Sentenza pilota della Corte Edu: l’Ungheria condannata per il sovraffollamento carcerario.
Sentenza della Corte EDU (Seconda Sezione) 10 marzo 2015, rich. nn. 1409/12, 73712/12, 34001/13, 44055/13, 64586/13, Varga e altri c. Ungheria
Oggetto: Art. 3 CEDU – Divieto di trattamenti inumani e degradanti – Sovraffollamento carcerario – Violazione – art. 13 CEDU – Assenza di rimedi effettivi posti a tutela dei diritti fondamentali dei detenuti – Violazione – Importance level 3
I ricorrenti lamentano di essere stati reclusi presso diverse carceri ungheresi in celle gravemente sovraffollate, con uno spazio a disposizione per detenuto oscillante, mediamente, tra 1.8 e 2.5 mq ed in condizioni igienico – sanitarie fortemente compromesse. Osservano che tali condizioni sono contrastanti con i parametri elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e si dolgono, altresì, della mancata previsione sul fronte interno di rimedi atti a porre fine alla violazione sussistente. La Corte accoglie il ricorso e i) con riferimento alla violazione dell’art. 3 CEDU, stanti la presenza di ulteriori condanne già pronunciate nei confronti dell’Ungheria per i medesimi fatti e la pendenza di oltre 450 ricorsi, assegna al Paese membro della CEDU un termine di sei mesi per porre rimedio alla violazione; ii) con riguardo alla mancanza di un rimedio effettivo, rigetta l’argomentazione governativa secondo la quale sarebbe esistito un rimedio interno di tipo civile, osservando che i casi in cui la giurisprudenza ungherese si era espressa in questo senso erano stati sporadici e contrastanti con il granitico orientamento maggioritario che invece negava qualsiasi tipo di tutela.
Una condanna dell’Italia a Strasburgo per violazione dell’art. 5 CEDU commessa nell’ambito di un procedimento di estradizione.
Sentenza della Corte EDU (Quarta Sezione) 24 marzo 2015, rich. n. 11620/07, Gallardo Sanchez c. Italia
Oggetto: Art. 5, par. 1 lett. f) CEDU – Diritto alla libertà e alla sicurezza – Lungaggini nella procedura di estradizione – Violazione – Importance level 3
Il ricorrente lamenta la lunghezza del tempo trascorso in stato di reclusione presso le carceri italiane – un anno e sei mesi – in attesa che si completasse la procedura di estradizione richiesta all’Italia dalle autorità greche. Sostiene, in particolare, che tale ritardo posto in essere dalle autorità italiane avrebbe costituito una violazione dell’art. 5 paragrafo 1 lettera f) della Convenzione europea. La Corte accoglie il ricorso osservando il differente livello di diligenza richiesto allo stato estradante a seconda che l’estradizione venga richiesta per l’esecuzione della pena ovvero, come era nel caso di specie, nel corso del procedimento penale. In quest’ultimo caso, osservano i giudici di Strasburgo, la persona nei cui confronti deve essere eseguita l’estradizione è presunta innocente e le autorità devono essere particolarmente diligenti anche al fine di consentire a quest’ultima di partecipare attivamente al processo che lo riguarda. Tale diligenza non sussisteva nel caso di specie atteso che la lunghezza del tempo impiegato dall’Italia per concedere l’estradizione non trovava fondamento nella complessità del procedimento.
Un’ulteriore condanna dell’Italia a Strasburgo per violazione dell’art. 5 CEDU, questa volta con riguardo alla mancata concessione di una liberazione anticipata.
Sentenza della Corte EDU (Quarta Sezione) 24 marzo 2015, rich. n. 39824/07, Antonio Messina c. Italia
Oggetto: Art. 5 par. 1 lett. a) CEDU – Diritto alla libertà e alla sicurezza – Ritardata concessione della liberazione anticipata a causa di un errore da cui dipende l’allungamento del periodo di detenzione – Violazione – Art. 5 par. 5 CEDU – Mancata compensazione per l’ingiusta detenzione subita – Violazione – Importance level 3
Il ricorrente, cittadino italiano, lamenta che un ritardo verificatosi nella concessione della liberazione anticipata a lui spettante sulla base della normativa interna avrebbe determinato un allungamento del periodo di detenzione patito e la conseguente illegittimità di tale protrazione. In particolare, era stata rigettata una domanda di liberazione anticipata concernente il primo periodo di detenzione subito sulla base del fatto che da alcuni documenti in possesso delle autorità risultava che l’attività criminale compiuta dal ricorrente era durata sino al 1998, anno in cui la detenzione era già in essere. Successivamente, tale durata si era rivelata errata ed il periodo in questione era stato corretto in quanto l’attività delittuosa da questi compiuta era cessata non nel 1998 ma nel 1989, conseguentemente il ricorrente era stato immediatamente posto in libertà con un ritardo di nove mesi rispetto alla richiesta originaria. Si duole inoltre del fatto che in conseguenza di tale errore e del prolungamento dello stato detentivo non era stata riconosciuta alcuna compensazione economica in suo favore. La Corte accoglie il ricorso, ritenendo integrata una violazione sia dell’art. 5 par. 1 lett. a) della Convenzione, che dell’art. 5 par. 5.