La Corte europea si pronuncia nuovamente contro il limite del giudicato.
Sentenza della Corte EDU (Terza sezione) 12 gennaio 2016, rich. nn. 33427/2010, Gouarré Patte c. Andorra
Oggetto: Condanna definitiva – Nuova legge che consente l’applicazione di una sanzione accessoria di tipo interdittivo per un tempo minore rispetto alla disciplina in vigore al momento della condanna – Inapplicabilità alla sentenza passata in giudicato – Violazione dell’art. 7 CEDU – Sussistenza – Importance level 2
Il ricorrente, di professione ginecologo, era stato condannato con sentenza passata in giudicato per la realizzazione di alcuni abusi sessuali alla pena di cinque anni di reclusione nonché alla interdizione perpetua dall’esercizio della professione. Successivamente al passaggio in giudicato della sentenza veniva introdotta, nella legislazione penale dell’Andorra, una disposizione la quale prevedeva che la sanzione accessoria dell’interdizione dall’esercizio di una professione non potesse in ogni caso superare la durata della pena più grave irrogata. Il ricorrente, domandava a quel punto in sede interna la rideterminazione della durata dell’interdizione in virtù della legge successiva maggiormente favorevole, ma la sua domanda veniva rigettata. Il signor Guarré Patte lamenta la violazione dell’art. 7 CEDU in ragione della natura sostanziale di pena della sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e della conseguente necessità di applicare retroattivamente la norma più favorevole.
La Corte accoglie il ricorso osservando che è la stessa norma del codice penale a prevedere l’applicazione retroattiva della norma penale più favorevole e che conseguentemente – essendo l’interdizione a tutti gli effetti una pena – il ricorrente avrebbe dovuto ottenere la revisione della propria sentenza già sulla base del diritto interno.
Condannata la Spagna per aver sanzionato in sede penale un avvocato reo di aver calunniato un giudice all’interno di alcuni scritti difensivi.
Sentenza della Corte EDU (Terza sezione) 12 gennaio 2016, rich. nn. 48074/2010, Rodriguez Ravelo c. Spagna
Oggetto: Espressioni calunniose nei confronti di un giudice contenute in scritti difensive – Condanna in sede penale – Violazione dell’art. 10 CEDU –Sussistenza – Importance level 2
Il ricorrente è un avvocato spagnolo processato in sede penale per il reato di calunnia in quanto lo stesso, all’interno di un’impugnazione avverso un provvedimento pronunziato nei confronti di un proprio assistito, aveva criticato in maniera decisa l’operato del giudice del grado precedente, asserendo che questi aveva volontariamente distorto la realtà dei fatti a danno del cliente.
All’esito del processo, l’avvocato Rodriguez Ravelo era stato quindi condannato alla pena di 30 euro di ammenda al giorno per nove mesi, con la possibilità che in caso di mancato pagamento la sanzione pecuniaria sarebbe stata sostituita con un giorno di privazione della libertà ogni 60 euro di somme non corrisposte. Il ricorrente lamenta che tale condanna abbia violato la propria libertà di espressione, garantita dall’art. 10 CEDU.
La Corte accoglie il ricorso, osservando che la sanzione penale irrogata al ricorrente appariva non proporzionata in ragione del fatto che essa, per la sua gravità e per il fatto che frasi del tipo di quelle contenute negli scritti difensivi del ricorrente erano sanzionate penalmente già a livello disciplinare, avrebbe potuto comportare la conseguenza di irretire i legali nelle difese dei propri assistiti.
Condannata la Francia per una sanzione penale inflitta a un giornalista di France 3 ed all’emittente televisiva.
Sentenza della Corte EDU (Quinta Sezione) 21 gennaio 2016, rich. nn. 29313/2010, De Carolis e France 3 c. Francia
Oggetto: Espressioni diffamatorie pronunciate da un giornalista – Condanna in sede penale – Violazione dell’art. 10 CEDU –Sussistenza – Importance level 3
Il ricorrente, sig. De Carolis e la rete televisiva France 3 ricorrono avanti alla Corte europea per essere stati condannati in sede penale – il primo come imputato ad un’ammenda di natura penale e la rete televisiva quale responsabile civile – per aver diffamato in un servizio televisivo sugli attentati dell’undici settembre il principe Turki Al Fasal. All’interno del dossier, in particolare, veniva affermato che quest’ultimo sarebbe stato vicino ad Al Quaeda anche provvedendo a finanziarne le operazioni.
La Corte accoglie il ricorso in particolare in ragione del ruolo ricoperto dal signor Turki Al Fasal che era stato un personaggio di spicco dei servizi segreti dell’Arabia Saudita e per il quale, in ragione del proprio ruolo pubblico, risultava particolarmente ridotta la possibilità di limitazione di informazioni diffuse nei suoi confronti. Il contenuto del servizio pubblicato sulla rete televisiva France 3, in particolare, faceva poi riferimento a dei fatti storici realmente accaduti – quali ad esempio il sostegno fornito ad Osama Bin Laden durante l’invasione sovietica dell’Afganistan – e dava spazio alle opinioni di alcune vittime degli attentati dell’11 settembre, fattori che non erano tali da far ritenere la condanna irrogata giustificabile in una società democratica ai sensi delle disposizioni convenzionali.