La Corte EDU giudica non lesiva della libertà d’espressione la condanna in sede penale per diffamazione di un avvocato nei confronti di un giudice.
Sentenza della Corte EDU (Quarta Sezione) 30 giugno 2015, rich. nn. 39294/2009, Peruzzi c. Italia
Oggetto: Non violazione dell’art. 10 CEDU – Condanna in sede penale di un avvocato per diffamazione nei confronti di un giudice – Estrema gravità delle affermazioni e irrisorietà della sanzione pecuniaria e del risarcimento – Legittimità – Importance level 3
Il ricorrente, avvocato al momento dei fatti, aveva inviato al Consiglio Superiore della Magistratura una lettera in cui si lamentava del comportamento che un giudice del Tribunale di Lucca aveva tenuto nei confronti suoi e del suo assistito durante una causa in materia successoria. Aveva inoltre comunicato il contenuto della missiva a numerosi altri giudici dello stesso tribunale tramite una lettera circolare in cui tuttavia non menzionava esplicitamente il nome del giudice del cui comportamento si doleva. All’esito del procedimento penale intentato nei suoi confronti per diffamazione da parte del giudice, l’Avvocato veniva condannato ad un’ammenda. Lamenta che il procedimento penale e la relativa condanna subita abbiano violato la sua libertà di espressione, garantita dall’art. 10 CEDU. La Corte non ritiene sussistente la violazione sulla base del fatto che, nella lettera diffusa, l’Avvocato aveva scritto affermazioni gravemente lesive dell’onorabilità del magistrato, asserendo che lo stesso aveva commesso gli errori “volontariamente”, con “dolo, colpa grave o mancanza di impegno”, affermazioni dalle quali emergeva addirittura che il giudice avrebbe posto in essere un reato e che superavano in maniera evidente il limite del diritto di critica. Inoltre, osserva la Corte che la pena cui era stato condannato il signor Peruzzi era pecuniaria e di lieve entità (400 euro), così come il risarcimento da dare al magistrato diffamato (1.500 euro) circostanza che giustificava ulteriormente la condanna penale subita dal ricorrente.
La Corte europea statuisce che l’estradizione di un terrorista marocchino verso il Paese d’origine da parte del Belgio potrebbe costituire trattamento inumano e degradante ai sensi dell’art. 3 CEDU.
Sentenza della Corte EDU (Seconda Sezione) 2 giugno 2015, rich. nn. 26417/2010, Ouabour c. Belgio
Oggetto: Violazione dell’art. 3 CEDU – Estradizione di soggetto marocchino condannato per atti di partecipazione a gruppi terroristici verso il proprio paese di origine – Esecuzione nel Paese di origine di torture e maltrattamenti nei confronti dei soggetti accusati di terrorismo – Illegittimità dell’estradizione – Importance level 2
Il ricorrente, cittadino marocchino condannato in Belgio a sei anni di reclusione per partecipazione a gruppi terroristici, si duole del provvedimento di estradizione in Marocco adottato nei suoi confronti da parte delle autorità belghe. In particolare, egli osserva che, qualora l’estradizione fosse attuata, egli potrebbe subire torture o trattamenti inumani e degradanti, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 3 CEDU, in quanto tali pratiche sono utilizzate in Marocco nei confronti dei soggetti facenti parte delle organizzazioni terroristiche. La Corte accoglie il ricorso statuendo che l’eventuale estradizione costituirebbe una violazione della disposizione convenzionale e vietando alle autorità belghe di porre in essere il menzionato provvedimento. In particolare, al fine di valutare la serietà del pericolo corso dal ricorrente, i Giudici di Strasburgo fanno riferimento agli ultimi rapporti di alcune organizzazioni internazionali, risalenti al 2012 e al 2013, dai quali è emerso che nei confronti dei soggetti implicati nel terrorismo vengono praticati trattamenti contrastanti con il dettato dell’art. 3 CEDU.
La condanna penale per diffamazione al pagamento di una somma non irrisoria per un articolo pubblicato da un giornalista in cui venivano criticati alcuni documentari televisivi viola l’art. 10 CEDU.
Sentenza della Corte EDU (Quarta Sezione) 23 giugno 2015, rich. nn. 32297/2010, Niskasaari e Otavamedia c. Finlandia
Oggetto: Violazione dell’art. 10 CEDU – Condanna penale nei confronti di un giornalista per le affermazioni contenute in un articolo – Rilevanza della sanzione economica – Illegittimità – Importance level 3
I ricorrenti sono un giornalista ed una società finlandese per la quale il signor Niksaari lavorava. Lamentano la condanna penale per diffamazione al pagamento di una pena pecuniaria – 240 euro il giornalista – e ad un risarcimento del danno – 2.000 euro il giornalista e 4.000 euro la società – in relazione ad un articolo, da essi pubblicato, in cui criticavano il contenuto di due documentari televisivi trasmessi su una emittente finlandese aventi ad oggetto alcune case infestate da muffa e la protezione delle foreste. La Corte europea accoglie il ricorso ritenendo che l’interferenza con la libertà di espressione dei giornalisti non fosse giustificata in una società democratica alla luce dei criteri contenuti nell’art. 10 CEDU e della propria pregressa giurisprudenza. In particolare, stante l’importante ruolo della stampa all’interno della società, ritengono i giudici di Strasburgo che la critica non travalicasse il limite in cui la stessa risulta consentita, risultando peraltro il corrispettivo economico da pagare del tutto sproporzionato.