Nella sentenza Vojnity contro Ungheria (ric. n. 29617/07), la Corte ha ritenuto discriminatoria l'esclusione del diritto di visita di un padre al figlio affidato all'altro coniuge, motivato in ragione della sua religione, ritenuta dannosa per l'educazione del minore.
La Corte, nel ravvisare la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, ha rilevato che i giudici ungheresi non avevano dimostrato che la cessazione dei legami con il padre potesse realizzare maggiormente l'interesse del minore piuttosto che l'educazione religiosa che lo stesso voleva impartire.
Nella sentenza sul caso Zokhidov contro Russia (ric. n. 67286/10), la Corte ha ravvisato violazione dell'articolo 3 (divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti), dell'articolo 5 § 1, 2 e 4 (diritto alla libertà e alla sicurezza) e dell'articolo 34 (diritto di ricorso individuale) della Convenzione, con riferimento al caso di un cittadino uzbeco -accusato di appelli pubblici volti a rovesciare l'ordine costituzionale in relazione alla sua qualità di membro di una presunta organizzazione terrorista e il cui nome era stato inserito in un elenco internazionale di ricercati- che era stato deportato dalla Russia in quanto sospettato di appartenenza a un'organizzazione religiosa vietata in Uzbekistan, sebbene fosse esposto al rischio di maltrattamenti nel suo paese d'origine.
La deportazione, avvenuta prelevando la persona dall'abitazione e mettendola su un aereo diretto in Uzbekistan, violava la convenzione anche perché la Corte già aveva preso provvedimento provvisorio ed urgente inibitorio dell'espulsione, inutilmente mostrato dalla persona alle autorità russe.
In Papadakis c. "L'ex Repubblica iugoslava di Macedonia" (ric. n. 50254/07), il ricorrente era un cittadino greco, condannato per traffico di droga a otto anni di carcere, che lamentava l'iniquità del procedimento penale subito, ed in particolare il fatto che la sua condanna era basata su prove ottenute attraverso la sorveglianza di agenti segreti e agenti sotto copertura, che egli non aveva potuto far interrogare nel processo.
La Corte ha ravvisato violazione dell'articolo 6 § 1 e 3 d) della Convenzione, ma ha respinto la domanda di equa soddisfazione.
In Bozkir et al. c. Turchia (ric. n. 24589/04), il caso riguardava cinque persone, parenti dei ricorrenti, che erano pastori nelle montagne turche e che erano scomparse a seguito di una operazione
militare che ha avuto luogo dopo uno scontro armato tra PKK (il Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione illegale) e l'esercito. I ricorrenti, invocando gli articoli 2 (diritto alla vita) e 13 (diritto ad un ricorso effettivo) della Convenzione, avevano denunciato la responsabilità delle autorità nella scomparsa dei loro parenti e comunque la mancanza di indagine effettiva sulla scomparsa.
La Corte ha ritenuto la violazione dell'art. 2 solo con riferimento alle mancate indagini, in difetto di prove specifiche, ed ha assegnato ai ricorrenti un'equa soddisfazione di 20 000 EUR ciascuno a titolo di danno morale.
In García Mateos c. Spagna (ric. n. 38285/09), la Corte ha ravvisato la violazione dell'articolo 6 § 1 (diritto ad un processo equo entro un termine ragionevole), in combinato disposto con l'articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione, nel caso di una dipendente di un supermercato cui era stata negata la richiesto riduzione della giornata di lavoro, motivata in ragione della custodia del figlio minore di sei anni. Nel caso, peraltro, la Corte ha richiamato una pronuncia della Corte costituzionale spagnola relativa al caso, ma rimasta ineseguita dai giudici nazionali, che aveva riconosciuto la discriminazione indiretta per ragioni di sesso, richiamando <<la jurisprudence constante de la Cour de justice de l’Union européenne selon laquelle « le droit communautaire s’oppose à l’application d’une mesure nationale qui, bien que formulée de manière neutre, porte préjudice à un pourcentage bien plus élevé de femmes que d’hommes».
Nella sentenza Gani c. Spagna (ric. n. 61800/08), la Corte ha escluso la denunciata violazione dell'articolo 6 § 1 e 3 (d) (diritto ad un processo equo) della Convenzione, con riferimento ad un ricorso promosso da un uomo condannato per stupro, che si lamentava di non aver potuto interrogare la vittima che nel caso era l'unico testimone. La Corte ha ritenuto che <<En particulier, la déclaration de la victime à l’audience a été interrompue en raison du stress post-traumatique aigu dont elle souffrait et, après cela, des mesures compensatoires suffisantes ont été prises, notamment la lecture à l’audience des dépositions de la victime et une appréciation complète de celles-ci par la juridiction de jugement>>.
Nel caso Bayrakcı c. Turchia (ric. n. 2643/09), un funzionario lamentava che il posto di lavoro non era adatto per la sua disabilità, in ragione dell'assenza di bagni adattati ai disabili, e nonostante gli obblighi di legge in materia, ma la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto proposto contro il superiore e non nei confronti dell'amministrazione datrice di lavoro, e, conseguentemente, senza previo esaurimento delle vie di ricorso interno innanzi ai tribunali turchi amministrativi.
Il caso Iannelli c. Italia (n. 24818/03) riguardava l'occupazione appropriativa c.d. spuria del fondo di un cittadino italiano, realizzata al fine di costruire un ospedale nell'ambito di una procedura espropriativa illegittima dall'inizio.
Benché nelle more del procedimento fosse intervenuta sentenza della Corte d'appello italiana che avesse sottolineato che, alla luce delle sentenze n. 348 e 349 del 2007 della Corte EDU, l'espropriazione era in contrasto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, il proprietario del terreno occupato aveva insistito nella domanda innanzi alla CEDU, basandosi in particolare sull'articolo 6 § 1 (diritto ad un processo equo entro un tempo ragionevole) e sull'articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione (diritto di proprietà), lamentando la durata del procedimento, nonché l'inadeguatezza del risarcimento ottenuto dalla Corte d'appello "Pinto". La Corte ha ravvisato violazione della Convenzione solo con riferimento alla durata del procedimento, accordando la somma di 4 200 EUR per il danno morale. Con riferimento al preteso danno materiale da perdita del bene, <<La Cour estime que la cour d’appel de Naples a explicitement constaté la violation du droit de propriété du requérant. En outre, elle considère que le redressement reconnu par cette juridiction, conforme aux critères de calcul établis par la Cour dans l’arrêt Guiso Gallisay (précité, § 105), constitue un redressement approprié et suffisant. 37. A la lumière de ces considérations, le requérant ne peut plus se prétendre victime de la violation alléguée au sens de l’article 34 de la Convention (Holzinger c. Autriche (no 1), no 23459/94, § 21, CEDH 2001-I). En conséquence, cette partie de la requête est incompatible ratione personae avec les dispositions de la Convention au sens de l’article 35 § 3 et doit être rejetée en vertu de l’article 35 § 4.>>.
La ricorrente del caso Melikyan c. Armenia (ric. n. 9737/06) era una cittadina armena che aveva cercato di comprare azioni della società pubblica per la quale lavorava in quel periodo e che doveva essere privatizzata; contestava la legittimità del decreto ministeriale di privatizzazione, che prevedeva l'alinenazione diretta ai terzi delle azioni, pretermettendo così i dipendenti, e lamentava il rifiuto dei giudici nazionali di esaminare il merito della questione.
La Corte ha ravvisato violazione dell'articolo 6 § 1 (diritto di accesso ad un tribunale) della Convenzione, essendo stato di fatto impedito alla ricorrente di contestare nel giudizio nazionale la legittimità del contenuto del provvedimento di privatizzazione.
In Eduard Popa c. Repubblica di Moldova (Ric. n 17008/07), con riferimento ad un caso nel quale il ricorrente lamentava di esser divenuto invalido a causa di lesioni cagionate dalle forze dell'ordine, la Corte ha ravvisato violazione dell'articolo 2 (diritto alla vita / mancanza di effettivo accertamento) e dell'articolo 3 (divieto di tortura / mancanza di effettivo accertamento) della Convenzione, in quanto, se era impossibile provare l'uso di brutalità da parte della polizia ed il nesso di causalità con l'invalidità del ricorrente, tuttavia era certo che vi erano state significative lacune dell'inchiesta penale, e che le Autorità moldave non avevano condotto un'indagine effettiva sulle accuse del ricorrente, così violando la Convenzione.
In B. c. Romania (N ° 2) (ric. n. 1285-1203), la Corte ha ravvisato violazione dell'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione, in relazione all’internamento del ricorrente ed al correlato allontanamento dai figli minori, che erano stati collocati in un centro di accoglienza.
La Corte ha sottolineato che ci sono stati diversi precedenti in Romania di internamento abusivo di persone con disturbi mentali, e ciò nonostante le modifiche legislative recenti favorevoli ai diritti dei pazienti. Nel caso, inoltre, l'assenza di protezione speciale, compresa la nomina di un avvocato d'ufficio o la nomina di un fiduciario, ha privato la ricorrente del diritto di partecipare al processo decisionale per quanto riguarda la collocazione dei figli e l'educazione degli stessi. Ciò ha determinato la violazione della Convenzione secondo la Corte, che ha accordato al ricorrente a titolo di equa soddisfazione (ex articolo 41) la somma di 10.000 euro (EUR) per danno non patrimoniale.