La funzione sociale dell’adozione in casi particolari tra coppie di fatto e persone singole: un giusto incentivo per il legislatore
1. Profili preliminari
Come ha avuto occasione di affermare anche la Commissione giustizia della Camera dei deputati, «l’ampliamento della nozione giuridica di famiglia realizzato dalla riforma del 2012, ha sganciato la relazione tra genitori e figli dal vincolo matrimoniale»[1]. Lo status filiationis non dipende più dall’appartenenza a una specifica comunità familiare né dal tipo di rapporto che i genitori hanno scelto di condividere e dal quale lo stesso status trae origine.
Tale nuovo assetto si riflette sulla disciplina dell’adozione e dell’affido e sulla necessità che il legislatore metta in moto interventi di ristrutturazione volti ad adeguare le regole sostanziali e processuali ivi previste, tanto rispetto alle nuove forme di unione tra persone che il nostro ordinamento ha recepito (con la l. 20 maggio 2016, n. 76, nel panorama giuridico si collocano finalmente anche le unioni civili same sex e le convivenze di fatto fra persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile), quanto all’adottante quale persona singola, figura soltanto timidamente contemplata da alcune disposizioni speciali[2].
In questo contesto, l’unicità dello status di figlio conclamata dall’art. 315 cc impone di riconsiderare una volta per tutte la definizione di adozione “legittimante” e le divergenze, ora del tutto anacronistiche in termini di effetti, con l’adozione speciale dei cd. “casi particolari”. Invero, attraverso il procedimento volto a dichiarare l’adozione, lo spazio di tutela sostanziale e processuale conseguito per il minore adottato non può che essere il medesimo, indipendentemente dalla situazione di fatto o di diritto da cui il nuovo status di figlio ha tratto origine[3].
Le riflessioni che seguono muovono da tali premesse di carattere sistematico, nella piena consapevolezza che l’istituto dell’adozione, piena o speciale, risponde, oggi ancora più di ieri, a un’esigenza sociale da più parti manifesta oltre che impellente e della quale occorre farsi carico.
La funzione di impatto immediato diviene difatti indifferibile sul fenomeno dei flussi migratori, ove l’abbandono del minore, lungi dal rappresentare ipotesi sporadiche e accidentali, costituisce la regola di approdo del minore migrante nel nostro Paese. In quest’ottica, una procedura maggiormente accessibile e più aperta alle forme nuove di famiglia riconosciute dal nostro ordinamento si appresta a divenire strumento efficace di “soccorso”, in grado di far fronte a un sistema di regole volte al riconoscimento dello status di rifugiato che non funziona[4] e di sostituirsi a un regime di accoglienza palesemente lesivo dei diritti umani.
Nel contempo, giova considerare che il riscontro con le prassi conduce a un risultato niente affatto irrisorio. Anzi: sul piano statistico, l’adozione ex art. 44 l. n. 184/1983 diventa strumento «imprescindibile per la giustizia minorile»[5] e si caratterizza come un fenomeno in costante crescita. Secondo i dati del 2018 forniti dal Dipartimento della giustizia minorile, a fronte di 850 sentenze di adozione nazionale, si registrano 667 adozioni in casi particolari, di cui 20 secondo la lett. a, 421 sub lett. b, 2 sub lett. c e 224 sub lett. d dello stesso art. 44, comma 1[6].
I tempi sono dunque maturi perché il legislatore torni a regolare l’istituto della adozione speciale, tenendo conto dei casi particolari che la nuova dimensione familiare rimette oggi all’attenzione dell’interprete, ferma restando, da un canto, la permeabilità del fenomeno e, dall’altro, la necessità di equiparare i margini di tutela del minore indipendentemente dalle forme di adozione di volta in volta messe in atto.
Le pagine che seguono ripercorrono diversi sentieri già tracciati.
Come si vedrà, alcuni di questi percorsi sono risultati premiali, altri hanno rimesso alla discrezionalità dell’operatore pratico casi troppo distanti dalla norma di legge, altri ancora hanno preparato il terreno per un ulteriore intervento riformatore in grado di adeguare le regole in tema di adozione e affido a una nuova e diversa accezione di “nucleo familiare” disponibile a prendersi cura del minore e a farsi carico dell’assistenza materiale e morale di cui questo stesso minore è privo.
2. L’adozione in “casi particolari”: il campo d’indagine
L’istituto dell’adozione in “casi particolari” è una forma di adozione speciale la cui disciplina positiva è contemplata dagli artt. 44-57 della l. n. 184/1983, e la specialità rispetto alla forma tradizionale si sostanzia proprio nella collocazione topografica oltre che nel contenuto delle regole ivi indicate.
La collocazione delle disposizioni citate, in un titolo del codice (titolo IV) diverso da quello previsto per i principi generali (titolo I), per l’affidamento del minore (titolo I-bis), per l’adozione (titolo II) e per l’adozione internazionale (titolo III)[7], lascia infatti intendere che il legislatore abbia voluto predeterminare forme e termini differenti rispetto a quanto disposto nei titoli precedenti e che, fatta salva l’applicabilità delle norme compatibili con l’istituto regolato, la disciplina ”speciale” è orientata verso situazioni del tutto peculiari e pertanto non sussumibili nei principi di carattere generale volti a regolare l’adozione tradizionale (cd. “piena”).
L’art. 44, comma 1, segna l’ambito applicativo dell’adozione speciale, i “casi particolari” appunto. A tal fine, per un verso, restringe la “fetta” di minori astrattamente adottabili, limitando due delle quattro ipotesi previste ai minori orfani; per l’altro, per effetto dell’inciso «i minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7», ovvero qualora siano «dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti», evidentemente include anche coloro per i quali non è stato dichiarato lo stato di adottabilità nelle forme previste dagli artt. 8-15, l. n. 184/1983 e non è pertanto consentito l’accesso alla forma di adozione piena[8].
Con specifico riguardo al primo profilo, è agevole evidenziare che alla tutela dello status di orfano di madre e di padre sono dedicate le lett. a e c della menzionata disposizione.
In particolare, il legislatore riconosce, ipso iure, adottabile il minore, da un canto, da persone unite al minore «da vincolo di parentela (fino al sesto grado) o da un preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento» (lett. a); da un altro, prescindendo da ogni tipo di vincolo di parentela o rapporto preesistente con l’adottante, là dove sussistano le condizioni indicate dall’art. 3, comma 1, l. n. 104/1992, ovvero qualora il minore sia portatore di handicap[9] (lett. c).
Con riferimento al secondo profilo, giova preliminarmente osservare che, quando il legislatore ha individuato i casi particolari in cui procedere con l’adozione speciale, in deroga alle condizioni di cui all’art. 7, ha evidentemente voluto pretermettere la fase processuale, propedeutica a quella prevista per l’adozione, volta alla dichiarazione giudiziale dello stato di abbandono e di adottabilità.
Per effetto del suddetto rinvio in negativo, è agevole dedurre che sia lo status di orfano di madre e di padre, anche accompagnato da una condizione di handicap, sia il vincolo matrimoniale con il genitore anche adottivo dell’adottando, sia, infine, la constatata impossibilità di affidamento preadottivo costituiscono rispettivamente il presupposto per poter procedere all’adozione nell’interesse del minore, prescindendo vuoi dalla domanda del pubblico ministero ex art. 9, comma 2, l. n. 184/1983, volta a introdurre il procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni diretto a verificare la sussistenza dello status di minore abbandonato, vuoi dalle indagini e dagli accertamenti posti in essere dal giudice specializzato. In tali casi, il minore è di per sé adottabile e non è evidentemente necessario che, all’uopo, il giudice vi provveda con una dichiarazione formale[10].
Quanto si osserva trova immediata conferma nell’art. 11 della stessa legge, ove è previsto che il giudice dichiara lo stato di abbandono e di adottabilità (anche) in caso di decesso di entrambi i genitori (e qualora non risultino esistenti parenti entro il quarto grado che abbiamo rapporti significativi con il minore), e che sono fatti salvi i casi in cui, invece, «esistano istanze di adozione ai sensi dell’articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide nell’esclusivo interesse del minore».
Nel dettaglio, oltre ai casi di adozione del minore orfano, l’art. 44, comma 1, consente al coniuge di adottare il minore che sia figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge (lett. b).
A una stretta interpretazione letterale della disposizione, sembrerebbe preclusa l’adozione da parte del convivente more uxorio del genitore – anche adottivo – del minore, ovvero del partner con il quale sia stata contratta unione civile[11]. Né, sul punto, vi sono state aperture da parte del legislatore del 2016 che, come è noto, stralcia la stepchild adoption, in un primo momento contemplata dall’art. 5 del ddl Cirinnà (n. 2081), in relazione alla proposta di modifica ivi contenuta della suddetta lett. b, al fine di consentire tale forma di adozione anche alla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso[12], e non lascia spazio a soluzioni interpretative diverse da «quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti» (art. 1, comma 20)[13].
Infine, il legislatore non pare contemplare caratteristiche particolari in capo all’adottante, allorché consente l’adozione del minore ogni qualvolta «vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo» (lett. d).
Il comma 3 dell’art. 44 chiarisce poi che, nei casi di cui alle lett. a, c e d del comma 1, «l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato» (se, però, l’adottante è coniugato e non separato, l’adozione deve essere richiesta da entrambi i coniugi); sicché, se è evidente l’esigenza del legislatore di tracciare una corsia preferenziale per le adozioni di minori orfani di padre e di madre e portatori di handicap, non apponendo alcuna condizione soggettiva in capo all’adottante (c), altrettanto chiara è l’esigenza di garantire al minore sano, ma orfano di padre e di madre, l’adozione prescindendo dal vincolo matrimoniale imposto dall’art. 6 per l’adozione piena e purché sussista un vincolo di parentela (fino al sesto grado) ovvero un preesistente rapporto stabile e duraturo tra adottante e adottato (a)[14]. In tali casi, è piuttosto agevole constatare che l’adozione speciale non è affatto preclusa a coppie more uxorio, eterosessuali e same sex, e che essa ben può essere riconosciuta anche qualora la richiesta provenga da una persona singola[15].
La questione si complica, invece, con riferimento alla lett. d. Difatti, se è vero che anche in questo caso, l’adozione è consentita: 1) anche in assenza delle condizioni di cui all’art. 7 e, quindi, a favore di minori non dichiarati in stato di adottabilità; 2) «oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato», occorre comprendere cosa il legislatore abbia voluto effettivamente intendere con l’espressione «vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo».
3. Il sigillato impianto normativo sull’adozione piena e l’indifferenza del legislatore
Nel tentativo di allargare le maglie dei soggetti legittimati all’adozione al fine di ricomprendere le coppie di fatto e la persona singola, anche a prescindere dai ristretti casi in cui il minore sia orfano di padre e madre e portatore di handicap ovvero soltanto orfano di padre e di madre, ma legato da un rapporto preesistente con la figura adottante, nel paragrafo che precede si è potuto delimitare il campo d’indagine sul significato della lett. d dell’art. 44, comma 1.
La questione, come è evidente, si colloca a valle di un regime normativo che contempla l’adozione piena, chiaramente blindato e strettamente coeso al valore della famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio. Da un lato, l’art. 6, comma 1, circoscrive l’adozione soltanto a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni; dall’altro, l’art. 7, comma 1, ne limita l’ambito ai minori dichiarati in stato di abbandono, precludendo ogni possibile accesso all’adozione del figlio del partner etero o same sex.
Si tratta di una legge vetusta che, per ragioni di ordine ideologico, peraltro del tutto ingiustificate nel contesto sociale vivente, è rimasta indenne ai numerosi interventi di riforma e maquillage che hanno segnato la storia del diritto di famiglia e della filiazione del nostro Paese nell’ultimo quindicennio. Sia la maxi-riforma della filiazione prima, sia gli interventi della l. 19 ottobre 2015, n. 173, sul diritto alla continuità affettiva dei minori in affidamento familiare, poi, hanno glissato sul necessario restyling delle regole sostanziali e processuali per i figli in adozione[16].
Difatti, se è vero che, in seguito a un prolungato periodo di affidamento temporaneo dovuto alla irreversibilità dello stato di impedimento della famiglia di origine, il legislatore del 2015 consente alla famiglia affidataria di proporre domanda di adozione e di procedere, secondo le forme previste dall’art. 44, comma 1, lett. a, anche qualora si tratti di soggetti privi dei requisiti di cui all’art. 6 l. n. 184/1983, è altresì vero che è comunque presupposto lo status di orfano di entrambi i genitori del minore, oltre alla condizione – quest’ultima condivisibile – che egli sia legato da un rapporto stabile e duraturo con gli affidatari[17].
Nulla di particolarmente nuovo rispetto al passato, se non la constatazione che un «preesistente rapporto stabile e duraturo» può maturarsi anche «nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento»[18]. L’art. 46 continua a richiedere l’assenso dei genitori dell’adottando ai fini del perfezionamento dell’adozione, potendo il giudice pronunciarsi ugualmente soltanto nel caso in cui il rifiuto risulti ingiustificato o contrario all’interesse del minore e, comunque, non allorché il rifiuto provenga dai genitori che ancora esercitano la responsabilità genitoriale[19].
All’inerzia del legislatore italiano fanno da contraltare i principi e le regole contemplate dall’ordinamento internazionale. La Convenzione europea sull’adozione dei minori del 24 aprile 1967 (resa esecutiva in Italia con la l. 22 maggio 1974, n. 357 e successivamente riveduta)[20] estende la possibilità di adozione a coppie eterosessuali non sposate, se registrate presso un registro delle unioni civili negli Stati che riconoscono tale istituzione, e lascia inoltre agli Stati la libertà di estendere la portata della Convenzione e di consentire l’adozione a coppie eterosessuali o dello stesso sesso che vivono insieme nel quadro di una convivenza stabile. Anche l’adozione da parte delle persone singole è espressamente prevista dall’art. 6 della suddetta Convenzione che, peraltro, attribuisce al legislatore nazionale una semplice facoltà, occorrendo a tale effetto l’interposizione di una legge interna che determini i presupposti di ammissione e gli effetti dell’adozione da parte del single[21]. Spiega la relazione esplicativa della Convenzione (punto 23) che l’art. 6 «prevede, nell’ordine delle preferenze generalmente ammesse, prima l’adozione da parte di una coppia, poi l’adozione da parte di una persona singola». Il successivo art. 8 (§ 2) dispone che l’autorità competente degli Stati annetterà una particolare importanza a ciò che l’adozione procuri al minore un «foyer stable et harmonieux». È utile anche considerare che l’adozione da parte di persona singola non trova alcun divieto dalla Convenzione dell’Aia del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, immediatamente operativa nel nostro ordinamento in virtù del disposto dell’art. 29, l. n. 184/1983.
Il tema non è nuovo alla dottrina e alla giurisprudenza di legittimità e di merito più recenti, e il confronto – del quale si cercherà di dare in parte conto nelle pagine che seguono – si è rivelato vivace e, in alcuni casi, proficuo al fine di comprendere quali spazi interpretativi risultino correttamente tracciabili a fronte della disciplina vigente e quali possano essere le prospettive de iure condendo.
4. La poliedrica elaborazione del concetto della «impossibilità di affidamento preadottivo» nell’evoluzione della giurisprudenza
Le aperture della giurisprudenza e della dottrina[22] sono prevalentemente incentrate su un’interpretazione estensiva della lett. d dell’art. 44, comma 1, volta ad attribuire all’inciso «quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo» un significato plurimo tale da comprendere non soltanto una impossibilità di mero fatto, ma anche tutti quei casi in cui l’impossibilità di affidare provvisoriamente il minore in attesa di essere adottato sia prettamente “giuridica”, ovvero ogniqualvolta, pur non potendo registrare uno stato di abbandono, il riconoscimento di legami genitoriali aggiuntivi[23] corrisponda al suo preminente interesse.
In questa direzione, la stessa Corte di legittimità ha, in più occasioni, ribadito che non vi sono disposizioni preclusive nel panorama giuridico internazionale all’adozione in casi particolari, cd. “mite”, qualora sia constatata una impossibilità di diritto di affidamento preadottivo; a differenza dell’adozione cd. “legittimante”, anche la Cassazione ha osservato come l’art. 44, comma 1, escluda la necessità che, ai fini dell’adozione mite, l’adottando debba incorrere in una situazione di abbandono[24]. Non si tratta, in altri termini, di una extrema ratio che comporta la recisione dei rapporti del minore con la famiglia d’origine, essendo, piuttosto, volta a salvaguardare la continuità affettiva ed educativa dei legami in atto del minore con i soggetti che se ne prendono cura.
In tale ottica, e in virtù del richiamo della ipotesi sub d, contenuto nel terzo comma dell’art. 44, ove è previsto che «l’adozione è [ivi] consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato», non vi sarebbe alcuna ragione per escludere che a tale forma di adozione possano accedere anche la persona singola o le coppie di fatto etero o same-sex, ai quali è invece preclusa l’adozione piena per effetto dell’inderogabile limite del vincolo matrimoniale (da almeno tre anni) sancito dall’art. 6 cit.[25].
Anche la Consulta, tempo addietro, quando ratione temporis il contenuto della lett. d corrispondeva alla lett. c dell’art. 44, comma 1, ebbe ad affermare che, individuando una clausola residuale di apertura per i casi speciali non inquadrabili nell’adozione cd. “legittimante”, la norma in questione non fosse in contrasto con gli artt. 3 e 30, comma 2, Cost., se interpretata nel senso di non esigere il previo accertamento dello stato di abbandono, qualora il minore, orfano o figlio di genitori incapaci, sia richiesto in adozione da parenti entro il quarto grado idonei a fornirgli l’assistenza materiale e morale necessaria[26].
In questa prospettiva, e al fine di legittimare l’adozione speciale in favore del partner etero e omosessuale, la giurisprudenza di merito ha giocato un ruolo determinante, in chiave di chiara supplenza rispetto al legislatore – rimasto inerte – verso il riconoscimento dell’“impossibilità giuridica” dell’affidamento ogniqualvolta una persona chieda di adottare il figlio del compagno che, evidentemente, stante la responsabilità genitoriale esercitata da quest’ultimo, non può ritenersi in stato di abbandono[27].
L’assunto secondo il quale l’adozione mite di cui all’art. 44, l. n. 184/1983 debba poter prescindere dai casi di abbandono del minore, costituisce un dato presupposto anche dalla proposta di legge di modifica dello stesso art. 44, presentata alla Camera dei deputati il 4 aprile 2018 (n. 468), diretta a sopprimere l’inciso «quando il minore sia orfano di padre e di madre» (su cui vds. infra, par. 7), ogniqualvolta gli aspiranti adottanti siano «persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento». Come si evince dalla relazione parlamentare, l’intento del legislatore è quello di far fronte, per un verso, al caso in cui, per le condizioni di salute e l’età fisica e mentale del minore, «non si riesca a individuare una coppia aspirante all’adozione che abbia i requisiti adeguati alle necessità del minore»; per l’altro, al caso in cui tra l’adottando e la persona singola «esiste una pregressa relazione affettiva particolarmente importante, la cui interruzione può verosimilmente produrre gravi danni psicologici al minore»[28].
5. (Segue) Gli orientamenti di stretta interpretazione letterale
La lettura interpretativa dell’art. 44, comma 1, lett. d, da più parti prospettata in senso ampio, è stata considerata da taluni manifestamente contra legem[29], da altri eversiva[30], in quanto la soluzione a cui si perviene ometterebbe di considerare che l’adozione in casi particolari è istituto eccezionale e le ipotesi ivi contemplate dal legislatore affatto tassative.
La stessa Cassazione che, con alcune decisioni di cui si è dato conto nel paragrafo precedente, ha invece avallato l’interpretazione maggiormente garantista e aperta al riconoscimento di nuove forme di adozione, in altri casi ha ritenuto che l’art. 44, comma 1, lett. d, sia norma residuale e di chiusura, oltre che di stretta interpretazione, volta a tutelare ipotesi assolutamente eccezionali, ove il minore adottando versa comunque in stato di abbandono e/o sia privo di qualsivoglia relazione con il genitore. Secondo tale orientamento, sarebbe, insomma, contrario alla ratio legis dilatare la nozione di «impossibilità di affidamento preadottivo» ricomprendendovi non soltanto l’ipotesi del mancato reperimento (o del rifiuto) di aspiranti all’adozione legittimante, ma anche quella, più generale, del contrasto con l’interesse del minore, in quanto criterio guida di tutta la normativa sull’adozione. E ciò in considerazione del fatto che, proprio in funzione dell’interesse del minore, il legislatore ha evidentemente voluto configurare un istituto specifico e destinato a operare nei casi «particolari», subordinati soltanto al mancato esito dell’adozione legittimante[31].
Sulla scorta di tale impostazione, alcuni tribunali specializzati hanno negato l’adozione a coppie etero e same sex, nella consapevolezza che l’art. 44, comma 1, lett. d, presuppone comunque che il minore versi in uno stato di abbandono e che, pertanto, non sia configurabile una impossibilità “in diritto” dell’affidamento preadottivo[32].
Con il richiamo alla constatata impossibilità dell’affidamento preadottivo, si è detto, il legislatore non ha potuto che riferirsi a situazioni di fatto ostative ad esso e alla conseguente adozione piena: «ai cd. bambini difficili che, per età, carattere, storia di accudimento nessuno vuole»[33], ai bambini già adolescenti, portatori di handicap o con gravi problemi di carattere sanitario o psicologico per i quali non è, in concreto, possibile il collocamento in affidamento preadottivo.
In quest’ottica, si è osservato che accordare la stepchild adoption per effetto dell’art. 44, comma 1, lett. d, rappresenta un’innegabile forzatura interpretativa[34] e che la questione relativa alla possibilità di adottare il figlio del partner richiederebbe, invece, una positiva risposta da parte del legislatore, non dovendo l’adozione parimenti essere preclusa alle persone singole, quale alternativa preferibile all’inserimento in una struttura di ricovero.
6. Il riconoscimento della sentenza straniera di adozione in favore di coppie same sex o di single
Anche le regole di diritto internazionale privato contemplate dall’ordinamento interno per il riconoscimento della sentenza straniera di adozione rendono poco agevole l’intervento dell’operatore pratico ogniqualvolta ci si trovi di fronte a una coppia same sex ovvero a una persona singola[35].
Difatti, il doppio rinvio prescritto dall’art. 41 l. 31 maggio 1995, n. 218 per il riconoscimento in Italia dei provvedimenti stranieri di adozione di minore, agli artt. 64-67 delle medesima legge (comma 1) per un verso, e alle leggi speciali in materia (comma 2) per l’altro, conduce l’operatore pratico a dover fare necessariamente i conti non soltanto con l’ordine pubblico invocato dalla lett. g dell’art. 64 – nonché dall’art. 65 cit. –, limite quest’ultimo peraltro ampiamente superato da una buona parte della giurisprudenza (su cui vds. infra, in questo stesso paragrafo), ma anche con gli artt. 35 e 36 l. n. 184/1983, volti a regolare gli effetti del riconoscimento dei provvedimenti di adozione di minori stranieri da parte di cittadini italiani residenti sul territorio nazionale.
Ebbene, se, per effetto della disciplina speciale da ultimo richiamata, ai fini del riconoscimento e della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile, non è necessario ricorrere ad alcun procedimento particolare, è l’accesso alla procedura che, ancora una volta, trova ostacolo nei limiti di carattere soggettivo in capo all’aspirante adottante imposti dal diritto interno.
Sul piano processuale, infatti, è sufficiente che il tribunale specializzato del distretto in cui gli adottanti hanno la residenza, nel momento dell’ingresso del minore in Italia, verifichi, nel provvedimento straniero: 1) la sussistenza delle condizioni delle adozioni internazionali previste dall’art. 4 della Convenzione dell’Aja del 1993; 2) che l’adozione non sia contraria ai princìpi fondamentali del nostro ordinamento regolatori del diritto di famiglia e dei minori; 3) che sussistano sia la certificazione di conformità alla Convenzione dell’Aja (art. 39, lett. i), sia l’autorizzazione dell’ingresso e del soggiorno permanente del minore straniero (art. 39, lett. h).
Sennonché, il tribunale per i minorenni non può ordinare la trascrizione «nei casi in cui: a) il provvedimento di adozione riguarda adottanti non in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana sull’adozione; b) non sono state rispettate le indicazioni contenute nella dichiarazione di idoneità; c) non è possibile la conversione in adozione produttiva degli effetti di cui all’art. 27[36]; d) l’adozione o l’affidamento stranieri non si sono realizzati tramite le autorità centrali e un ente autorizzato; e) l’inserimento del minore nella famiglia adottiva si è manifestato contrario al suo interesse» (art. 35, comma 6, l. n. 184/1983).
Peraltro, nei casi in cui, l’adozione o l’affidamento a scopo adottivo siano pronunciati in un Paese non aderente alla Convenzione né firmatario di accordi bilaterali, i relativi provvedimenti possono essere dichiarati efficaci in Italia a condizione che: «a) sia accertata la condizione di abbandono del minore straniero o il consenso dei genitori biologici ad una adozione che determini per il minore adottato l’acquisizione dello stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia d’origine; b) gli adottanti abbiano ottenuto il decreto di idoneità previsto dall’art. 30 e (…); c) siano state rispettate le indicazioni contenute nel decreto di idoneità; d) sia stata concessa l’autorizzazione prevista dall’art. 39, comma 1, lett. h)» (art. 36, comma 2).
Tralasciando le condizioni sinora elencate a cui rinvia la disciplina interna, se si orienta l’attenzione sul punto sub a) dell’art. 35, comma 6, cit., è agevole constatare che l’esclusione dell’applicabilità della lex loci operante per il riconoscimento dell’adozione ricorre ogni qualvolta «il provvedimento di adozione riguarda adottanti non in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana sull’adozione», requisiti che, come più volte ricordato, il legislatore descrive all’art. 6 della legge speciale: una norma tranchante verso l’adozione piena di coppie eterosessuali non coniugate o same sex, ovvero di persone singole[37].
Ebbene, nonostante l’inderogabilità dei presupposti innanzi richiamati, giova tenere conto che, nella prassi, la genitorialità omosessuale ovvero del singolo formalizzate all’estero hanno trovato altre forme di riconoscimento nel nostro ordinamento[38].
Invero, da un canto, sul piano propriamente amministrativo, da alcuni comuni d’Italia è stata riconosciuta l’efficacia degli atti di nascita stranieri indicanti, secondo la legge dello Stato estero, due genitori dello stesso sesso. In questa direzione si sono orientati anche i Comuni di Torino, Roma e Napoli[39].
Dall’altro, in più occasioni, la giurisprudenza di merito ha ritenuto di poter comunque trascrivere nei registri di stato civile l’atto di nascita formato all’estero senza incorrere in alcun tipo di violazione dell’interesse pubblico, proprio in considerazione della necessità di dare prevalenza all’interesse del minore a conservare intatto lo status acquisito di figlio di coppia same sex[40].
Anche la rettificazione dell’atto di nascita con indicazione, nella casella dedicata al nome di un genitore, di una persona dello stesso sesso dell’altro genitore biologico, indicata come genitore del minore nell’atto di nascita formato all’estero, è stata in alcuni casi ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza; ciò in considerazione dei diritti patrimoniali connessi alla certificazione dello status e del diritto alla bigenitorialità, nonché della stabilità dei legami affettivi acquisiti fin dalla nascita[41].
In applicazione dell’art. 64, l. n. 218/1995, più volte la giurisprudenza di merito ha altresì operato il riconoscimento di sentenze straniere che avevano disposto l’adozione in favore di un single.
Non poche perplessità, invece, sono state avanzate da alcuni tribunali per la formazione di un atto di nascita in Italia indicante la doppia genitorialità omosessuale[42] e la questione è stata rimessa al vaglio della Corte costituzionale.
In attesa di tale pronuncia sulla trascrivibilità, nei registri italiani dello stato civile, della sentenza straniera che abbia pronunciato l’adozione piena dei rispettivi figli biologici, l’orientamento della Cassazione non si è rivelato affatto univoco.
Con riguardo alla compatibilità con l’ordine pubblico, richiesta dagli artt. 64 ss. della l. n. 218/1995, i giudici di legittimità hanno avuto occasione di affermare che essa deve essere valutata alla stregua non solo dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui gli stessi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente dal quale non può prescindersi nella ricostruzione delle nozione di “ordine pubblico”, quale insieme dei valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico[43].
In questo contesto, la questione relativa al riconoscimento in Italia del provvedimento straniero che riconosceva la genitorialità di due uomini nei confronti di un minore nato da maternità surrogata era stata rimessa all’esame delle sezioni unite[44], le quali, con una recentissima pronuncia, pur negando la trascrizione della sentenza di adozione legittimante pronunciata all’estero (stante il divieto della surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, qualificabile come principio di ordine pubblico), hanno tuttavia ritenuto di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, prevista dall’art. 44, comma 1, lett. d[45].
Il principio enunciato dalle sezioni unite, volto a ricorrere, anche in questi casi, all’adozione semiplena, non è del tutto nuovo.
Infatti, anche in precedenza, la Corte aveva avuto modo di precisare che, in assenza del vincolo di coniugio tra gli adottanti, le adozioni internazionali ben potessero operare nei casi particolario nelle speciali circostanze di cui all’art. 25, commi 4 e 5, l. n. 184/1983 e che, al di fuori di tali ipotesi, non potesse invece che operare il principio fondamentale scaturente dall’art. 6, secondo cui l’adozione è consentita soltanto alla coppia di coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni e non ai singoli componenti di questa[46].
Sennonché, giova rilevare come, già allora, i giudici di legittimità ebbero a constatare che, al fine di ovviare alla disciplina generale dettata in tema di riconoscimento del provvedimento straniero di adozione, non fosse possibile operare per mezzo dell’art. 36, comma 4[47], cit., per il riconoscimento in Italia dell’adozione pronunciata all’estero con effetti legittimanti anche a una persona singola, e che l’auspicato intervento del legislatore sulla definizione dei margini dell’adozione in casi particolari e sull’ampliamento degli stessi al fine di rendere ammissibili, nel concorso di particolari circostanze tipizzate dalla legge, l’adozione delle coppie di fatto e dei single, costituisse il giusto rimedio anche nei casi in cui lo status di figlio fosse stato già riconosciuto all’estero[48].
7. La proposta di legge di modifica dell’art. 44, l. n. 184/1983
L’evoluzione della comunità familiare e il proliferarsi dei casi di abbandono del minore non consentono ulteriori tempi di attesa e mettono definitivamente in mora il legislatore sul solco già tracciato dall’adozione speciale.
Infatti, in avallo ai principi di diritto internazionale e in conformità di non pochi ordinamenti stranieri[49], le scelte di compromesso sino a questo momento messe in atto dal legislatore non si sono rivelate sempre sufficienti per tutelare l’interesse del minore alla salvaguardia del diritto alla conservazione di relazioni stabili e durature con figure genitoriali aggiuntive; e ciò in quanto, benché esistano nel nostro ordinamento forme speciali di adozione, il riconoscimento dello status filiationis è tuttora rimesso a una valutazione meramente discrezionale del giudice e non dipende dall’applicazione di regole predeterminate che possano risultare inequivocabili all’interprete in presenza di condizioni indicate ex lege.
I casi di abbandono sempre più frequenti e la scarsa efficienza, sovente riscontrata, dei centri di accoglienza e/o delle case-famiglia a cui il minore è affidato, inducono a considerare in chiave assolutamente positiva l’adozione da parte di persone singole anche al di fuori delle ipotesi sporadicamente previste dalle disposizioni speciali.
Di tali esigenze si fa carico il Parlamento, che il 4 aprile 2018 ha presentato una proposta di legge (n. 468 - d’iniziativa della deputata Laura Ravetto), a modifica dell’art. 44 l. n. 184/1983, con l’intento di ampliare la platea dei possibili adottanti in relazione ai casi di adozione speciale.
Secondo la relazione parlamentare, per un verso, l’art. 6, nell’indicare i requisiti necessari per adottare un minore, contempla l’esistenza di un vincolo matrimoniale stabile che perduri da almeno tre anni; per altro verso – come più volte ricordato – l’art. 44, pur contemplando già l’adozione per le persone non coniugate e single, limita tale istituto ai casi particolari in cui il minore sia orfano di padre e di madre e si sia instaurato un rapporto stabile e duraturo con l’adottante, ovvero sia orfano di padre e di madre e in condizione di disabilità ai sensi dell’art. 3 l. n. 104/1992, ovvero ancora nell’impossibilità di affidamento preadottivo (su cui vds. supra, parr. 4 e 5).
In questo contesto, la proposta mira, in chiave di priorità «per una questione di logica» rispetto all’«adozione da parte delle coppie dello stesso sesso» (gli incisi sono tratti dalla relazione parlamentare), ad allargare le maglie dell’adozione da parte di persona singola, escludendo, qualora sussista un vincolo di parentela fino al sesto grado o di preesistente rapporto stabile e duraturo, il requisito che il minore sia orfano di padre e di madre. Il relativo art. 1 propone di disporre che: all’art. 44, comma 1, lettera a, le parole «quando il minore sia orfano di padre e di madre» siano soppresse.
La proposta, meritevole senza dubbio di attenzione, suscita nell’immediato almeno due ordini di perplessità.
In primo luogo, ad onta del circoscritto obiettivo di ampliare il novero dei legittimati adottanti anche alle persone singole, chiaramente segnalato nella relazione parlamentare, la proposta soppressione dell’inciso «quando il minore sia orfano di padre e di madre», nei termini indicati, non potrà che ricomprendere anche le coppie di fatto etero o same sex (o «unioni civili»), purché «unite al minore da vincolo di parentela, fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento». In quest’ottica, la proposta di legge, benché apparentemente inconsapevole e pur necessitando di ulteriori correttivi volti a scongiurare pratiche illegali di maternità surrogata, andrebbe salutata senz’altro con maggiore favore perché legittimerebbe, una volta per tutte, anche la stepchild adoption nei casi di coppie etero e omosessuali.
In secondo luogo, la lacuna – forse più grave – è che la menzionata proposta di legge omette di indicare quale debba essere la condizione, di fatto o di diritto, del minore in procinto di essere adottato. Fermo restando quanto già osservato sulla possibilità di prescindere dallo stato di abbandono in tutti i “casi particolari” contemplati dall’art. 44 e la proposta soppressione del limite sub a) in capo all’adottando dello status di orfano di padre e di madre, occorre stabilire i presupposti per una genitorialità aggiuntiva se, per esempio, il genitore/i biologico/i siano decaduti dalla responsabilità genitoriale ovvero se siano soltanto temporaneamente impossibilitati a esercitarla. Il rischio di sovrapporre ai genitori naturali del minore anche altre figure potrebbe, in altri termini, non corrispondere pienamente al suo preminente interesse[50].
Non è chi non veda, infine, come i profili coinvolti dal tema d’indagine siano molteplici e in gran parte collegati tra loro.
La vulnerabilità dei valori in gioco è massima e, con ogni probabilità, la riforma auspicata non può orientare l’attenzione del legislatore verso uno soltanto dei profili compromessi dalla indubbia lacunosità del dato positivo vigente, dovendo essa, al contrario, mirare a un’opera di coordinamento volta a tenere conto anche delle altre esigenze che, sino a questo momento, la giurisprudenza ha manifestato sollecitando più volte un’opera di ristrutturazione delle forme di adozione speciale.
Tutto ciò tenendo conto, infine, che, per gli operatori del settore, il punto dal quale siamo partiti non può che operare altresì quale obiettivo da perseguire: si è da più parti esclusa l’opportunità di configurare necessariamente un diritto dell’individuo ad adottare[51] o ad avere figli[52], ma si è altresì ammesso che si possa più realisticamente configurare un interesse giuridicamente rilevante ad adottare, e che tale interesse possa «essere soddisfatto solo se e in quanto sia adeguatamente realizzato il diritto del minore ad essere adottato»[53].
[1] Con il documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozione e affido, 7 marzo 2017, pp. 36 ss, http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2017/03/07/leg.17.bol0779.data20170307.com02.pdf (§ 4.3 - Superamento della distinzione tra adozione legittimante e non legittimante).
[2] Per effetto dell’art. 25, commi 4 e 5, l. n. 184/1983, alla sopravvenuta morte o incapacità di uno dei coniugi affidatari, ovvero alla loro separazione, durante l’affidamento preadottivo, consegue che, su istanza del coniuge che ne fa richiesta, l’adozione possa essere disposta nei confronti di quest’ultimo. L’adozione da parte del single trova, inoltre, implicito riconoscimento nel disposto contenuto nell’art. 44, comma 3, per i casi di cui al comma 1, lett. a, c e d, su cui vds. infra.
[3] Sull’acquisizione del vincolo di parentela nei riguardi dei familiari degli adottanti, di cui al novellato art. 74 cc, anche in riferimento ai minori adottati in casi particolari, vds. P. Morozzo della Rocca, Il nuovo status di figlio e le adozioni in casi particolari, in Famiglia e dir., 2013, p. 838.
[4] Sui profili processuali del “decreto sicurezza”, vds. da ultimo, A.D. De Santis, Le novità per il processo civile nel c.d. «decreto sicurezza», in Foro it., 2019, V, p. 181, nonché, sul “decreto Minniti”, Id., Le novità in tema di tutela giurisdizionale dei diritti dei migranti - Un’analisi critica, in Riv. dir. proc., 2017, p. 1218.
[5] A. Cordiano, Affidamento e adozioni alla luce della legge sul diritto alla continuità affettiva, in Nuova giur. civ. comm., n. 2/2017, p. 256.
[6] https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/civile_report_2018_16aprile2019.pdf.
[7] Si rammenta che i capi I e II, del titolo III, intitolato «Dell’adozione di minori stranieri» (artt. 29 - 39-quater), sono stanti modificati dalla l. 31 dicembre 1998, n. 476, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993 (in vigore in Italia dal 1° maggio 2000), sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale; anche per l’adozione internazionale, il legislatore italiano richiede gli stessi presupposti contemplati dall’art. 6 l. n. 184/1983 per l’adozione nazionale.
[8] Sui profili processuali del procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, sia consentito rinviare a B. Poliseno, Tecniche di tutela del minore nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, in Riv. dir. proc., 2018, pp. 1026 ss. Vds., altresì, M. Dogliotti e F. Astiggiano, Il procedimento di adottabilità, in Famiglia e dir., 2014, pp. 289 ss.
[9] «È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».
[10] È di tutta evidenza che, dovendo prescindere dal procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, nel corso della fase processuale volta all’adozione ex art. 44, gli accertamenti sull’idoneità dell’adozione a corrispondere all’interesse del minore si riveleranno più ampi di quelli richiesti per l’adozione legittimante. Accertata la sussistenza dei presupposti di diritto, occorre infatti che siano espletate adeguate indagini non soltanto sull’attitudine a educare il minore, sulla situazione personale ed economica, sulla salute, sul contesto familiare e sociale degli aspiranti adottanti e sulle ragioni poste alla base della domanda di adozione, ma anche sugli aspetti caratteriali del minore e sulle possibili criticità di una convivenza stabile e duratura con i genitori aggiuntivi.
[11] Trib. min. Milano, 17 ottobre 2016, in Famiglia e dir., 2017, p. 994, con commento di E. Bilotti, L’adozione del figlio del convivente. A Milano prosegue il confronto tra i giudici di merito, ha respinto la domanda di adozione in casi particolari, presentata dal convivente more uxorio della madre del minore, ritenendo inoltre infondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata dal pubblico ministero – dell’art. 44, comma 1, lett. b, nella parte in cui non prevede l’adozione del minore da parte del convivente more uxorio del genitore (biologico o adottivo), poiché la scelta di valorizzare maggiormente il rapporto tra genitore e adottando fondato sul matrimonio rispetto alla semplice convivenza si rivela più efficace ai fini della salvaguardia dell’interesse del minore. Per l’ammissibilità dell’adozione da parte del convivente del genitore del minore soltanto in presenza di un rapporto stabile e duraturo, nell’ipotesi in cui il figlio sia orfano del partner, vds. Trib. min. Milano, 2 febbraio 2007; peraltro, in senso differente, lo stesso Trib. min. Milano, 28 marzo 2007, n. 626 (in www.personaedanno.it) ha invece disposto l’adozione della figlia minore in favore del convivente stabile della madre, ritenendo la lett. d applicabile anche, ogni qualvolta non sia possibile l’affidamento preadottivo non solo di fatto ma anche di diritto, alle persone singole o alle persone anziane, dovendo privilegiare tali situazioni al collocamento in comunità o in case famiglia. Nello stesso è anche Corte appello Firenze, 4 ottobre 2012, n. 1274, nella considerazione che la scelta di non contrarre matrimonio non può ledere l’interesse del minore (interesse che può essere valutato anche sulla base delle dichiarazioni rese in sede di ascolto ai sensi dell’art. 45, ovvero della dichiarazione di consenso del minore ultraquattordicenne).
Nel senso che l’adozione in casi particolari del minore deve essere disposta anche nell’ipotesi in cui, tra gli adottanti, sia intervenuta separazione legale, qualora l’adozione stessa corrisponda al preminente interesse del minore e, soprattutto, in virtù della circostanza che, essendo irreperibili i genitori naturali e non avendo mai dato segno gli stessi di voler recuperare il loro rapporto con il minore, venga dichiarata la decadenza degli stessi dalla potestà genitoriale, cfr. Trib. min. Milano 7 febbraio 2007, in Famiglia e minori, n. 8/2007, 84. Ha, invece, escluso l’adozione ex art. 44, comma 1, lett. b, da parte del coniuge che, nelle more della procedura, si sia separato di fatto, qualora la condotta dell’adottante sia pregiudizievole alla serena crescita dell’adottando, Cass., 19 ottobre 2011, n. 21651, in Famiglia e dir., 2012, p. 727, con nota di D. Morello di Giovanni, Genitore separato e adozione per casi particolari: una sentenza “particolare”.
Per l’applicabilità dell’art. 44, comma 1, lett. b, anche a una stabile convivenza same-sex, Trib. Roma 22 ottobre 2015. In questa direzione è E.A. Emiliozzi, L’adozione da parte di partners di unioni civili, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, pp. 816 ss.
[12] In senso critico su tale disposizione, perché discriminante per le coppie more uxorio eterosessuali, sia consentito rinviare a B. Poliseno, Un istituto ad hoc per le sole unioni civili di coppie omosessuali, in Guida al dir., 2016, p. 22.
[13] Lo stesso comma 20 cit. nega l’applicazione, in via analogica, alle parti dell’unione civile delle disposizioni del codice civile non richiamate dalla presente legge nonché delle disposizioni di cui alla l. n. 184/1983. La dizione «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti», contenuta nel comma 20, deve essere intesa nel senso che l’accesso all’adozione potrà essere valutato eventualmente nel caso concreto, ogni qualvolta la stessa sia ammessa anche da parte di chi non è coniuge: così Trib. min. Milano, 17 ottobre 2016, cit. Per un’interpretazione in chiave garantista del suddetto rinvio, per i partner delle unioni civili disposti ad adottare, stante proprio la precedente disposizione che prevede l’esclusione dell’applicabilità delle norme sull’adozione alle unioni civili, vds, invece, A. Astone, L’oscurità delle leggi e il ruolo degli interpreti: il Tribunale dei minorenni di Milano nega la «stepchild adoption», in Riv. critica dir. privato, n. 2/2017, p. 305.
[14] Per una rassegna giurisprudenziale volta a riconoscere che, nelle ipotesi contemplate dalle lett. a, c e d, il legislatore non richiede che gli adottanti siano necessariamente uniti in matrimonio e l’adozione è consentita anche al single, non coniugato, vds. K. Mascia, L’adozione di minori stranieri e quella in casi particolari, in Famiglia e dir., 2018, pp. 1132 ss.
[15] Cfr. il documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozione e affido della Commissione giustizia della Camera dei deputati, cit. (nota 1), § 2.5.
[16] A. Morace Pinelli, Il diritto alla continuità affettiva dei minori in affidamento familiare. Luci e ombre della legge 19 ottobre 2015 n. 173, in Dir. famiglia, 2016, p. 303; A. Cordiano, Affidamento e adozioni, op. cit., p. 260; M. Dogliotti, Modifiche alla disciplina dell’affidamento familiare, positive e condivisibili, nell’interesse del minore, in Famiglia e dir., 2015, p. 1107. In senso critico, vds. P. Morozzo della Rocca, Sull’adozione da parte degli affidatari dopo la L. n. 173/2015, ivi, 2017, pp. 602 ss.
[17] Quanto all’adozione piena, si rammenta che l’art. 4, comma 5-bis, l. n. 184/1983 non manca di rinviare all’art. 6 e, quindi, di anteporre comunque la sussistenza dei requisiti ivi previsti (rectius, il vincolo matrimoniale risalente ad almeno tre anni).
[18] Di contro, ora come allora, l’ipotesi contemplata dal legislatore bene consente di riconoscere che, anche dopo la morte del solo genitore legalmente riconosciuto, il giudice possa procedere con un provvedimento di affidamento temporaneo al partner (e genitore) omosessuale, propedeutico ad una successiva pronuncia di adozione.
[19] Per genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la Cassazione ha precisato che debbano intendersi coloro che abbiano il concreto esercizio grazie a un rapporto effettivo con il minore: ex multis, vds. Cass., 21 settembre 2015, 18576, in Giur. it., 2016, 319, con nota di L. Airola Tavan, Il principio dell’interesse del minore nell’adozione in casi particolari.
[20] Sulla convenzione di Strasburgo, vds., tra gli altri, F.D. Busnelli, Luci e ombre nella disciplina italiana dell’adozione di minori stranieri, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1986, p. 255; A. Davì, L’adozione nel diritto internazionale privato italiano, Giuffrè, Milano, 1981, p. 50; A. De Cupis, Fondatezza e conservazione della dicotomia degli istituti adozionali, in Riv. dir. civ., 1982, II, p. 254.
[21] Cfr. Corte cost., 16 maggio 1994, n. 183 (in Foro it., 1995, I, 3408, con osservazioni di M.G. Civinini; in Famiglia e dir., 1994, p. 245, con nota di M. Dogliotti, La consulta, l’adozione dei singoli ed il futuro (eventuale) legislatore; in Rass. dir. civ., 1995, p. 132, con nota di F. Ruscello, Adozione da parte del singolo e diritti dell’adottato; in Giur. it., 1995, I, p. 540, con nota di E. Lamarque, Adozione da parte dei single: fra corte costituzionale e corte d’appello di Roma non c’è dialogo), ha dichiarato l’infondatezza, in riferimento agli artt. 3, 29 e 30 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, l. n. 357/1974, nella parte in cui, dando esecuzione all’art. 6 della Convenzione di Strasburgo, permette senza limiti l’adozione di un minore da parte di un solo adottante.
Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 30 Cost., degli artt. 29-bis, 31, comma 2, 35, comma 1, 36, commi 1 e 2, e 44 l. n. 184/1983, nella parte in cui escludono la possibilità di ottenere la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale, in casi particolari, a favore di singoli e quindi di perfezionare l’adozione internazionale in Italia, vds. Corte cost., 29 luglio 2005, n. 347, in Foro it., 2006, I, 344; in Minori giustizia, n. 3/2005, p. 185, con nota di F. Occhiogrosso, Le norme di protezione dell’adozione in casi particolari non possono non valere anche per lo straniero; in Famiglia e dir., 2005, p. 461, con nota di V. Carbone, Adozione internazionale di minore straniero, da parte di «non coniugato», solo nei casi particolari (art. 44 l. n. 184/1983). Nello stesso senso, per la manifesta inammissibilità della medesima questione, cfr. Corte cost., 27 marzo 2003, n. 85, in Foro it., 2003, I, 2920.
[22] Per una interpretazione estensiva della norma, adde ai riferimenti indicati infra, C. Ciraolo, Certezza e stabilità delle relazioni familiari del minore. La stepchild adoption, in Corriere giur., 2017, pp. 810 ss.; G. Ferrando, Diritto di famiglia, Zanichelli, Bologna, 2017, p. 319; S. Stefanelli, Status, discendenza ed affettività nella filiazione omogenitoriale, in Famiglia e dir., 2017, pp. 83 ss.; M. Cavallo, Si fa presto a dire famiglia, Laterza, Roma-Bari, 2016, passim; J. Long, L’adozione in casi particolari del figlio del partner dello stesso sesso, in Nuova giur. civ., 2015, II, p. 117; S. Celentano, La genitorialità nell’omolegame: il dialogo possibile tra l’interesse del minore e il diritto alla vita familiare, in questa Rivista trimestrale, Franco Angeli, Milano, n. 6/2013, p. 203; G. Oberto, Problemi di coppia, omosessuali e filiazione, in Dir. famiglia, 2010, p. 802; G. Zaccaro, Adozione da parte di coppie omosessuali, stepchild adoption e interesse del minore, in Questione giustizia online, 4 settembre 2014, www.questionegiustizia.it/articolo/adozione-da-parte-di-coppie-omosessuali_stepchild-adoption-e-interesse-del-minore_04-09-2014.php.
[23] A. Nocco, L’adozione del figlio di convivente dello stesso sesso: due sentenze contro una lettura “eversiva” dell’art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, in Nuova giur. civ. comm., 2016, p. 210.
[24] Che il titolo IV dedicato alla adozione in casi particolari fosse volto «a recuperare, in ipotesi tassativamente circoscritte l’impiego dell’adozione cosiddetta ordinaria o semplice o non legittimante per minori che non si trovino nello stato di abbandono, presupposto necessario quest’ultimo per l’adozione cosiddetta piena o legittimante», lo affermava anche Corte cost., 18 febbraio 1988, n. 182 (in Foro it., 1988, I, 2802, nonché Giur. it., 1988, I, 1, p. 1251, con nota di M. Buoncristiano, Cura della persona e interesse del minore: due contrastanti pronunce della corte costituzionale), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 45, comma 2, e 56, comma 2, l. n. 184/1983, nella parte in cui è previsto il consenso anziché l’audizione del legale rappresentante del minore.
[25] Nella specie, Cass. 16 aprile 2018, n. 9373, in Foro it., 2018, I, 1536, con osservazioni di G. Casaburi, ha confermato la decisione di merito che aveva disposto tale forma di adozione nei riguardi di un minore, in favore della coppia che ne era affidataria da circa due anni, atteso che, da un lato, i genitori erano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità con provvedimento definitivo; dall’altro, il minore aveva instaurato un solido e positivo rapporto con gli adottanti.
Nel senso del testo, con riferimento a una fattispecie di adozione speciale disposta in favore di una coppia eterosessuale, è Cass. 22 giugno 2016, n. 12962 (in Foro it., 2016, I, p. 2342, con nota di G. Casaburi, L’adozione omogenitoriale e la Cassazione: il convitato di pietra; in Corriere giur., 2016, p. 1203, con nota di P. Morozzo della Rocca, Le adozioni in casi particolari ed il caso della stepchild adoption; ivi, p. 1224, con nota di L. Attademo, La “stepchild adoption” omoparentale nel dettato dell’art. 44 comma 1, lett. d), L. n. 184/1983 e nella L. 218/1995; in Famiglia e dir., 2016, p. 1034, con nota di S. Veronesi, La Corte di cassazione si pronuncia sulla stepchild adoption; in Persona e danno, 22 settembre 2016, con nota di M. Labriola, Adozione: giurisprudenza creativa o conforme alla legge?; in Diritto & Giustizia, 2016, p. 61, con nota di A. Figone, La cassazione dice sì alla stepchild adoption; in Giur. it., 2016, p. 2573, con nota di A. Spadafora, Adozione, tutela della omogenitorialità ed i rischi di eclissi della volontà legislativa): nella specie, la Suprema corte ha confermato la decisione di merito che aveva disposto tale forma di adozione nei riguardi di una bambina di circa sei anni di età da parte della compagna stabilmente convivente della madre, che vi ha consentito, avendo accertato in concreto l’idoneità genitoriale dell’adottante e, quindi, la corrispondenza all’interesse della minore. Cass. 12 gennaio 2010, n. 260, Dir. famiglia, 2010, 679, ha stabilito che, in tema di adozione di minore in casi particolari, la natura informale del procedimento camerale comporta, ai sensi dell’art. 313 cc, richiamato dall’art. 56 l. n. 184/1983, l’assenza di qualunque vincolo di rigida priorità temporale tra gli atti della procedura, restando unica esigenza da tutelare il preminente interesse del minore; pertanto, non può considerarsi lesiva del diritto di difesa del genitore naturale l’utilizzazione del consenso da lui prestato nell’ambito del procedimento per l’adozione legittimante, qualora, constatata l’impossibilità di affidamento preadottivo, il procedimento muti in quello per l’adozione in casi particolari, tanto più che il primo presuppone l’accertamento dello stato di abbandono e recide il vincolo con il genitore naturale, mentre il secondo consente la conservazione del rapporto con quest’ultimo.
[26] Corte cost., 7 ottobre 1999, n. 383, in Giust. civ., 1999, I, 3215.
[27] Per una interpretazione estensiva dell’art. 44, comma 1, lett. d, nel senso che tale forma di adozione può essere disposta anche in favore del partner dello stesso sesso del genitore biologico del minore, concepito (nella specie, a mezzo di procreazione medicalmente assistita) nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa, costituendo una famiglia anche quella omoaffettiva, in cui è possibile la crescita di un minore, in quanto tale statuizione: 1) non presuppone una situazione di abbandono dell’adottando, ma solo l’impossibilità, anche di diritto, dell’affidamento preadottivo, sempre che al riguardo sussista in concreto l’interesse dell’adottando; 2) è consentita anche in forza della cd. clausola di salvaguardia di cui all’art. 1, comma 20, l. n. 76/2016, qualora adottante e genitore biologico siano civilmente uniti; 3) non comporta che la responsabilità genitoriale sia esercitata dal solo adottante, pur se questi non è coniugato con il genitore biologico, in quanto l’esercizio comune trova comunque fondamento, ancorché sugli artt. 48 e 50 l. n. 184/1983: Corte appello Napoli, 4 luglio 2018, in Foro it., 2018, I, 2883; Trib. min. Bologna, 31 agosto 2017, ivi, 2018, I, 1536; Trib. min. Bologna 6 luglio 2017, in Corriere giur., 2018, p. 1396, con nota di G. Giorgi, Adozione in casi particolari e rapporti familiari di fatto: l’interesse concreto del minore; Corte appello Milano, 9 febbraio 2017, in Famiglia e dir., 2017, p. 998, con commento di E. Bilotti, L’adozione del figlio del convivente, op. cit. e Corriere giur., 2017, p. 798, con commento di C. Ciraolo, Certezza e stabilità delle relazioni familiari del minore, op. cit.; Corte appello Torino, 27 maggio 2016, n. 27 (di riforma di Trib. min. Piemonte - Valle d’Aosta, 11 settembre 2015, nn. 258-259, in Nuova giur. civ. comm., 2016, p. 209, con nota critica di A. Nocco, L’adozione del figlio di convivente, op. cit., ove l’Autore mira invece a consentire di impiegare l’istituto per riconoscere giuridicamente la genitorialità di fatto del co-genitore); Trib. min. Roma, 30 dicembre 2015, in Famiglia e dir., 2016, p. 584, con nota di A. Scalera, Adozione incrociata del figlio del partner e omogenitorialità tra interpretazione del diritto vigente e prospettive di riforma; Trib. Roma, 22 ottobre 2015, cit.; Trib. Roma, 30 luglio 2014, n. 299 in Famiglia e dir., 2015, p. 574 con nota di M.G. Ruo, A proposito di omogenitorialità adottiva e interesse del minore (di contrario avviso era il pm, secondo cui l’art. 44, comma 1, lett. d, è fondato sul presupposto imprescindibile dello stato di abbandono e può trovare applicazione soltanto per i minori non collocabili di fatto in affidamento preadottivo, o perché portatori di handicap o perché lo sradicamento dal loro habitat nuocerebbe gravemente al minore sul piano psico-fisico); Corte appello Roma, 23 dicembre 2015, in Foro it., 2016, I, 699; cfr. anche Trib. min. Venezia, 31 maggio 2017, in www.articolo29.it (www.articolo29.it/wp-content/uploads/2017/09/trib.-min.-VE.pdf), che, pur disponendo l’adozione speciale in favore della partner omosessuale del genitore biologico, si preoccupa di precisare che le due donne, pur ritenute idonee, devono essere consapevoli della necessità che i figli si relazionino con persone di orientamento non omosessuale.
[28] Trib. min. Napoli, 14 febbraio 2018, ined., ha ritenuto ammissibile l’adozione da parte di persona singola nei casi particolari di cui all’art. 44, sia pure con effetti limitati rispetto all’adozione legittimante. Lo stesso principio opera, infatti, anche in sede di adozione internazionale, ammissibile – secondo una interpretazione costituzionalmente orientata – negli stessi casi in cui è consentita l’adozione nazionale legittimante e quella in casi particolari.
[29] F. Tommaseo, Sul riconoscimento dell’adozione piena, avvenuta all’estero, del figlio del partner d’una coppia omosessuale, in Famiglia e dir., 2016, p. 277.
[30] Trib. Piemonte - Valle d’Aosta 11 settembre 2015, nn. 258-259, citt.
[31] Cass., 2 febbraio 2015, n. 1792, ined.; Cass., 27 settembre 2013, n. 22292, in Guida al dir., n. 46/2013, p. 34, con nota di M. Fiorini; Cass., 19 ottobre 2001, n. 2151, in Famiglia e dir., 2012, p. 727, con nota di D. Morello di Giovanni, Genitore separato e adozione per casi particolari: una sentenza particolare.
[32] Trib. min. Milano, 17 ottobre 2016, cit., nell’escludere l’adozione da parte della compagna omosessuale della madre, ha ritenuto che l’inciso «impossibilità di affidamento preadottivo» vada interpretato come constatata impossibilità “di fatto” di procedere all’adozione legittimante, ovvero che ci si trovi in situazioni in cui sussista un effettivo abbandono e non sia stato possibile collocare il minore in una famiglia. Né, secondo tale orientamento, è possibile utilizzare a soccorso la lett. b della medesima disposizione, in quanto il riferimento al rapporto di coniugio non consente interpretazioni di tipo estensivo (vds. G. Ferrando, A Milano l’adozione del figlio del partner non si può fare, in Nuova giur. civ., 2017, pp. 217 ss.); Trib. min. Torino, 11 settembre 2015, in Nuova giur. civ., 2016, p. 205, con nota di A. Nocco, L’adozione del figlio di convivente, cit.; Trib. min. Palermo, 7 luglio 2017, in Foro it., 2018, I, 1537, con osservazioni di G. Casaburi, nel senso che l’adozione di un minore ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d, che pure non presuppone lo stato di abbandono, non può essere disposta in favore della compagna dello stesso sesso della madre biologica, che pure vi abbia consentito, in quanto, trattandosi di coppia non coniugata, la responsabilità genitoriale, ai sensi degli artt. 48 e 50 l. cit., competerebbe esclusivamente all’adottante, venendone privata la madre biologica, tanto con pregiudizio all’interesse del minore (il tribunale ha inoltre rilevato che, nella specie, il consenso materno all’adozione è mancante o viziato, non avendo certo ella inteso rinunciare alla responsabilità genitoriale); Trib. min. Piemonte - Valle D’Aosta 11 settembre 2015, nn. 258 e 259, citt.
[33] A. Morace Pinelli, Per una riforma dell’adozione, in Famiglia e dir., 2016, p. 724. In senso critico nei confronti della interpretazione estensiva dell’art. 44, comma 1, lett. d, perché tale apertura indiscriminata finirebbe per legittimare situazioni familiari anche illecitamente precostituite, F. Tommaseo, Sull’affidamento familiare d’un minore a coppia omosessuale, ivi, 2014, p. 275; così anche M. Dogliotti, Adozione di maggiorenni e minori, Giuffrè, Milano, 2002, pp. 808 ss.; M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, Cedam, Padova, 2015, pp. 379 ss.; C.M. Bianca, Diritto civile, La famiglia, vol. 2.1, Giuffrè, Milano, 2014, p. 459; E. Giacobbe, Adozione e affidamento familiare: Ius conditum, vivens, condendum, in Dir. famiglia, n. 1/2016, § 2.2.3.
[34] C.M. Bianca, loc. cit.
[35] Sul carattere decisamente non gender-neutral del diritto italiano in materia di filiazione, cfr. C. Campiglio, La genitorialità nelle coppie same-sex: un banco di prova per il diritto internazionale privato e l’ordinamento di stato civile, in Famiglia e dir., 2018, pp. 924 ss.
[36] Ovvero che all’acquisizione dello stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume il cognome o del cognome della famiglia della moglie separata, qualora l’adozione sia disposta nei suoi confronti ai sensi dell’art. 25, 5° comma, consegue la cessazione dei rapporti dell’adottato verso la famiglia di origine.
[37] S.P. Perrino, Brevi note sul riconoscimento di sentenza straniera di adozione in favore di coppia dello stesso sesso, in Famiglia e dir., 2017, p. 566.
[38] Sull’esigenza di garantire la continuità transnazionale degli status familiari validamente e stabilmente costituiti all’estero, cfr. C.E. Tuo, Il riconoscimento delle adozioni straniere in Italia alla prova della CEDU: il caso dei single, in Famiglia e dir., 2015, pp. 850 ss.
[39] Cfr. M. Gattuso, Comune di Torino sulla iscrizione di due mamme o papà negli atti di nascita: non è una forzatura giuridica, in Articolo 29, 21 aprile 2018, www.articolo29.it/2018/comune-torino-sulla-iscrizione-due-mamme-papa-negli-atti-nascita-non-forzatura-giuridica/; R. Calvigioni, Nascita all’estero da genitori dello stesso sesso: dalla giurisprudenza recente al ruolo dell’ufficiale di stato civile nella trascrizione dell’atto, in Famiglia e dir., 2017, pp. 1051 ss.; F. Longo, Le due madri e il rapporto biologico, ivi, 2018, p. 9.
[40] Nel senso che va trascritto nei registri di stato civile, perché non contrario all’ordine pubblico, da valutarsi anche alla stregua del superiore interesse del minore alla conservazione dello status acquisito, l’atto di nascita formato all’estero (nella specie, in Spagna) di un bambino che viene indicato come figlio di due donne (nella specie, una cittadina spagnola e l’altra italiana: il bambino era nato, a mezzo di procreazione medicalmente assistita eterologa, da una delle due, con gameti donati dall’altra), Trib. Perugia, 26 marzo 2018, in Foro it., 2018, I, 1948, con osservazioni di G. Casaburi; nello stesso senso, vds. Trib. Livorno, 12 dicembre 2017, ivi, 1039, in riferimento all’ammissibilità della rettifica di atti di nascita stranieri (nella specie, californiani) di due minori, e trascritti in Italia, attestanti che gli stessi sono figli di due uomini, entrambi indicati come loro padre; così anche Corte appello Torino, 4 dicembre 2014, ivi, 2015, I, 1078 e in Nuova giur. civ., 2015, I, p. 441, con nota di L. Franco, Il nome del bambino nato da due madri: tra diritto al nome e diritto sul nome.
Per il ripristino della trascrizione (già eseguita dall’ufficiale di stato civile e annullata dal prefetto) dell’atto di nascita formato all’estero (nella specie, in Spagna) di un bambino che viene indicato come figlio di due donne, entrambe cittadine italiane, di cui però solo una è la madre biologica, in quanto non contrario all’ordine pubblico, atteso che vi è un progetto di genitorialità condivisa delle due donne, sposate in quel Paese, e che il bambino è stabilmente inserito nel contesto familiare da esse formato, Trib. Napoli, 6 dicembre 2016, in Foro it., 2017, I, 309. In termini, nel senso che non contrasta con l’ordine pubblico il riconoscimento del provvedimento di un giudice straniero che ha statuito un rapporto di adozione piena tra una persona e il figlio riconosciuto del proprio partner omosessuale, vds. Corte appello Milano, 1° dicembre 2015, in Famiglia e dir., 2016, p. 271, con nota adesiva di F. Tommaseo, Sul riconoscimento dell’adozione piena, avvenuta all’estero, del figlio del partner d’una coppia omosessuale: secondo l’Autore, infatti, «tale orientamento merita senz’altro apprezzamento» perché si fa carico di una «funzione di supplenza dei rapporti familiari nei quali l’inerzia del patrio legislatore causa crescenti incertezze che non giovano certo a dare effettiva tutela ai minori il cui “superiore interesse” deve in ogni caso ricevere primaria attuazione in tutte le decisioni che lo riguardano».
[41] Trib. Milano, 24 ottobre 2018, in Famiglia e dir., 2019, p. 494, con nota di I. Barone, Omogenitorialità maschile da surrogazione di maternità tra aperture giurisprudenziali e sistema costituzionale. Invece, nel senso che è contraria all’ordine pubblico la condotta del cittadino italiano che abbia fatto ricorso alla pratica della maternità surrogata in uno Stato estero, con conseguente riconoscimento della genitorialità in capo a due persone di sesso maschile, Trib. Roma, 27 luglio 2018, n. 9100, ibid., che, pertanto, rettifica l’atto di nascita trascritto in Italia con la cancellazione del cognome del genitore privo del legame biologico con il minore.
[42] Il Tribunale di Pisa, con l’ordinanza 15 marzo 2018 (Foro it., 2018, I, 1778, con nota di G. Casaburi), ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma che si desume dagli artt. 250 e 449 cc, 29, comma 2, dPR n. 396/2000, 5 e 8 l. n. 40/2004, nella parte in cui non consente di formare in Italia un atto di nascita in cui vengano riconosciuti come genitori di un minore, con cittadinanza straniera (nella specie, statunitense), due persone dello stesso sesso, quando la filiazione venga stabilita sulla base della legge applicabile ex art. 33 l. n. 218/1995, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 30 e 117 Cost. e, quanto a quest’ultima disposizione, ai parametri interposti degli artt. 3 e 7 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989.
[43] Cass., 31 maggio 2018, n. 14007, in Foro it., 2018, I, 2717; Cass., 15 giugno 2017, n. 14878, ivi, 2017, I, 2280 ha stabilito che il giudice può disporre la rettificazione ovvero la sostituzione dell’atto di nascita straniero (nella specie, le due donne, entrambe cittadine francesi, ma una delle due pure con cittadinanza italiana, risultavano coniugate anche per il nostro ordinamento, in quanto il relativo atto di matrimonio era stato in precedenza trascritto in Italia, in forza di provvedimento definitivo) di un minore, già trascritto in Italia, come modificato dall’ufficio di stato civile di quel Paese, con l’indicazione che lo stesso è figlio non solo della donna che lo ha partorito, ma anche di altra, con cui egli non ha legami biologici, ma che è ivi coniugata con la prima, in quanto tale nuova indicazione non contrasta con l’ordine pubblico internazionale, tenuto anche conto dell’esigenza di tutela del superiore interesse del minore contro qualunque discriminazione, anche con riferimento alla coppia genitoriale in cui è inserito (nella specie, la Corte, tenuto conto che il bambino era nato da un progetto di genitorialità condivisa delle due donne, ha cassato la decisione impugnata e, decidendo nel merito, ha disposto la rettificazione richiesta). In termini, nel senso che è riconoscibile in Italia un atto di nascita straniero validamente formato, dal quale risulti che il nato è figlio di due donne (una che l’ha partorito e l’altra che ha donato l’ovulo), atteso che non esiste, a livello di principi costituzionali primari, come tali di ordine pubblico e immodificabili dal legislatore ordinario, alcun divieto per le coppie omosessuali di accogliere e generare figli, venendo in rilievo la fondamentale e generale libertà delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle consentite dalla legge alle coppie eterosessuali, Cass., 30 settembre 2016, n. 19599, cit. Nel senso che «negare al minore adottato in Spagna i diritti acquistati con un’adozione piena o limitarli in modo significativo, “declassando” l’adozione piena della adoptio semiplena prevista dagli artt. 44 ss. della legge sull’adozione, significa pronunciare un provvedimento che contrasta con il suo “superiore” interesse a conservare uno status attribuitogli dal giudice spagnolo e il corrispondente diritto ad una vita familiare che ha titolo nell’adozione piena», F. Tommaseo, Sul riconoscimento dell’adozione piena, op. cit., p. 280.
[44] Cass., 22 febbraio 2018, n. 4382, in Famiglia e dir., 2018, p. 837, con nota di M. Dogliotti, I “due padri” e l’ordine pubblico … tra sezioni semplici e sezioni unite; Cass., 31 maggio 2018, n. 14007,in Foro it., 2018, I, 2717.
[45] Cass., sez. unite, 8 maggio 2019, n. 12193.
[46] Cass., 22 giugno 2016, n. 12962, cit., che aveva coinvolto due madri e ove, per ovvie ragioni, non poteva paventarsi il rischio dell’utero in affitto.
[47] Peraltro, nel senso che non contrasta con i principi espressi dalla Convenzione dell’Aia, nonché con l’ordine pubblico internazionale e con l’interesse dei minori – sicché può riconoscersene l’efficacia in Italia, ai sensi dell’art. 36, comma 4 – l’adozione piena di due minori, disposta da provvedimenti stranieri (nella specie, inglesi), da parte di una coppia di cittadini italiani dello stesso sesso, coniugati secondo la legge locale ed ivi residenti, Cass., 18 marzo 2006, n. 6078, in Foro it., 2006, I, 1726. In questa medesima direzione, ha potuto riconoscere piena efficacia al provvedimento straniero senza limitare l’adozione disposta all’estero agli effetti contemplati nell’adozione in casi particolari, Trib. Firenze, 8 marzo 2017, ivi, 2017, I, 1034; in Famiglia e dir., 2017, p. 559, con nota di S.P. Perrino, Brevi note sul riconoscimento, cit.; in Nuova giur. civ., 2017, 996, con nota di V. Calderai, Modi di costituzione del rapporto di filiazione e ordine pubblico internazionale; in Corriere giur., 2017, p. 940, con nota di C.E. Tuo, Riconoscimento di status familiari e ordine pubblico: il difficile bilanciamento tra tutela dell’identità nazionale e protezione del preminente interesse del minore, e G. Ferrando, Riconoscimento dello status di figlio: ordine pubblico e interesse del minore; Trib. min. Genova, 8 settembre 2017, in Famiglia e dir., 2018, p. 149, con nota di E. Pesce, La lunga marcia verso l’adozione piena da parte dei single: una decisione originale; per il riconoscimento dei solo effetti non legittimanti, vds., invece, Trib. min. Caltanissetta, 18 luglio 2011, in Dir. famiglia, 2012, 317.
[48] Sulla base della normativa internazionale, il legislatore italiano ben potrebbe ampliare le ipotesi adottive riservate ai single; secondo la normativa vigente, è infatti da escludere che una persona single possa invocare l’adozione legittimante, potendo ottenere il riconoscimento in Italia del provvedimento di adozione di un minore pronunciato all’estero solo con gli effetti dell’adozione in casi particolari: Cass., 14 febbraio 2011, n. 3572, in Famiglia e dir., 2011, p. 697, con nota di M.A. Astone, La delibazione del provvedimento di adozione internazionale di minore a favore di persona singola, nonché Famiglia, persone e successioni, 2012, pp. 29 ss., con nota di F.R. Fantetti, La Convenzione di Strasburgo e l’adozione di minori in Italia da parte di persone singole.
[49] In buona parte dell’Europa, l’adozione da parte delle persone singole è contemplata dalla legge. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, che in Gran Bretagna l’adozione è consentita alle coppie e ai single che abbiano compiuto il ventunesimo anno di età; in Francia, la persona singola ha addirittura una corsia preferenziale rispetto alla coppia, che deve essere sposata almeno da due anni; in Spagna anche le persone singole possono adottare, se maggiori di 25 anni di età; in Germania, sia le coppie non coniugate sia i single possono avere accesso all’adozione. Negli Stati Uniti o in Cina, gli stessi requisiti richiesti per le coppie valgono anche per le persone singole (cfr. la relazione parlamentare alla proposta menzionata nel testo). Per una comparazione con altri ordinamenti europei sul tema specifico, vds. V. Carbone, Adozione di minori in Italia da parte di un singolo tra regole e aspirazioni, in Corriere giur., 2011, pp. 599 ss.
[50] Trib. min. Torino, 11 settembre 2015, cit.
[51] Ex multis, Corte Edu, 19 febbraio 2013, n. 19010, X c. Austria, in Corriere giur., 2013, p. 712, con nota di A. Mascia, Adozione co-genitoriale per una coppia omosessuale; Corte Edu, 26 febbraio 2002, n. 36515, Frette c. Francia, in Familia, 2003, p. 521, con nota di E. Varano, La Corte europea dei diritti dell’uomo e l’inesistenza del diritto di adottare; A. Morace Pinelli, Per una riforma dell’adozione, op. cit., pp. 722 ss.
[52] E. Giacobbe, Adozione e affidamento familiare, op. cit., 237 ss.
[53] C.M. Bianca, audizione alla Commissione giustizia della Camera dei deputati, 23 maggio 2016, nel corso dell’indagine conoscitiva diretta a verificare lo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni e affido.