Leggi e istituzioni - pagina 19
La decisione sulla permanenza in Consiglio superiore della magistratura di Davigo travalica il caso concreto e investe l’assetto della magistratura come ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere
Il diritto è di fronte alla sfida della pandemia, che non sappiamo quanto durerà e se avrà modo – purtroppo – di ripresentarsi. Per affrontarla occorre avere ben presenti alcuni paradigmi generali e alcune premesse di contesto. Il più significativo dei paradigmi è l’assenza di una supremazia gerarchica del diritto alla salute sugli altri diritti. Quanto alle premesse di contesto, occorre ricordare che la Costituzione non ha bisogno d’essere riformata per introdurvi una specifica norma sulle emergenze e che il nostro ordinamento disciplina già con una certa precisione lo “stato di emergenza”, la cui dichiarazione è potenziale oggetto di sindacato giurisdizionale.
Il presente contributo mostra come la certificazione di morte per Covid-19 sia un processo complesso che mette in gioco componenti convenzionali (tra cui le regole dell’Organizzazione mondiale della sanità), fattuali (lo stato effettivo del paziente e la capacità diagnostica del medico), nonché scelte di valore. Quest’ultima componente emerge dalla nostra analisi filosofica del concetto di causalità in uso nella scheda di morte, che è meccanicistico ma con un criterio di selezione di tipo manipolazionistico, in cui si privilegia la condizione di più facile, efficace o urgente prevenzione.
Non c’è un prima e un dopo nella storia della comunicazione della Corte costituzionale. Fin dalla nascita, la Corte apre un canale con la società civile – di cui si sente “carne e sangue” – per rendere conto, farsi conoscere, promuovere la cultura costituzionale. La comunicazione è dovere, servizio, scelta etica e di democrazia. Questo senso della Corte per la comunicazione è un filo rosso lungo 64 anni, declinato con alti e bassi ma senza soluzione di continuità. Perciò un ritorno indietro sarebbe impossibile: semplicemente perché non esiste un indietro cui tornare. Semmai, esiste una “prospettiva comunicativa” che, grazie alla forte leadership istituzionale dimostrata dalla Corte in questi ultimi anni, continuerà ad arricchire le sue decisioni e contribuirà a (ri)costruire una comunità e un clima fondati su valori condivisi nonché il necessario rapporto di fiducia con i cittadini.
La pandemia e la sostituzione delle udienze in presenza con trattazione scritta e videoconferenza hanno riportato al centro del dibattito giuridico la questione dell'oralità nel processo. L'autore muove dalla constatazione che regole e prassi degli interrogatori e delle testimonianze non tengono conto delle raccomandazioni degli psicologi della testimonianza e che, anche per tale ragione, solo raramente portano informazioni realmente utili o cruciali; argomenta che ciò mina le fondamenta della testimonianza come prova centrale del processo penale, soprattutto nel contesto storico attuale, ove prove documentali e perizie tecniche guadagnano sempre maggior terreno a scapito dell'oralità, un'evoluzione che gli architetti dei codici di procedura penale e civile ottocenteschi non potevano certo immaginare; conclude che è ormai indispensabile una riforma profonda delle regole sulla testimonianza e sull'interrogatorio, prevedendo l'eccezionalità della sua ammissibilità come mezzo di prova.
A partire da una ricognizione delle diverse risposte fornite dal legislatore alle questioni di regolarità/irregolarità del rapporto di lavoro emerse nella fase dell’emergenza, l’Autrice si propone di introdurre il più ampio e complesso rapporto tra legalità e lavoro nella prospettiva del diritto che se ne occupa con il supporto di alcune riflessioni di metodo elaborate in recenti ricerche dedicate al lavoro e alla salute e sicurezza della salute dei migranti. Tali questioni sono relative al sostegno al reddito, all’emersione di rapporti di lavoro irregolari, soprattutto degli stranieri, e alla gestione del mercato del lavoro, ivi compreso il caporalato
Il saggio analizza la crisi in corso con riguardo alle sue specificità di genesi ed effetti determinati dalla pandemia. Si confronta con i provvedimenti contingenti assunti per fronteggiarla e con le possibili strategie di ripartenza e di più lungo respiro degli attori istituzionali, delle imprese, del lavoro e delle parti sociali. Come sempre avvenuto nella storia del nostro paese, si confrontano due possibili opzioni: partire dalla crisi per innestare un profondo processo di cambiamento sociale governato dalle istituzioni pubbliche ma che attraversi l’intero corpo sociale; ovvero l’ennesima occasione perduta magari all’insegna di un gattopardismo di ritorno. La vicenda si gioca soprattutto sul fronte del lavoro.
L’approvazione del new deal per i consumatori (dir. UE 2019/2161) offre l’occasione per una riflessione sui rapporti, sempre più complessi, tra tutela amministrativa e tutela giurisdizionale, alla ricerca di un nuovo equilibrio all’insegna dell’effettività
Per la prima volta nella mia vita non andrò a votare, associando peraltro al non voto un significato politico.
La revisione che ci apprestiamo a votare finisce per sfibrare la rappresentanza parlamentare, con il pericolo che in futuro se ne possa predicare in maniera definitiva l’ irrilevanza
È possibile che il varo definitivo di questa piccolissima riforma induca il Parlamento a mettere seriamente allo studio nuove norme regolamentari e revisioni di prassi parlamentari allo scopo di far funzionare meglio le Camere
Le nuove norme a tutela degli operatori della sanità rispondono in maniera articolata, ma anche con strumenti penali tradizionali, a fenomeni di violenza originati da cause sociali emergenti
Protocolli operativi. Misura di sicurezza provvisorie. Pazienti difficili. Deistituzionalizzazione.
Lo sviluppo delle piattaforme digitali e della platform economy pone in crisi l’esercizio della sovranità mediante gli strumenti tradizionali del diritto amministrativo. Una prospettiva di adeguata disciplina delle piattaforme digitali, auspicabile quanto non rinviabile, non può prescindere da una dimensione sovranazionale e comunque, in prospettiva nazionale, dal richiamo all'art. 41 della Costituzione
All'impostazione “atomistica” della riforma della legge elettorale per il CSM – che rispecchia quella della vigente legge n. 44 del 2002 – la proposta del Governo aggiunge l’atomismo della vita consiliare, regolata dal sorteggio delle commissioni e dal divieto di costituire gruppi. Un Consiglio Superiore sminuito e burocratizzato, non all'altezza del suo rilievo costituzionale, può essere il preludio di altri ripiegamenti sul versante dell’equilibrio dei poteri.
Il contributo del Prof. Enrico Grosso all'attuale dibattito sulle possibili riforme del Consiglio superiore della magistratura e della sua legge elettorale in particolare
Perché una legge contro l'omotransfobia non è solo utile e legittima, ma necessaria
Parrebbe di prossima presentazione un ddl con delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, contenente disposizioni sulla costituzione e il funzionamento del CSM. A complemento, si pensa all'introduzione di un nuovo illecito disciplinare: l’ingiustificata interferenza nell’attività di un componente del Consiglio.
La relazione del Prof. Massimo Luciani al Convegno Voltare pagina. La riforma del sistema elettorale del CSM, promosso da Areadg e svoltosi a Roma il 23 giugno 2020.
La crisi pandemica ci ha costretti a ristabilire un ordine di priorità che avevamo smarrito, rimettendo al centro il valore del lavoro e il ruolo dello Stato nel sistema economico. E nel portare alla luce la insostenibilità dello status quo neoliberale, ci invita a cogliere l’opportunità per un radicale cambiamento di prospettiva e di politiche, a partire dal rilancio del progetto europeo.
L'emergenza epidemiologica ha reso necessarie misure di contenimento, presidiate anche da sanzioni penali, e prefigura la possibile applicazione di norme penali sul reato di epidemia e sulla responsabilità in ambito sanitario. Per ciascuno di questi temi i principi generali e gli orientamenti giurisprudenziali vengono posti a confronto con le specificità dell'emergenza, ricostruendo un quadro di diritto penale della condizione di epidemia.
Una breve nota redazionale presenta la relazione Emergenza epidemiologica COVID-19 e ciclo dei rifiuti appena approvata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (cd. "Commissione Ecomafie")
Le iniziative legislative volte a contrastare la crisi economica generata dall'epidemia non sono prive di conseguenze sul piano del diritto penale. Occorre individuare le aree di pericolo e i possibili abusi che si annidano dietro le misure di sostegno economiche, al fine di verificare le deviazioni che interessano la giurisdizione penale e di indicare possibili strumenti di reazione.
Dopo la pandemia da Sars-CoV-2 è in corso una pandemia economica con ampie ripercussioni sul mercato, su intere filiere imprenditoriali, sul sistema bancario. All’analisi del diritto dell’emergenza deve accompagnarsi la riflessione sulle modificazioni profonde prodotte dalla crisi e sui mutamenti di mentalità necessari per affrontarla.
L’udienza da remoto e il tentativo di conciliazione nelle cause di lavoro: la compatibilità con una interlocuzione reale che preservi il ruolo del giudice e la possibilità di realizzare un atto coerente con l’art. 88 disp. att. c.p.c.
Gli effetti determinati dal coronavirus anche sul funzionamento della giustizia hanno fatto emergere la funzione sociale insita in strumenti quali la mediazione a scopo di conciliazione, il cui rilievo quale elemento della rete complessiva di protezione dei diritti rende auspicabile l’individuazione di percorsi comuni di formazione professionale e la considerazione di essa nei programmi organizzativi degli uffici giudiziari
Dopo una lunga eclissi, appare necessario recuperare amnistia e indulto tra gli strumenti di politica criminale, orientandoli all'orizzonte costituzionale del diritto punitivo, che deve essere rieducativo e mai contrario al senso di umanità