La Spagna condannata per violazione dell’art. 3 CEDU.
Sentenze della Corte EDU (Terza Sezione) 7 ottobre 2014, rich. nn. 74016/2012 e 3344/2013,Exterbarria Caballero e Ataun Rojo c. Spagna.
Oggetto: Violazione procedurale dell’art. 3 CEDU – Mancata esecuzioni di indagini circa maltrattamenti subiti da detenuti – Importance level 3
I ricorrenti, sospetti affiliati all’organizzazione terroristica ETA, assumono di essere stati sottoposti a maltrattamenti da parte delle autorità penitenziarie spagnole nel corso della detenzione cui erano stati sottoposti in due distinti istituti penitenziari. In particolare, denunciano i) di essere stati tenuti in cella di isolamento per alcuni giorni e di avere subito percosse, abusi sessuali e violenze di vario genere e ii) che le denunce presentate alle autorità competenti volte a punire i responsabili di tali attività non avevano sortito effetto alcuno.
Lamentano quindi la violazione dell’art. 3 CEDU sia da un punto di vista sostanziale, con riguardo ai patimenti loro inflitti dalle autorità statali, sia procedurali, in ragione delle mancate indagini poste in essere dagli organi competenti successivamente alle denunzie presentate.
La Corte accoglie il ricorso con riguardo al solo profilo procedurale ritenendo assolutamente insufficiente l’attività posta in essere dagli organi giudiziari al fine di accertare la verità in ordine alle denunce presentate. Non ritiene invece sussistente la violazione della disposizione convenzionale da un punto di vista sostanziale, in ragione della mancata dimostrazione, da parte dei ricorrenti, dei maltrattamenti subiti.
Violazione dell’art. 3 CEDU in Francia per le condizioni di detenzione patite da alcuni attivisti arrestati in seguito ad un sit in su una pista aeroportuale.
Sentenza della Corte EDU (Quinta Sezione) 2 ottobre 2014, rich, nn. 2871/11, Fakailo (Safoka) e altri c. Francia
Oggetto: Violazione dell’art. 3 CEDU – Divieto di trattamenti inumani e degradanti in ragione delle condizioni di detenzione patite – Importance level 3
I ricorrenti, cittadini francesi e attivisti di un sindacato nazionale, erano stati trattenuti per quarantotto ore presso delle celle di sicurezza di una stazione di polizia francese dopo essere stati arrestati in ragione di un sit in realizzato su una pista aeroportuale che aveva interferito col traffico aereo e degradato il demanio pubblico.
Lamentano inoltre la violazione della medesima disposizione convenzionale con riguardo alle condizioni di detenzione patite nelle prigioni ove erano stati trasferiti dopo l’arresto. La Corte giudica il ricorso inammissibile con riguardo a quest’ultimo profilo in ragione del mancato esperimento dei mezzi di ricorso interni da parte dei ricorrenti.
Accoglie invece le doglianze concernenti le condizioni di detenzione patite nella stazione di polizia, essendo lo spazio a disposizione di ciascun ricorrente all’interno della cella – che variava dal metro quadrato nelle celle singole ai due metri quadrati nelle celle condivise – ben al di sotto degli standard minimi già delineati in passato nella propria giurisprudenza ed inoltre risultando le stesse celle scarsamente illuminate e ventilate. Rigetta recisamente, in particolare, l’argomento sollevato dal governo francese che adduceva che il periodo di quarantotto ore trascorso dagli attivisti in stato di detenzione risultasse troppo breve per integrare la menzionata violazione della disposizione convenzionale.
Un caso di violazione dell’art. 8 CEDU da parte dell’Olanda conseguente alla mancata concessione di un permesso di soggiorno.
Sentenza della Corte EDU (Grande Camera) 3 ottobre 2014, rich, nn. 12738/10, Jeunesse c. Olanda
Oggetto: Violazione dell’art. 8 CEDU – Diritto al rispetto della vita privata e familiare – Espulsione di soggetto senza permesso di soggiorno ma congiunto con cittadino olandese – Importance level 1
La ricorrente, cittadina del Suriname, era entrata in Olanda con un permesso di soggiorno turistico, che era in seguito scaduto. Successivamente, sposava in Olanda un soggetto che era stato già suo compagno in Suriname e che nel frattempo aveva avuto la cittadinanza olandese, dal quale aveva tre figli, cittadini olandesi. Richiedeva quindi alle autorità un permesso di soggiorno, ma le sue richieste venivano sistematicamente respinte in ragione del fatto che risultava sprovvista di un visto di soggiorno che avrebbe dovuto essere rilasciato dai membri della missione olandese agenti nel Paese d’origine della ricorrente.
Veniva pertanto posta in stato di detenzione per quattro mesi in vista della successiva espulsione e veniva quindi rilasciata sulla base della sola ragione che risultava incinta. La ricorrente lamenta la violazione dell’art. 8 CEDU posto a protezione della vita privata e familiare con riferimento alla mancata esenzione dalla necessità che ella dovesse ottenere un visto dalla missione olandese in Suriname al fine di ottenere il permesso di soggiorno. Ottenere un tale visto avrebbe infatti significato per la Signora allontanarsi dal territorio olandese per lungo tempo, separandosi dai bambini, ed inoltre non vi sarebbe stata alcuna garanzia sulla concessione del titolo di soggiorno.
La Corte, riunita in Grande Camera e con votazione non unanime, accoglie il ricorso. In particolare richiama la propria giurisprudenza antecedente a mente della quale, qualora la situazione familiare sia stata creata in un momento in cui i soggetti coinvolti conoscevano la precarietà del loro status conseguente all’immigrazione, la rimozione del soggetto illegalmente presente sul territorio costituirebbe una violazione della disposizione convenzionale solo in casi eccezionali.
Ritiene, quindi, che nel caso di specie tali situazioni eccezionali sussistessero in ragione del fatto che i) tutti i membri della famiglia ad eccezione della ricorrente erano cittadini olandesi e quindi risiedevano legalmente sul territorio, ii) la posizione della ricorrente era assolutamente differente da quella di altri migranti in quanto ella era stata già cittadina olandese sino al 1975, anno in cui il Suriname ottenne l’indipendenza, iii) la sua situazione era stata conosciuta dalle autorità olandesi e tollerata per sedici anni, nel corso dei quali la ricorrente aveva costruito legami familiari, affettivi e culturali nel territorio di residenza, iv) era necessario tener conto delle pessime conseguenze che un eventuale allontanamento della signora avrebbe avuto sui figli. I Giudici di Strasburgo riconoscono quindi che la mancata esenzione dall’ottenimento del visto da parte delle autorità olandesi in Suriname integra una violazione della disposizione convenzionale.