplificazione alla banalizzazione. Come spiegò una volta un grande maestro di politica, chi semplifica toglie il superfluo e ne è consapevole, chi banalizza toglie l’essenziale e non se ne accorge.
2. In tale contesto il diritto penale costituisce il principale strumento d’ordine. Sui gravi problemi sociali si invoca l’intervento penale come panacea e come forma di legittimazione di sé stessi davanti a cittadini. Questo primato del penale come terreno del risanamento sociale ha scatenato una forma di pericoloso irrazionalismo caratterizzato dall’inseguimento della sanzione più severa, del trattamento penale più rigoroso, della norma incriminatrice più indeterminata al fine di aumentare le possibilità dell’intervento penale. Il cittadino comune, stimolato dalla rozzezza dei social, pensa a sua volta che invocare più pena possa costituire una soluzione e tende a valutare il comportamento dei politici sulla base della loro volontà di penalizzazione. Molti politici trovano nel diritto penale una facile terreno di (apparente) soluzione di alcuni problemi del Paese, non costoso, legittimante e rispondente alle domande che vengono dai cittadini.
3. Si manifesta una sorta di integrazione tra una domanda di repressione esemplare, e quindi iniqua, che viene dalla società e le risposte condiscendenti della parte astuta del mondo politico. Questa non è una connessione virtuosa tra due istanze coincidenti nei contenuti e negli obbiettivi; è un temibile corto circuito destinato a produrre frutti velenosi. Scomparse o delegittimate le istituzioni intermedie, che sono quelle della razionalità, costruito un rapporto diretto tra il leader e la società, proposte alla società soluzioni banalizzanti e sollecitata la società a proporre domande dello stesso carattere, il populismo diventa inevitabile. La comunicazione semplificata, o banalizzata, non propone un ragionamento, una valutazione degli argomenti e una conclusione razionale. Propone un messaggio. È immediata, facile da comprendere, disponibile a farsi giudicare con i “mi piace”, il cui numero a sua volta segna il successo o l’insuccesso del leader. Essa attiva a sua volta semplificazioni e banalizzazioni dalla parte dei cittadini e disabitua alla riflessione.
4. Il diritto penale vive ormai da decenni una stagione difficile. Nella pratica giudiziaria è schiacciato dalla prevalenza della procedura. Nella pratica parlamentare è ridotto a tecnica di accoglienza delle istanze vendicative che vengono dalla società e dai mezzi di comunicazione. Il dominio della procedura nelle aule dei tribunali è determinato dalla crisi del processo come luogo ove si accerta, con modalità ragionevoli, la responsabilità per un fatto che costituisce reato. La lunghezza dei tempi, la prevalenza della spettacolarizzazione dovuta all’invadenza dei mezzi di comunicazione, l’incertezza delle interpretazioni, la frammentazione di categorie originariamente unitarie, hanno trasformato il processo in un teatro dove la dialettica tra accusa e difesa diventa competizione di astuzie attorno alla regola processuale. I gorghi del processo hanno inghiottito il significato stesso delle fattispecie incriminatrici, come limiti chiari e certi della potestà punitiva dello Stato.
5. Negli ultimi anni la situazione è diventata ancora più difficile. I “nemici”, responsabili delle difficili condizioni di vita dei cittadini più deboli o beneficiari delle ingiustizie sociali sono lo straniero immigrato povero, il politico, il pubblico funzionario. Costoro rientrano nel tipo d’autore del soggetto pericoloso: se ne chiede la damnatio o la punizione, non per quello che eventualmente avrebbero fatto (o sono accusati di aver fatto), ma per quello che sono, a prescindere dalla commissione di un fatto: perché sono immigrati o responsabili politici o responsabili amministrativi. E se la punizione non arriva, la dichiarazione di innocenza è spesso denunciata come il frutto avvelenato della corruzione o della fragilità del sistema. Sempre più frequente è lo scivolamento verso altre forme di discriminazione, ad esempio contro gli ebrei come accaduto recentemente in Francia e in molti altri Paesi europei. Non a caso il Pontefice, parlando delle conseguenze del populismo penale ai giuristi dell’Associazione internazionale di diritto penale, il 23 ottobre 2014, ha ricordato che «i meccanismi di formazione di queste immagini sono i medesimi che, a suo tempo, permisero l’espansione delle idee razziste».
6. Società, mezzi di comunicazione e potere politico chiedono sempre più spesso all’autorità giudiziaria non l’accertamento della responsabilità penale di singoli attraverso l’applicazione della legge, ma il conseguimento di una finalità generale attraverso il perseguimento di persone che rientrano nelle figure del tipo di autore. Il pubblico ministero o il giudice, come è proprio delle fasi populistiche, diventano magistrati di scopo: devono punire, duramente, il guidatore sbadato, per ammonire tutti i guidatori, devono sanzionare il politico o il pubblico funzionario accusati di malversazione perché rientrano nel tipo d’autore che il populismo ha configurato, devono sempre e comunque assolvere il cittadino che ha ucciso il ladro.
7. In coerenza con l’indirizzo panpenalistico, il lessico della comunicazione giornalistica in materia si è arricchito di una nuova categoria, la categoria del coinvolto. Il coinvolto è non solo chi è stato arrestato, chi è stato destinatario di una comunicazione giudiziaria, ma anche chi è semplicemente citato nella motivazione di un provvedimento giudiziario, purché appartenga alle categorie tipiche. La nuova categoria permette di trattare tutti allo stesso modo, indipendentemente dalla posizione che occupano nella inchiesta giudiziaria. Favorisce quindi la costruzione del nemico anzi il consolidamento della idea che ci sia un nemico da abbattere, responsabile delle difficili condizioni di vita di grandi fasce della popolazione.
8. La permanente costruzione del nemico costituisce un carattere proprio dei regimi populisti anche sotto un diverso profilo. Se le proposte che le forze populiste hanno fatto all’elettorato non sono realizzate, la responsabilità è del nemico, in genere il pubblico funzionario. Il suo abbattimento eliminerà gli ostacoli e renderà realizzabili le proposte bloccate. E se le proposte non si sbloccano è segno non di una loro irrealizzabilità, ma della presenza di altri nemici che bisogna a loro volta abbattere. Il diritto, penale e non solo, viene piegato alle esigenze della lotta al nemico. L’alleanza con il Giudiziario è una componente essenziale di questo populismo, perché attraverso il Giudiziario il nemico può essere individuato, segnalato alla pubblica opinione e punito.
9. Nelle aule parlamentari e, più in generale, nello spazio pubblico il primato del penale prescinde dalla natura dell’oggetto e dalla coerenza del sistema. Descrizione della fattispecie, tipo e misura della sanzione dipendono solo dal messaggio che si vuole lanciare, non per stabilire un’equa punizione, ma per acquisire consenso davanti all’opinione pubblica, per impedire la prescrizione, per consentire le intercettazioni. Ne deriva l’alterazione della proporzione tra gravità oggettiva del reato ed entità della sanzione e l’ingresso in campo di nuove gerarchie di valori, spesso irragionevoli perché dettate dallo spirito del tempo, dalla convenienza politica, dalle pressioni dei social.
10. L’ illusione populista ha sostituito l’illusione repressiva, propria degli anni Settanta; il Governo migliore non è quello che guarda al futuro, ma quello che va incontro ai sentimenti, veri o presunti, del popolo e vive perciò in un eterno presente. L’illusione populista nasce dall’idea che la politica non abbia alcuna funzione di mediazione tra confliggenti interessi, ma debba limitarsi a riprendere e realizzare le domande, vere o presunte che vengono dalla società, meglio delle domande che le oligarchie dirigenti imputano al popolo. Questa forma di Governo, sotto l’apparente schermo della democraticità, in genere si presta a formidabili espressioni di incontrollato autoritarismo.
11. In tale contesto i problemi politici si risolvono attraverso la sanzione penale, la costruzione del nemico, la individuazione di colpevoli da criminalizzare, mentre le questioni sociali si risolvono attraverso salari di Stato ai quali non corrisponde alcun lavoro. Queste scelte vanno incontro a gravi sconfitte. Ignorano che il diritto penale punisce ma non risana. La politica ha il compito di risanare. Ma se è la politica ad affidarsi al diritto penale, chi si assume il compito di risanare? Le questioni sociali, a loro volta, si affrontano correttamente attraverso lo sviluppo. Ma se mancano politiche di sviluppo con quali risorse si pagano i salari di Stato? Anche l’indebitamento a carico delle generazioni future ha un limite oltre il quale non si può andare.
12. Forse i giuristi possono avere oggi una nuova funzione civile segnalando con autorevolezza e ricchezza di argomenti i limiti e i costi della espansione eccessiva del diritto, il carattere improvvido del ricorso al penale come politica pubblica restauratrice dell’ordine, la necessità di politiche di risanamento che abbiano al centro una visione del futuro, gli errori, a volte le tragedie, cui può portare l’infausto ritorno al tipo di autore.