Nessuna violazione dell’art 2 CEDU per l’Inghilterra in conseguenza dell’uccisione da parte delle forze di polizia di un soggetto scambiato per terrorista.
Sentenza della Corte EDU (Grande Camera) 30 marzo 2016, rich. nn. 5878/2008, Armani da Silva c. Inghilterra
Oggetto: Uccisione di soggetto erroneamente scambiato per terrorista – Mancata condanna dei responsabili – Violazione sostanziale e procedurale dell’art. 2 CEDU – Insussistenza – Importance level 2
La ricorrente è cugina di un soggetto ucciso in quanto erroneamente scambiato per un terrorista successivamente ad alcuni attentati commessi dentro la metropolitana di Londra. Lamenta, in particolare, che l’uso della forza da parte delle autorità non sarebbe stato necessario ai sensi dell’art. 2 CEDU nonché che le indagini svolte nei confronti degli agenti della Polizia che avevano tenuto le condotte letali successivamente ai fatti non sarebbero state effettive e non avrebbero assicurato l’accertamento della verità. La Corte rigetta il ricorso.
Quanto alla violazione sostanziale dell’art. 2 CEDU, ritengono infatti i giudici di Strasburgo che il vaglio sulla necessità dell’uso della forza debba essere compiuto non solamente da un punto di vista oggettivo – ossia della reale situazione esistente – ma anche da un punto di vista soggettivo, ossia guardando a ciò che l’agente si rappresentava in relazione alla situazione concreta; trattandosi di fatti svoltisi negli attimi successivi agli attentati ritiene la Corte che l’errore di persona appariva giustificabile e pertanto non ritiene violato tale profilo.
Quanto al profilo procedurale, poi, i giudici di Strasburgo non ritengono neppure violate le disposizioni convenzionali sulla base della circostanza che risultava che le indagini erano state affidate ad un’autorità indipendente che aveva raccolto un gran numero di prove e informato costantemente i familiari del deceduto degli avvenimenti e che, all’esito delle indagini, aveva deciso di non procedere sulla base del fatto che riteneva non probabile la condanna degli agenti.
La Svizzera condannata a Strasburgo per aver sanzionato penalmente un giornalista in relazione alla divulgazione di notizie coperte da segreto istruttorio.
Sentenza della Corte EDU (Grande Camera) 29 marzo 2016, rich. nn. 20261/2012, Bédat c. Svizzera
Oggetto: Pubblicazione da parte di un giornalista di notizie coperte da segreto istruttorio – Condanna penale ad una multa – Violazione dell’art. 10 CEDU – Sussistenza – Importance level 2
La ricorrente è una giornalista condannata penalmente in Svizzera al pagamento di una sanzione pecuniaria per aver pubblicato su una testata giornalistica notizie afferenti ad un’indagine penale coperte da segreto istruttorio e concernenti un incidente stradale nel quale erano decedute tre persone. Lamenta che la condanna al pagamento di un’ammenda avrebbe costituito una limitazione non necessaria alla libertà di espressione garantita in particolare per quanto concerne la stampa altresì dall’esigenza di non limitare la possibilità per i giornalisti di diffondere notizie di interesse pubblico.
La Corte accoglie il ricorso sulla base dei propri precedenti in materia, ritenendo che la condanna penale, ancorché ad una somma modica di denaro, avrebbe potuto comportare una dissuasione da parte della stampa dalla diffusione di notizie di interesse pubblico, epilogo assolutamente da evitare per la tutela dell’interesse collettivo.
Nessuna condanna per il Regno Unito per avere utilizzato come prova delle registrazioni di comunicazioni telefoniche di un soggetto non comparso a processo.
Sentenza della Corte EDU (Quinta sezione) 31 marzo 2016, rich. nn. 55287/2010, Seton c. Regno Unito
Oggetto: Utilizzo come prova di una registrazione di un soggetto non comparso a processo –– Violazione dell’art. 6 par. 1 CEDU in combinato disposto con l’art. 6 par. 3 CEDU lett. d (diritto all’equo processo mediante la convocazione e l’esame dei testimoni) – Insussistenza – Importance level 3
Il ricorrente è un soggetto condannato a trent’anni di reclusione per varie ipotesi di reato tra cui traffico di stupefacenti e armi. Lamenta che nel corso del processo che lo ha visto imputato siano state fatte entrare come prove a carico delle registrazioni di comunicazioni telefoniche di un altro soggetto il quale poi non era stato chiamato a rendere testimonianza all’interno del processo.
La Corte rigetta il ricorso, osservando che il peso di quelle registrazioni nell’economia della condanna inflitta al ricorrente non era stato decisivo risultando il compendio probatorio che aveva fondato la sua condanna del tutto significativo anche in assenza dell’ammissione di tale prova.